* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Reato proprio – Concorso di soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 6 d.P.R. n. 380/200 – Mancata esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo – Reato di cui agli artt. 27, c. 4 e 44, lett. a) d.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Gennaio 2014
Numero: 1784
Data di udienza: 4 Giugno 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Grillo
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Reato proprio – Concorso di soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 6 d.P.R. n. 380/200 – Mancata esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo – Reato di cui agli artt. 27, c. 4 e 44, lett. a) d.P.R. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 17 Gennaio 2014 (Ud. 04/06/2013), Sentenza n. 1784
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 44 d.P.R. n. 380/2001 – Reato proprio – Concorso di soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 6 d.P.R. n. 380/2001.
In materia di illeciti urbanistici, il reato previsto dall’art. 20 della legge fondamentale urbanistica, oggi trasfuso nell’art. 44 del D.P.R. 380/01, pur potendosi definire “proprio”, (anche se non mancano tesi contrarie che attribuiscono a tali reati la veste di illeciti “comuni” – vds. Sez. 3^ 22.11.2007 n. 47083, Tartaglia, Rv. 238471) non esclude che soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 6 del D.P.R. 380/01, possano concorrere nella loro consumazione, nella misura in cui apportino, nella realizzazione dell’evento, un proprio contributo causale rilevante e consapevole (in termini, tra le tante, Sez. 3^ 23.3.2011 n. 16571, Iacono e altri, Rv. 2501247)
(Conferma sentenza n. 1105/2007 TRIBUNALE sez. dist. Eboli) – Pres. Teresi, Est. Grillo – Ric. Stabile e Sola
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mancata esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo – Reato di cui agli artt. 27, c. 4 e 44, lett. a) d.P.R. n. 380/2001.
La mancata esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo, abilitativo edilizio ove prescritto dal regolamento edilizio o dal provvedimento concessorio, integra il reato di cui agli artt. 27, c. 4 e 44 lett. a) del D.P.R. 380/01, così come lo integra l’esposizione in modo non visibile del cartello medesimo.
(Conferma sentenza n. 1105/2007 TRIBUNALE sez. dist. Eboli) – Pres. Teresi, Est. Grillo – Ric. Stabile e Sola
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 17 Gennaio 2014 (Ud. 04/06/2013), Sentenza n. 1784SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 17 Gennaio 2014 (Ud. 04/06/2013), Sentenza n. 1784
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
UDIENZA PUBBLICA DEL 04/06/2013
SENTENZA N. 1697/2013
REGISTRO GENERALE N. 47315/2012
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente –
Dott. RENATO GRILLO – Rel. Consigliere –
Dott. LORENZO ORMA – Consigliere –
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere –
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SOLA LUCIANO N. IL 15/04/1972
STABILE GERARDO N. IL 23/06/1957
avverso la sentenza n. 1105/2007 TRIB.SEZ.DIST. di EBOLI, del 25/03/2009
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Volpe
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.ti Frattolillo Nicola Antonio di Battipaglia e avv. Martorello Goffredo Roma
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 25 marzo 2009 il Tribunale di Salerno – Sezione Distaccata di Eboli dichiarava STABILE Gerardo e SOLA Luciano, (imputati, in concorso tra loro, del reato di cui all’art. 44 lett. a) del D.P.R. 380/01 – fatto accertato il 21 luglio 2006 e commesso antecedentemente a tale data) colpevoli del reato loro ascritto e li condannava, ciascuno, alla pena di € 2.000,00 di ammenda.
1.2 Propongono appello (da convertirsi in ricorso) avverso la detta sentenza entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia: in particolare il difensore dell’imputato STABILE, oltre a richiedere la parziale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, lamenta l’erronea applicazione della legge penale (art. 29 del D.P.R. 380/01) per avere il Tribunale erroneamente ritenuto lo STABILE colpevole del reato, evidenziando che, stante la natura propria del reato edilizio, lo STABILE – nella sua particolare veste di proprietario – non era chiamato a rispondere della violazione ascrittagli, né erano emerse prove certe di un suo coinvolgimento quale committente delle opere, per le quali non risultava essere stato apposto il cartello indicante il titolo abilitativo, le figure professionali e le imprese esecutrici dei lavori. Il difensore del SOLA, oltre a richiedere la parziale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (in particolare l’esame dell’imputato SOLA), lamenta l’erronea applicazione della legge penale per le medesime ragioni enunciate dal coimputato STABILE, richiamando la disposizione dell’art. 29 del D.P.R. 380/01 e rilevando come l’eventuale mancata esposizione del cartello non integrasse alcun reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i ricorsi oltre che generici – con riguardo alla richiesta di parziale rinnovazione del dibattimento – non sono comunque, per ciò che attiene a tale aspetto, proponibili in sede di legittimità, contenendo censure in fatto inammissibili in questa sede.
