Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 6703 | Data di udienza: 25 Novembre 2015

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Codice dei beni culturali e del paesaggio – Occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili – Periodi superiore a 120 giorni – Procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica – Mancato rilascio dell’autorizzazione paesistica – Nuove costruzioni di durata temporanea – Interventi precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica – Reato paesaggistico – Configurabilità – DIRITTO URBANISTICO – Procedura semplificata – Artt. 6, 44 c.1° lett.b), 93, 95, dPR n.380/2001Artt. 146, 149 e 181 c.1 bis, d.lgs. n. 42/2004 – Art. 734, cod. pen. – Art. 1 del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Febbraio 2016
Numero: 6703
Data di udienza: 25 Novembre 2015
Presidente: Franco
Estensore: Mocci


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Codice dei beni culturali e del paesaggio – Occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili – Periodi superiore a 120 giorni – Procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica – Mancato rilascio dell’autorizzazione paesistica – Nuove costruzioni di durata temporanea – Interventi precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica – Reato paesaggistico – Configurabilità – DIRITTO URBANISTICO – Procedura semplificata – Artt. 6, 44 c.1° lett.b), 93, 95, dPR n.380/2001Artt. 146, 149 e 181 c.1 bis, d.lgs. n. 42/2004 – Art. 734, cod. pen. – Art. 1 del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010. 



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 19/02/2016 (ud. 25/11/2015), Sentenza n.6703
 



BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Codice dei beni culturali e del paesaggio – Occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili – Periodi superiore a 120 giorni – Procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica – Mancato rilascio dell’autorizzazione paesistica – Artt. 6 e 44 c.1° lett.b) D.P.R. n. 380/2001Art. 149 D.L. 22 gennaio 2004 n. 42 – Art. 1 del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010.
 
Nelle aree vincolate alla tutela dei beni paesaggistici – secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.L. 22 gennaio 2004 n.42 – il privato è sempre tenuto a chiedere l’autorizzazione, anche se la struttura sia destinata ad una permanenza inferiore a 120 giorni. L’art. 1 del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010 afferma “Sono assoggettati a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice, sempre che comportino un ‘alterazione dei luoghi o dell’aspetto esteriore degli edifici, indicati nell’elenco di cui all’allegato I che forma parte integrante del presente regolamento”. A sua volta l’allegato 1°, al punto 38 testualmente recita “occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni”. E’ evidente che una lettura logico-sistematica delle due norme consente di affermare che, se la procedura semplificata è prevista per occupazioni temporanee di più di 120 giorni, per le opere destinate a restare in essere per un tempo inferiore al predetto, la anzidetta procedura non debba essere necessaria. Ed allora, una volta ritenuto dal giudice di merito che la costruzione era destinata ad essere eliminata dopo 90 giorni, non può reputarsi che costituisca ipotesi di reato, di fatto equiparandola alle fattispecie di occupazione per un periodo superiore a 120 giorni. Nella specie, trattandosi nella specie di una violazione determinata dal mancato rilascio dell’autorizzazione paesistica, il ricorente avrebbe in ogni caso dovuto domandare il permesso di installare per il manufatto, e sarebbe stato compito dell’amministrazione competente – e non del privato o del giudice – in esito alle verifiche del caso, valutare se l’intervento progettato fosse esonerato dall’autorizzazione paesaggistica oppure assoggettato al regime ordinario. Tanto si può argomentare dall’art. 4 del D.P.R. 139 del 2010, che, appunto, imponendo l’onere della domanda, attribuisce alla sola amministrazione il compito di stabilire, caso per caso, l’esenzione o l’assoggettamento all’autorizzazione paesaggistica. 
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Nuove costruzioni di durata temporanea – Interventi precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica – Reato paesaggistico – Configurabilità – DIRITTO URBANISTICO – Procedura semplificata – Artt. 44, lett.e), 93, 95, dPR n.380/2001Artt. 146, 149 e 181 c.1 bis, d.lgs. n. 42/2004 – Art. 734, cod. pen..
 
Integra il reato previsto dall’art. 181, comma primo bis, D.Lgs. n. 42 del 2004, la realizzazione su aree vincolate di interventi precari o facilmente amovibili in difetto di autorizzazione paesaggistica, anche in caso di occupazione temporanea del suolo per un periodo inferiore a 120 giorni, trattandosi di attività da svolgere previo necessario assenso dell’Autorità amministrativa competente, sebbene all’esito di procedura semplificata (Sez. 3, n. 29080 del 19/03/2015, Pm. in proc. Palau).


(annulla con rinvio ordinanza del 16/02/2015 del Tribunale di Reggio Calabria Sezione del Riesame) Pres. FRANCO, Rel. MOCCI, Ric. Latella 
 
 
Nota:
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 19/02/2016 (ud. 25/11/2015), Sentenza n.6703

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 19/02/2016 (ud. 25/11/2015), Sentenza n.6703

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sul ricorso proposto da Latella Domenica, nata in Le Creuseout (Francia) il 06/03/1986;
– avverso l’ordinanza del 16/02/2015 del Tribunale di Reggio Calabria Sezione del Riesame;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
– udito per l’imputata l’avv. Giovanni Gurnari.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Reggio Calabria ha annullato il provvedimento di convalida ed emissione del sequestro preventivo disposto dal GIP della stessa città nei confronti di Domenica Latella il 19 gennaio 2015, con riguardo al reato di cui all‘art. 44 comma 1 ° lett. b)’ D.P.R. n. 380 del 2001, confermando invece il provvedimento con riguardo all’art. 181 D. Lgs. n. 42 del 2004.

