Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione Numero: 5633 | Data di udienza: 17 Novembre 2011

* DIRITTO URBANISTICO –  Rilascio del permesso di costruire –  Titolo idoneo al godimento del bene –  Verifica del requisito della legittimazione soggettiva del richiedente – Rilascio del titolo abilitante – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Poteri istruttori spettanti all’amministrazione – Compimento di complesse ricognizioni giuridico-documentali – Esclusione – Divieto di aggravamento, del procedimento amministrativo – Acquisizione e vaglio di tutti gli elementi sufficienti – Obbligo – Artt. 9 c.1°, 31 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 – Imposizione di fasce di rispetto stradali – Vincolo indennizzabile – Esclusione – Computo ai fini della volumetria edificabile – Strumenti di pianificazione – Vincoli di inedificabilità assoluta – Decadenza quinquennale – Art. 9 del T.U. n. 327/2001.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ penale
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Febbraio 2012
Numero: 5633
Data di udienza: 17 Novembre 2011
Presidente: Mannino
Estensore: Fiale


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO –  Rilascio del permesso di costruire –  Titolo idoneo al godimento del bene –  Verifica del requisito della legittimazione soggettiva del richiedente – Rilascio del titolo abilitante – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Poteri istruttori spettanti all’amministrazione – Compimento di complesse ricognizioni giuridico-documentali – Esclusione – Divieto di aggravamento, del procedimento amministrativo – Acquisizione e vaglio di tutti gli elementi sufficienti – Obbligo – Artt. 9 c.1°, 31 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 – Imposizione di fasce di rispetto stradali – Vincolo indennizzabile – Esclusione – Computo ai fini della volumetria edificabile – Strumenti di pianificazione – Vincoli di inedificabilità assoluta – Decadenza quinquennale – Art. 9 del T.U. n. 327/2001.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 14 febbraio 2012 (Ud. 17.11.2011), Sentenza n. 5633


DIRITTO URBANISTICO – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Rilascio del permesso di costruire –  Titolo idoneo al godimento del bene – Potere-dovere dell’amministrazione – Attività istruttoria – Verifica del requisito della legittimazione soggettiva del richiedente – Artt. 31 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001.
 
 
Nel procedimento di rilascio del permesso di costruire l’amministrazione comunale ha il potere-dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un titolo idoneo al godimento dell’intero bene interessato dal progetto e ciò pure a fronte della pacifica circostanza che il titolo abilitativo finale é comunque sempre rilasciato “facendo salvi i diritti dei terzi”. Si tratta di un’attività istruttoria che non è diretta a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario degli immobili, ma che risulta invece finalizzata ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente. L’esame del titolo di godimento operato dall’amministrazione, infatti, non costituisce una sorta di eccezionale intrusione in un ambito privatistico, ma rappresenta la coerente applicazione del principio secondo cui l’autorità pubblica deve sempre riscontrare la legittimazione del soggetto che propone un’istanza, nel contesto della generale esigenza di verifica sull’ordinato svolgimento delle attività sottoposte al controllo autorizzatorio [Cons. Stato, Sez. V, 22.6.2000, n. 3525, ove è stato affermato che assentire la realizzazione di opere edilizie a soggetti certamente privi del necessario titolo di godimento sull’immobile significherebbe alimentare il contenzioso tra le parti, con grave danno anche per l’interesse pubblico all’armonico sviluppo dell’attività di trasformazione urbanistica].
 
(annulla con rinvio ordinanza n. 6/2011 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO, del 30/03/2011) Pres. Mannino, Est. Fiale, Ric. PM in proc. Cavone
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Permesso di costruire – Rilascio del titolo abilitante – Poteri istruttori spettanti all’amministrazione – Compimento di complesse ricognizioni giuridico-documentali – Esclusione – Divieto di aggravamento, del procedimento amministrativo – Acquisizione e vaglio di tutti gli elementi sufficienti – Obbligo – Artt. 11, c.1°, 31 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001.
 
