Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 32181 | Data di udienza: 9 Maggio 2018

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Tettoia abusiva – Sequestro – Proprietario e custode del manufatto abusivo – Violazione dei sigilli e prosecuzione delle opere abusive – Effetti – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Controllo della motivazione – Evidente interesse al compimento delle opere abusive – Unico complessivo corpo argomentativo – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Luglio 2018
Numero: 32181
Data di udienza: 9 Maggio 2018
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: CORBETTA


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Tettoia abusiva – Sequestro – Proprietario e custode del manufatto abusivo – Violazione dei sigilli e prosecuzione delle opere abusive – Effetti – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Controllo della motivazione – Evidente interesse al compimento delle opere abusive – Unico complessivo corpo argomentativo – Giurisprudenza.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32181


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi – Tettoia abusiva – Sequestro – Proprietario e custode del manufatto abusivo – Violazione dei sigilli e prosecuzione delle opere abusive – Effetti – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Controllo della motivazione – Evidente interesse al compimento delle opere abusive – Unico complessivo corpo argomentativo – Giurisprudenza.
 
In tema di controllo della motivazione, è validamente argomentato il giudizio di responsabilità per violazione di sigilli e connessi reati contravvenzionali edilizi a carico dell’imputato, comproprietario dell’immobile e nominato custode all’atto del sequestro, fondato sull’evidente interesse al compimento delle opere abusive, dovendosi escludere la possibilità per la Corte di cassazione di ricostruire alternativamente la vicenda (Sez. 3, n. 8570 del 14/01/2003 – dep. 21/02/2003, Privitera). Pertanto, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 12/04/2012, Valerio).
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 25/09/2015 – CORTE D’APPELLO DI NAPOLI) Pres. LAPALORCIA, Rel. CORBETTA, Ric. De Michele

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32181

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13/07/2018 (Ud. 09/05/2018), Sentenza n.32181
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da De Michele Roberta, nata a Napoli il 12/06/1978;
 
avverso la sentenza del 25/09/2015 della Corte d’appello di Napoli;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Gaeta, che ha concluso chiedendo annullamento senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione;
 
udito il difensore, avv. Concetta Monaco, del foro di Napoli, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con l’impugnata sentenza, in riforma della decisione emessa dal Tribunale di Napoli, appellata dall’imputata, la Corte d’appello di Napoli dichiarava non doversi procedere nei confronti di Roberta De Michele in ordine alle contravvenzioni urbanistiche di cui ai capi A) e B) perché estinte per prescrizione e, per l’effetto, rideterminava in mesi nove di reclusione ed euro 200 di multa la pena inflitta per il delitto di cui all’art. 349, comma 2, cod. pen.; revocava, altresì, sia l’ordine di demolizione e di riduzione in pristino, sia l’onere imposto al beneficio della sospensione condizionale della pena.
 
2. Avverso l’indicata sentenza l’imputata, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, con cui deduce vizio motivazionale. Assume la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato nel fondare il giudizio di penale responsabilità unicamente sulla base della nomina della De Michele a custode giudiziario, in assenza di ulteriori elementi di riscontro.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è inammissibile.
 
2. Invero, va preliminarmente precisato che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615).
 
3. Nel caso in esame, quanto al delitto di violazione di sigilli, la Corte territoriale ha rinviato, condividendone la motivazione, alla sentenza di primo grado, laddove emerge che, in occasione del primo accesso, effettuato il 5 giugno 2007, personale della polizia locale di Napoli presso l’immobile in esame, di proprietà dell’imputata’ era stata realizzata una tettoia abusiva di 85 mq., che fu sequestrata, e la relativa custodia venne affidata all’imputata. Nel corso di un successivo accesso, effettuato in data 8 luglio 2009, si appurò non solo la violazione dei sigilli, precedentemente apposti, ma anche la prosecuzione delle opere abusive, che erano ancora in corso, come corroborato dal fatto che, al momento del sopralluogo, erano presenti, sul posto, alcuni operai intenti a lavorare.
 
4. Ciò premesso, va data continuità al principio, secondo il quale, in tema di controllo della motivazione, è validamente argomentato il giudizio di responsabilità per violazione di sigilli e connessi reati contravvenzionali edilizi a carico dell’imputata, comproprietaria dell’immobile e nominata custode all’atto del sequestro, fondato sull’evidente interesse al compimento delle opere abusive, dovendosi escludere la possibilità per la Corte di cassazione di ricostruire alternativamente la vicenda (Sez. 3, n. 8570 del 14/01/2003 – dep. 21/02/2003, Privitera S. Rv. 223469).
 
5. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fatto buon governo del principio ora richiamato, affermando che l’imputata, in qualità di proprietaria e di custode del manufatto abusivo – e quindi titolare della disponibilità materiale e giuridica delle opere – aveva violato i sigilli, con lo scopo, in parte riuscito, di proseguire i lavori, già sottoposti a sequestro. Si tratta di una motivazione giuridicamente corretta e immune da vizi logici, che, pertanto, non è censurabile in questa sede.
 
6. Va, infine, osservato che, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., e, in particolare, la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, D. L. Rv. 217266).
 
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. 
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 09/05/2018.
 

 

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