Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento acustico Numero: 16677 | Data di udienza: 22 Novembre 2017

RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Configurabilità del reato di cui all’art.659 cod. pen. – Giurisprudenza – Rumori con attitudine a propagarsi per una potenziale pluralità indeterminata di persone – Fattispecie: omissione di custodia adeguata su tre cani.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Aprile 2018
Numero: 16677
Data di udienza: 22 Novembre 2017
Presidente: DI NICOLA
Estensore: GENTILI


Premassima

RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Configurabilità del reato di cui all’art.659 cod. pen. – Giurisprudenza – Rumori con attitudine a propagarsi per una potenziale pluralità indeterminata di persone – Fattispecie: omissione di custodia adeguata su tre cani.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/04/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.16677



INQUINAMENTO ACUSTICO – Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone – Configurabilità del reato di cui all’art.659 cod. pen. – Giurisprudenza – Rumori con attitudine a propagarsi per una potenziale pluralità indeterminata di persone – Fattispecie: omissione di custodia adeguata su tre cani.
 
Il reato di cui all’art. 659, comma primo, cod. pen. è reato solo eventualmente permanente, che si può consumare anche con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25/02/2015, n. 8351). Inoltre, ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista nell’art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo – per la loro intensità e per la ubicazione spaziale della loro fonte – per una potenziale pluralità indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate (Corte di cassazione, Sezione I penale, 4/02/2000, n. 1394). Fattispecie: omissione di custodia adeguata su tre cani lasciati da soli nel terrazzo dell’appartamento ubicato all’interno di un edificio condominiale, gli stessi abbaiando per buona parte della notte impedivano, coi loro latrati, il riposo e la quiete di due abitanti del limitrofo appartamento.
 
(annulla senza rinvio per prescrizione del reato sentenza n. 187/2016 del TRIBUNALE DI BENEVENTO del 29/01/2016) Pres. DI NICOLA, Rel. GENTILI, Ric. De Simone 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/04/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.16677

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 16/04/2018 (Ud. 22/11/2017), Sentenza n.16677

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da DE SIMONE Caterina, nata a Caserta il 2 agosto 1975;
 
avverso la sentenza n. 187/2016 del Tribunale di Benevento del 29 gennaio 2016;
 
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
 
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Ciro ANGELILLIS, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
 
sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. Giovannino ROSSI, del foro di Benevento, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con sentenza del 29 gennaio 2016 il Tribunale di Benevento – dichiarata la penale responsabilità di De Simone Caterina in ordine al reato di cui all’art.659 cod. pen., per avere, in qualità di proprietaria di tre cani, lasciato i
medesimi nella notte fra il 26 ed il 27 agosto 2011 da soli nel terrazzo dell’appartamento da lei abitato, per non averne impedito il latrare e per avere, pertanto, disturbato il riposo dei condomini Guerra Maria Luisa e Ricciardi Mario – la ha condannata alla pena di giustizia.
 
Ha interposto ricorso per cassazione la De Simone, assistita dal suo legale di fiducia, affidando le sue lagnanze ad un solo motivo di ricorso, con il quale ha dedotto la inosservanza e/o l’erronea applicazione della legge penale, per avere il Tribunale ritenuto integrato il reato in questione sebbene il preteso disturbo fosse stato circoscritto solo ad un isolato episodio durato poche ore e senza che sia stato verificato il fatto che lo stesso abbia avuto la idoneità a ledere non solamente i due denunzianti ma un vasto ed indeterminato numero di persone, come impone la ratio della disposizione violata, posta a tutela della quiete pubblica e non di uno specifico interesse personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è fondato, nei limiti di cui in motivazione e con le conseguenze ivi indicate.
 
Osserva, infatti, il Collegio come, per un verso, non possa ritenersi fondata la censura, riconducibile alla categoria normativa della violazione di legge, svolta da parte ricorrente avverso la impugnata sentenza ed avente ad oggetto la pretesa non configurabilità del reato in contestazione stante la episodicità della condotta di omesso controllo posta in essere dalla De Simone, la quale in una sola occasione, in particolare appunto nella notte fra il 26 ed il 27 agosto del 2011, avrebbe omesso di adeguatamente custodire i tre cani di sua proprietà, i quali, lasciati da soli nel terrazzo dell’appartamento della imputata ubicato all’interno di un edificio condominiale, avrebbero abbaiato per buona parte della notte stessa impedendo, coi loro latrati il riposo e la quiete di Guerra Maria Luisa e di Ricciardi Mario, abitanti di un appartamento limitrofo a quello della imputata.
 
