Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 2280 | Data di udienza: 24 Novembre 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusivismo edilizio – Scriminante dello stato di necessità ai reati urbanistici – Esclusione – artt. 44, lett. C),83, 93, 94, 95 d.P.R. 3801 e 181 comma 1 d.lgs. 422004 – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati urbanistici – Tutela del paesaggio e dell’ambiente – Destinazione del suolo – Condizioni economiche disagiate – Ininfluenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio del "favor rei" – Decorrenza del termine di prescrizione – Fattispecie: accertamento opere abusive – Diniego attenuanti generiche – Valutazione degli elementi, favorevoli o sfavorevoli – Personalità dell’imputato e la presenza di precedenti penali specifici – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Gennaio 2018
Numero: 2280
Data di udienza: 24 Novembre 2017
Presidente: FIALE
Estensore: RAMACCI


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusivismo edilizio – Scriminante dello stato di necessità ai reati urbanistici – Esclusione – artt. 44, lett. C),83, 93, 94, 95 d.P.R. 3801 e 181 comma 1 d.lgs. 422004 – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati urbanistici – Tutela del paesaggio e dell’ambiente – Destinazione del suolo – Condizioni economiche disagiate – Ininfluenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio del "favor rei" – Decorrenza del termine di prescrizione – Fattispecie: accertamento opere abusive – Diniego attenuanti generiche – Valutazione degli elementi, favorevoli o sfavorevoli – Personalità dell’imputato e la presenza di precedenti penali specifici – Giurisprudenza.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 19/01/2018 (Ud. 24/11/2017), Sentenza n.2280


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusivismo edilizio – Scriminante dello stato di necessità ai reati urbanistici – Esclusione – artt. 44, lett. C),83, 93, 94, 95 d.P.R. 3801 e 181 comma 1 d.lgs. 422004.
 
In materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l’esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo. Inoltre, la realizzazione della costruzione abusiva non può essere giustificata dalla mera necessità di evitare un danno alle cose. Fattispecie: realizzazione di un ampliamento edilizio, in assenza dei necessari titoli abilitativi, in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico.


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Reati urbanistici – Tutela del paesaggio e dell’ambiente – Destinazione del suolo – Condizioni economiche disagiate – Ininfluenza.
 
In materia edilizia, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è edificabile, il diritto del cittadino a disporre di un’abitazione non può prevalere sull’interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell’ambiente (Sez. 3, n. 28499 del 29/5/2007, Chiarabini; V. anche Sez. 3, n. 19811 del 26/1/2006, Passamonti e altro; Sez. 3, n. 41577 del 20/9/2007, Ferraioli; Sez. 3, n. 35919 del 26/6/2008, Savoni e altro; Sez. 3, n. 7691del6/10/2016 (dep. 2017), Di Giovanni; Sez. 3, n. 25036 del 3/3/2016, Botticelli).


DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio del "favor rei" – Decorrenza del termine di prescrizione – Fattispecie: accertamento opere abusive.
 
Il principio del "favor rei", per cui, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 (dep. 2008), Cilia). Nella specie, dalla mera constatazione dell’avvenuta ultimazione delle opere abusive all’atto dell’accertamento non può meccanicamente scaturire una situazione di incertezza sulla data del commesso reato (Sez. 3, n. 7065 del 7/2/2012, Croce).
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diniego attenuanti generiche – Valutazione degli elementi, favorevoli o sfavorevoli – Personalità dell’imputato e la presenza di precedenti penali specifici – Giurisprudenza.
 
Nel negare il riconoscimento delle attenuanti generiche il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego (v. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane), con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi; Sez. 6, Sentenza n. 7707 del 4/12/2003 (dep. 2004), Anaclerio). Nella fattispecie, i giudici del merito hanno negativamente valutato la personalità dell’imputato e la presenza di precedenti penali specifici. 
 

