Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Diritto processuale penale, Pubblica amministrazione, Rifiuti Numero: 16162 | Data di udienza: 27 Gennaio 2016

* ACQUE – Rifiuti liquidi e acque di scarico – Esclusione e limiti dalla disciplina sui rifiuti – RIFIUTI – Smaltimento dei rifiuti – Configurabilità del reato – Condotta occasionale  – Artt.74, 256, cc.1 e 4, 279, c.1, d. L.vo n.152/2006PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Gestione dei rifiuti – Impianto di depurazione delle acque – Comunicazione tempestiva dei malfunzionamenti – Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione – Natura di reato di mera condotta – Idoneità della condotta a recare concreto pregiudizio al bene finale – Impedimento alla pubblica amministrazione dell’esercizio dei suoi poteri di controllo – INQUINAMENTO IDRICO – Gestione impianto di depurazione delle acque – Responsabilità del legale rappresentante destinatario dell’autorizzazione – Elemento soggettivo della colpa grave – Configurabilità (anche se non si segue direttamente il trattamento e la manutenzione degli impianti) – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Limiti rinnovata valutazione dei fatti o rivalutazione del contenuto delle prove acquisite – Riserva esclusiva al giudice del merito – Controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione – Coerenza strutturale della decisione – Fattispecie: “rifiuto liquido”, derivanti dal lavaggio di automezzi con idropulitrice e omessa tempestiva comunicazione del guasto elettrico dell’impianto di depurazione delle acque meteoriche da parte del responsabile.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Aprile 2016
Numero: 16162
Data di udienza: 27 Gennaio 2016
Presidente: Fiale
Estensore: De Masi


Premassima

* ACQUE – Rifiuti liquidi e acque di scarico – Esclusione e limiti dalla disciplina sui rifiuti – RIFIUTI – Smaltimento dei rifiuti – Configurabilità del reato – Condotta occasionale  – Artt.74, 256, cc.1 e 4, 279, c.1, d. L.vo n.152/2006PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Gestione dei rifiuti – Impianto di depurazione delle acque – Comunicazione tempestiva dei malfunzionamenti – Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione – Natura di reato di mera condotta – Idoneità della condotta a recare concreto pregiudizio al bene finale – Impedimento alla pubblica amministrazione dell’esercizio dei suoi poteri di controllo – INQUINAMENTO IDRICO – Gestione impianto di depurazione delle acque – Responsabilità del legale rappresentante destinatario dell’autorizzazione – Elemento soggettivo della colpa grave – Configurabilità (anche se non si segue direttamente il trattamento e la manutenzione degli impianti) – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Limiti rinnovata valutazione dei fatti o rivalutazione del contenuto delle prove acquisite – Riserva esclusiva al giudice del merito – Controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione – Coerenza strutturale della decisione – Fattispecie: “rifiuto liquido”, derivanti dal lavaggio di automezzi con idropulitrice e omessa tempestiva comunicazione del guasto elettrico dell’impianto di depurazione delle acque meteoriche da parte del responsabile.



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 20/04/2016 (Ud. 27/01/2016) Sentenza n.16162


ACQUE – Rifiuti liquidi e acque di scarico – Esclusione e limiti dalla disciplina sui rifiuti – RIFIUTI – Smaltimento dei rifiuti – Configurabilità del reato – Condotta occasionale – Fattispecie: “rifiuto liquido”, derivanti dal lavaggio di automezzi con idropulitrice e omessa tempestiva comunicazione del guasto elettrico dell’impianto di depurazione delle acque meteoriche – Artt.74, 256, cc.1 e 4, 279, c.1, d. L.vo n.152/2006.
 
Sono esclusi dall’applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lett. bb), attualmente, D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lett. ff) (come sostituito dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di colletta mento, nel caso di specie pacificamente mancante (Sez. 3, n. 22036 del 13/4/2010, Sez. 3, n. 3538 del 18/672009, Sez. 3, n.26543 del 21/5/2008). Pertanto, integra il reato di cui all’art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lo smaltimento di reflui industriali in un corso d’acqua superficiale, in assenza della prescritta autorizzazione (sentenza n. 11419 del 2272/2012 – per effetto del D.Lgs. n. 4 del 2008, non rileva più lo scarico indiretto). Infine, in tema di smaltimento dei rifiuti, sussiste il reato de quo anche se la condotta è stata posta in essere occasionalmente, non necessitando per la concretizzazione della contravvenzione una reiterazione della violazione del disposto normativo, regolante la materia in questione.
 

