Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti
Numero: 30380 | Data di udienza: 3 Marzo 2016
CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Formulario rifiuti – Redazione con dati falsi – Configurabilità del falso ideologico commessa dal privato in atto pubblico – Esclusione – Mera attestazione dichiarativa – Diversità con il certificato di analisi di rifiuti – Art. 483 cod. pen. – Art. 258, c.4, d.lgs. n.152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Luglio 2016
Numero: 30380
Data di udienza: 3 Marzo 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Liberati
Premassima
CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Formulario rifiuti – Redazione con dati falsi – Configurabilità del falso ideologico commessa dal privato in atto pubblico – Esclusione – Mera attestazione dichiarativa – Diversità con il certificato di analisi di rifiuti – Art. 483 cod. pen. – Art. 258, c.4, d.lgs. n.152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/07/2016 (ud. 03/03/2016) Sentenza n.30380
CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Formulario rifiuti – Redazione con dati falsi – Configurabilità del falso ideologico commessa dal privato in atto pubblico – Esclusione – Mera attestazione dichiarativa – Diversità con il certificato di analisi di rifiuti – Art. 483 cod. pen. – Art. 258, c.4, d.lgs. n.152/2006.
La redazione con dati falsi del formulario rifiuti non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’articolo 483 cod. pen., trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo, avente natura diversa dal certificato di analisi di rifiuti indicato dall’art. 258, comma quarto, d.lgs. 152/2006 (Cass. Sez. 3, n. 43613 del 18/09/2015, Curasì). Fattispecie: attività di smaltimento di rifiuti pericolosi del tipo Amianto-Eternit con dati falsi nel formulario.
(Annulla senza rinvio sentenza del 28/4/2014 della Corte d’appello di Ancona) Pres. Amoresano, Rel. Liberati, Ric. Del Pivo
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/07/2016 (ud. 03/03/2016) Sentenza n.30380SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 18/07/2016 (ud. 03/03/2016) Sentenza n.30380
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Del Pivo Giancarlo, nato a Mombaroccio il 1/5/1953
avverso la sentenza del 28/4/2014 della Corte d’appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Massimiliano Carbone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 23 aprile 2013 il Tribunale di Pesaro condannò Giancarlo Del Pivo, imputato dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen. e 256, comma 1, lett. b), d.lgs. 152/2006 (capo A della rubrica, per avere effettuato una attività di smaltimento di rifiuti pericolosi del tipo Eternit del peso di oltre 9.000 chilogrammi in assenza di autorizzazione), 81 e 483 cod. pen. in relazione all’art. 258, comma 4, d.lgs. 152/2006 (capo B della rubrica), 110 e 640 cod. pen. (capo C della rubrica) alla pena di anni uno di arresto ed euro 10.000 di ammenda per il reato di cui al capo a) ed alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 300 di multa per il reati di cui ai capi b) e e), oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 28 aprile 2014, provvedendo sulla impugnazione dell’imputato e ritenuta la continuazione tra tutti i reati, ha rideterminato la pena in complessivi anni uno di reclusione ed euro 500 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Ha ritenuto, in particolare, la Corte territoriale attendibile quanto dichiarato dalla persona offesa costituita parte civile, sottolineando che quest’ultima, quasi settantenne e di limitati mezzi culturali, aveva riferito con genuinità gli elementi essenziali della vicenda, e che te limitate contraddizioni in cui era incorsa erano state superate a seguito di “contestazioni/aiuti alla memoria”, evidenziando anche che la stessa non aveva ragioni per calunniare l’imputato e che non aveva avuto difficoltà di sorta a scagionare il coimputato Panetta (rinviato a giudizio in quanto comproprietario del mezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti ed assolto dal Tribunale). La Corte d’appello ha poi sottolineato i riscontri acquisiti a tali dichiarazioni, consistenti nei documenti prodotti e nelle dichiarazioni della presunta destinataria dei rifiuti (che aveva disconosciuto la propria sottoscrizione apposta sul formulario di consegna dei rifiuti e riferito di aver avuto in passato rapporti commerciali con l’imputato) e del coimputato Panetta (che ha riferito della disponibilità da parte dell’imputato del mezzo utilizzato per trasportare i rifiuti).