2. Per ciò che concerne, invece, l’attribuibilità della condotta contestata (consistente nella esecuzione di lavori in difformità della concessione a causa della mancata esposizione del cartello indicante il titolo edilizio abilitativo e le figure professionali e imprese addette ai lavori), le censure contenute nei due ricorsi sono manifestamente infondate.
2.1 E’ anzitutto, inconsistente la tesi prospettata nell’interesse del ricorrente STABILE (soggetto proprietario dell’area e del manufatto interessato dai lavori edilizi) secondo la quale, stante la natura di reato proprio, il proprietario è esonerato da responsabilità, gravante invece su altri soggetti indicati dalla norma incriminatrice di cui all’art. 29 del D.P.R. 380/01: come più volte precisato dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di illeciti urbanistici, il reato previsto dall’art. 20 della legge fondamentale urbanistica, oggi trasfuso nell’art. 44 del D.P.R. 380/01, pur potendosi definire “proprio”, (anche se non mancano tesi contrarie che attribuiscono a tali reati la veste di illeciti “comuni” – vds. Sez. 3^ 22.11.2007 n. 47083, Tartaglia, Rv. 238471) non esclude che soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 6 del D.P.R. 380/01, possano concorrere nella loro consumazione, nella misura in cui apportino, nella realizzazione dell’evento, un proprio contributo causale rilevante e consapevole (in termini tra le tante, Sez. 3^ 23.3.2011 n. 16571, Iacono e altri, Rv. 2501247; idem, 12.1.2007 n. 8667, Forletti e altri, Rv. 236081, con specifico riferimento al ruolo del proprietario non formalmente committente).
2.2 La decisione impugnata ha correttamente individuato nello STABILE, proprietario del manufatto, uno dei soggetti responsabili dell’abuso anche perché committente e dunque formalmente incluso nel novero dei soggetti imputabili ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 380/01: la motivazione resa sul punto si sottrae a qualsiasi censura, anche perché basata su un ruolo attivo svolto dallo STABILE intento – secondo quanto è dato leggere nella sentenza impugnata – ad effettuare degli scavi con mezzi propri.
2.3 I rilievi difensivi contenuti nell’atto di impugnazione sono, sul punto, oltre che inconsistenti, anche generici in quanto non indicano elementi dai quali trarre il convincimento di una totale estraneità dello STABILE all’attività edilizia
3. Parimenti inconsistente la tesi enunciata da entrambi i ricorrenti della irrilevanza sotto il profilo penale della mancata esposizione del cartello indicante il titolo abilitativo e i nominativi dei soggetti professionali incaricati dell’esecuzione delle opere: diversamente da quanto sostenuto dagli imputati, la mancata esposizione del cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo edilizio ove prescritto dal regolamento edilizio o dal provvedimento concessorio, integra il reato di cui agli artt. 27, comma 4° e 44 lett. a) del D.P.R. 380/01, così come lo integra l’esposizione in modo non visibile del cartello medesimo. La ragione della valenza penale della condotta deriva dalla continuità normativa in cui si pone l’art. 29 del D.P.R. 380/01 rispetto all’ormai abrogato art. 6 della L. 47/85 che prevedeva e sanzionava ab origine la condotta vietata di cui si parla (vds. sul punto, tra le tante, Sez. 3^ 7.4.2006 n. 16037, Bianco, Rv. 234330; idem, 22.5.2012 n. 40118, Zago e altri, Rv. 253673).
3.1 Esauriente e rispettosa dei criteri giurisprudenziali fin qui enunciati su tale punto la decisione del Tribunale nella parte in cui si fa riferimento, anzitutto, alle prescrizioni contenute nel permesso di costruire circa l’obbligo di installare un cartello ben visibile indicante il titolo abilitativo e le figure professionali addette ai lavori; ancora, circa la mancata esposizione del cartello stesso e circa l’attribuibilità della condotta tanto allo STABILE quanto al SOLA. Le deduzioni difensive di entrambi i ricorrenti oltre che generiche implicano un riesame del materiale probatorio precluso in sede di legittimità.
4. Vero è che, medio tempore, è maturata la prescrizione, successivamente alla sentenza del Tribunale: ma la manifesta infondatezza del ricorso, in coerenza con i principi più volte espressi dalla giurisprudenza di questa Corte laddove si afferma che la prescrizione maturata dopo la sentenza oggetto di ricorso, non può essere dichiarata stante la non regolare instaurazione di un rapporto processuale quale diretta conseguenza della inammissibilità del ricorso, osta alla dichiarazione di estinzione del reato (Cass SS. UU 22.11.2000 n. 32; Cass. Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383; Cass. Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641).
4.1 In conclusione entrambi i ricorso vanno dichiarati inammissibili. Segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma ritenuta congrua – di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa entrambi i ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 4 giugno 2013
Il Consigliere estensore
Reanto Grillo
Il Presidente
Alfredo Teresi
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
IL 17 GEN 2014
IL CANCELLIERE
Luana Mariani