All’affermazione del principio di necessaria verifica del titolo di legittimazione alla richiesta del permesso di costruire [C. Stato, Sez. IV: 23.3.2004, n. 1463; Sez. V: 12.11.2002, n. 6256]. viene altresì specificato che, a norma dell’art. 11, 1° comma, del D.P.R. n. 380/2001, “il permesso di costruire e rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo” e quindi la verifica del possesso del requisito soggettivo e l’esatta delimitazione quantitativa della proprietà del bene immobile costituiscono presupposti la cui mancanza impedisce all’amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto [C. Stato, Sez. V: 7.7.2005, n. 3730; 12.5.2003, n. 2506]. Pertanto, l’amministrazione non ha il compito di effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti il regime della proprietà dell’immobile in relazione al quale viene richiesto il rilascio del titolo abilitante, ed anzi, in ossequio al principio generale del divieto di aggravamento, del procedimento amministrativo, la stessa P.A. può semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo prodotto, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata. In ogni caso, però, la funzione autorizzatoria richiede un livello di istruttoria che comprende l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione e non si può prescindere dal considerare i presupposti di fatto e di diritto che comunque possono incidere sulla disponibilità dell’area da edificare da parte del richiedente. La P.A., in sostanza, non deve spingersi a ricercare di ufficio eventuali elementi preclusivi, limitativi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente ma, qualora nel corso dei procedimento vi siano state acquisizioni da cui possa fondatamente dedursi  la sussistenza di elementi siffatti, non può esimersi dal vagliarle e dal dare conto della effettuata valutazione  nel provvedimento  conclusivo.

(annulla con rinvio ordinanza n. 6/2011 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO, del 30/03/2011) Pres. Mannino, Est. Fiale, Ric. PM in proc. Cavone
 
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Imposizione di fasce di rispetto stradali – Vincolo indennizzabile – Esclusione – Computo ai fini della volumetria edificabile – Strumenti di pianificazione – vincoli di inedificabilità assoluta – Decadenza quinquennale – Art. 9 del T.U. n. 327/2001.
 
In materia urbanistica, l’imposizione di fasce di rispetto stradali, prescrivendo per lo più obblighi di distanza (quale standard speciale la cui operatività si ricollega al recepimento nello strumento urbanistico), sia pure di natura permanente, non costituisce vincolo indennizzabile, in quanto l’area in esse ricompresa ben può essere computata ai fini della volumetria edificabile. Gli strumenti di pianificazione, però, possono pure imporre al riguardo veri e propri vincoli di inedificabilità assoluta, sostanzialmente a contenuto espropriativo, soggetti a decadenza quinquennale ai sensi dell’art. 9 del T.U. n. 327/2001.
 
(annulla con rinvio ordinanza n. 6/2011 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO, del 30/03/2011) Pres. Mannino, Est. Fiale, Ric. PM in proc. Cavone

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 14 febbraio 2012 (Ud. 17.11.2011), Sentenza n. 5633

SENTENZA

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 14 febbraio 2012 (Ud. 17.11.2011), Sentenza n. 5633


 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente 
Dott. ALDO FIALE – Consigliere Rel.
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere 
N. Dott. RENATO GRILLO – Consigliere 
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da PMT PRESSO TRIBUNALE DI CAMPOBASSO nei confronti di:
 
1) CAVONE ELIO N. IL 27/11/1948
2) CAVONE CONCETTINA N. IL 14/02/1963
3) CAVONE PATRIZIA N. IL 24/12/1958
4) DI CRISTOFARO LUCA N. IL 11/10/1965
5) DI CRISTOFARO JACOPO N. IL 27/09/1971
 
– avverso l’ordinanza n. 6/2011 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO, del 30/03/2011
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE; 
– sentite le conclusioni del PG Dott. Fausto De Santis il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
– udito il difensore, Avv.to Demetrio Rivellino, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso del P.M. 
 
FATTO E DIRITTO
 
Il Tribunale di Campobasso (pronunciandosi sull’appello avanzato dal P.M., ex art.322 bis c.p.p., avverso un provvedimento di rigetto reso dal G.I.P.) aveva disposto, con ordinanza del 26.5.2010, il sequestro preventivo di un immobile in via di ultimazione (e della relativa area di cantiere), sito in Campobasso, alla via De Luca, per l’edificazione del quale era stato rilasciato il permesso di costruire n. 171 del 10/7/2006.
 
