Nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di appello è solo l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi ad impedire la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (Cass. SS. UU 22.11.2000 n. 32, De Luca; Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383 Viola; Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641, Tricorni).
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 2 Ottobre 2013 (Ud. 2/04/2013) Sentenza n. 40747
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Consigliere
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere Rel.
Dott. SILVIO AMORESANO – Consigliere
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE MARIANI VELLEDA N. IL 23/08/1969
avverso la sentenza n. 5903/2008 TRIBUNALE di TARANTO, del 23/03/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/04/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GIUSEPPE VOLPE che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione.
Udito il difensore Avv. Cenci Eligio di Taranto
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 23 marzo 2011, il Tribunale di Taranto dichiarava DE MARIANI Velleda, imputata del reato di cui agli
artt. 192 e 256 del D.L.vo 152/06 [attività di deposito incontrollato di rifiuti senza autorizzazione – reato commesso in Taranto il 12 aprile 2007 in permanenza], condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
1.2 Per l’annullamento della sentenza propone appello, convertito in ricorso dalla Corte di appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto – con ordinanza del 3 novembre 2011, l’imputata la quale deduce, con un primo motivo, l’insussistenza del reato per il quale è intervenuta condanna, non versandosi – come affermato erroneamente dal Tribunale – in tema di deposito preliminare di rifiuti. Rileva, in proposito, che a mente dell’art. 5 del D. L.vo 209/03, i veicoli fuori uso che stazionavano nel piazzale antistante all’esercizio commerciale adibito a concessionaria per la vendita di autoveicoli, erano stati lasciati, quanto meno in parte, da clienti che avevano proceduto all’acquisto di veicoli nuovi e in parte che si trattava di veicoli già appartenuti ai clienti acquirenti, ancora in grado di marciare e dunque non fuori uso. Rileva, ancora, che nel caso di specie, nessuna condotta penalmente rilevante era ravvisabile, avendo essa imputata adempiuto correttamente agli obblighi di legge imposti dalla normativa di cui al menzionato D. L.vo 209/03. Con il secondo motivo lamenta l’eccessiva severità della pena inflitta e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per le quali nessuna motivazione era stata resa dal Tribunale. Il terzo motivo – afferente pur esso al trattamento sanzionatorio – riguarda la mancata concessione dei doppi benefici di legge ex artt. 163 e 175 cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso che alla DE MARIANI viene contestato il reato di cui agli
artt. 192 e 256 del D. L.vo 152/06, “perché, nella sua qualità di titolare della s.r.l. “Deramauto” effettuava, in un’area di sua pertinenza, attività di deposito incontrollato di rifiuti speciali in mancanza di autorizzazione”.
1.1 La ricorrente – sul presupposto che, nel caso in esame, dovesse trovare applicazione il disposto di cui all’art. 5 del D. L.vo n. 209/03 – ritiene che nessuna violazione penalmente rilevante ricorra nella specie, potendo, al più, ritenersi sussistente la violazione amministrativa di cui all’art. 13 dello stesso D. L.vo 209/03. Solo in via subordinata, la difesa ritiene che in caso di inapplicabilità della disciplina speciale per i veicoli fuori uso di cui al menzionato D. L.vo, è comunque ipotizzabile una violazione amministrativa come previsto dal combinato disposto degli
artt. 231 e 255 del D. L.vo 152/06.
1.2 Nessuna delle due tesi appare persuasiva. Va, anzitutto, premesso che – come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Sezione – la circostanza che un veicolo risulti ancora iscritto negli elenchi del P.R.A. (Pubblico Registro Automobilistico) non ne esclude la natura di rifiuto speciale, nel caso in cui il suo stato di degrado lo renda inidoneo alla circolazione (Sez. 3″ 27.1.2009 n. 20424, Franciosa, Rv. 243504).