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 09/03/2017 – CORTE APPELLO di PALERMO) Pres. FIALE, Rel. RAMACCI, Ric. Lo Buono 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 19/01/2018 (Ud. 24/11/2017), Sentenza n.2280

SENTENZA

 

 

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 19/01/2018 (Ud. 24/11/2017), Sentenza n.2280

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da LO BUONO DOMENICO nato il 26/09/1941 a TRABIA;

avverso la sentenza del 09/03/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO;

che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 9/3/2017 ha confermato la decisione con la quale, in data 7/3/2016, il Tribunale di Termini lmerese aveva riconosciuto Domenico LO BUONO responsabile dei reati di cui agli artt. 44, lett. C),83, 93, 94, 95 d.P.R. 380\01 e 181 comma 1 d.lgs. 42\2004 per la realizzazione, in assenza dei necessari titoli abilitativi, in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, di un ampliamento di m. 1X1,60 X 3,10h di un preesistente vano (in Trabia, accertato il 10/6/2013).

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 54 cod. pen., per non avere la Corte territoriale considerato che l’intervento edilizio si era reso necessario per evitare il pericolo di cadute di pietre e massi sul fabbricato da una vicina scarpata, la cui presenza risultava dimostrata dalla documentazione fotografica predisposta dai carabinieri operanti.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge conseguente alla mancata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, in applicazione del principio del favor rei, stante l’incertezza circa la data di commissione del reato.

4. Con un terzo motivo di ricorso censura, infine, il diniego opposto nel giudizio di merito al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Occorre preliminarmente ricordare, con riferimento al primo motivo di ricorso, quale sia, in linea generale, la posizione di questa Corte rispetto all’applicazione della scriminante dello stato di necessità ai reati urbanistici.

L’applicabilità dell’art. 54 cod. pen. in tema di costruzione abusiva è stata costantemente esclusa sul presupposto che è di regola evitabile il pericolo di restare senza abitazione, sussistendo la possibilità concreta di soddisfare il bisogno attraverso i meccanismi di mercato e dello stato sociale ed in considerazione dell’ulteriore elemento, necessario per l’applicazione della scriminante, del bilanciamento tra il fatto commesso ed il pericolo che l’agente intende evitare (v. Sez. 3, n. 7015 del 9/4/1990, Sinatra, Rv. 184321).

Si è successivamente osservato che il danno grave alla persona, cui fa riferimento l’articolo 54 cod. pen., deve essere inteso come ogni danno grave ai diritti fondamentali dell’individuo, tra i quali non rientra soltanto la lesione della vita o dell’integrità fisica, ma anche quella del diritto all’abitazione, dovendo però sussistere comunque tutti i requisiti richiesti dalla legge, la valutazione dei quali deve essere effettuata in giudizio con estremo rigore (Sez. 3, n. 11030 del 1/10/1997, Guerra, Rv. 209047. V. anche Sez. 3, n. 12429 del 6/10/2000, Martinelli, Rv. 217995).

Successivamente, per escludere l’applicabilità della scriminante in questione, si è posto l’accento sulla mancanza dell’ulteriore requisito della inevitabilità del pericolo, osservando che l’attività edificatoria non è vietata in modo assoluto, ma è consentita nei limiti imposti dalla legge a tutela di beni di rilevanza collettiva, quali il territorio, l’ambiente ed il paesaggio, che sono salvaguardati anche dall’articolo 9 della Costituzione. Di conseguenza, se il suolo è edificabile, le disagiate condizioni economiche non impediscono al cittadino di chiedere il permesso di costruire. Se il suolo non è edificabile, il diritto del cittadino a disporre di un’abitazione non può prevalere sull’interesse della collettività alla tutela del paesaggio e dell’ambiente (Sez. 3, n. 28499 del 29/5/2007, Chiarabini, non massimata. V. anche Sez. 3, n. 19811 del 26/1 /2006, Passamonti e altro, Rv. 234316; Sez. 3, n. 41577 del 20/9/2007, Ferraioli, Rv. 238258; Sez. 3, n. 35919 del 26/6/2008, Savoni e altro, Rv. 241094; Sez. 3, n. 7691del6/10/2016 (dep. 2017), Di Giovanni, non massimata; Sez. 3, n. 25036 del 3/3/2016, Botticelli, non massimata).