Il sequestro era stato applicato nell’ambito del procedimento penale che vedeva indagati Cavone Elio, Cavone Concettina, Cavone Patrizia, Di Cristoforo Luca e Di Cristoforo Jacopo [il Cavone quali proprietari-venditori di un terreno sul quale Di Cristoforo Luca, amministratore unico della s.r.1 “Di Cristofaro – Impresa edile stradale”, acquirente, e Di Cristofaro Jacopo, progettista e direttore dei lavori medesimi], per avere realizzato un fabbricato, composto da n. 24 appartamenti e delle relative autorimesse, considerato costruito in seguito al rilascio di titolo abilitativo illecito.
 
L’illiceità del permesso di costruire veniva dedotta (sulla base di consulenza tecnica disposta dal P.M.) dalle circostanze che:
a) il rilascio dello stesso si poneva in connessione con una dichiarazione con cui i fratelli Cavone, già nell’atto notarile di vendita dei suoli alla s.r.l “Di Cristofaro, avevano attestato di essere unici proprietari di alcune particelle fondiarie, tra quelle costituenti il lotto da edificare, la cui appartenenza, invece, veniva contestata dalla loro congiunta Tiziana Cavane. Dalla falsità di tale attestazione discendeva, nella prospettiva accusatoria – ai fini della determinazione del rapporto plano-volumetrico del fabbricato da assentire – il superamento dei limiti di volumetria realizzabili in base alla reale estensione della proprietà esclusiva e la violazione delle distanze minime di confine del realizzando fabbricato rispetto alle particelle che non si appartenevano ai richiedenti;
b) una porzione del piano entro terra del fabbricato medesimo (destinato ad autorimesse), inoltre, risultava ubicato, secondo le previsioni del piano regolatore generale comunale, in area di rispetto della viabilità principale, ove vigeva il divieto assoluto di edificare costruzioni anche di carattere provvisorio.
 
Le ipotesi dei reati contestati dalla accusa sono quelle di cui agli artt. 110, 81, 48, 479 e 483 cod. pen.; artt. 110, 48 e 323 cod. pen.; art. 110 cod. pen., 31 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001; oltre che, per i soli Di Cristoforo, del reato di cui agli arti. 110, 81 cpv., 481, 48 e 323 cod. pen.
 
II G.I.P. del Tribunale di Campobasso, successivamente – in seguito alla presentazione di ulteriori elaborati tecnici da parte della difesa (sostanzialmente una perizia redatta, su incarico del TAR., dall’ingegnere Alessio Venuta nell’ambito di un giudizio promosso dalla s.r.l. Di Cristofaro contro il Comune di Campobasso) – revocava, con provvedimento del 17.1.2011, il disposto sequestro preventivo, rilevando: 
a) da un lato, l’esistenza di incertezza in ordine alla titolarità, in capo a Tiziana Cavane, di una porzione del suolo su cui insiste parte dell’opera realizzata dalla società Di Cristofaro; 
b) dall’altro, la inconfigurabilità della violazione della fascia di rispetto del nastro stradale, poiché la strada di riferimento (via Colitto) era stata realizzata in luogo diverso.
 
Il P.M. proponeva appello ex art. 322 bis c.p.p. ed il Tribunale – con ordinanza del 30 marzo 2011 – respingeva il gravame, prestando adesione espressa alle argomentazioni svolte dal G.I.P.
 
Avverso tale ordinanza di rigetto ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Campobasso, il quale ha svolto le seguenti doglianze:
 
– la revoca del sequestro non poggerebbe su elementi nuovi e diversi rispetto a quelli già valutati dal Tribunale per il riesame in occasione dell’applicazione della misura di cautela reale, bensì costituirebbe “una mera rivalutazione di parte di quanto già valutato e presente in atti”, che al G.I.P. non sarebbe stata consentita;
– anche qualora le particelle rivendicate da Tiziana Cavone non fossero con certezza di sua proprietà, “non potrebbero essere allo stesso modo di proprietà certa di Cavane Concettina, Cavone Elio e Cavone Patrizia, venditori spacciatisi per proprietari assoluti”.
 