La Corte territoriale ha poi ritenuto corretta la qualificazione del reato di cui al capo b) come violazione degli artt. 258, comma 4, d.lgs. 152/2006 e 483 cod. pen., cui la prima norma rinvia quoad poenam, con la conseguente inconferenza del richiamo del ricorrente all’art. 484 cod. pen., e sussistente anche il reato di truffa.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo difensore, affidato a tre motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione dei criteri legali di valutazione della prova e violazione di legge in relazione alla sussistenza degli elementi dei reati ascrittigli, nonché contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Ha censurato, anzitutto, l’adesione della Corte d’appello alle dichiarazioni del Paoli e la valutazione di attendibilità delle stesse nonostante le contraddizioni in cui era incorso, affermando la contraddittorietà ed illogicità della motivazione al riguardo e ribadendo la mancata dimostrazione della esecuzione della attività di smaltimento di rifiuti da parte del ricorrente, evidenziando il dato delta presenza di una terza persona, chiamata dal Del Pivo dopo lo smontaggio delle lastre di Eternit proprio per effettuarne il trasporto e lo smaltimento, con la conseguente erroneità ed illogicità della individuazione nel ricorrente dell’autore del trasposto e dello smaltimento di tali rifiuti.
Ha inoltre affermato la insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, in considerazione delle lacune nelle indagini e nelle successive acquisizioni istruttorie, della mancata identificazione dell’autore in concreto dello smaltimento dei rifiuti, del mancato accertamento del mezzo utilizzato e del luogo di smaltimento dei rifiuti medesimi.
Ha censurato di insufficienza di motivazione anche l’affermazione della sua responsabilità per il reato di falso, non essendo stato accertato l’autore di tale falsificazione, ed anche quella relativa alla sussistenza del reato di truffa, avendo consegnato i documenti di trasporto asseritamente contraffati successivamente alla esecuzione del trasporto, con la conseguente inidoneità di tale condotta ad indurre in errore il proprietario dei rifiuti da smaltire.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato violazione dei criteri di valutazione della prova, vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva, non essendo stati accertati autore del trasporto e luogo di destinazione dei rifiuti.
Ha inoltre lamentato la mancata disposizione di una perizia grafica sui documenti di trasporto, onde accertare l’autore della denunciata contraffazione degli stessi.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e della sospensione condizionale della pena, richiesta ai sensi dell’art. 164, comma 4, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, ma la sentenza deve essere annullata limitatamente al reato di cui capo b), con rinvio al solo fine della rideterminazione della pena.
1. Il primo ed il secondo motivo, possono essere esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la valutazione delle prove, ed in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, di cui è stata censurata la valutazione di attendibilità compiuta dalla Corte d’appello, sottolineando la mancanza di elementi di riscontro a tali dichiarazioni e le imprecisioni delle stesse, essendo, per contro, emerso, ad avviso del ricorrente, che l’attività di smaltimento delle lastre in amianto della copertura del capannone di proprietà della persona offesa era stata eseguita da un terzo e che l’imputato era intervenuto solamente per smontare le lastre e caricarle su di un veicolo (di cui non era neppure stata accertata la titolarità in capo all’imputato), senza partecipare al successivo trasporto e smaltimento, con la conseguente insussistenza anche degli artifizi e raggiri necessari per poter ritenere integrato il reato di truffa di cui al capo c).
Deve al riguardo rilevarsi come le censure del ricorrente investano, in realtà, la ricostruzione della vicenda, ed in particolare del ruolo nella stessa svolto dal ricorrente, quale compiuta dalla Corte d’appello, sulla base di quanto riferito dalla persona offesa (Luciano Paolini, committente dello smaltimento dei rifiuti pericolosi costituiti dalle lastre in amianto facenti parte della copertura del capannone di sua proprietà), di cui è stata ritenuta la attendibilità, evidenziando che le imprecisioni delle sue dichiarazioni (sottolineate dall’imputato sia nell’atto d’appello sia nel ricorso per cassazione) non ne intaccavano il nucleo fondamentale, erano state superate a seguito delle contestazioni ed erano ascrivibili alla estrema semplicità della persona offesa; la Corte territoriale ha, inoltre, evidenziato l’assenza di ragioni che potessero indurre la persona offesa a calunniare l’imputato ed anche che la stessa non aveva esitato a scagionare il coimputato Panetta, ritenendo di conseguenza integrati tutti i reati contestati all’imputato, sottolineando che le dichiarazioni della persona offesa avevano trovato riscontro nelle dichiarazioni della teste Gomez e nel formulario per il trasporto dei rifiuti risultato contraffatto, circostanza, quest’ultima, ritenuta artifizio idoneo a determinare l’induzione in errore della persona offesa, circa l’esistenza delle autorizzazioni ad effettuare lo smaltimento dei rifiuti di cui aveva incaricato l’imputato, con la conseguente sussistenza anche del reato di truffa di cui al capo e) in danno della medesima persona offesa.
