Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 28222 | Data di udienza: 6 Aprile 2011

 RIFIUTI – Attività di recupero e smaltimento di rifiuti speciali – Difformità rispetto alla comunicazione di inizio di attività – Patteggiamento – Effetti – Confisca del mezzo di trasporto – Fattispecie – Reato di cui all’art. 256 c. 1, lett. a), d. lgs. n. 152/2006 – Art. 444 cod. proc. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenza di patteggiamento – Applicabilità della confisca – Disciplina applicabile – Motivazione – L. n. 134/2003 – Art. 240 c.p. – Art. 444 cod. proc. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Luglio 2011
Numero: 28222
Data di udienza: 6 Aprile 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Franco


Premassima

 RIFIUTI – Attività di recupero e smaltimento di rifiuti speciali – Difformità rispetto alla comunicazione di inizio di attività – Patteggiamento – Effetti – Confisca del mezzo di trasporto – Fattispecie – Reato di cui all’art. 256 c. 1, lett. a), d. lgs. n. 152/2006 – Art. 444 cod. proc. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenza di patteggiamento – Applicabilità della confisca – Disciplina applicabile – Motivazione – L. n. 134/2003 – Art. 240 c.p. – Art. 444 cod. proc. pen..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,  18/07/2011 (Cc. 6/04/2011) Sentenza n. 28222

RIFIUTI –  Attività di recupero e smaltimento di rifiuti speciali – Difformità rispetto alla comunicazione di inizio di attività – Patteggiamento – Effetti – Confisca del mezzo di trasporto – Fattispecie – Reato di cui all’art. 256 c. 1, lett. a), d. lgs. n. 152/2006 – Art. 444 cod. proc. pen..

Nello speciale procedimento di cui agli artt. 444 e segg. cod. proc. pen. la sentenza che applichi la pena «patteggiata» non può formare oggetto di ricorso per cassazione per mancanza di motivazione sui presupposti di fatto della responsabilità dell’imputato, poiché la sussistenza di essi viene da lui ammessa in modo implicito, ma univoco, nel momento stesso in cui egli richiede il patteggiamento o aderisce ad analoga richiesta del P.M.. (Cass. Sez. VI, 21/05/1991, Grimaldi). Pertanto, facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova. La sentenza che accoglie detta richiesta contiene quindi un accertamento ed un’affermazione implicita della responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità non va espressamente motivato (Cass. Sez. Un. 27/03/1992, Di Benedetto). Nel caso di specie, il giudice ha correttamente motivato la confisca sulla base dell’art. 259, comma 2, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in base al quale alla sentenza di condanna o a quella emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per i reati relativi al trasporto illecito di cui all’art. 256, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto. Il giudice ha richiamato la giurisprudenza, secondo cui la confisca del mezzo di trasporto va disposta « in caso di condanna per il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione dei rifiuti in difetto di autorizzazione, di cui all’art. 256 del citato decreto n. 152» (Cass. Sez. III, 15.11.2006, n. 42227, Gironda).

(dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa l’11/03/2009 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Belluno) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Angaran

DIRITTO PROCESSUALE PENALE –  Sentenza di patteggiamento – Applicabilità della confisca – Disciplina applicabile – Motivazione – L. n. 134/2003 – Art. 240 c.p. – Art. 444 cod. proc. pen..

In tema di patteggiamento, l’estensione dell’applicabilità della confisca, per effetto della L. n. 134 del 2003, a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 cod. pen., e non più solo a quelle previste come ipotesi di confisca obbligatoria, impone al giudice di motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine, quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati (Cass. Sez. VI, 16.4.2010, n. 17266, Trevisan).

(dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa l’11/03/2009 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Belluno) Pres. Ferrua, Est. Franco, Ric. Angaran

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 18/07/2011 (Cc. 6/04/2011) Sentenza n. 28222

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOMF. DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

l .    Dott.ssa Giuliana Ferrua                  Presidente
2.    Dott.ssa Claudia Squassoni            Consigliere
3.    Dott. Alfredo Maria Lombardi         Consigliere
4.    Dott. Amedeo Franco                      Consigliere (est.)
5.    Dott.ssa Elisabetta. Rosi                 Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da Angaran Roberto, nato a Feltre il 20.7.1980;
avverso la sentenza emessa l’11 marzo 2009 dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Belluno;
udita nella camera di consiglio del 6 aprile 2011 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede l’inammissibilità del ricorso;

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il GIP del tribunale di Belluno applicò ad Angaran Roberto la pena concordata tra le parti per il reato di cui all’art. 256 comma 1, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per avere svolto attività di recupero e smaltimento di rifiuti speciali in difformità rispetto alla comunicazione di inizio di attività, e dispose altresì la confisca del veicolo utilizzato.

