Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 56277 | Data di udienza: 24 Ottobre 2017

* RIFIUTI – Materiale vegetale bruciato – Requisiti per l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti – Luogo di produzione – Reimpiego come concime o ammendante – Attività di raggruppamento trasporto illecito di rifiuti e combustione del materiale – Mera eliminazione del rifiuto – Assenza di valido titolo abilitativo – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 182, 184, 255, 256,  256-bis e 259 d.lgs. n.152/06.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Dicembre 2017
Numero: 56277
Data di udienza: 24 Ottobre 2017
Presidente: FIALE
Estensore: RAMACCI


Premassima

* RIFIUTI – Materiale vegetale bruciato – Requisiti per l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti – Luogo di produzione – Reimpiego come concime o ammendante – Attività di raggruppamento trasporto illecito di rifiuti e combustione del materiale – Mera eliminazione del rifiuto – Assenza di valido titolo abilitativo – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 182, 184, 255, 256,  256-bis e 259 d.lgs. n.152/06.



Massima

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 18/12/2017, (Ud. 24/10/2017) Sentenza n.56277

 
RIFIUTI – Materiale vegetale bruciato – Requisiti per l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti – Luogo di produzione – Reimpiego come concime o ammendante – Attività di raggruppamento trasporto illecito di rifiuti e combustione del materiale – Mera eliminazione del rifiuto – Assenza di valido titolo abilitativo – Art. 444 cod. proc. pen. – Artt. 182, 184, 255, 256,  256-bis e 259 d.lgs. n.152/06.
 
In tema di gestione illecita rifiuti, si configura il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) d.lgs. n.152/06 nei casi in cui il materiale vegetale bruciato non è prodotto sul terreno ove avviene la combustione e se la stessa non è finalizzata al reimpiego come concime o ammendante dei residui, bensì alla mera eliminazione del rifiuto (in assenza di valido titolo abilitativo). Infatti, l’art. 182, comma 6-bis d.lgs. n.152/06 esclude che rientrino nell’attività di smaltimento le fase residuale della gestione di rifiuti, "le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione" in quanto costituenti "normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti". 


(conferma sentenza del 26/01/2017 del TRIBUNALE di BRINDISI) Pres. FIALE, Rel. RAMACCI, Ric. Gallone

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 18/12/2017, (Ud. 24/10/2017) Sentenza n.56277

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 18/12/2017, (Ud. 24/10/2017) Sentenza n.56277

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
suI ricorso proposto da GALLONE GIOVANNI nato il 22/12/1966 a CEGLIE MESSAPICA;
 
avverso la sentenza del 26/01/2017 del TRIBUNALE di BRINDISI;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLO CANEVELLI che ha concluso per il rigetto.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza del 26/1 /2017 ha affermato la responsabilità penale di Giovanni GALLONE, che ha condannato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) d.lgs. 152\06, così riqualificata l’originaria imputazione, riferita all’art. 256-bis d.lgs. 152\06, perché, quale titolare di un’impresa individuale avente ad oggetto la sistemazione di parchi, giardini ed aiuole, in più occasioni trasportava, abbandonava e bruciava su un terreno del quale aveva la materiale disponibilità, rifiuti vegetali altrove prodotti in assenza di valido titolo abilitativo (in Ostuni, nel marzo 2014).
 
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che, all’esito del processo, non sarebbe stato dimostrato che i materiali scaricati e bruciati provenissero da terreni diversi da quello in cui tali operazioni venivano effettuate, rilevando che le stesse rientrerebbero nell’ipotesi di cui all’art. 182, comma 6-bis d.lgs. 152\06.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta provenienza dei materiali da altri siti, osservando che non sarebbe dato rilevare in sentenza da quali elementi il giudice possa aver dedotto tale circostanza.
 
4. Con un terzo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla disposta confisca del mezzo utilizzato per il trasporto del materiale sul terreno, provvedimento che lamenta essere stato adottato dal giudice senza esplicitarne le ragioni. 
 
5. Con un quarto motivo di ricorso denuncia la mancata assunzione di prove decisive, rappresentate da due testimonianze che il Tribunale non avrebbe assunto nonostante esplicita richiesta, la prima del proprietario del terreno, che avrebbe potuto meglio specificare l’incarico dato all’imputato e la sua natura, la seconda di un teste a discarico, Angelo CAVALLO.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è infondato.
 