1.3 Al fine di qualificare il veicolo giacente su terreno proprio o altrui, “fuori uso” soccorre – come ricordato dalla difesa del ricorrente – il D. L.vo 24.6.2003 n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53 C.E. relativa ai veicoli fuori uso”), successivamente modificato dal D.L.vo 149/06, il cui art. 3 definisce veicolo fuori uso quello di cui alla lettera a) [si tratta dei veicoli a motore ctg. M1 e N1 della dir. C.E. 2002/24 e dei veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla predetta direttiva], a fine vita che costituisce un rifiuto ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche [
D. L.vo 152/06]. L’esplicitazione della nozione “fuori uso” trova compiuta affermazione nel successivo comma 2, che stabilisce, per quanto qui rileva, che un veicolo debba considerarsi fuori uso ai sensi del comma 1, lettera b) :”a) con la consegna ad un centro di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso oppure con la consegna al concessionario o gestore dell’automercato o della succursale della casa costruttrice che, accettando di ritirare un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni del presente decreto rilascia il relativo certificato di rottamazione al detentore”.
1.4 Così delineato il quadro normativo di riferimento e ricordato che il detto D. L.vo 209/03 è richiamato dall’
art. 231 del D. L.gvo 152/06, tenuto conto di quanto stabilito nell’art. 3 comma 2 del menzionato D.Lgs. 309/03, deve considerarsi “fuori uso” non solo quel veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, ma anche tanto quello destinato alla demolizione, privo delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, quanto quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata (v. al riguardo Sez. 3″, 13.4.2010 n. 22035, Brilli, Rv. 247625; conforme Sez. 3″ 23.6.2005 n. 33789, Bedini, Rv. 232480).
1.5 Correttamente, quindi, il Tribunale ha ritenuto che si fosse in presenza di veicoli fuori uso, come del resto, riconosciuto dalla difesa della stessa ricorrente.
1.6 Irrilevante appare il richiamo all’art. 5 del menzionato D. L.vo 209/03 a tenore del quale sono previste specifiche modalità per la consegna da parte del privato del veicolo destinato alla demolizione ad un apposito centro di raccolta (ipotesi qui non ricorrente) ovvero al concessionario nel caso in cui intenda consegnare il proprio veicolo dismesso per acquistarne altro, per la successiva consegna al centro di raccolta previo ottenimento da parte del concessionario del certificato di rottamazione.
1.7 Invero, la affermazione del Tribunale secondo la quale si è in presenza di un deposito cd. “preliminare” – e non di un deposito “incontrollato”, appare corretta, posto che il piazzale all’interno del quale stazionavano i veicoli dismessi “fuori uso” costituiva un sito destinato al successivo smaltimento integrante una ipotesi di deposito preliminare di rifiuti speciali (Sez. 3^ 10.11.2009 n. 49911, Manni, Rv. 245865; in senso analogo, Sez. 3^ 11.3.2009 n. 19883, Fabris, Rv. 243719). Secondo il pacifico orientamento di questa Corte, anche il cd. “deposito preliminare” (che si distingue da quello incontrollato in quanto quest’ultimo non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o recupero), integra una ipotesi penalmente rilevante delineata alla lettera a) del comma 1 dell’
art. 256 del D. L.vo 152/06.
1.8 Peraltro non è dato neanche conoscere in quali condizioni si trovassero i veicoli dismessi di cui alla contestazione, sicchè la motivazione resa dal Tribunale appare corretta ed in linea con quanto previsto dal menzionato
art. 231 del D.L.vo 152/06, senza che possa trovare applicazione – come sostenuto dalla ricorrente – l’
art. 255 del medesimo D.L.vo.
1.9 Conseguentemente il motivo addotto va ritenuto infondato, sia pure in modo non manifesto.
2. Sono, di contro, manifestamente infondati i due motivi riguardanti il trattamento sanzionatorio, il diniego delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge, tenuto conto della adeguatezza della motivazione resa dal Tribunale e sottolineando, peraltro, che nè i benefici di legge, né le attenuanti generiche avevano formato oggetto di specifica richiesta da parte della difesa in sede di discussione.
3. Stante la non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, deve allora pronunciarsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata essendo nelle more maturata la prescrizione quinquennale.
3.1 In proposito trova applicazione il principio univocamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla sentenza di appello è solo l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi ad impedire la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p, non potendo considerarsi formato un valido rapporto di impugnazione (SS. UU 22.11.2000 n. 32, De Luca, Rv. 217266; Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383 Viola, Rv. 227566; Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641, Tricorni, Rv. 228348).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2013