Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti
Numero: 45932 | Data di udienza: 3 Maggio 2013
RIFIUTI – Gestione illecita ed omessa vigilanza del titolare di impresa – Artt. 256 c.1 lett. a) e 260 D. L.vo n. 152/06 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo – Rapporto pertinenziale tra res e reato – Nozione di pertinenza – Motivazione del giudice.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Novembre 2013
Numero: 45932
Data di udienza: 3 Maggio 2013
Presidente: Gentile
Estensore: Grillo
Premassima
RIFIUTI – Gestione illecita ed omessa vigilanza del titolare di impresa – Artt. 256 c.1 lett. a) e 260 D. L.vo n. 152/06 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo – Rapporto pertinenziale tra res e reato – Nozione di pertinenza – Motivazione del giudice.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3° 15 Novembre 2013 (Cc. 3/05/2013) Sentenza n. 45932
RIFIUTI – Gestione illecita ed omessa vigilanza del titolare di impresa – Artt. 256 c.1 lett. a) e 260 D. L.vo n. 152/06.
Il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata contenuto nell’art. 256 c.1 lett. a) D. L.vo n. 152/06, è ascrivibile (anche) al titolare dell’impresa sotto il profilo dell’omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta vietata (Cass., Sez. 3^ 25.5.2011 n. 23971, Graniero; idem, 18.5.2007 n. 2476, Sorce). Inoltre, si configura il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti anche in caso di condotta occasionale in contrapposizione all’art. 260 del D.L.vo 152/06 che punisce la condotta continuativa dell’attività illecita.
(conferma ordinanza n. 287/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del 03/12/2012 ) Pres. Gentile, Est. Grillo, Ric. Manti
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sequestro preventivo – Rapporto pertinenziale tra res e reato – Nozione di pertinenza – Motivazione del giudice.
Nell’ambito del sequestro preventivo, il rapporto pertinenziale tra la res e il reato presuppone il legame funzionale della cosa con il reato, non già e non solo in termini di mera occasionalità, ma in termini tali da ricomprendere una relazione di utilità vicendevole, ovvero di conseguenzialità tra la cosa e il reato stesso. La nozione di pertinenza va intesa in senso ampio tant’è che al suo interno essa ricomprende una gamma variegata di situazioni, potendo il rapporto relativo riguardare diverse finalità. E’ necessario, poi, che il presupposto del nesso pertinenziale tra la cosa e il reato sia oggetto di congrua motivazione da parte del giudice tanto con riferimento alla specifica ed intrinseca strumentalità della cosa sottoposta a sequestro all’attività illecita asseritamente commessa dall’indagato, quanto con riferimento al pericolo di reiterazione di quella attività
(conferma ordinanza n. 287/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del 03/12/2012 ) Pres. Gentile, Est. Grillo, Ric. Manti
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3° 15 Novembre 2013 (Cc. 3/05/2013) Sentenza n. 45932SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARIO GENTILE – Presidente
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere Rel.
Dott. GIULIO SARNO – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da MANTI ANTONINO VINCENZO N. IL 03/08/1954
avverso l’ordinanza n. 287/2012 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del 03/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Montagna Alfredo rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 3 dicembre 2012, emessa dal Tribunale di Milano quale Giudice del Riesame nei confronti di XHAJAJ Pashko e MANTI Antonino Vincenzo, indagati per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 256 comma 1 lett. a) D. L.vo 152/06 (illecita raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi), in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. presso quel Tribunale avverso l’ordinanza del GIP del medesimo Ufficio giudiziario con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo dell’autocarro Nissan tg. EC 629 TR di proprietà della società Edilmanti s.r.l., disponeva il sequestro preventivo di detto mezzo.
1.2 Osservava il Tribunale come detto sequestro fosse giustificato dalla circostanza che il veicolo oggetto della richiesta cautelare inizialmente non accolta dal GIP era quello a mezzo del quale erano stati trasportati illecitamente i rifiuti, con la conseguenza che il rapporto di pertinenzialità tra la res ed il reato (negato dal GIP) doveva ritenersi indiscutibile.
1.3 Per l’annullamento del detto provvedimento ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo tre distinti motivi.
Con il primo, la difesa lamenta la violazione ed inosservanza dell’art. 256 comma 1 lett. a) del D. L.vo 152/06, rilevando come da parte del Tribunale non fosse stata valutata la connessione tra la condotta illecita contestata e il mezzo con il quale il reato sarebbe stato commesso, trattandosi, oltretutto, di bene della società che era stato usato sporadicamente.
Con il secondo motivo la difesa lamenta analoga violazione di legge, avendo il Tribunale omesso di valutare – stante l’appartenenza del mezzo a persona giuridica diversa dall’autore del reato – se quest’ultimo avesse agito in via del tutto autonoma (e dunque all’insaputa della società) ovvero con il materiale (o morale) concorso consapevole della società stessa.
