Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 13211 | Data di udienza: 6 Dicembre 2016

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Custode – Penale responsabilità per il reato continuato – Comunicazione ai correi – GIURISPRUDENZA – Artt. 349 e 70, cod. pen. – Art. 44 dpr n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Pena discostata dal minimo edittale – Ricorso a mere clausole di stile – Esclusione – Dovere del giudice di dare ragione del corretto esercizio del potere discrezionale – Indicazione dei criteri, oggettivi o soggettivi.  


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Marzo 2017
Numero: 13211
Data di udienza: 6 Dicembre 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: ACETO


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Custode – Penale responsabilità per il reato continuato – Comunicazione ai correi – GIURISPRUDENZA – Artt. 349 e 70, cod. pen. – Art. 44 dpr n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Pena discostata dal minimo edittale – Ricorso a mere clausole di stile – Esclusione – Dovere del giudice di dare ragione del corretto esercizio del potere discrezionale – Indicazione dei criteri, oggettivi o soggettivi.  



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/03/2017 (Ud. 06/12/2016), Sentenza n.13211


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abusi edilizi – Custode – Penale responsabilità per il reato continuato – Comunicazione ai correi – GIURISPRUDENZA – Artt. 349 e 70, cod. pen. – Art. 44 dpr n. 380/2001. 
 
In materia edilizia, la circostanza aggravante della qualità di custode di cui all’art. 349, cpv., cod. pen., non inerisce alla persona del colpevole, come definita dall’art. 70, cpv., cod. pen., ma costituisce una condizione o qualità personale dell’agente (art. 70, comma 1, n. 2, cod. pen.), ha natura soggettiva e si comunica ai correi che ne siano a conoscenza o che l’abbiano colpevolmente ignorata o colpevolmente ritenuta inesistente (Sez. 6, n. 6577 del 26/04/2011, Cuomo; Sez. 3, n. 35500 del 30/05/2003, Waghih; Sez. 3, n. 35550 del 20/05/2010, Coppola; in senso contrario, Sez. 3, n. 5029 del 18/10/2011, dep. 2012, Ventura, secondo cui, invece, la circostanza ha natura oggettiva e si comunica ai concorrenti quando sia servita ad agevolare l’esecuzione del reato).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Pena discostata dal minimo edittale – Ricorso a mere clausole di stile – Esclusione – Dovere del giudice di dare ragione del corretto esercizio del potere discrezionale – Indicazione dei criteri, oggettivi o soggettivi.  
 
In tema processuale penale, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente quali, tra i criteri, oggettivi o soggettivi, enunciati dall’art. 133 c.p., siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, dovendosi perciò escludere che sia sufficiente il ricorso a mere clausole di stile, quali il generico richiamo alla “entità del fatto” e alla “personalità dell’imputato (così, in motivazione, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo; cfr. anche Sez. 1, n. 2413 del 13/03/2013, Pachiarotti; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, Baragiani), laddove è consentito far ricorso esclusivo a tali clausole, così come a espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, solo quando il giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri);
 
 
(dich. inammiss. il ricorso avverso sentenza del 08/03/2016 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO) Pres. AMORESANO, Rel. ACETO, Ric. D’Andria ed altro
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/03/2017 (Ud. 06/12/2016), Sentenza n.13211

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 20/03/2017 (Ud. 06/12/2016), Sentenza n.13211
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE 
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis 
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da: 
 
D’ANDRIA ANNA nato il 13/10/1963 a TARANTO; 
TAURINO LEONARDO nato il 07/10/1963 a TARANTO;
 
avverso la sentenza del 08/03/2016 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICAUDIENZA del 06/12/2016, la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI;
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso 
 
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I sigg.ri Anna D’Andria e Leonardo Taurino ricorrono per l’annullamento della sentenza del 08/03/2016 della Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto – che, in parziale riforma di quella del 25/02/2014 del Tribunale di Taranto, previa concessione in favore del Taurino delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata circostanza aggravante, ha rideterminato la pena nella minor misura, rispettivamente, di sei mesi e quindici giorni di reclusione e 250,00 euro di multa per la D’Andria e di dieci mesi di reclusione e 450,00 euro di multa per il Taurino, ha quindi concesso alla D’Andria il beneficio della non menzione della condanna ed ha confermato nel resto l’affermazione della loro penale responsabilità per il reato continuato di cui agli artt. 110, 81, cpv., 349, cpv., cod. pen., 44, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 e le statuizioni civili di condanna generica al risarcimento del danno con assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva a favore del Comune di Taranto, costituito parte civile.
 
