Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 25182 | Data di udienza: 7 Marzo 2014

DIRITTO URBANISTICO – Reato di lottizzazione abusiva – Cd. reato progressivo nell’evento – Presupposti – Artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004 – Criteri per la configurabilità – Gravità dell’offesa – Reato a consumazione prolungata o frazionata – Artt. 30, c.7 e 29, d.P.R. n. 380/2001DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze di sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – violazione di legge e “errores in iudicando” o “in procedendo” – Art. 325 cod. proc. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Giugno 2014
Numero: 25182
Data di udienza: 7 Marzo 2014
Presidente: Fiale
Estensore: Di Nicola


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Reato di lottizzazione abusiva – Cd. reato progressivo nell’evento – Presupposti – Artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001 – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004 – Criteri per la configurabilità – Gravità dell’offesa – Reato a consumazione prolungata o frazionata – Artt. 30, c.7 e 29, d.P.R. n. 380/2001DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze di sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – violazione di legge e “errores in iudicando” o “in procedendo” – Art. 325 cod. proc. pen..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 13 Giugno 2014 (Cc. 7/03/2014), Sentenza n. 25182

 
DIRITTO URBANISTICO – Reato di lottizzazione abusiva – Cd. reato progressivo nell’evento – Presupposti – Art. 44 lett. c) d.P.R. n. 380/2001, Art. 181 d.lgs. n. 42/2004
 
Il reato di lottizzazione è inquadrabile nel cd. reato progressivo nell’evento (che è cosa ben diversa dal ritenere che la lottizzazione rientri nello schema del reato progressivo) in cui possono concorrere, nell’unicità della fattispecie incriminatrice, il momento negoziale, quello programmatorio mediante l’esecuzione di opere di urbanizzazione e quello attuativo con la costruzione degli edifici. Pertanto, la condotta illegittima, pur nella sua unitarietà, può essere attuata in forme (il reato è a forma libera) e momenti diversi e da una pluralità di soggetti, in concorso fra loro (proprietari, costruttori, geometri, architetti, mediatori di vendita, notai, esecutori di opere, ecc.) di conseguenza, correttamente si può configurare la figura del reato progressivo nell’evento lesivo dell’interesse urbanistico protetto.

(conferma ordinanza del 27/09/2013 del Tribunale della Libertà di Lecce) Pres. Fiale, Est. Di Nicola, Ric. Durante
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Reato di lottizzazione abusiva – Reato progressivo nell’evento – Criteri per la configurabilità – Gravità dell’offesa – Reato a consumazione prolungata o frazionata – Artt. 30, c.7 e 29, d.P.R. n. 380/2001.
 
In materia urbanistica, la contravvenzione di lottizzazione abusiva configura un reato progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, atteso che tali iniziali attività, pur integrando la configurazione del reato, non esauriscono il percorso criminoso che si protrae con gli interventi successivi che incidono sull’assetto urbanistico, in quanto l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria compromette ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica (Cass. S.U., n.4708 del 24 aprile 1992, Fogliani; Sez. 3, n. 36940 del 11/05/2005, Stiffi ed altrine, da ultimo, Sez. 3, n. 12772 del 28/02/2012 Tallarini, nonché Sez. 3, n.5105 del 13/2/2013 dep. 03/02/2014). Ne consegue che l’illecito lottizzatorio si realizza (in altri termini, la consumazione ha inizio) allorquando sia al completo dei requisiti necessari e sufficienti per l’integrazione della fattispecie incriminatrice ed il momento consumativo perdura nel tempo sino a quando l’offesa tipica raggiunge, attraverso un passaggio graduale da uno stadio determinato ad un altro ad esso successivo, una sempre maggiore gravità, ed in ciò la lottizzazione, quale reato progressivo nell’evento, partecipa alla medesima disciplina del reato permanente, anche mutuandone ricadute giuridiche, e del quale ha in comune la struttura unitaria, l’instaurazione di uno stato antigiuridico ed il suo mantenimento ma ha in aggiunta un progressivo approfondimento dell’illecito attraverso condotte successive dirette ad aggravare l’evento del reato, atteso che gli interventi susseguenti incidono sull’assetto urbanistico, compromettendo ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica. La gravità dell’offesa può invero spostare il tempo del reato ed il diritto vivente, oltre al reato progressivo nell’evento, tipico dell’illecito lottizzatorio, ha enunciato le categorie del reato a duplice schema (Sez. 2, n. 38812 del 01/10/2008, Barreca, Rv. 241452) e del reato a consumazione prolungata o frazionata (Sez. 4, n. 17036 del 15/01/2009, Palermo, Rv. 243959) che rispondono alla medesima ratio.
 