INQUINAMENTO IDRICO – Gestione dei rifiuti – Impianto di depurazione delle acque – Comunicazione tempestiva dei malfunzionamenti – Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione – Natura di reato di mera condotta – Idoneità della condotta a recare concreto pregiudizio al bene finale – Impedimento alla pubblica amministrazione dell’esercizio dei suoi poteri di controllo – Art. 256, c.4, D.Lgs. n. 152/2006 –  PUBBLICA AMMINISTRAZION– Responsabilità del legale rappresentante destinatario dell’autorizzazione – Elemento soggettivo della colpa grave – Configurabilità (anche se non si segue direttamente il trattamento e la manutenzione degli impianti).
 
Il reato di cui all’art. 256, comma quarto, D.Lgs. n. 152 del 2006, gestione dei rifiuti con inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione, ha natura di reato di mera condotta, per la cui integrazione non assume rilievo l’idoneità della condotta a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione, sicchè una volta accertata la prescrizione dell’autorizzazione unica che impone che la comunicazione dei malfunzionamenti sia tempestiva, non ha pregio l’argomento legato al principio di offensività soluzione interpretativa che non potrebbe essere accolta senza scardinare il sistema, aprendolo a possibili gravi oscillazioni interpretative circa la configurabilità della violazione in questione, in quanto quello che rileva è l’impedimento frapposto alla pubblica amministrazione nell’esercizio dei suoi poteri di controllo (Sez. 3, n. 10732 del 13/3/2015, Calaon, Sez. 3, n. 6256 del 2/2/2011, Rv. 249577, Sez. 3, n. 15560 del 18/4/2007, Andreani). Inoltre, nella fattispecie, si evidenzia che in qualità di legale rappresentante della società e di destinatario dell’autorizzazione (anche se non si segue direttamente il trattamento dei rifiuti e la manutenzione degli impianti), si ha il dovere di approntare le misure organizzative necessarie alla salvaguardia dei beni giuridici tutelati dalle disposizioni vigenti configurando nel reato l’elemento soggettivo della colpa grave. 
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Limiti rinnovata valutazione dei fatti o rivalutazione del contenuto delle prove acquisite – Riserva esclusiva al giudice del merito – Controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione – Coerenza strutturale della decisione.
 
Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Sicché, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass., Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009 n. 12110 e n. 23528 del 6/6/2006).


(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del Tribunale di Ferrara del 15/7/2014) Pres. FIALE, Rel. DE MASI, Ric. Zoffoli

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 20/04/2016 (Ud. 27/01/2016) Sentenza n.16162

SENTENZA

 

 
 
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– Sul ricorso proposto da ZOFFOLI ALESSANDRO, nato a Gambettola l’11/9/1962
– avverso la sentenza in data 15/7/2014 del Tribunale di Ferrara;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
– udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Paola Filippi che ha concluso per il rigetto del ricorso;
– udito il difensore, avv. Graziella Colaiacono, sostituto processuale, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il Tribunale di Ferrara, con sentenza del 15/7/2014, ha condannato ZOFFOLI ALESSANDRO alla pena di euro 30.000 di ammenda, previo riconoscimento del vincolo della continuazione in relazione ai contestati reati di cui agli artt. 256, commi 1 e 4, 279, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006.
 
In fatto, si contesta all’imputato, legale rappresentante della Zoffoli Metalli s.r.l. esercente attività di recupero rifiuti speciali non pericolosi, di avere commesso più violazioni delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia di Ferrara n. 102098 del 17/12/2010, ponendo in essere le condotte descritte nei capi di imputazione di cui al capo B) del procedimento n. 4559/12, R.G.N.R., ai capi B), C), D), E), F), G), H), ed I), del procedimento n. 5837/12 – R.G.N.R., riqualificato il reato di cui al capo H) ai sensi dell’art. 256, comma 1, del decreto legislativo citato.
 
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore fiduciario, ricorso per cassazione.
 
