Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 20732 | Data di udienza: 19 Marzo 2013

* PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso di ufficio – Reati edilizi – Elemento soggettivo – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Artt. 323 e 483 cod. pen. – DIRITTO URBANISTICO – Asservimento di un fondo in caso di edificazione – Effetti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Maggio 2013
Numero: 20732
Data di udienza: 19 Marzo 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Gentile


Premassima

* PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso di ufficio – Reati edilizi – Elemento soggettivo – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Artt. 323 e 483 cod. pen. – DIRITTO URBANISTICO – Asservimento di un fondo in caso di edificazione – Effetti.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 14 Maggio 2013 (Ud. 19/03/2013) Sentenza n. 20732

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DIRITTO URBANISTICO – Abuso di ufficio – Reati edilizi – Elemento soggettivo – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Artt. 323 e 483 cod. pen..
 
In tema di abuso di ufficio, per la configurabilità dell’elemento soggettivo è richiesto il dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell’evento come conseguenza diretta ed immediata della condotta dell’agente ed obiettivo primario da costui perseguito. L’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 323 cod. pen., pertanto, nell’ambito dei reati edilizi, consiste nella consapevolezza dell’ingiustizia del vantaggio patrimoniale e nella volontà di agire per procurarlo e può essere desunta anche dalla macroscopica illiceità dell’atto e dai tempi di emanazione dello stesso [Cass. sez. V sent. n. 3039 del 03/12/2010; n. 18149 del 2005; n. 10390 del 2008; sez. VI sent. n. 49554 del 22/10/2003; n. 20688 del 2003].
 
(annulla con rinvio sentenza del 06/03/2012 della Corte di Appello di Catania) Pres. Teresi, Est. Gentile, Ric. PG in proc. Di Rosa ed altri
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Asservimento di un fondo in caso di edificazione – Effetti.
 
L’asservimento di un fondo in caso di edificazione costituisce una qualità oggettiva dello stesso, in modo tale che detta qualità continua a seguire il fondo anche nei successivi trasferimenti con conseguente inutilizzabilità (ai fini di ulteriore costruzione) della porzione del suolo già computata per il calcolo della cubatura in riferimento alla edificazione di un precedente manufatto [Cass. sez. IV n. 23230 del 22/04/2004; Cons. di Stato V sent. n. 5039 del 12/07/2004; Cons. di Stato IV sent. n. 2177 del 12/05/2005].
 
(annulla con rinvio sentenza del 06/03/2012 della Corte di Appello di Catania) Pres. Teresi, Est. Gentile, Ric. PG in proc. Di Rosa ed altri
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 14 Maggio 2013 (Ud. 19/03/2013) Sentenza n. 20732

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE  
 
Composta da: 
 
Alfredo Teresi – Presidente  
Mario Gentile – Consigliere Rel. 
Luigi Marini – Consigliere
Lorenzo Orilia – Consigliere
Luca Ramacci – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania Gangemi Carmelo, nato il 20/02/1955; quale parte civile nei confronti di:
– Di Rosa Antonio, nato il 24/08/1963 
– Pagano Roberta, nata il 20/06/1968 
– Pagano Francesco, nato il 21/03/1940 
– Alfio, nato il 26/08/1956
avverso la sentenza del 06/03/2012 della Corte di Appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; 
udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile; 
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale dott. Gabriele Mazzotta che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito per la parte civile, avv. Giuseppe Tomaselli, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
uditi gli avv.ti Angela Chimento, Tommaso Tamburino, Maria Letizia Galati difensori di fiducia di Antonio Di Rosa, Roberta Pagano, Francesco Pagano, che hanno concluso chiedendo l’inammissibilità /o il rigetto dei ricorsi
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di Appello di Catania, con sentenza emessa il 06/03/2012, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania, in data 25/10/2010, pronunciata nei confronti di Antonio Di Rosa, Roberta Pagano, Francesco Pagano, Alfio Nicosia, assolveva gli stessi dai reati di cui agli artt. 44 d.P.R. 06 giugno 2001 n. 380, 323 e 483 cod. pen., come loro rispettivamente ascritti perché il fatto non costituisce reato (all’esito del giudizio di 1° grado gli imputati erano stati assolti dai reati ascritti loro perché il fatto non sussiste).
 
2. Il PG della Corte di Appello di Catania e la difesa di Carmelo Gangemi, già costituita parte civile, proponevano due distinti ricorsi per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
 
2.1. In particolare il PG esponeva che la decisione impugnata non era congruamente motivata quanto all’insussistenza del dolo a carico degli imputati in ordine ai reati contestati (pag. 1 ricorso).
 
Trattavasi di motivazione contraddittoria poiché la Corte Territoriale da un lato affermava la violazione di un preciso principio tecnico/giuridico in materia urbanistica ed in relazione ai precedenti atti di asservimento (come nella fattispecie); dall’altro asseriva l’opinabilità della normativa da cui scaturiva il predetto principio tecnico/giuridico (vedi ricorso PG pagg. 1 – 5).
 
2.2. La difesa di parte civile, a sua volta, ed in riferimento specifico al reato di cui all’art. 323 cod. pen., esponeva che la sentenza impugnata era priva di motivazione quanto all’asserita mancanza del dolo intenzionale. 
 
Trattavasi di affermazione apodittica priva di validi riscontri processuali (ricorso pagg. 4 – 6).
 
Tanto dedotto i ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata.
 
3. La difesa di Francesco Pagano e di Roberta Pagano presentavano, in data 22/02/2013, propria memoria con la quale chiedeva la inammissibilità dei ricorsi, evidenziando comunque che il reato ex art. 323 cod. pen. era estinto per prescrizione.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono fondati.
 