(conferma ordinanza del 27/09/2013 del Tribunale della Libertà di Lecce) Pres. Fiale, Est. Di Nicola, Ric. Durante
 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze di sequestro preventivo o probatorio – Ricorso per cassazione – violazione di legge e “errores in iudicando” o “in procedendo” – Art. 325 cod. proc. pen..
 
Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emanate in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso, ex art. 325 cod. proc. pen., solo per violazione di legge, in tale nozione debbono essere compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia (ed esclusivamente) quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. Sez. Unite del 29/05/2008, n. 25932, Ivanov).
 
(conferma ordinanza del 27/09/2013 del Tribunale della Libertà di Lecce) Pres. Fiale, Est. Di Nicola, Ric. Durante
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 13 Giugno 2014 (Cc. 7/03/2014), Sentenza n. 25182

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
Aldo Fiale            – Presidente
Vito Di Nicola – Relatore
Santi Gazzara 
Gentili Andrea 
Vincenzo Pezzella
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Durante Giuseppe, nato a Nardò il 07/11/1948
avverso la ordinanza del 27/09/2013 del Tribunale della Libertà di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio con dissequestro;
udito per l’imputato l’avv. Delfino Siracusano che ha concluso chiedendo la cassazione dell’ordinanza impugnata;

RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale della libertà di Lecce ha confermato il provvedimento cautelare emesso dal Gip presso il medesimo Tribunale con il quale era stato disposto il sequestro preventivo del complesso turistico denominato “Riva degli Angeli” di proprietà del ricorrente, sottoposto ad indagini in ordine al reato di cui agli artt. 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
 
2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza Giuseppe Durante ha presentato, tramite i difensori, due ricorsi (per avv. Quinto e per avv. Siracusano).
 
2.1. Con una prima doglianza deduce violazione e falsa applicazione artt. 30 e 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 157 e 158 cod. pen., ed inoltre violazione e falsa applicazione dell’art. art.321 cod. proc. pen. (primo motivo di ricorso per avv. Quinto e secondo motivo per avv. Siracusano).
 
Si assume che il Tribunale del riesame ha respinto l’eccezione di prescrizione, sollevata nel corso dell’incidente cautelare, sul presupposto che, MC) sebbene gli ultimi ampliamenti (del teatro-bar e della reception) risalissero ad un’epoca antecedente all’anno 2006, sarebbero state recentemente eseguite nuove opere con lo scopo di consentire l’utilizzo abitativo di alcune strutture del villaggio, laddove, invece, l’assetto dei luoghi era rimasto inalterato negli ultimi otto anni, circostanza che, avendo comportato che maturasse la prescrizione, avrebbe dovuto precludere ab origine l’espletamento di qualsiasi attività investigativa inidonea, in costanza di una causa estintiva del reato, a sostenere un utile esercizio dell’azione penale rendendo, in ogni caso, illegittimo il disposto sequestro preventivo.
 
Si precisa come gli interventi, cui il Tribunale si è riferito per confermare l’impugnato decreto, investano tre delle settantanove unità abitative di cui si compone il villaggio (e, segnatamente, i corpi 6, 7 e 9), interventi che – secondo quanto riportato dal consulente dell’accusa – consisterebbero 1) nella realizzazione di un collegamento tra piano terreno e piano interrato (illecitamente già fabbricato), 2) nella costruzione di una completa copertura del vano scala di collegamento e 3) nella predisposizione avviata ed in corso di realizzazione di un sistema di impianti idrici, non completati al momento del sequestro e si obietta che, in relazione a tali interventi, sarebbe erronea la conclusione cui è giunto il Tribunale nel ritenere che l’attività edificatoria fosse ancora in itinere al momento del sequestro.
 
