Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 28785 |
Data di udienza: 16 Maggio 2018
* RIFIUTI – Discarica abusiva – Area adibita a discarica di rifiuti anche pericolosi – Modalità di gestione ed esclusione del carattere di occasionalità – Misura cautelare (sequestro preventivo) – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Elaborazione giurisprudenziale – Fattispecie: sequestro dell’area e di tre automezzi ivi rinvenuti in stato di abbandono – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Impugnazione – Errores in iudicando – Presupposti – Motivazione apparente – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2018
Numero: 28785
Data di udienza: 16 Maggio 2018
Presidente: SARNO
Estensore: GALTERIO
Premassima
* RIFIUTI – Discarica abusiva – Area adibita a discarica di rifiuti anche pericolosi – Modalità di gestione ed esclusione del carattere di occasionalità – Misura cautelare (sequestro preventivo) – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Elaborazione giurisprudenziale – Fattispecie: sequestro dell’area e di tre automezzi ivi rinvenuti in stato di abbandono – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Impugnazione – Errores in iudicando – Presupposti – Motivazione apparente – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 16/05/2018), Sentenza n.28785
RIFIUTI – Discarica abusiva – Area adibita a discarica di rifiuti anche pericolosi – Modalità di gestione ed esclusione del carattere di occasionalità – Misura cautelare (sequestro preventivo) – Art. 256 d. lgs. n.152/2006 – Elaborazione giurisprudenziale – Fattispecie: sequestro dell’area e di tre automezzi ivi rinvenuti in stato di abbandono.
Allorquando sussista un ammasso di rifiuti concentrati, per effetto di una condotta ripetuta, in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato laddove l’esclusione del carattere di occasionalità, desumibile dall’estemporaneità della condotta e non già dal tempo di permanenza del materiale sversato sull’area in questione e dalla quantità dei rifiuti accumulati, non consente di ravvisare un mero abbandono incontrollato di rifiuti (Sez. 3, n. 47501 del 13/11/2013 – dep. 29/11/2013, Caminetto – Sez. 3, n. 18399 del 16/03/2017 – dep. 11/04/2017, PM in proc. Cotto). Nella specie, la presenza sull’area (oggetto di sequestro preventivo) di un accumulo di materiali eterogenei, anche di natura pericolosa, in stato di abbandono e di degrado dimostrava il frutto di una condotta sistematica e comunque reiterata nel corso di anni, tale da evidenziare quanto meno sul piano del fumus una discarica non autorizzata. Anche il riferimento al sequestro dei tre automezzi, si palesava sufficiente ai fini della loro riconducibilità nell’ambito dei rifiuti, il descritto stato di abbandono e di deterioramento, (rispetto al quale non rileva la condizione di titolare dell’indagato posto che ogni rifiuto è, in ultima analisi, riconducibile ad un originario proprietario o possessore).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Impugnazione – Errores in iudicando – Presupposti – Motivazione apparente – Giurisprudenza.
Nell’ambito degli errores in iudicando devono ritenersi compresi anche quei vizi della motivazione così estremi da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass., Sez. U, n.25932 del 26/06/2008, Ivanov). Mentre, l’ipotesi della motivazione apparente, ricorre quando le ragioni della decisione siano del tutto avulse dalle risultanze processuali o vengano utilizzate argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010 – dep.
01/07/2010, Mastrogiovanni; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 – dep. 05/03/2015).
(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza in data 9/10/2017 – TRIBUNALE DI ROMA) Pres. SARNO, Rel. GALTERIO, Ric. Novelli
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 16/05/2018), Sentenza n.28785
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 16/05/2018), Sentenza n.28785
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOVELLI ARMANDO, nato a Sacrofano il 10.3.1943;
avverso la ordinanza in data 9.10.2017 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giulio Romano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Fabio Catini, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 9.10.2017 del Tribunale di Roma, adito in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo disposto dal GIP del Tribunale di Tivoli di un’area adibita a discarica di rifiuti anche pericolosi, e di tre automezzi ivi rinvenuti in stato di abbandono nei confronti di Armando Novelli nei confronti del quale era stata provvisoriamente formulata imputazione per violazione del reato di cui all’art. 256, comma 3 decreto legislativo 156/2000.