1.1. Nella fattispecie sono stati contestati i reati di cui appresso, nei seguenti termini fondamentali:
 
a)art. 44 d.P.R. 380/2001 nei confronti di Francesco Pagano e Roberta Pagano per aver realizzato nelle loro rispettive qualità, come indicate in atti, un manufatto con una cubatura maggiore di quella ammissibile di circa 1500 mc.;
b)artt. 323 cod. pen. e 44 d.P.R. 380/2001 nei confronti di Antonio Di Rosa, quale responsabile dell’ufficio Tecnico del Comune di Motta S. Anastasia ed Alfio Nicosia, responsabile del procedimento relativo alla richiesta di concessione edilizia (prot. N. 44/2004), per aver consentito, tramite il rilascio della concessione edilizia n. 49/2004, la realizzazione di un edificio con una cubatura maggiore di quella ammissibile di circa 1500 mc;
c)art. 483 cod. pen. nei confronti di Roberta Pagano perché, nella sua qualità di architetto, aveva attestato falsamente, nella perizia giurata allegata alla richiesta del certificato di abitabilità, come presentato in atti, che i lavori di costruzione erano conformi agli strumenti urbanistici.
 
Il tutto come analiticamente precisato in atti per tutte le contestazioni, in relazione a condotte protrattesi dal Dicembre 2004 sino al Maggio/Novembre 2006.
 
1.2. Il Tribunale di Catania, con sentenza in data 25/10/2010, assolveva tutti gli imputati dai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste.
 
La Corte di Appello di Catania – a seguito di Appello del PM e della parte civile – con sentenza emessa il 06/03/2012, in riforma della sentenza di 1° grado, assolveva gli imputati dai predetti reati perché il fatto non costituisce reato.
 
Al riguardo si rileva che la Corte Territoriale – trattando prevalentemente il reato di cui all’art. 323 cod. pen. asseriva sostanzialmente che la concessione edilizia n. 49/2004 (inerente ai manufatti di cui è contestata la liceità) non era legittima poiché la residua area di mq 1486 di cui al lotto n. 1 – a seguito di precedenti atti di asservimento (come specificamente indicati in atti) – non era utilizzabile ai fini del rilascio del predetto titolo abilitativo (vedi sentenza 2° grado pagg. 3 – 5).
 
La Corte di Appello, tuttavia, pur avendo accertata la illegittimità delle opere, riteneva che – tenuto conto della complessità della materia in esame e
della non agevole interpretazione delle relative norme tecnico/giuridiche – non ricorreva l’elemento soggettivo del reato de quo (art. 323 cod. pen.): ossia il dolo intenzionale diretto a perseguire l’ingiusto profitto patrimoniale a favore dei destinatari della illegittima concessione edilizia n. 49/2004.
 
Trattasi di affermazione priva di idoneo supporto argomentativo.
Invero – a fronte di un principio giuridico univoco e consolidato secondo cui l’asservimento di un fondo in caso di edificazione costituisce una qualità oggettiva dello stesso, in modo tale che detta qualità continua a seguire il fondo anche nei successivi trasferimenti con conseguente inutilizzabilità (ai fini di ulteriore costruzione) della porzione del suolo già computata per il calcolo della cubatura in riferimento alla edificazione di un precedente manufatto [sez. IV n. 23230 del 22/04/2004; Cons. di Stato V sent. n. 5039 del 12/07/2004; Cons. di Stato IV sent. n. 2177 del 12/05/2005] – la Corte Territoriale ha affermato in modo apodittico ed autoreferenziale che la materia era complessa e di non agevole interpretazione. Trattasi di motivazione apparente, tenuto conto altresì che gli imputati Antonio Di Rosa e Alfio Nicosia (cui è stato contestato il reato di cui all’art. 323 cod. pen.) avevano specifiche competenze professionali per valutare esaustivamente, sotto il profilo tecnico/giuridico, la materia de qua. Analoghe considerazioni valgono anche per i restanti reati di cui ai capi A) e C), in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati medesimi.
 
Al riguardo va ribadito – in tema di abuso di ufficio – che per la configurabilità dell’elemento soggettivo è richiesto il dolo intenzionale, ossia la rappresentazione e la volizione dell’evento come conseguenza diretta ed immediata della condotta dell’agente ed obiettivo primario da costui perseguito.
L’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 323 cod. pen., pertanto, nell’ambito dei reati edilizi, consiste nella consapevolezza dell’ingiustizia del vantaggio patrimoniale e nella volontà di agire per procurarlo e può essere desunta anche dalla macroscopica illiceità dell’atto e dai tempi di emanazione dello stesso [conforme sez. V sent. n. 3039 del 03/12/2010; n. 18149 del 2005; n. 10390 del 2008; sez. VI sent. n. 49554 del 22/10/2003; n. 20688 del 2003].
 
2. Va annullata, pertanto, la sentenza della Corte di Appello di Catania in riferimento sia al reato di cui all’art. 323 cod. pen., sia ai restanti reati di cui agli artt. 44 d.P.R. 380/2001 e 483 cod. pen. ai fini di un nuovo esame con rinvio a detta Corte Territoriale, altra sezione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
 
La Corte di Appello in sede di rinvio valuterà, altresì – tenuto conto dell’accertamento in concreto e definitivo dell’epoca di consumazione dei reati nel loro progressivo verificarsi nel tempo – l’eventuale prescrizione degli stessi o di parte degli stessi.
 
Riserva alla Corte Territoriale anche l’eventuale liquidazione delle spese processuali della parte civile, se dovute.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per nuovo esame.
 
Così deciso il 19 marzo 2013.
 

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