Invero, come anche in tempi relativamente recenti è stato confermato da questa Corte, con un orientamento che tuttora appare da condividere e da seguire, il reato di cui all’art. 659, comma primo, cod. pen. è reato solo 
eventualmente permanente, che si può consumare anche con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo, ove la stessa sia oggettivamente tale da recare, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone (Corte di cassazione, Sezione III penale, 25 febbraio 2015, n. 8351).
 
Nel caso in questione, in linea di principio, la attitudine dei fatti verificatisi ad arrecare un effettivo ed apprezzabile disturbo al bene-interesse tutelato dalla norma in questione, cioè la quiete pubblica, è ravvisabile, pur nella unicità dell’episodio di disturbo, nel fatto che lo stesso si sia protratto per un non trascurabile lasso di tempo; il Tribunale evidenzia, infatti, come i cani – lasciati dalla De Simone da soli in un balcone, ovviamente esterno alla parte chiusa dell’appartamento della medesima – abbiano latrato con continuità per buona parte della notte.
 
In tal modo è stato evidenziato dal giudice del merito come, pur nella sua unicità materiale, il fatto sia stato caratterizzato da una sua complessità strutturale (non si è, in altre parole, trattato della emissione di uno i comunque di pochi latrati da parte dei cani in discorso ma dì un fenomeno che, pur nella sua unità fenomenica, si è manifestato attraverso una pluralità di singoli episodi lungo un tempo non brevissimo), tale da comportare, si ripete in linea di principio, la messa in pericolo del bene interesse tutelato dalla norma in ipotesi violata.
 
Per altro verso, osserva, la Corte, come nel caso di specie il giudice di primo grado non abbia svolto una adeguata indagine ai fini della verifica del fatto che, sia pure in termini di mera potenzialità, la messa in pericolo del ricordato bene interesse vi sia stata.
 
Posto, infatti, che ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dal ricordato art. 659 cod. pen. è necessario che i lamentati rumori abbiano la attitudine a propagarsi ed a costituire fonte di disturbo – per la loro intensità e per la ubicazione spaziale della loro fonte – per una potenziale pluralità indeterminata di persone, sebbene non sia poi necessaria la dimostrazione che poi tutte costoro siano state effettivamente disturbate (Corte di cassazione, Sezione I penale, 4 febbraio 2000, n. 1394), il giudice di merito avrebbe dovuto argomentare – onde fornire la dimostrazione di quanto sopra, dimostrazione resa necessaria dal fatto che in realtà la lamentela in ordine alla presenza dei rumori in questione era pervenuta esclusivamente da due soggetti, entrambi abitanti nell’appartamento immediatamente confinante con quello della De Simone e non anche da altri individui – in ordine alla intensità di tali rumori ed alla situazione antropica del luogo ove gli stessi sono stati emessi, al fine di verificare, ancorché sulla base di dati di tipo logico (e non anche necessariamente storico), l’esistenza di elementi atti a giustificare, sulla base del principio del libero convincimento del giudice, la sussistenza della predetta attitudine.
 
Nel caso in questione il Tribunale non ha fornito alcuno di tali elementi, fra i quali, a titolo esemplificativo, possono annoverarsi, per rimanere entro i confini tipologici del caso di specie, la razza e la conseguente presumibile stazza delle bestie in questione, dati attraverso i quale è lecito desumere la intensità, la ripetitività e la tipologia del verso dalle stesse emesse; la situazione abitativa dei luoghi ove il fatto si è verificato, essendo evidente che una zona caratterizzata da numerosi insediamenti abitativi appare più soggetta alla efficacia del disturbo sonoro arrecato rispetto ad una zona in cui vi è una ridotta incidenza di persone residenti; l’esistenza di ulteriori, periodiche o continue, fonti sonore di disturbo, tali da elidere la valenza molestatrice di quelle oggetto della imputazione.
 
La assenza di tali elementi di verifica – nel caso di specie il Tribunale ha, infatti, solo dato atto delle lamentele dei due vicini di casa della imputata, costituitisi parti civili senza dare atto della esistenza di alcun altro elemento di giudizio – rende quanto meno inadeguata la indagine volta ad accertare la sussistenza o meno del reato di cui in epigrafe.
 
Il lungo tempo trascorso rispetto alla ipotizzata verificazione dei fatti, risalenti, come detto, all’agosto del 2011, rende non necessario l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, ai fini penali, dovendo rilevarsi, comunque, in assenza di elementi che possano condurre immediatamente ad una assoluzione della imputata con formula di merito, l’intervenuta estinzione per prescrizione del reato contestato.
 
Va, viceversa, disposta, tenuto conto della costituzione di parte civile di Guerra Maria Luisa e di Ricciardi Mario, soggetti ritenuti danneggiati dal reato, il rinvio del presente giudizio, ai soli fini civili, di fronte al giudice civile competente per valore in grado di appello.
 
PQM
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione e con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.
 
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2017
 
 
 

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