1.1. Con il primo motivo eccepiscono, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., vizio di mancanza di motivazione e/o manifesta illogicità e contradittorietà della stessa in relazione alla determinazione della pena.
 
1.2. Con il secondo eccepiscono, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la totale mancanza di motivazione in ordine alle statuizioni civili, con particolare riferimento alla quantificazione della provvisionale immediatamente esecutiva.
 
2. I ricorsi sono inammissibili perché generici e manifestamente infondati.
 
3. I ricorrenti avevano rinunciato in appello ai motivi diversi da quelli relativi alla riduzione della pena.
 
3.1. Ne consegue che non ha alcun fondamento il secondo motivo di ricorso che riguarda un capo autonomo della sentenza (la condanna al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva) sottratto alla cognizione del giudice di secondo grado mediante la rinuncia al relativo motivo di appello.
 
4. Quanto invece alla determinazione della pena, osserva il Collegio che:
4.1. la circostanza aggravante della qualità di custode di cui all’art. 349, cpv., cod. pen., poiché non inerisce alla persona del colpevole, come definita dall’art. 70, cpv., cod. pen., ma costituisce una condizione o qualità personale dell’agente (art. 70, comma 1, n. 2, cod. pen.), ha natura soggettiva e si comunica ai correi che ne siano a conoscenza o che l’abbiano colpevolmente ignorata o colpevolmente ritenuta inesistente (Sez. 6, n. 6577 del 26/04/2011, Cuomo, Rv. 187421; Sez. 3, n. 35500 del 30/05/2003, Waghih, Rv. 225878; Sez. 3, n. 35550 del 20/05/2010, Coppola, Rv. 248365; in senso contrario, Sez. 3, n. 5029 del 18/10/2011, dep. 2012, Ventura, Rv. 252086, secondo cui, invece, la circostanza ha natura oggettiva e si comunica ai concorrenti quando sia servita ad agevolare l’esecuzione del reato);
 
4.2. né in sede di appello, né di odierno ricorso la D’Andria (coniuge del custode e proprietaria dell’unità immobiliare in corso di costruzione al momento del sequestro, attività proseguita nonostante il vincolo) ha mai contestato l’incolpevole ignoranza della qualità di custode del marito;
 
4.3. l’eccepito vizio di omessa motivazione in ordine alla quantificazione del trattamento sanzionatorio non ha fondamento perché gli imputati hanno beneficiato di una condanna ad una pena-base per il reato più grave in misura pari (la D’Andria) o comunque prossima (il Taurino) al minimo edittale, con aumenti decisamente modesti per il pur grave reato satellite;
 
4.4. è noto l’indirizzo di questa Corte secondo il quale quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente quali, tra i criteri, oggettivi o soggettivi, enunciati dall’art. 133 c.p., siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, dovendosi perciò escludere che sia sufficiente il ricorso a mere clausole di stile, quali il generico richiamo alla “entità del fatto” e alla “personalità dell’imputato (così, in motivazione, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo; cfr. anche Sez. 1, n. 2413 del 13/03/2013, Pachiarotti; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, Baragiani), laddove è consentito far ricorso esclusivo a tali clausole, così come a espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, solo quando il giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri);
 
4.5. in sede di appello è certamente necessario che il giudice si confronti anche con gli argomenti devoluti a sostegno del più mite trattamento sanzionatorio rivendicato dall’imputato purché tali argomenti siano connotati dal requisito della specificità (Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, Ingardia, Rv. 209443; Sez. 1, n. 8677 del 06/12/2000, Gasparro, Rv. 218140; Sez. 4, n. 110 del 05/12/1989, Buccilli, Rv. 182965);
 
4.6. sicché le doglianze dei ricorrenti, che si limitano a rivendicare un miglior trattamento sanzionatorio senza però allegare gli specifici argomenti devoluti in appello, non possono trovare ingresso in questa sede poiché oggetto della cognizione della Corte di cassazione non è il “fatto”, ma il modo con cui esso è stato valutato dal giudice della fase di merito e, dunque, i criteri giuridici e la logica che a tale valutazione presiedono (argomenti del tutto negletti dai ricorrenti);
 
5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 06/12/2016.

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