A fronte di tale chiara ricostruzione il ricorrente ha ribadito l’inattendibilità della persona offesa, di cui, però, sono state in modo logico spiegate le imprecisioni, non incidenti comunque sul nucleo essenziale delle sue dichiarazioni; la mancanza di riscontri alle stesse, invero indicati dalla Corte sebbene non necessari, con la conseguente evidente insussistenza della violazione del disposto dell’art. 192 cod. proc. pen.; la non riconducibilità dello smaltimento dei rifiuti all’imputato, attribuitogli dai giudici di merito sulla base della presa in carico dei rifiuti e della mancata dimostrazione di un loro lecito smaltimento; l’insussistenza del reato di truffa, ritenuto invece configurabile alla luce della esibizione del formulario di trasporto dei rifiuti contraffatto.
Ne consegue l’inammissibilità di tali censure, volte, attraverso la deduzione della violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e dei criteri di valutazione della prova e della contraddittorietà ed illogicità della motivazione, a conseguire una rivisitazione della ricostruzione dei fatti e del ruolo del ricorrente compiuti dai giudici di merito, in assenza di violazioni dei criteri di valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e di vizi della motivazione, non essendovi nella stessa proposizioni tra loro contrastanti o affermazioni incoerenti o contrarie alle regole delle logica od alle massime di esperienza.
2. Per quanto riguarda il terzo motivo, mediante il quale è stata lamentata la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., deve rilevarsi l’inammissibilità della censura relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, come si ricava dall’atto d’appello, tale doglianza non era stata sollevata con l’impugnazione della sentenza di primo grado, e ne risulta quindi preclusa la deduzione per la prima volta nel giudizio di legittimità, stante la preclusione derivante dalla mancata impugnazione della relativa statuizione della pronuncia di primo grado.
Del tutto generica risulta, poi, la doglianza relativa alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., avendo al riguardo il ricorrente solamente lamentato tale diniego, omettendo di confrontarsi con la motivazione sul punto della sentenza impugnata, che ha escluso la ravvisabilità della attenuante a cagione del rilevante importo del profitto del reato di truffa (pari a euro 4.000,00): tale motivazione risulta adeguata e corretta e non è sindacabile sul piano del merito, con la conseguente infondatezza della relativa censura.
3. La sentenza impugnata deve, tuttavia, essere annullata, con rinvio al fine delle rideterminazione della pena, non essendo indicati nella sentenza impugnata la pena base per il reato più grave e gli aumenti per la continuazione con gli altri reati, in relazione al reato di cui al capo b) della rubrica, relativo al “reato p. e p. dagli artt. 110 e 483 c.p., in relazione all’art. 258 comma 4 del D.L.vo n. 152/2006 per avere predisposto, in concorso tra loro e nelle qualità di cui al capo che precede, il formulario rifiuti n. XRA 050801/04 del 27/07 /2011 con dati falsi, relativi al produttore – Multiservizio di Gomez Maria Matilde – trasportatore – Multiservizio di Gomez Maria Matilde – e mezzo di trasporto del rifiuto – targato PE458RR, al fine di smaltire illecitamente il medesimo rifiuto in luogo rimasto sconosciuto”.
Tale condotta non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’articolo 483 cod. pen., trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo, avente natura diversa dal certificato di analisi di rifiuti indicato dall’art. 258, comma quarto, d.lgs. 152/2006 (Sez. 3, n. 43613 del 18/09/2015, Curasì, Rv.265263).
Il rinvio in ordine alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio comporta la remissione al giudice del rinvio anche delle questioni relative alla concedibilità della sospensione condizionale della pena.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui al capo b) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e rinvia alla Corte d’appello di Perugia per la determinazione della pena in relazione agli altri
reati.
Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso il 3/3/2016