L’Angaran propone ricorso per cassazione relativamente alla statuizione sulla confisca deducendo:
1)    che eventualmente avrebbe dovuto essere sequestrato il cassone scarrabile che permette di raccogliere i rifiuti e non il veicolo a cui il cassone viene agganciato;
2)    che la confisca può essere ordinata con la sentenza di patteggiamento sono nei casi in cui è obbligatoria;
3)    che nel capo di imputazione è stata contestata la condotta di recupero e di smaltimento, mentre nella sentenza di parla di trasporto e smaltimento;
4)    che comunque non era stata effettuata alcuna attività di smaltimento;
5) che non poteva essere escluso il futuro recupero, dato che il cassone era stato collocato su un angolo del cortile in attesa che fosse prelevato dalla ditta ELSEVI.

Motivi della decisione

Quanto alle doglianze sulla responsabilità dell’imputato, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie detta richiesta contiene quindi un accertamento ed un’affermazione implicita della responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità non va espressamente motivato (Sez. Un. 27 marzo 1992, Di Benedetto, m. 191.134); e che pertanto, nello speciale procedimento di cui agli artt. 444 e segg. cod. proc. pen. la sentenza che applichi la pena «patteggiata» non può formare oggetto di ricorso per cassazione per mancanza di motivazione sui presupposti di fatto della responsabilità dell’imputato, poiché la sussistenza di essi viene da lui ammessa in modo implicito, ma univoco, nel momento stesso in cui egli richiede il patteggiamento o aderisce ad analoga richiesta del P.M. (Sez. VI, 21 maggio 1991, Grimaldi, m. 188.084).

Quanto alla confisca, va innanzitutto rilevato che il ricorso si basa su una giurisprudenza risalente a prima della modificazione del testo dell’art. 445 cod. proc. pen. ad opera della legge n. 134 del 2003, e quindi ormai superata. At-tualmente, infatti, «In tema di patteggiamento, l’estensione dell’applicabilità della confisca, per effetto della L. n. 134 del 2003, a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 cod. pen., e non più solo a quelle previste come ipotesi di confisca obbligatoria, impone al giudice di motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine, quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati» (Sez. VI, 16.4.2010, n. 17266, Trevisan, m. 247085).

Nel caso di specie, comunque il giudice ha correttamente motivato la confisca sulla base dell’art. 259, comma 2, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in base al quale alla sentenza di condanna o a quella emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per i reati relativi al trasporto illecito di cui all’art. 256, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto. Il giudice ha invero richiamato la giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui la confisca del mezzo di trasporto va disposta « in caso di condanna per il reato di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione dei rifiuti in difetto di autorizzazione, di cui all’art. 256 del citato decreto n. 152» (Sez. III, 15.11.2006, n. 42227, Gironda, m. 235406). In ogni modo, anche a voler ritenere che non si applichi la norma speciale e che si tratti di una ipotesi di confisca facoltativa, il giudice ha correttamente motivato in proposito, osservando che era stata accertata l’utilizzazione del mezzo attualmente in sequestro in occasione della attività di conferimento e smaltimento di rifiuti avvenuta nel caso in. esame.
I1 giudice ha anche correttamente osservato che era irrilevante la circostanza che il veicolo fosse di proprietà di un soggetto diverso dal suo conducente, dato che si trattava comunque di soggetto che, avuto riguardo alla attività svolta dall’imputato, non poteva considerarsi estraneo al reato essendo il datore di lavoro dello stesso.

Esattamente, poi, il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha osservato che il proprietario del veicolo non ha dato prova di averne vietato l’uso proibito e che peraltro il ricorrente appare non essere legittimato, non essendo la persona a cui il veicolo dovrebbe essere restituito, a dedurre la questione in questa sede.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in € 1.500,00.

Per questi motivi

La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 6 aprile 2011.

 

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