Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 28760 | Data di udienza: 11 Maggio 2018
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mutamenti di destinazione d’uso senza opere – Stessa categoria urbanistica DIA (ora Cila) – Trasformazione di un immobile destinato ad uso non residenziale in immobile residenziale – Passaggio di categoria o cambio d’uso eseguito nei centri storici – Art. 23-ter del dPR n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Giugno 2018
Numero: 28760
Data di udienza: 11 Maggio 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: GENTILI
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mutamenti di destinazione d’uso senza opere – Stessa categoria urbanistica DIA (ora Cila) – Trasformazione di un immobile destinato ad uso non residenziale in immobile residenziale – Passaggio di categoria o cambio d’uso eseguito nei centri storici – Art. 23-ter del dPR n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 11/05/2018), Sentenza n.28760
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Mutamenti di destinazione d’uso senza opere – Stessa categoria urbanistica DIA (ora Cila) – Trasformazione di un immobile destinato ad uso non residenziale in immobile residenziale – Passaggio di categoria o cambio d’uso eseguito nei centri storici – Art. 23-ter del dPR n. 380/2001.
Il mutamento di destinazione d’uso senza opere è assoggettato a DIA (ora Cila), purché intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea (Corte di cassazione, Sezione III penale, 24/06/2016, n. 26455; nello stesso senso anche: Corte di cassazione, Sezione III penale, 9/02/2017, n. 6060).
(conferma ordinanza n. 683/17 RIMCR del TRIBUNALE DI NAPOLI – 30/11/2017) Pres. DI NICOLA, Rel. GENTILI, Ric. Agresta
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 11/05/2018), Sentenza n.28760SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 21/06/2018 (Ud. 11/05/2018), Sentenza n.28760
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da AGRESTA Immacolato, nato a Ascea (Sa) il 8 dicembre 1942;
avverso la ordinanza n. 683/17 RIMCR del Tribunale di Napoli del 30 novembre 2017;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentita la requisitoria del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Sante SPINACI, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 30 novembre 2017, ha rigettato l’appello proposto da Agresta Immacolato avverso la richiesta di revoca del sequestro disposto dal Gip del Tribunale di Napoli il 21 giugno 2017, relativamente ad un immobile di proprietà dell’Agresta, ubicato in Napoli, all’interno del quale erano state eseguite delle opere che ne avevano comportato, fra l’altro, la modifica della destinazione d’uso da commerciale ad abitativa.
Il Tribunale, nel rigettare l’appello proposto dal ricorrente, aveva osservato come non si poteva aderire alla tesi da quello propugnata secondo la quale la modifica della destinazione d’uso del predetto immobile già era stata tacitamente autorizzata stante la assenza di rilievi formulati dal Comune di Napoli a seguito dell’avvenuta presentazione, nel corso dell’anno 2014, di una Cila da parte dello stesso Agresta avente ad oggetto appunto la modifica della destinazione d’uso del predetto immobile.
In sostanza il Tribunale ha rilevato che, avendo la modifica di destinazione d’uso comportato lo svolgimento di opere edili, essa, a prescindere da ogni altra considerazione, necessitava, per il suo legittimo intervento, del rilascio del permesso a costruire, mai avvenuto.
Avverso tale ordinanza ha interposto ricorso per cassazione l’Agresta, osservando che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la modifica di destinazione d’uso poteva avvenire anche sulla base della sola Cila, senza necessità di permesso a costruire, come anche già affermato in passato dalla Corte di cassazione.
D’altra parte in tal senso deporrebbe anche il testo dell’art. 2, lettera f), della legge della Regione Campania n. 19 del 2001, il quale prevede che possono essere operati, in assenza di permesso a costruire, mutamenti di destinazione d’uso ove non vi siano interventi di trasformazione esterna del manufatto, di variazione di volume o di superficie e la nuova destinazione sia compatibile con le categorie consentite dalla vigente strumentazione urbanistica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e pertanto lo stesso deve essere rigettato.