La difesa dello ZOFFOLI deduce, con il primo motivo di doglianza, erronea applicazione degli artt. 62, 195, 526, comma 1, 533, comma 1, c.p.p., e vizio motivazionale, in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo H), riqualificato il fatto originariamente contestato ai sensi dell’art. 256, comma 1, decreto legislativo n. 152 del 2006, per aver ritenuto che lo scarico di acque reflue industriali, accertato durante il sopralluogo in data 27/6/2012, non fosse autorizzato e che altresì si trattasse di “rifiuto liquido”. Evidenzia la difesa del ricorrente che unico elemento di prova è rappresentato dall’osservazione, da parte degli agenti ARPA, dello scarico ritenuto “anomalo”, non giustificabile come dilavamento di acque meteoriche, atteso che la missiva e le dichiarazioni rese dall’imputato agli operanti in merito alla natura ed alle cause del refluo costituiscono prove inutilizzabili, perché assunte in violazione delle garanzie della difesa, ed ancora, che le acque non sono state analizzate. Ne discende, ad avviso della difesa del ricorrente, che è del tutto contraddittoria ed illogica la qualificazione delle stesse, da parte del giudicante, come “rifiuto liquido”, in quanto derivanti dal lavaggio degli automezzi con idropulitrice. Sempre secondo la difesa dello ZOFFOLI deve considerarsi in ogni caso l’episodicità del lavaggio degli automezzi impiegati nell’attività aziendale e l’uso a tale fine di sola acqua.
 
Con il secondo motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 256, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione al principio di offensività, riferibile agli artt. 13, 25, 27, Cast. e 49, comma 2, c.p., e vizio motivazionale, in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo B), atteso che la contestazione dell’omessa tempestiva comunicazione del guasto elettrico dell’impianto di depurazione delle acque meteoriche non tiene conto che essa venne effettuata in data 12/4/2012, il giorno successivo rispetto a quello in cui si era verificato il guasto, perché i collaboratori dell’imputato non ritennero di informare il titolare, né le autorità amministrative, avendo tempestivamente allertato l’impresa che si occupava della manutenzione, tant’è che il tecnico da questa inviato, presenti gli operanti dell’ARPA, ripristinava prontamente il funzionamento dell’impianto. Evidenzia la difesa dello ZOFFOLI che la prescrizione di cui al punto 3.2 dell’autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia di Ferrara n. 102098 del 17/12/2010 impone che la comunicazione dei malfunzionamenti sia tempestiva e non immediata, come invece richiesto al punto 3.10, in situazioni che possano comportare pericolo per l’ambiente, sicché essa può ragionevolmente ritenersi superflua a fronte della certezza, come nella fattispecie in esame, del ripristino della funzionalità dell’impianto entro un tempo breve, difettando una concreta lesione del bene giuridico protetto. Evidenzia anche il difetto dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente, in quanto non informato dai collaboratori del malfunzionamento.
 
Con il terzo motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 40, comma 2, 42, ultimo comma, 133, comma 1, n. 3, c.p., in relazione all’art. 27, commi 1 e 3, Cost., e vizio motivazionale, quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave in capo all’imputato, dovendosi rapportare la colpa addebitabile al medesimo, quale legale rappresentante della società Zoffoli Metalli, all’obbligo giuridico di vigilare sull’operato dei preposti. Il giudicante inoltre avrebbe dovuto specificare, in relazione a ciascuna delle plurime violazioni contestate nei capi d’imputazione, i profili della responsabilità colposa dell’imputato, non essendo sufficiente, ai fini qui considerati, la mera presenza in azienda.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito riportate.
 
Nel primo motivo di ricorso lo ZOFFOLI deduce violazione di legge e vizio motivazionale della sentenza ma, in buona sostanza, sollecita a questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio che in questa sede è inammissibile in quanto non consentita.
 
Il giudice di legittimità infatti non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. 
 
Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (ex multis, Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009 n. 12110, Rv. 243247 e n. 23528 del 6/6/2006, Rv. 234155).
 
Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto e ripercorrendo sinteticamente l’iter argomentativo del Tribunale di Ferrara non se ne può che constatare la logicità e correttezza giuridica.
 