Infine, con il terzo motivo, la difesa si duole della violazione di norme processuali in relazione all’intervenuta notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale ex art,. 322 cod. proc. pen. ad un solo difensore per tutti gli indagati anziché ai difensori di ognuno di essi e della irregolarità procedurale nella consegna degli atti a soggetto non abilitato a riceverli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
Acclarato il fatto nei termini in cui risulta descritto nell’ordinanza impugnata, la prima questione da risolvere riguarda il contestato rapporto di pertinenza tra la cosa ed il reato, esposta dal ricorrente in termini di mancanza di collegamento tra la condotta illecita ed il mezzo adoperato per il trasporto il cui utilizzo deve essere strumentale o funzionale alla commissione del reato.
2. Come più volte precisato dalla giurisprudenza di questa Corte nell’ambito del sequestro preventivo, il rapporto pertinenziale tra la res e il reato presuppone il legame funzionale della cosa con il reato, non già e non solo in termini di mera occasionalità, ma in termini tali da ricomprendere una relazione di utilità vicendevole, ovvero di conseguenzialità tra la cosa e il reato stesso. La nozione di pertinenza va intesa in senso ampio tant’è che al suo interno essa ricomprende una gamma variegata di situazioni, potendo il rapporto relativo riguardare diverse finalità. (Sez. 6^ 10.2.1998 n. 460 Rv. 211131; idem, Rv. 22.4.1999 n. 1175, Schiavone F. e altro, Rv. 214621).
2.1 E’ necessario, poi, che il presupposto del nesso pertinenziale tra la cosa e il reato sia oggetto di congrua motivazione da parte del giudice tanto con riferimento alla specifica ed intrinseca strumentalità della cosa sottoposta a sequestro all’attività illecita asseritamente commessa dall’indagato, quanto con riferimento al pericolo di reiterazione di quella attività (Sez.6^ 18.7.2012, bellina Terra, Rv. 253219).
2.3 Ai detti criteri si è uniformato pienamente il Tribunale, avendo preso in considerazione alcune circostanze ritenute altamente significative quali la pregressa iscrizione all’albo dei gestori ambientali della ditta Edilmanti (della quale il MANTI è legale rappresentante), ma soprattutto “la natura industriale del veicolo strutturalmente e funzionalmente adibito al trasporto di quantitativi consistenti di cose” (pag. 4 dell’ordinanza impugnata), senza che ad escludere la pertinenzialità potesse valere il fatto che il trasporto di rifiuti avveniva in modo occasionale (v. Sez. 3^ 25.5.2011 n. 24428, D’Andrea, Rv. 250674 che ribadisce la configurabilità del reato di trasporto non autorizzato di rifiuti anche in caso di condotta occasionale in contrapposizione all’art. 260 del D.L.vo 152/06 che punisce la condotta continuativa dell’attività illecita; idem, 13.4.2010 n. 21655, Hrustic, Rv. 247605).
3. Il secondo motivo dedotto dalla difesa, attinente alla non attribuibilità della condotta dell’autore materiale del reato all’azienda non è condivisibile, in quanto per costante giurisprudenza di questa Corte, il reato de quo è ascrivibile (anche) al titolare dell’impresa sotto il profilo dell’omessa vigilanza sull’operato dei dipendenti che hanno posto in essere la condotta vietata (in termini, Sez. 3^ 25.5.2011 n. 23971, Graniero, Rv. 250485; idem, 18.5.2007 n. 2476, Sorce, Rv. 236882).
3.1 Adeguandosi a tali regole interpretative il Tribunale ha ravvisato il fumus del reato in relazione alle inequivoche circostanze dell’azione che implicavano la riconducibilità del trasporto di rifiuti alla utilizzazione di un mezzo di proprietà della ditta dell’indagato MANTI Antonio Vincenzo, iscritta nell’apposito albo dei gestori ambientali: e tale fumus – che il Tribunale ha ritenuto configurabile non emergendo ictu oculi circostanze che escludessero la responsabilità dal punto di vista soggettivo anche in dipendenza della natura contravvenzionale del reato che si integra anche mediante semplice colpa – ha poi comportato ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare confermato dal Tribunale, la duplice valutazione della relazione pertinenziale e del correlato pericolo che la disponibilità della cosa potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato.
4. E’ manifestamente infondato il terzo motivo con il quale la difesa si duole della omessa notifica dell’avviso di trattazione dell’udienza camerale ex art. 322 cod. proc. pen. al difensore del MANTI, rilevando come la notifica sia stata effettuata soltanto nei riguardi dell’Avv. Stasi, difensore del coindagato Xhajaj, tanto per costui che per il MANTI. Dagli atti, consultabili attesa la natura del vizio denunciato, risulta in modo chiaro che la notifica è stata effettuata all’Avv. Stasi, nella sua specifica veste di difensore dello Xhajaj e allo stesso Avv. Stasi, operante nello studio dell’Avv. De Marco (difensore del MANTI) in sostituzione di quest’ultimo; ne deriva che legittimamente l’Avv. Stasi ha ricevuto due distinte notifiche in relazione non solo alle distinte posizione dei due indagati, ma anche alla momentanea assenza dell’Avv. De Marco operante nello studio in cui svolgeva la propria attività l’Avv. Stasi.
5. Il ricorso va, quindi, rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma 3 maggio 2013