2.2. Con la seconda doglianza deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 44 lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. nonché violazione e falsa applicazione del vigente P.U.R. (secondo motivo di ricorso per avv. Quinto e primo motivo per avv. Siracusano) sul rilievo della legittimità di tutti gli atti autorizzativi, che si sono succeduti nel tempo in ordine alla struttura sequestrata.
 
2.3. Con la terza doglianza, ribadendosi, sotto altro ed ulteriore profilo, la legittimità della condotta, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 44 lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, in relazione all’art. 45 N.T.A. del vigente P.R.G. di Porto Cesareo (terzo motivo di ricorso per avv. Quinto e comune profilo contenuto nel motivo secondo del ricorso per avv. Siracusano), con conseguente assenza delle esigenze cautelari sul rilevo che, avuto riguardo alla sopravvenuta operatività degli strumenti urbanistici, la zona sarebbe stata qualificata come D5 e perciò qualificata area sulla quale poter realizzare l’insediamento di alberghi e villaggi turistici.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è infondato.
 
2. Le doglianze, implicando la soluzione di un punto decisivo del tema di prova cautelare, sono tra loro strettamente connesse e possono pertanto essere congiuntamente esaminate.
 
Occorre premettere come le Sezioni unite di questa Corte, sul presupposto che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emanate in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso, ex art. 325 cod. proc. pen., solo per violazione di legge, abbiano chiarito che in tale nozione debbono essere compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo“, sia (ed esclusivamente) quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, del 29/05/2008, n. 25932, Ivanov, Rv. 239692).
 
2.1. Nel caso di specie, il Tribunale distrettuale, con accertamento di fatto congruamente motivato, ha fondato il rigetto dell’istanza di riesame sul rilievo che secondo il P.R.G., ratione temporis vigente, l’area ricadeva nella zona F7, ricompresa nelle “zone agricole di salvaguardia paesaggistica” e riservata alle “Aree per attrezzature turistiche e balneari”, le cui destinazioni d’uso consentite erano quelle di installazione di stabilimenti balneari o attrezzature consimili, dancing, ristoranti, bar, piscine da realizzarsi con materiali decorosi e rispettosi dell’ambiente in modo da consentire ampie panoramiche libere da impedimenti e senza carattere di continuità.
 
Nel caso in esame, invece, erano stati realizzati manufatti in cemento, di carattere permanente, destinati ad uso abitativo mediante la realizzazione di vere e proprie strutture residenziali con rinnovazione ed implementazione degli impianti, dandosi vita ad un complesso residenziale esulante completamente dalla nozione di stabilimento balneare ovvero di struttura consimile.
 
A tali conclusioni il Collegio cautelare è giunto sulla base degli accertamenti tecnici eseguiti dal consulente del pubblico ministero e versati in atti in quanto posti a fondamento dell’azione cautelare ed i cui approdi sono stati confrontati con le obiezioni difensive, che sono state motivatamente disattese.
 
E’ risultato, secondo la ricostruzione del Giudice cautelare, che l’epoca di realizzazione delle strutture era risalente (1986-1990) per quanto riguarda taluni alloggi, la parte originaria del ristorante, degli edifici e dei servizi igienici comuni trasformati in camere per i turisti.
 
Nel 1990 era stato ampliato il ristorante e creati alcuni depositi i quali, a loro volta, avevano subito nel tempo trasformazioni ed ampliamenti che avevano interessato sino all’anno 2006 il teatro – bar e la reception.
 
Più recentemente (in epoca ritenuta successiva al 2010) erano state realizzate opere finalizzate a favorire l’utilizzo abitativo di alcune strutture (i corpi 6, 7 e 9), interventi consistiti nella realizzazione di un collegamento tra piano terreno e piano interrato (illecitamente già fabbricato), nella costruzione di una completa copertura del vano scala di collegamento e nella predisposizione avviata ed in corso di realizzazione di un sistema di impianti idrici.
 
In particolare, quanto al piano interrato, si trattava di opera mai autorizzata alla quale si accedeva “attraverso il collegamento con la struttura coperta di recente realizzazione, finalizzata all’utilizzo dei quattro vani componenti l’interrato, arieggiato con bocche di lupo appena costruite e con impianti in corso d’opera”.
 