Osserva la Corte, preliminarmente ed in linea di principio che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’art. 606, lettera e), cod. proc. pen.; va tuttavia ribadito che rientra nella violazione di legge anche la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente; ciò in quanto l’obbligo di motivazione, dovendosi per tale ritenere solo quella che effettivamente renda esplicito e ricostruibile dal lettore il percorso argomentativo che l’organo giudicante ha inteso svolgere, è sanzionato, in caso di inosservanza, da una precisa norma processuale, cioè l’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., che commina la nullità del provvedimento in tal modo adottato (per tutte: Corte di cassazione, Sezione III penale, 3 maggio 2018, n. 18898; idem Sezione II penale, 20 aprile 2017, n. 18951).
Nel caso che ora interessa il ricorrente ha dedotto la ritenuta violazione della legge penale sotto il profilo della sussumibilità della fattispecie concreta in quella oggetto di provvisoria contestazione.
In sintesi ritiene il ricorrente, pacifico essendo che le opere eseguite all’interno del manufatto di proprietà del medesimo non sono state previamente assentite con il rilascio del permesso a costruire da parte degli organi astrattamente a ciò competenti, che, sulla base della pertinente legislazione e tenuto conto della situazione di fatto esistente, il rilascio del permesso a costruire non era necessario, potendo l’operazione compiuta essere legittimamente eseguita anche sulla sola base della presentazione di una semplice comunicazione di inizio lavori, cosa che l’Agresta aveva fatto sin dal 2014, e che, pertanto, avrebbe errato il Tribunale dell’appello cautelare a ritenere integrato nella condotta da lui posta in essere il requisito del fumus commissi delicti.
L’assunto ora illustrato sulla base del quale è argomentato il ricorso è però fallace.
Osserva infatti il Collegio come questa Corte già abbia avuto modo di chiarire, proprio in una fattispecie nella quale vi era stata, come nel caso che ora interessa, la trasformazione di un immobile destinato ad uso non residenziale in immobile avente, invece, tale uso, che il mutamento di destinazione d’uso senza opere è assoggettato a DIA (ora Cila), purché intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea (Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 giugno 2016, n. 26455; nello stesso senso anche: Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 febbraio 2017, n. 6060).
Nel caso di specie posto che, indubitabilmente, vi è stata la modifica della categoria funzionale dell’immobile in discorso, essendo questa transitata dalla categoria "produttivo-direzionale" a quella "residenziale", non vi è incertezza sul fatto che l’operazione compiuta dall’Agresta doveva essere previamente assentita con il permesso a costruire, di tal che nessuna rilevanza scriminante ha il fatto che sin dal 2014 il prevenuto avesse presentato una Cila, rimasta senza osservazioni, volta a legittimare la ventura modificazione della destinazione d’uso, non essendo lo strumento amministrativo a suo tempo utilizzato neppure astrattamente idoneo a rendere legittima la operazione divisata.
Infine non può ritenersi fondato neppure il secondo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente ha ritenuto che la sua condotta sarebbe stata giustificata dal fatto che l’art. 2, lettera f), della legge n. 19 del 2001 della Regione Campania legittimerebbe i mutamenti di destinazione d’uso, anche in assenza di permesso a costruire, laddove gli stessi siano compatibili con le categorie consentite dalla vigente strumentazione urbanistica per le singole zone urbanistiche.
Infatti, a prescindere dalla esatta portata da attribuire alla predetta disposizione ed al suo coordinamento con il ricordato art. 23-ter del dPR n. 380 del 2001, è sufficiente osservare che la norma regionale citata è espressamente riferita alle sole ipotesi in cui detto mutamento sia stato realizzato in assenza di opere che abbiano determinato interventi di trasformazione dell’aspetto esteriore del manufatto ovvero variazioni delle sue superfici e dei suoi volumi.
Una tale circostanza, cioè la variazione sia dei volumi interni attraverso la diminuzione dell’intradosso a seguito della realizzazione di un nuovo massetto impermeabile per meglio isolare l’ambiente, sia la modifica della sagoma e dei prospetti dell’area scoperta, è stata, invece, rilevata, sia pure ai soli fini della presente fase cautelare, dal Tribunale di Napoli, con valutazione di merito non suscettibile di essere ulteriormente posta in questa sede di legittimità in discussione, sicché la presente fattispecie esula indubbiamente anche dalla applicazione dell’art. 2, lettera f), della citata legge della Regione Campania n. 19 del 2001.
Il ricorso proposto dall’Agresta deve, pertanto, essere rigettato ed il prevenuto visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2018