Tali particelle sono state comunque illegittimamente utilizzate per la costituzione del lotto oggetto di intervento, “con la consapevolezza dell’incertezza della proprietà medesima”, e la loro rilevanza deve ritenersi fondamentale ai fini della determinazione del distacco minimo dai confini e dell’altezza della costruzione;
– il Comune, in seguito alla diversa localizzazione della strada prevista dal P.R.G., avrebbe dovuto provvedere alla modificazione delle previsioni del piano medesimo, attraverso l’iter di variante prescritto dalla legislazione regionale vigente e, fino all’esaurimento della relativa procedura, si sarebbero dovute integralmente rispettare le disposizioni pianificatone non modificate, alle quali non poteva trasgredirsi sulle base di “supposte necessità materiali e logiche”;
– il Tribunale, infine, avrebbe omesso totalmente di pronunciarsi in ordine alle esigenze di cautela già ravvisate, permanendo invece il periculum in mora ricollegabile alla imminenza della stipulazione degli atti di compravendita degli appartamenti e delle autorimesse, dalla quale la società costruttrice ricaverebbe un profitto illecito in seguito a truffe perpetrate in danno di ignari acquirenti.
 
All’odierna udienza in camera di consiglio, i difensori di Di Cristoforo Luca, Avv.ti Bruno Assumma e Fabio Albino, hanno chiesto il differimento della trattazione del ricorso dichiarando di aderire all’astensione dalle udienze proclamata dall’Unione delle Camere Penali.
 
Il Collegio ha respinto la richiesta in applicazione dell’art. 4, lett. a), del “Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati”, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella G.U. n. 3 del 4 gennaio 2008 [ove si prevede che l’astensione non é consentita, in materia penale, in riferimento alle udienze “afferenti misure cautelari”].
 
********
 
Il ricorso del P.M. è fondato e deve essere accolto.
 
1. Rileva il Collegio che – nel procedimento di rilascio del permesso di costruire – l’amministrazione comunale ha il potere-dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un titolo idoneo al godimento dell’intero bene interessato dal progetto e ciò pure a fronte della pacifica circostanza che il titolo abilitativo finale é comunque sempre rilasciato “facendo salvi i diritti dei terzi”.
 
Si tratta di un’attività istruttoria che non è diretta a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario degli immobili, ma che risulta invece finalizzata ad accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente. L’esame del titolo di godimento operato dall’amministrazione, infatti, non costituisce una sorta di eccezionale intrusione in un ambito privatistico, ma rappresenta la coerente applicazione del principio secondo cui l’autorità pubblica deve sempre riscontrare la legittimazione del soggetto che propone un’istanza, nel contesto della generale esigenza di verifica sull’ordinato svolgimento delle attività sottoposte al controllo autorizzatorio [vedi sul punto C. Stato, Sez. V, 22.6.2000, n. 3525, ove è stato affermato che “assentire la realizzazione di opere edilizie a soggetti certamente privi del necessario titolo di godimento sull’immobile significherebbe alimentare il contenzioso tra le parti, con grave danno anche per l’interesse pubblico all’armonico sviluppo dell’attività di trasformazione urbanistica”].
 
L’affermazione del principio di necessaria verifica del titolo di legittimazione alla richiesta risulta costante nella giurisprudenza del Consiglio di Stato [vedi, tra le molteplici pronunzie, C. Stato, Sez. IV: 23.3.2004, n. 1463; Sez. V: 12.11.2002, n. 6256] ove viene altresì specificato che, a norma dell’art. 11, 1° comma, del D.P.R. n. 380/2001, “il permesso di costruire e rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo” e quindi la verifica del possesso del requisito soggettivo e l’esatta delimitazione quantitativa della proprietà del bene immobile costituiscono presupposti la cui mancanza impedisce all’amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto [vedi C. Stato, Sez. V: 7.7.2005, n. 3730; 12.5.2003, n. 2506].
 
Il problema é quello di delimitare l’ampiezza dei poteri istruttori spettanti all’amministrazione in sede di verifica del titolo di proprietà o di godimento ed al riguardo la giurisprudenza amministrativa avverte che non incombe all’autorità che rilascia il titolo abilitativo edilizio il compimento di complesse ricognizioni giuridico-documentali in ordine ad eventuali pretese che potrebbero essere avanzate da soggetti estranei al rapporto che viene ad instaurarsi con la presentazione della richiesta del permesso di costruire [vedi C. Stato: Sez. IV, 26.5.2006, n. 3201 e Sez. V, 2.10.2002, n. 5165].
 