In particolare, quanto al reato di cui al capo H), va osservato, con riferimento alla contestazione del ricorrente circa l’erronea applicazione da parte del Giudice di merito della normativa in materia di rifiuti (D.Lgs. n. 152 del 2006), che la sentenza impugnata ha fatto proprio il consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale sono esclusi dall’applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lett. bb), attualmente, D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lett. ff) (come sostituito dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di colletta mento, nel caso di specie pacificamente mancante (Sez. 3, n. 22036 del 13/4/2010, Rv. 247627, Sez. 3, n. 3538 del 18/672009, Rv. 244783, Sez. 3, n.26543 del 21/5/2008, Rv. 240537, Sez. 3, n. 2358 del 24/6/1999, Rv. 214268). Ad ulteriore conferma dell’esattezza della riqualificazione del fatto contestato al capo H) dell’imputazione, giova richiamare quanto nitidamente esposto in altra pronuncia di questa Sezione (sentenza n. 11419 del 2272/2012, Rv. 252494) la cui massima recita “Integra il reato di cui all’art. 256 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lo smaltimento di reflui industriali in un corso d’acqua superficiale, in assenza della prescritta autorizzazione” (Nella specie, la S.C. ha chiarito che, per effetto del D.Lgs. n. 4 del 2008, non rileva più lo scarico indiretto).
 
Quanto alla eccepita insussistenza del reato derivante dalla occasionalità della immissione dei reflui va considerato come, in tema di smaltimento dei rifiuti, sussista il reato de quo anche se la condotta è stata posta in essere occasionalmente, non necessitando per la concretizzazione della contravvenzione una reiterazione della violazione del disposto normativo, regolante la materia in questione.
 
Manifestamente infondato è il secondo motivo, atteso che la contestazione concernente l’omessa tempestiva comunicazione del guasto elettrico dell’impianto di depurazione delle acque meteoriche e la corrispondente affermazione di responsabilità dello ZOFFOLI per il reato di cui al capo B) dell’imputazione, discendono dalla constatazione che il reato di cui all’art. 256, comma quarto, D.Lgs. n. 152 del 2006, gestione dei rifiuti con inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione, ha natura di reato di mera condotta, per la cui integrazione non assume rilievo l’idoneità della condotta a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione, sicchè una volta accertata la prescrizione di cui al punto 3.2 dell’autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia di Ferrara n. 102098 del 17/12/2010, che impone che la comunicazione dei malfunzionamenti sia tempestiva, non ha pregio l’argomento difensivo legato al principio di offensività soluzione interpretativa che non potrebbe essere accolta senza scardinare il sistema, aprendolo a possibili gravi oscillazioni interpretative circa la configurabilità della violazione in questione, in quanto quello che rileva è l’impedimento frapposto alla pubblica amministrazione nell’esercizio dei suoi poteri di controllo (Sez. 3, n. 10732 del 13/3/2015, Calaon, Sez. 3, n. 6256 del 2/2/2011, Rv. 249577, Sez. 3, n. 15560 del 18/4/2007, Andreani).
 
Né miglior sorte merita il terzo motivo di doglianza, atteso che, quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave in capo all’imputato, il Tribunale ha evidenziato che lo ZOFFOLI, anche se non seguiva direttamente il trattamento dei rifiuti e la manutenzione degli impianti, in qualità di legale rappresentante della società Zoffoli Metalli e di destinatario dell’autorizzazione, aveva il dovere di approntare le misure organizzative necessarie alla salvaguardia dei beni giuridici tutelati dalle disposizioni violate, e che data la sua frequente presenza in azienda (teste Rossi), circostanza confermata dalla presenza dello stesso anche in alcuni degli accessi effettuati dai tecnici dell’ARPA, e la macroscopicità di talune violazioni (collocazione dei rifiuti in aree diverse da quelle previste nella planimetria approvata, spostamento della tramoggia all’esterno, altezza eccessiva dei cumuli) non potevano di certo passare inosservate.
 
La motivazione sul punto è assolutamente logica e congrua, dunque incensurabile in questa sede, mentre il principio della personalità della responsabilità penale, in riferimento agli artt. 27 Cost. e 40 c.p., risulta nel caso di specie rispettato proprio perché lo ZOFFOLI non è stato automaticamente ritenuto responsabile delle infrazioni penali in ragione della carica ricoperta nella società Zoffoli Metalli.
 
L’odierno ricorrente, a ben v..(dere, neppure ha allegato un organigramma aziendale in forza del quale l’attività funzionale fosse stata preventivamente suddivisa in settori, rami o servizi, a ciascuno dei quali fossero preposti soggetti qualificati ed idonei, dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la gestione completa degli affari di quel servizio.
 
Tenuto poi conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2016.
 
 
 
 

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