Il primo ed il secondo motivo di ricorso possono essere congiuntamente esaminati, premettendo che dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che le indagini avevano avuto origine dall’informazione, ricevuta da personale del Corpo Forestale dello Stato, di episodi di abbandono e bruciamento di rifiuti vegetali su un terreno, chiuso e recintato, che si accertava essere stato affidato all’imputato dal comproprietario che ne aveva la materiale disponibilità, con l’incarico di tenerlo in ordine e sorvegliarlo e con facoltà di raccogliere e trattenere i frutti prodotti dagli alberi ivi esistenti.
 
La polizia giudiziaria collocava pertanto nei pressi dell’ingresso del fondo una "foto-trappola", costituita da un apparecchio fotografico attivato da un sensore di movimento, che consentiva di accertare, attraverso le fotografie scattate, nel periodo febbraio – marzo 2014, circa venti movimenti da parte dello stesso autocarro che trasportava materiale vegetale di risulta, frutto di potature effettuate su fondi diversi da quello al quale il mezzo accedeva e che veniva scaricato in quantità di circa 3 metri cubi alla volta e dato alle fiamme.
 
Ciò posto, ritiene il Collegio che il Tribunale abbia correttamente qualificato i fatti non riconoscendo l’applicabilità, nella fattispecie, dell’art. 182, comma 6-bis d.lgs. 152\06, il quale esclude che rientrino nell’attività di smaltimento, fase residuale della gestione di rifiuti, "le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione" in quanto costituenti "normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti".
 
Invero, come accertato in fatto dal giudice del merito, il materiale vegetale bruciato non era prodotto sul terreno ove avveniva la combustione ed, inoltre, questa non era evidentemente finalizzata al reimpiego come concime o ammendante dei residui, bensì alla mera eliminazione del rifiuto.
 
Parimenti risulta correttamente esclusa l’operatività dell’art. 256-bis dlv 152\06, originariamente contestato, tenuto conto che l’ultimo comma di tale disposizione prevede l’applicabilità delle sanzioni di cui all’articolo 255 se la condotta di illecita combustione riguarda rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e) (rifiuti urbani costituiti da rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali) ed esclude che le disposizioni dell’articolo si applichino ai casi di "abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato", rispetto ai quali restano ovviamente applicabili le sanzioni previste dall’art. 256, comma 1 per l’illecita gestione.
 
Va peraltro osservato che la giurisprudenza richiamata in ricorso aveva ad oggetto casi in cui la combustione del materiale vegetale veniva effettuata sul luogo di produzione, circostanza fattuale, questa, esclusa dal giudice del merito sulla base della documentazione fotografica.
 
2. Quanto alla disposta confisca, di cui tratta il terzo motivo di ricorso, la stessa, come è noto, va obbligatoriamente disposta in caso di condanna o di applicazione pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. per trasporto illecito di rifiuti, come stabilito dall’art. 259, comma 2 d.lgs. 152\06.
 
Di tale obbligatorietà ha compiutamente dato conto il giudice del merito.
 
3. Infondato risulta, infine, anche il quarto motivo di ricorso.
 
Il ricorrente, infatti, non deduce di aver eccepito immediatamente l’eventuale nullità dell’ordinanza di revoca delle testimonianze già ammesse, essendosi limitato a precisare di aver "insistito" per l’assunzione delle stesse, con la conseguenza che eventuali vizi sarebbero in ogni caso sanati ai sensi dell’art. 182, comma 2 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzello, Rv. 26321 O; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli e altro, Rv. 257891; Sez. 5, n. 18351 del 17/2/2012, Biagini, Rv. 252680; Sez. 3, n. 816 del 06/12/2005 (dep. 2006), Guatta, Rv. 233256).
 
E’ inoltre il caso di osservare che manca, comunque, la doverosa dimostrazione della decisività della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che, ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 4, n. 6783 del 23/1 /2014, Di Meglio, Rv. 25932301; Sez. 3, n. 27581 del 15/6/201 O, M., Rv. 24810501; Sez. 6, n. 14916 del 25/3/2010, Brustenghi e altro, Rv. 24666701 ed altre prec. conf.).
 
Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare l’ordinanza con la quale viene esclusa la prova già ammessa in forza del principio di specificità di all’art. 581, comma primo, lett. e). cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 15673 del 19/12/2011 (dep. 2012), Ceresoli, Rv. 25258101) e, nella fattispecie, non risulta dimostrato, dal tenore del ricorso, che l’esito della deposizione negata sarebbe stato sufficiente a scardinare l’impianto argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata, in quanto il ricorrente si limita ad affermare che uno dei testi avrebbe potuto riferire riguardo ai rapporti intercorrenti con il proprietario del fondo, mentre dell’altro indica solo il nome, indicandolo, genericamente, come "teste a discarico".
 
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. 
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
 
Così deciso in data 24.10.2017
 
 
 
 
 
 
 

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