Il corpo n. 6 era invece risultato composto da tre stanze e servizi; quanto ai corpi n. 7 e n. 9, si trattava di spazi originariamente destinati a depositi per attrezzatura da spiaggia poi trasformati, ciascuno, in un alloggio di due camere e bagno, collegato, solo di recente, ai piani interrati realizzati abusivamente.
 
In buona sostanza, le opere realizzate dovevano ritenersi assolutamente incompatibili con la destinazione urbanistica della zona e, sin dall’origine, finalizzate a realizzare un ampio complesso residenziale che è stato abusivamente e progressivamente ampliato, avendo in ciò il Tribunale distrettuale ritenuto configurabile il reato di lottizzazione.
 
3. Il ricorrente obietta che, se anche fossero state eseguite opere nel corso degli anni, le condotte dovevano essere ricondotte a singole fattispecie di abuso edilizio (come statuito da Cassazione, sez. 3, n. 32079 del 2013), non invece nell’ambito del reato di lottizzazione, con la conseguenza che, siccome non erano stati eseguiti nuovi interventi dal lontano 2006 (non potendo considerarsi tali quelli che avrebbero interessato i corpi numeri 6, 7 e 9 per assenza dei requisiti di abitabilità), i reati di abuso edilizio dovevano ritenersi prescritti.
 
Dall’altro lato, gli interventi erano stati regolari e comunque erano in corso procedure di sanatoria, mentre i Giudici cautelari non avevano considerato il nuovo assetto urbanistico che aveva investito la zona di riferimento, il quale ora consentiva quelle opere in precedenza ritenute vietate sicché, per un verso, il reato di lottizzazione non era più ipotizzabile e, per altro verso, erano venute meno, con tutta evidenza, le esigenze cautelari del caso di specie per difetto quantomeno del requisito dell’attualità del pericolo.
 
4. I rilievi sono infondati.
 
Va innanzitutto precisato come il precedente giurisprudenziale citato nel ricorso, avendo risolto una questione che ineriva alla contestazione non di lottizzazione ma di mera esecuzione di opere realizzate in assenza di permesso di costruire, non si pone affatto in termini di discontinuità con la giurisprudenza, ormai consolidata di questa Corte, che configura il reato di lottizzazione come reato progressivo nell’evento.
 
Piuttosto la tesi difensiva si pone in linea con la precedente giurisprudenza di legittimità che in passato aveva ritenuto, non senza contrasti, il reato di lottizzazione abusiva come reato permanente che si perfezionava, cessando la permanenza, con il compimento degli atti relativi (divisione del fondo, vendita dei lotti, realizzazione di opere di urbanizzazione), indipendentemente dalla costruzione, nei singoli lotti, degli edifici progettati, in quanto tale costruzione, essendo di norma opera di terzi, se a sua volta abusiva, costituiva un reato autonomo non necessariamente attribuibile a titolo di concorso al lottizzatore (sez. 3, n. 8398 del 30/05/1984, Insinga, Rv. 166029) e tanto sul presupposto che la successiva utilizzazione edilizia del suolo, oggetto della lottizzazione, costituiva attività ontologicamente e giuridicamente del tutto diversa da quella integrante la contravvenzione, priva perciò di rilevanza ai fini della cessazione della permanenza del reato.
 
Verso la fine degli anni ottanta, e successivamente, la giurisprudenza di questa Corte si è tuttavia decisamente schierata nel ritenere configurabile il reato di lottizzazione abusiva anche quando l’attività posta in essere fosse successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite perché tali attività iniziali, pur integrando la figura di reato, non ne definivano l’iter criminoso che si perpetuava negli interventi che incidevano sull’assetto urbanistico, tanto sul presupposto che il reato in questione fosse, per un verso, un reato a carattere permanente e progressivo e, per altro verso, un reato a condotta libera, con la conseguenza che, in primo luogo, non si riscontrava alcuna coincidenza tra il momento in cui la condotta assumeva rilevanza penale e il momento di cessazione del reato, in quanto anche la condotta successiva alla commissione del reato stesso poteva dare luogo ad una situazione antigiuridica di pari efficacia criminosa; in secondo luogo, dato che il reato di lottizzazione abusiva si realizzava anche mediante atti negoziali diretti al frazionamento della proprietà, con previsioni pattizie rivelatrici dell’attentato al potere programmatorio dell’autorità deputata al governo del territorio, ciò non significava che l’azione criminosa si esaurisse in questo tipo di condotta, perché la esecuzione ulteriore di opere di urbanizzazione primaria e secondaria comprometteva le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza statale o comunale (Sez. 3, n. 6970 del 04/05/1988, Antoniuccio, Rv. 178594).
 