2. Tali principi vanno dunque ribaditi, richiamando peraltro l’attenzione sul fatto che l’art. 54 cod. pen. si riferisce, pur sempre, alla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo che non deve essere causato volontariamente dall’agente e non altrimenti evitabile. Sicché, anche volendosi richiamare a quelle decisioni di questa Corte che hanno interpretato in maniera estensiva la disposizione in esame, ricomprendendo nel concetto di danno alla persona anche il diritto all’abitazione, non può certo ritenersi giustificata la condotta di chi realizzi una costruzione abusiva al fine di evitare un mero danno alle cose. Senza poi considerare che, come pure si è osservato, tale interpretazione estensiva dell’esimente dello stato di necessità si risolve, nella pratica, in una mera petizione di principio, dal momento che l’ulteriore requisito della inevitabilità del pericolo risulta difficilmente dimostrabile, stante la possibilità di richiedere il titolo abilitativo per la realizzazione dell’intervento edilizio (in tal senso si è espressa Sez. 3, n. 41577 del 20/9/2007, Ferraioli, Rv. 238258, cit. la quale esclude, in tali casi, anche l’ipotesi della putatività dell’esimente, perché l’omessa presentazione dell’istanza diretta ad ottenere il titolo edilizio sarebbe quanto meno determinata da negligenza).

3. Deve conseguentemente essere ribadito che in materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l’esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo e che, in ogni caso, la realizzazione della costruzione abusiva non può essere giustificata dalla mera necessità di evitare un danno alle cose.

4. Tale ultima evenienza è quella cui, sostanzialmente, fa riferimento il ricorso, ove l’unico richiamo al pericolo che si sarebbe inteso evitare è quello, peraltro del tutto eventuale, della caduta di pietre e massi sul fabbricato quale conseguenza dello smottamento di una vicina scarpata, senza alcun riferimento al pericolo, anch’esso del tutto ipotetico ed indiretto, per le persone.

La Corte territoriale, inoltre, ha chiaramente specificato che, sulla base della documentazione fotografica, quanto prospettato dall’imputato risultava indimostrato e, a fronte di tale accertamento in fatto, il ricorrente propone, in questa sede, una inammissibile valutazione alternativa delle emergenze processuali.

5. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Questa Corte ha infatti già avuto modo di specificare che il principio del "favor rei", per cui, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale va fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, va applicato solo in caso di incertezza assoluta sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma non quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche se attraverso deduzioni logiche, del tutto ammissibili (Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 (dep. 2008), Cilia, Rv. 238850).

Si è conseguentemente rilevato, alla luce di tale condivisibile principio, che dalla mera constatazione dell’avvenuta ultimazione delle opere abusive all’atto dell’accertamento non può meccanicamente scaturire una situazione di incertezza sulla data del commesso reato (Sez. 3, n. 7065 del 7/2/2012, Croce, non massimata).

6. Alla luce di tali principi, che il Collegio condivide e dai quali non intende discostarsi, va rilevato come, nella fattispecie, difetti qualsiasi incertezza circa la data del commesso reato.

Invero, pur essendo stato riportata nel capo di imputazione la data dell’accertamento dei fatti, la Corte di appello, con argomentazioni coerenti e prive di cedimenti logici e, come tali, insindacabili in questa sede, ha individuato la data di ultimazione dei lavori nella fine del marzo 2012 e ciò ha fatto sulla base di una dichiarazione confessoria dell’imputato il quale, nel corso dell’esame cui si era sottoposto, aveva affermato innanzi al giudice di primo grado di aver personalmente eseguito i lavori tra il mese di febbraio e gli inizi di quello di marzo 2012, portandoli a conclusioni alla fine del mese.

7. Anche la infondatezza del terzo motivo di ricorso risulta di macroscopica evidenza.

Nel negare il riconoscimento delle attenuanti generiche il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque, rilevanti ai fini del diniego (v. Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 ; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/201 O, Giovane, Rv. 248244), con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caridi, Rv. 242419; Sez. 6, Sentenza n. 7707 del 4/12/2003 (dep. 2004), Anaclerio, Rv. 229768).

Nella fattispecie, i giudici del merito hanno negativamente valutato la personalità dell’imputato e la presenza di precedenti penali specifici. La sentenza impugnata risulta pertanto, anche sul punto, immune da censure.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende

Così deciso in data 24/11/2017

 

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