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale contesta, in relazione al vizio di violazione di legge costituito dalla motivazione omessa ed apparente in punto di fumus e periculum del reato, la sussistenza dei presupposti afferenti al fumus commissi delicti in relazione al sequestro dell’area atteso che la ritenuta presenza di un cantiere era palesemente sconfessata sia dal verbale della PG, da cui risultava soltanto la presenza di una "nicchia, scavata nel terreno", sia dalle dichiarazioni testimoniali rese da un teste della difesa che mai aveva parlato di buche per la raccolta delle olive, come inopinatamente affermato dal Tribunale del riesame, ma solo di una nicchia nel terreno risalente ad almeno otto anni addietro. Conseguentemente del tutto arbitraria risultava anche la destinazione di tale nicchia all’interramento dei rifiuti, dovendosi escludere, alla luce delle condizioni in cui si presenta, coperta di rovi e radici arboree a riprova della sua non recente realizzazione ed in mancanza di attrezzi o macchinari da cantiere rinvenuti sull’area, che fossero in corso lavori di scavo. Contesta altresì la sequestrabilità dei tre automezzi sul presupposto che si trattasse di rifiuti abbandonati: al contrario la difesa aveva dimostrato che si trattava di mezzi di proprietà dell’imputato, producendo per uno di essi finanche il contratto di assicurazione, e che il loro cattivo stato di manutenzione non autorizzava a ritenere che fossero stati da costui abbandonati come ritenuto per il caravan e per il furgone Piaggio, senza che alcuna motivazione fosse stata resa a fronte della prova documentale del titolo di proprietà, né rispondeva al vero, relativamente al furgone Ducato, che fosse carico al suo interno di rifiuti e che quindi potesse essere considerato esso stesso un mezzo attraverso il quale si realizzava l’attività illecita di raccolta e smaltimento di rifiuti. Alla luce di tali confutazioni eccepisce la mancanza dei presupposti fattuali, primo fra tutti la definitività del conferimento dei materiali nell’area censurando la dedotta irrilevanza del tempo di permanenza del singolo terreno sul terreno in questione, per la configurabilità della discarica abusiva in luogo di un semplice abbandono di rifiuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile sostanziandosi in censure di natura meramente fattuale, volte a contestare la valutazione del compendio indiziario da parte dei giudici del riesame, ovvero a far valere un travisamento della prova rispetto al contenuto delle dichiarazioni testimoniali del teste indicato dalla difesa.
Al riguardo va ribadito che non possono trovare ingresso in questa sede censure che involgano profili esclusivamente motivazionali, essendo il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) proponibile esclusivamente per violazione di legge. Vero è che nell’ambito degli errores in iudicando devono ritenersi compresi anche quei vizi della motivazione così estremi da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692), ma tale evenienza certamente non ricorre nel caso in esame, in quanto la motivazione del provvedimento impugnato non presenta affatto vizi così radicali quali quelli indicati dalla giurisprudenza richiamata, tanto è vero che il ricorso si diffonde in una diffusa critica delle valutazioni operate dai giudici del riesame in ordine al compendio indiziario, le quali vengono analiticamente confutate, sia pure attraverso censure meramente fattuali o comunque involgenti, al più, un’eventuale illogicità motivazionale.
Non è invero in tal caso ravvisabile l’ipotesi della motivazione apparente, che ricorre, a differenza del caso di specie, quando le ragioni della decisione siano del tutto avulse dalle risultanze processuali o vengano utilizzate argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010 – dep. 01/07/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682; Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 – dep. 05/03/2015, Rv. 263100).
Al contrario, il Tribunale capitolino evidenzia come la presenza sull’area oggetto della disposta misura cautelare di un accumulo di materiali eterogenei, anche di natura pericolosa, in stato di abbandono e di degrado, fosse il frutto di una condotta sistematica e comunque reiterata dall’indagato nel corso di anni, tale da evidenziare quanto meno sul piano del fumus una discarica non autorizzata, ravvisabile, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, allorquando sussista un ammasso di rifiuti concentrati, per effetto di una condotta ripetuta, in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato (Sez. 3, n. 47501 del 13/11/2013 – dep. 29/11/2013, Caminetto, Rv. 257996), laddove l’esclusione del carattere di occasionalità, desumibile dall’estemporaneità della condotta, e non già dal tempo di permanenza del materiale sversato sull’area in questione, e dalla quantità dei rifiuti accumulati (Sez. 3, n. 18399 del 16/03/2017 – dep. 11/04/2017, PM in proc. Cotto, Rv. 269914) non consente di ravvisare, così come eccepito dalla difesa, un mero abbandono incontrollato di rifiuti.
Quanto al sequestro dei tre automezzi, deve ritenersi ampiamente sufficiente ai fini della loro riconducibilità nell’ambito dei rifiuti, il descritto stato di abbandono e di deterioramento, rispetto al quale non rileva la condizione di titolare dell’indagato posto che ogni rifiuto è, in ultima analisi, riconducibile ad un originario proprietario o possessore.
Né può essere fatto valere in questa sede l’eccepito travisamento della prova, facente parte del vizio motivazionale sotto il profilo della contraddittorietà del provvedimento rispetto ad altri atti del processo specificamente indicati, tanto più che il ricorrente si limita a contestare la ricostruzione storico fattuale effettuata dal Tribunale del riesame sulla base del compendio indiziario, senza tuttavia neppure fornire l’evidenza degli atti contenenti risultanze in contrasto.
Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente a norma dell’art. 616 c.p.p., non sussistendo elementi per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16.5.2018