Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Diritto venatorio e della pesca
Numero: 53126 |
Data di udienza: 29 Novembre 2016
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Attività processuale – Provvedimento di rinvio del processo per esigenze proprie della parte – Ruolo delle parti nel processo penale – Sospensione della prescrizione – DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Reato di cui all’art.30, L. n.157/1992 – Fattispecie: Caccia di esemplari di specie protetta (pettirossi) con mezzi non consentiti (trappole) e non ammessi (pasturazione).
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Dicembre 2016
Numero: 53126
Data di udienza: 29 Novembre 2016
Presidente: SAVANI
Estensore: SCARCELLA
Premassima
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Attività processuale – Provvedimento di rinvio del processo per esigenze proprie della parte – Ruolo delle parti nel processo penale – Sospensione della prescrizione – DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Reato di cui all’art.30, L. n.157/1992 – Fattispecie: Caccia di esemplari di specie protetta (pettirossi) con mezzi non consentiti (trappole) e non ammessi (pasturazione).
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/12/2016 (Ud. 29/11/2016) Sentenza n.53126
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Attività processuale – Provvedimento di rinvio del processo per esigenze proprie della parte – Ruolo delle parti nel processo penale – Sospensione della prescrizione – DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Reato di cui all’art.30, L. n.157/1992 – Fattispecie – Caccia di esemplari di specie protetta (pettirossi) con mezzi non consentiti (trappole) e non ammessi (pasturazione).
Nel processo penale, le parti non hanno più solo poteri limitativi dell’autorità del giudice, ma condividono con il giudice la responsabilità dell’andamento del processo. E debbono assumersi conseguentemente gli oneri connessi all’esercizio dei loro poteri. Sicché, deve affermarsi che il provvedimento di rinvio del processo per esigenze proprie della parte richiedente da luogo, pur se illegittimamente adottato, a sospensione della prescrizione ex art. 159 c.p. ove sia la stessa parte a dolersi dell’effetto sospensivo a tale rinvio conseguente (Cass. Sez. 3, n. 26409 del 08/05/2013 – dep. 18/06/2013, C.). Fattispecie: condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 30, legge n. 157 del 1992, perché cacciava esemplari di specie protetta (pettirossi) con mezzi non consentiti (trappole) e non ammessi (pasturazione).
(conferma sentenza del TRIBUNALE DI BRINDISI in data 18/04/2016) Pres. SAVANI, Rel. SCARCELLA, Ric. Piccoli
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/12/2016 (Ud. 29/11/2016) Sentenza n.53126
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 15/12/2016 (Ud. 29/11/2016) Sentenza n.53126
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
– PICCOLI FRANCESCO, n. 1/04/1948 a Martina Franca;
avverso la sentenza del tribunale di BRINDISI in data 18/04/2016;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 18/04/2016 (depositata in pari data),il tribunale di Brindisi dichiarava PICCOLI FRANCESCO colpevole del reato di cui all’art. 30, legge n. 157 del 1992, perché cacciava esemplari di specie protetta (pettirossi) con mezzi non consentiti (trappole) e non ammessi (pasturazione), in relazione a fatti contestati come accertati, secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nell’imputazione, in data 31/12/2010, condannandolo alla pena sospesa di 2000,00 euro di ammenda.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, deducendo complessivamente un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per violazione degli artt. 108 c.p.p. e 159 c.p.
In sintesi, la censura investe il provvedimento impugnato in quanto, sostiene il ricorrente, il reato sarebbe estinto per prescrizione in data antecedente la sentenza impugnata, non potendo condividersi la sospensione del termine di prescrizione disposta dal giudice per il rinvio concesso dall’ud. 15/05 all’ud. 7/10/2015 per “istanza di rinvio” del difensore; in particolare, si osserva, il difensore d’ufficio nominato ex art. 97, co. 4, c.p.p. non aveva avanzato istanza di rinvio ma richiesta di un termine per visionare gli atti, dovendo il processo essere discusso; il giudice ritenendo di non poter concedere un termine orario, aveva disposto invece il rinvio del processo sospendendo i termini di prescrizione; non solo quindi non era stato richiesto alcun rinvio, ma non sussistevano nemmeno i presupposti che l’art. 108 c.p.p. indica per consentire la richiesta di termine a difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Va osservato che il motivo, con cui si lamenta la omessa declaratoria, da parte del tribunale, della estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è infondato.