Le Sezioni Unite Fogliani convalidarono espressamente tale ultimo orientamento (S.U., n.4708 del 24 aprile 1992, Fogliani, Rv. 190829) e da allora in modo compatto questa Corte ha sempre ritenuto e ribadito come la contravvenzione di lottizzazione abusiva configuri un reato progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, atteso che tali iniziali attività, pur integrando la configurazione del reato, non esauriscono il percorso criminoso che si protrae con gli interventi successivi che incidono sull’assetto urbanistico, in quanto l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria compromette ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica (Sez. 3, n. 36940 del 11/05/2005, Stiffi ed altri, Rv. 232190 e, da ultimo, Sez. 3, n. 12772 del 28/02/2012  Tallarini, Rv. 252236 nonché Sez. 3, n.5105 del 13/2/2013 dep. 03/02/2014, non mass.).
 
Le ragioni di un tale condivisibile indirizzo fondano sul rilievo che il reato di lottizzazione non può rientrare, come pure è stato ritenuto, né nella categoria del reato istantaneo con effetti permanenti, in quanto si ha una successione di varie condotte, che si protraggono nel tempo e che sono strettamente collegate tra loro dal punto di vista finalistico e causale; né nella categoria del reato continuato, poiché non si ha, “a parte rei”, una pluralità di illeciti penali unificati dal medesimo disegno criminoso, quanto piuttosto una pluralità di condotte realizzate da soggetti diversi o dal medesimo soggetto senza che, in tale ultimo caso, si realizzi un concorso di reati (di lottizzazione) quanto piuttosto, come si vedrà, uno spostamento in avanti del momento consumativo del reato stesso e neppure nella categoria del reato eventualmente abituale poiché la reiterazione di condotte identiche oppure omogenee non è elemento costitutivo del reato di lottizzazione e tantomeno infine nella categoria, invero più congeniale, del reato permanente in senso stretto in quanto, dopo la introduzione dello stato antigiuridico, la condotta non è di solo mantenimento della situazione contra ius, ma eventualmente esecutiva attraverso il compimento di ulteriori azioni causalmente e finalisticamente collegate alle precedenti e dirette ad approfondire l’illecito lottizzatorio con aggravamento dell’offesa all’interesse penalmente tutelato.
 
Questa è la ragione per la quale si è ritenuto che il reato di lottizzazione fosse inquadrabile nel cd. reato progressivo nell’evento (che è cosa ben diversa dal ritenere che la lottizzazione rientri nello schema del reato progressivo) in cui possono concorrere, nell’unicità della fattispecie incriminatrice, il momento negoziale, quello programmatorio mediante l’esecuzione di opere di urbanizzazione e quello attuativo con la costruzione degli edifici.
 
Ed infatti la condotta illegittima, pur nella sua unitarietà, può essere attuata in forme (il reato è a forma libera) e momenti diversi e da una pluralità di soggetti, in concorso fra loro (proprietari, costruttori, geometri, architetti, mediatori di vendita, notai, esecutori di opere, ecc.) sicché correttamente si può configurare la figura del reato progressivo nell’evento lesivo dell’interesse urbanistico protetto.
 
Un riscontro normativo a detto orientamento si rinviene ora nell’art. 30, comma 7, d.P.R. n. 380 del 2001 (in precedenza nell’ art.18, comma 7, della legge 28 febbraio 1985, n. 47), il quale prevede che l’ordinanza di sospensione da emettere da parte del dirigente o da parte del responsabile del competente ufficio comunale, qualora sia accertata l’effettuazione di una lottizzazione abusiva, debba essere notificata anche agli altri soggetti indicati nel primo comma dell’art. 29 ossia, oltre ai proprietari delle aree, al titolare del premesso di costruire, se rilasciato, al committente ed al costruttore, sicché il momento di consumazione del reato si protrae fino all’ultimazione dell’ultimo edificio programmato.
 
