Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 7243 | Data di udienza: 30 Ottobre 2018

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Lavori abusivi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Normativa applicabile dopo la sentenza della C. Cost. n. 56/2016 – Revoca dell’ordine di demolizione dei manufatti abusivi. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Febbraio 2019
Numero: 7243
Data di udienza: 30 Ottobre 2018
Presidente: SARNO
Estensore: RAMACCI


Premassima

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Lavori abusivi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Normativa applicabile dopo la sentenza della C. Cost. n. 56/2016 – Revoca dell’ordine di demolizione dei manufatti abusivi. 



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 18/02/2019 (Ud. 30/10/2018), Sentenza n.7243

 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati paesaggistici – Lavori abusivi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Normativa applicabile dopo la sentenza della C. Cost. n. 56/2016 – Revoca dell’ordine di demolizione dei manufatti abusivi.
 
In tema di reati paesaggisti, a seguito della pronuncia emessa dalla Corte Costituzionale il 23/03/2016, n. 56, la sussistenza del delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 è limitata ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato la realizzazione di una nuova costruzione con una volumetria superiore a 1000 metri cubi. Nella fattispecie: le opere oggetto di imputazione non avevano la consistenza necessaria per il loro inquadramento nella fattispecie delittuosa, sicché il reato originariamente contestato come delitto è stato riqualificato quale violazione di natura contravvenzionale ai sensi dell’art. 181, comma 1, del d. lgs. n. 42 del 2004.
 
 
(annulla senza rinvio per prescrizione del reato sentenza n. 1802/16 – CORTE DI APPELLO DI NAPOLI – 23/02/2016) Pres. SARNO, Rel. GENTILI, Ric. Barrile 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 18/02/2019 (Ud. 30/10/2018), Sentenza n.7243

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 18/02/2019 (Ud. 30/10/2018), Sentenza n.7243
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
  
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da BARRILE Anna, nata a Ischia (Na);
 
avverso la sentenza n. 1802/16 della Corte di appello di Napoli del 23 febbraio 2016;
 
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
 
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
 
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola FILIPPI, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.
 
RITENUTO IN FATTO
 
Con sentenza del 23 febbraio 2016, la Corte di appello di Napoli, mentre ha totalmente assolto tale Zabatta Benedetto dai reati a lui ascritti per non avere commesso il fatto, ha, invece, solo in parte accolto la impugnazione proposta da Barrile Anna avverso la sentenza con la quale, il precedente 11 luglio 2012, il Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Ischia, li aveva dichiarati colpevoli dei reati loro ascritti in materia edilizia e paesaggistica, condannandoli, pertanto, alla pena ritenuta di giustizia. 
 
In particolare la Corte territoriale, per quanto riguarda la Barrile, ha dichiarato estinti per prescrizione i reati contravvenzionali, confermando, invece, la affermazione della penale responsabilità della predetta, limitatamente alla violazione dell’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004, contestata sub d) dell’articolato capo di imputazione, rideterminando la pena a lei inflitta in mesi 8 di reclusione, revocando l’ordine di demolizione dei manufatti abusivi, ma confermando nel resto la sentenza impugnata. 
 
Avverso la sentenza della Corte partenopea ha interposto ricorso per cassazione la Barrile assistita dal proprio difensore di fiducia, articolando due motivi di impugnazione.
 
Il primo concerne il ritenuto vizio di motivazione della sentenza impugnata.
 
Con il secondo è stata invocata la applicazione al caso di specie della sentenza n. 56 del 2016 della Corte costituzionale, chiedendosi, pertanto, l’annullamento della impugnata sentenza, perché il fatto addebitato, da
qualificare non più come delitto ma come contravvenzione, era oramai prescritto.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto, con il conseguente annullamento senza rinvio della impugnata sentenza. 
 
In via preliminare ed assorbente dell’ulteriore motivo, va rilevata la fondatezza del secondo motivo di impugnazione articolato nel ricorso della prevenuta.
 
Invero, successivamente alla adozione del provvedimento impugnato, la Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 11-23 marzo 2016, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004, nella parte in cui esso prevedeva la qualificazione in guisa di delitto delle violazioni alla normativa in materia paesaggistica ove esse: "a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano state dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’art. 142".
 
Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 è limitata ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato la realizzazione di una nuova costruzione con una volumetria superiore a 1000 metri cubi.
 
Nel caso in esame appare evidente, dalla lettura stessa delle sentenze di merito, che le opere oggetto di imputazione non hanno la consistenza necessaria per il loro inquadramento nella fattispecie delittuosa, sicché il reato originariamente contestato come delitto deve essere qualificato quale violazione di natura contravvenzionale ai sensi dell’art. 181, comma 1, del dlgs n. 42 del 2004.
 
Residua, dunque, l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1 in relazione alla quale il termine quinquennale di prescrizione, ai sensi degli artt. 157, 160 e 161 cod. pen., è maturato, non diversamente che per gli altri reati di cui all’originario capo di imputazione, pur considerate le svariate sospensioni del termine in questione intervenute nel corso del procedimento. 
 
Il ricorso proposto deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio essendo il residuo reato contestato estinto per prescrizione.
 
L’estinzione del reato de quo comporta anche la revoca dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi impartito con la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli in data 11 luglio 2012, confermata sul punto dalla
sentenza ora impugnata. 
 
PER QUESTI MOTIVI
 
Qualificato il reato di cui al capo d) della rubrica come contravvenzione di cui al primo comma dell’art. 181 del dlgs n. 42 del 2004, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
 
Revoca l’ordine di rimessione in pristino.
 
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018

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