Ha sostenuto il Tribunale che i manufatti in sequestro erano stati realizzati conformemente a quanto richiesto dall’art. 6 comma 2° DPR n. 380/2001, giacché vi era stata una previa rituale comunicazione al Comune con la dichiarazione di mantenere le opere per un periodo non superiore ai 90 giorni. Tuttavia – con riguardo al capo confermato – la procedura semplificata di autorizzazione paesaggistica, sicuramente applicabile al caso di specie, non avrebbe però potuto condurre all’affermazione che il punto 38 dell’allegato 1° avesse determinato una deroga alla disciplina di cui all’art. 149 D.L. 22 gennaio 2004 n. 42, nonostante il sicuro difetto di coordinamento fra le due norme.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, sulla scorta di due motivi (erronea applicazione dell’art. 1 del DPR n. 139 del 2010, in relazione all’art. 146 comma 9° d. L. n.42 del 2004, in relazione all’allegato 1 ° punto 38; esercizio da parte del giudice di una potestà riservata ad organi legislativi od amministrativi, ovvero non consentita ai pubblici poteri).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo rilievo, la prevenuta ha dedotto la violazione dell’art. 606 lett. b) per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 1 DPR 9 luglio 2010 n.139, giacché il legislatore avrebbe escluso – per le strutture destinate a permanere un tempo inferiore a 120 giorni – qualunque ottenimento preventivo dell’autorizzazione paesistica.

2. Con la seconda censura, ha osservato che, anche a voler ritenere la non corretta articolazione normativa, il giudice non avrebbe potuto – se non violando l’art. 606 lett. a) – sostituirsi al legislatore al fine di integrare ipotesi di reato: nella specie, sia il criterio letterale, sia il criterio sistematico avrebbero condotto ad escludere dalla previsione penale la posa in opera di strutture temporanee per un periodo inferiore a 120 giorni, anche perché il tempo ridotto avrebbe impedito qualunque effettiva modifica dell’ambiente circostante.

Il ricorso è fondato, nei limiti che seguono.

L’art. l del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010 afferma “Sono assoggettati a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di seguito denominato “Codice”, gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice, sempre che comportino un ‘alterazione dei luoghi o dell’aspetto esteriore degli edifici, indicati nell’elenco di cui all’allegato I che forma parte integrante del presente regolamento”. A sua volta l’allegato 1°, al punto 38 testualmente recita “occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni”.
E’ evidente che una lettura logico-sistematica delle due norme consente di affermare che, se la procedura semplificata è prevista per occupazioni temporanee di più di 120 giorni, per le opere destinate a restare in essere per un tempo inferiore al predetto, la anzidetta procedura non debba essere necessaria. Ed allora, una volta ritenuto dal giudice di merito che la costruzione era destinata ad essere eliminata dopo 90 giorni, non può reputarsi che costituisca ipotesi di reato, di fatto equiparandola alle fattispecie di occupazione per un periodo superiore a 120 giorni. In ciò sta l’illogicità dell’ordinanza impugnata, prima ancora che il portato di un’erronea interpretazione della disciplina di legge.
Occorre però rilevare che il problema deve essere affrontato in un’ottica differente, che il Tribunale non ha colto appieno.
Infatti, trattandosi nella specie di una violazione determinata dal mancato rilascio dell’autorizzazione paesistica, la Latella avrebbe in ogni caso dovuto domandare il permesso di installare il manufatto, e sarebbe stato compito dell’amministrazione competente – e non del privato o del giudice – in esito alle verifiche del caso, valutare se l’intervento progettato fosse esonerato dall’autorizzazione paesaggistica oppure assoggettato al regime ordinario. Tanto si può argomentare dall’art. 4 del D.P.R. 139 del 2010, che, appunto, imponendo l’onere della domanda, attribuisce alla sola amministrazione il compito di stabilire, caso per caso, l’esenzione o l’assoggettamento all’autorizzazione paesaggistica. In altri termini, nelle aree vincolate alla tutela dei beni paesaggistici – secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.L. 22 gennaio 2004 n.42 – il privato è sempre tenuto a chiedere l’autorizzazione, anche se la struttura sia destinata ad una permanenza inferiore a 120 giorni.
Diverso è la questione, incidentalmente sollevata dal secondo motivo, circa l’esistenza del periculum: in effetti, sul punto l’ordinanza è carente di motivazione, soprattutto allorquando, pur dando atto della cessazione della permanenza, giustifica la misura cautelare con una tautologia (“la libera disponibilità dei manufatti sottoposti a sequestro dalla P. G. determina necessariamente una persistente lesione dell’interesse paesistico e, quindi, una protrazione degli effetti e conseguenze del reato”).

Alla luce di quanto precede, la Corte di merito – alla quale il procedimento va rinviato per un nuovo e più approfondito esame – dovrà verificare se permane il periculum, nonostante la rimozione della struttura.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame.

Così deciso il 25/11/2015.

 


 
 

 

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