Questa tesi comporta che il reato di lottizzazione non può dirsi interamente consumato:
1) fino all’esecuzione dell’ultimo edificio programmato ossia, qualora si tratti di lottizzazione materiale, con l’edificazione delle opere di urbanizzazione o con l’inizio di alcune opere dirette in modo non equivoco allo scopo lottizzatorio o con la ultimazione delle costruzioni a seconda dell’omesso compimento di ulteriori attività nei vari momenti sopra descritti;
2) nell’ipotesi di lottizzazione negoziale, con la stipulazione dell’ultimo contratto pubblico se i lottisti non compiono alcuna altra attività materiale o giuridica, con l’ultimazione dell’opera se gli acquirenti vi edificano con o senza permesso di costruire, con l’ulteriore ultimo atto di vendita, se gli acquirenti rivendono il lotto (Sez. 3, n. 7640 del 25/05/1998, Del Grosso ed altri, Rv. 210850);
3) con la realizzazione di taluna delle condotte indicate sub 1) e/o 2), nell’ipostesi di lottizzazione mista.
 
Ne consegue che l’illecito lottizzatorio si realizza (in altri termini, la consumazione ha inizio) allorquando sia al completo dei requisiti necessari e sufficienti per l’integrazione della fattispecie incriminatrice ed il momento consumativo perdura nel tempo sino a quando l’offesa tipica raggiunge, attraverso un passaggio graduale da uno stadio determinato ad un altro ad esso successivo, una sempre maggiore gravità, ed in ciò la lottizzazione, quale reato progressivo nell’evento, partecipa alla medesima disciplina del reato permanente, anche mutuandone ricadute giuridiche, e del quale ha in comune la struttura unitaria, l’instaurazione di uno stato antigiuridico ed il suo mantenimento ma ha in aggiunta un progressivo approfondimento dell’illecito attraverso condotte successive dirette ad aggravare l’evento del reato, atteso che gli interventi susseguenti incidono sull’assetto urbanistico, compromettendo ulteriormente le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica.
 
Una tale costruzione non merita perciò le critiche che le sono state mosse sul rilievo che essa, definita dal “sapore artigianale”, non risulti richiamata in alcuna trattazione di diritto penale.
 
La gravità dell’offesa può invero spostare, come la stessa dottrina ammette, il tempo del reato ed il diritto vivente, oltre al reato progressivo nell’evento, tipico dell’illecito lottizzatorio, ha enunciato le categorie del reato a duplice schema (Sez. 2, n. 38812 del 01/10/2008, Barreca, Rv. 241452) e del reato a consumazione prolungata o frazionata (Sez. 4, n. 17036 del 15/01/2009, Palermo, Rv. 243959) che rispondono alla medesima ratio.
 
5. L’ordinanza impugnata si è attenuta al rispetto dei principi di diritto suesposti, escludendo che la prescrizione fosse maturata, ed ha spiegato, con logica ed adeguata motivazione, come l’intento di lottizzare l’area – per realizzare una struttura turistica in zona non urbanizzata per un tale tipo di edificazione, comportando ciò una indubbia trasformazione urbanistica ed edilizia (al posto di uno stabilimento balneare, la costruzione di un villaggio 
 
turistico con insediamenti in cemento armato) – fosse stato perseguito nel tempo con condotte realizzate anche in epoca prossima al 2010, pervenendo alla corretta conclusione di ritenere fondato il fumus del reato di lottizzazione abusiva e di rigettare l’eccezione di prescrizione.
 
Sul rilievo che le opere abusivamente realizzate non fossero interamente completate e sul presupposto dell’irrilevanza, nel caso di specie, degli strumenti urbanistici sopravvenuti, la cui operatività doveva ritenersi, per espressa previsione di piano, preclusa proprio in virtù dell’illegittimità della struttura ricettiva in sequestro, il Collegio cautelare ha ritenuto sussistente le esigenze cautelari del caso concreto e la loro attualità.
 
In assenza di radicali vizi della motivazione, consegue pertanto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 07/03/2014
 

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