Questo Collegio, in adesione a tale orientamento, ribadisce che l’amministrazione non ha il compito di effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti il regime della proprietà dell’immobile in relazione al quale viene richiesto il rilascio del titolo abilitante, ed anzi, in ossequio al principio generale del divieto di aggravamento, del procedimento amministrativo, la stessa P.A. può semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica sul titolo prodotto, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata. In ogni caso, però, la funzione autorizzatoria richiede un livello di istruttoria che comprende l’acquisizione di tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione e non si può prescindere dal considerare i presupposti di fatto e di diritto che comunque possono incidere sulla disponibilità dell’area da edificare da parte del richiedente.
 
La P.A., in sostanza, non deve spingersi a ricercare di ufficio eventuali elementi preclusivi, limitativi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente ma, qualora nel corso dei procedimento vi siano state acquisizioni  da cui possa fondatamente dedursi  la sussistenza di elementi siffatti, non può esimersi dal vagliarle e dal dare conto della effettuata valutazione  nel provvedimento  conclusivo.
 
Il livello di  istruttoria che deve essere svolta deve  consentire, in ogni caso,  di dare conto della esistenza di elementi sufficienti ad illustrare un qualificato collegamento soggettivo tra chi ha proposto l’istanza ed il  bene giuridico oggetto dell’autorizzazione.
 
Nella vicenda che ci occupa il Tribunale –  pronunziandosi in un procedimento incidentale avente ad oggetto, per la sua natura, non l’accertamento della responsabilità degli indagati, bensì la mera configurabilità del fumus dei reati ipotizzati – ha escluso l’esistenza di tale fumus omettendo di indicare, in una situazione di pur riconosciuta incertezza del regime proprietario di alcune particelle immobiliari (quelle rivendicate da Tiziana Cavone), quali siano gli elementi sufficienti, allo stato, a dimostrare la sussistenza di un’esatta delimitazione (nell’estensione e nei confini) della proprietà dell’area interessata dall’edificazione nei suoi riflessi sul corretto esercizio dello ius aedificandi.
 
2. Per quanto attiene, poi alla contestata edificazione di parte del fabbricato in una zona di rispetto di strada pubblica, va rilevato che l’imposizione di fasce di rispetto stradali, prescrivendo per lo più obblighi di distanza (quale standard speciale la cui operatività si ricollega al recepimento nello strumento urbanistico), sia pure di natura permanente, non costituisce vincolo indennizzabile, in quanto l’area in esse ricompresa ben può essere computata ai fini della volumetria edificabile.
 
Gli strumenti di pianificazione, però, possono pure imporre al riguardo veri e propri vincoli di inedificabilità assoluta, sostanzialmente a contenuto espropriativo, soggetti a decadenza quinquennale ai sensi dell’art. 9 del T.U. n. 327/2001.
 
Nella vicenda in esame il Tribunale non ha chiarito quale sia la effettiva situazione giuridica e ciò acquista rilievo essenziale in quanto: 
a) se si fosse in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, esso avrebbe durata quinquennale e, dopo la scadenza, l’edificabilità delle aree non più vincolate sarebbe ammessa solo entro i limiti previsti dalla normativa vigente per l’attività edilizia nei Comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali (assimilabilità alle cc. dd. zone bianche); 
b) se si trattasse, invece, di una mera imposizione di distanze, solo conformativa della proprietà, la traslazione di fatto della strada avrebbe imposto una conseguente modificazione delle previsioni di piano, che non può ritenersi implicitamente correlata alla mutata situazione di fatto, ma doveva introdursi con la procedura delle varianti di piano prescritta dalla legislazione urbanistica della Regione Molise.
 
3. L’ordinanza impugnata, per tutte le argomentazioni dianzi svolte, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo esame alla stregua degli enunciati principi di diritto.
 
P.Q.M.
 
la Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo esame. 
 
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 17.11.2011.
 

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