A tal riguardo va in primo luogo considerato che il processo ha subito, come desumibile dalla lettura degli atti cui questa Corte può accedere in ragione della natura del motivo dedotto, un rinvio dovuto alla scelta del giudice, a fronte di un’istanza di sospensione ad horas del processo da parte del difensore d’ufficio ex art. 97, comma quarto, c.p.p., per poter prendere visione degli atti dovendo il processo essere discusso. Detto rinvio, dal 15 maggio al 7 ottobre 2015, pari a mesi 4 e gg. 22, è stato considerato dal giudice ai fini della sospensione del termine di prescrizione, facendo sì che, alla data dell’udienza di discussione (18/04/2016), il termine non fosse ancora decorso, maturando la prescrizione alla data del 22/04/2016 anziché a quella ordinaria massima del 31/12/2015.
Orbene, è vero che già la sola lettura dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5, e dell’art. 108 c.p.p. impone di affermare che il rinvio del processo senza che vi fosse espressa istanza in tal senso, come nel caso di specie, non era legittimo, con la conseguenza che il rinvio eventualmente disposto dal giudice non potrebbe dar luogo a sospensione del termine prescrizionale (cfr., Sez. 3, n. 10822 del 2009, non massimata); pur tuttavia, va considerato che, nella specie, la sospensione ad horas del processo (alla genesi del rinvio disposto dal giudice), non prevista da una specifica disposizione di legge, venne sollecitata dal difensore dell’imputato, ovvero dalla medesima parte che, successivamente, con il presente ricorso, ha invocato la sostanziale illegittimità del provvedimento reso dal Tribunale.
5. Ora, non può non considerarsi che questa Corte a Sezioni Unite ha a suo tempo sottolineato, proprio con riferimento alla disciplina della prescrizione e con argomentazione perspicuamente capace di anticipare l’assetto successivamente dato all’art. 159 dal legislatore del 2005 attraverso l’enucleazione delle specifiche ipotesi ivi collocate, che “il processo penale vive prevalentemente delle iniziative non solo istruttorie delle parti anche private, che hanno il potere di contribuire autonomamente a determinare tempi, modalità e contenuti delle attività processuali. Le parti non hanno più solo poteri limitativi dell’autorità del giudice, ma condividono con il giudice la responsabilità dell’andamento del processo. E debbono assumersi conseguentemente gli oneri connessi all’esercizio dei loro poteri” (Sez. U., n. 1021 del 28/11/2001, Cremonese, in motivazione). Tale responsabilità comporta, dunque – pena, diversamente, una mera declamazione di principi senza conseguenze effettive -, l’incongruità di una interpretazione della norma che consenta alla stessa parte che ha dato causa al provvedimento di rinvio, proponendo al giudice una soluzione non prevista dalla legge (la sospensione ad horas) ottenendo invece – proprio per meglio consentire alla parte l’esercizio del diritto di difesa -, il rinvio della udienza, pur in mancanza dei presupposti legittimanti, di lamentare la correlata considerazione della sospensione della prescrizione proprio da tale rinvio derivante. E ciò in particolare, come già anticipato, laddove, appunto, la sospensione, lungi dal derivare necessariamente da una specifica disposizione di legge, come ad esempi nei casi di cui all’art. 159 c.p. sia invece adottata in vista delle esigenze della
parte instante (in tal senso, a contrario, Sez. 3, n. 7242 del 27/01/2004, Bernardelli e altri, Rv. 227278). Sicché deve, in definitiva, affermarsi che il provvedimento di rinvio del processo per esigenze proprie della parte richiedente da luogo, pur illegittimamente adottato, a sospensione della prescrizione ex art. 159 c.p. ove sia la stessa parte a dolersi dell’effetto sospensivo a tale rinvio conseguente (v., in termini: Sez. 3, n. 26409 del 08/05/2013 – dep. 18/06/2013, C., Rv. 255579).
6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
7. In applicazione del decreto del Primo Presidente della S.C. di Cassazione n. 84 del 2016, la presente motivazione è redatta in forma semplificata, trattandosi di ricorso che riveste le caratteristiche indicate nel predetto provvedimento Presidenziale, ossia ricorso che, ad avviso del Collegio, non richiede l’esercizio della funzione di nomofilachia o che solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l’applicazione di principi giuridici già affermati dalla Corte e condivisi da questo Collegio, o attiene alla soluzione di questioni semplici o prospetta motivi manifestamente fondati, infondati o non consentiti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila euro in favore della Cassa delle ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 29 novembre 2016