Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 49290 | Data di udienza: 25 Settembre 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Nozione di “varianti leggere o minori” – Denuncia di inizio dell’attività e permesso a costruire – Artt. 22 e 44, lett. a), d.p.R. n. 380/2001


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 19 Dicembre 2012
Numero: 49290
Data di udienza: 25 Settembre 2012
Presidente: Lombardi
Estensore: Franco


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Nozione di “varianti leggere o minori” – Denuncia di inizio dell’attività e permesso a costruire – Artt. 22 e 44, lett. a), d.p.R. n. 380/2001



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3, 19 Dicembre 2012 (Ud. 25/09/2012) Sentenza n. 49290


DIRITTO URBANISTICO – Nozione di “varianti leggere o minori” – Denuncia di inizio dell’attività e permesso a costruire – Artt. 22 e 44, lett. a), d.p.R. n. 380/2001
 
In tema di edilizia, rientrano nella nozione di “varianti leggere o minori”, soggette al rilascio di mera denuncia di inizio dell’attività da presentarsi prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori, le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso a costruire. (Cass. Sez. III, 24.3.2010, n. 24236)
 
(conferma sentenza emessa il 29 giugno 2011 dal giudice del tribunale di Vicenza) Pres. Lombardi, Est. Franco, Ric. Sartori

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3, 19 Dicembre 2012 (Ud. 25/09/2012) Sentenza n. 49290

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
 
1. Dott. Alfredo Maria Lombardi – Presidente
2. Dott. Mario Gentile – Consigliere
3. Dott. Aldo Fiale – Consigliere
4. Dott. Amedeo Franco – Consigliere (Est.)
5. Dott. Santi Gazzara – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da Sartori Luigi, nato a Vicenza il 2.3.1950;
avverso la sentenza emessa il 29 giugno 2011 dal giudice del tribunale di Vicenza;
udita nella pubblica udienza del 25 settembre 2012 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Tindari Baglione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 
Svolgimento del processo
 
Con sentenza 29 giugno 2011, il giudice del tribunale di Vicenza dichiarò Sartori Luigi colpevole del reato di cui all’art. 44, lett. a), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere, quale direttore dei lavori, realizzato una sopraelevazione della copertura di un edificio in parziale difformità dal permesso di costruire (per un aumento del sottotetto di 50 cm., compresi gli spessori dei materiali utilizzati per la coibentazione e mantenendo le caratteristiche di vano tecnico) e lo condannò alla pena di € 3.000,00 di ammenda.
 
L’avv. Ester Zordan, per conto del Sartori, propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell’art. 44, lett. a), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Osserva che erroneamente il giudice ha ritenuto che qualsiasi modifica rispetto al progetto costituisca variante essenziale e non ha tenuto conto delle caratteristiche qualitative e quantitative della contestata elevazione di un lato del coperto. Non è spiegato perché la difformità in questione sia stata ritenuta abuso edilizio. Non tutte le modifiche possono defi­nirsi varianti in senso proprio e non tutte le varianti sono essenziali. Vi sono le c.d. varianti minori in corso d’opera di cui all’art. 22, comma 2, testo unico dell’edilizia, che sono soggette solo a DIA, la cui violazione non comporta sanzioni penali. Era perciò necessario accertare la natura della sopraelevazione. Nella specie non si tratta di variante essenziale perché la difformità non incide sui parametri urbanistici, sulle volumetrie, sulla destinazione d’uso e la categoria edilizia, sulla sagoma e non viola alcuna prescrizione del permesso di costruire. Il locale ha mantenuto la natura di vano tecnico, che non incide sulla volumetria e sui parametri urbanistici. Osserva poi che le dichiarazioni dell’imputato sono state travisate. Lamenta infine che non è spiegata la ragione per la quale la difformità non è stata fatta rientrare tra le varianti non essenziali di cui all’art. 22 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380.
 
2) mancanza o manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ritiene il negligente adempimento dei doveri connessi alla funzione di direttore dei lavori. Osserva che il giudice riconosce che la difformità era stata frutto di una erronea interpretazione delle quote di progetto da parte dell’impresa, verificatasi durante l’assenza per malattia del direttore dei lavori. Ha però ritenuto la colpa dell’imputato omettendo di valutare vari elementi emersi nel giudizio, quali: 
a) che si trattava di una difformità non essenziale in corso d’opera, con possibilità fino al termine dei lavori di ripristinare la corretta dimensione; 
b) che l’ordinanza del comune è stata emessa in seguito a richiesta del committente di demolizione e ricostruzione della falda secondo il progetto, il che indica una condotta del direttore dei lavori volta ad adempiere gli obblighi inerenti alla sua posizione di garanzia.
3) mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena base lontana dal minimo edittale nonostante l’esplicito richiamo alla modestia della violazione.
 
Motivi della decisione
 
Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.
 
Quanto al primo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «In tema di edilizia, rientrano nella nozione di “varianti leggere o minori”, soggette al rilascio di mera denuncia di inizio dell’attività da presentarsi prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori, le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso a costruire» (Sez. III, 24.3.2010, n. 24236, Muolo, m. 237687).
Nella specie, quindi, non può ritenersi erronea la valutazione del giudice del merito che ha qualificato la variante come essenziale in quanto si trattava della evidentissima sopraelevazione, per ben 50 cm. in più rispetto al progetto, del fabbricato, mediante un aumento del sottotetto, effettuata inoltre con materiali diversi. Esattamente, il giudice ha ritenuto che non potesse parlarsi di variante leggera o minore, perché la detta sopraelevazione del fabbricato incideva comunque sulla volumetria dell’edificio (quand’anche fosse stato mantenuta la caratteristica di vano tecnico) ed inoltre alterava la sagoma di uno dei due edifici, anche per lo spostamento di una scala esterna.
 
Quanto al secondo motivo, il giudice ha, con apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ritenuto sussistente la colpa (se non altro, per negligenza) dell’imputato, sia perché la presunta malattia per influenza non era stata in alcun modo provata con l’allegazione di una certificazione medica, sia perché tale malattia, quand’anche sussistente, non giustificava una assenza dal cantiere del direttore dei lavori per oltre due mesi, sia perché non era comunque scusabile l’omesso invio, da parte del direttore dei lavori, di un idoneo sostituto presso il cantiere o, alternativamente, l’omessa adozione di un ordine di sospensione dei lavori.
Il terzo motivo si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque manifestamente infondato perché il giudice ha fornito congrua ed adeguata motivazione sull’esercizio del proprio potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena.
 
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Per questi motivi
 
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 25 settembre 2012.

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