Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Rifiuti
Numero: 36025 |
Data di udienza: 15 Febbraio 2017
* RIFIUTI – Attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi effettuata in forma ambulante – Titoli abilitativi – Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali Artt. 208, 209, 211, 212, 214, 215, 216, 256 e 266 d. lgs 152/2006 T.U.A. – Fattispecie: trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi in assenza dei formulari di identificazione dei rifiuti e della iscrizione del mezzo nell’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Luglio 2017
Numero: 36025
Data di udienza: 15 Febbraio 2017
Presidente: CAVALLO
Estensore: LIBERATI
Premassima
* RIFIUTI – Attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi effettuata in forma ambulante – Titoli abilitativi – Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali Artt. 208, 209, 211, 212, 214, 215, 216, 256 e 266 d. lgs 152/2006 T.U.A. – Fattispecie: trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi in assenza dei formulari di identificazione dei rifiuti e della iscrizione del mezzo nell’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 21/07/2017 (ud. 15/02/2017), Sentenza n.36025
RIFIUTI – Attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi effettuata in forma ambulante – Titoli abilitativi – Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali Artt. 208, 209, 211, 212, 214, 215, 216, 256 e 266 d. lgs 152/2006 T.U.A. – Fattispecie: trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi in assenza dei formulari di identificazione dei rifiuti e della iscrizione del mezzo nell’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti.
In tema di rifiuti, la condotta sanzionata dall’art. 256, comma 1 d.lgs. n. 152 del 2006 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, (210 abrogato), 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, e dall’altro, sulla base di una lettura "sistematica" della disposizione, che "la deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152 del 2006 per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro; conf. Sez. 3, n. 23908 del 19/04/2016, Butera; Sez. 3, n. 34917 del 09/07/2015, Caccamo; Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014, Seferovic).
(dichiara inammissibili i ricorsi avverso sentenza del 4/4/2016 della CORTE D’APPELLO DI LECCE) Pres. CAVALLO, Rel. LIBERATI, Ric. Putignano
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 21/07/2017 (ud. 15/02/2017), Sentenza n.36025
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 21/07/2017 (ud. 15/02/2017), Sentenza n.36025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Putignano Pietro, nato a Mesagne il 29/6/1961;
avverso la sentenza del 4/4/2016 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. Con sentenza del 4 aprile 2016 la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del 5 maggio 2014 del Tribunale di Brindisi, con cui Pietro Putignano era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006 (per avere trasportato rifiuti pericolosi e non pericolosi in assenza dei formulari di identificazione dei rifiuti e della iscrizione del mezzo nell’albo delle imprese autorizzate al trasporto dei rifiuti).
Nel disattendere l’impugnazione dell’imputato la Corte territoriale ha, anzitutto, escluso, sulla base dei documenti dallo stesso prodotti (attestanti solamente la richiesta di ammissione alla Cooperativa Recuperi Francavillesi, iscritta nell’Albo Nazionale Gestori Ambientali), che lo stesso fosse in possesso del titolo abilitativo per il commercio ambulante ai sensi del d.lgs. n. 114 del 1998, e, comunque, l’operatività della deroga di cui all’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006, non rientrando tutti i rifiuti trasportati dall’imputato nell’oggetto del suo commercio ed essendo gli stessi compresi in categorie autonomamente disciplinate.
La Corte d’appello ha, poi, evidenziato che la pena era stata determinata nel minimo, che non vi erano elementi per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, né i presupposti per la sospensione della pena, avendo l’imputato già goduto di tale beneficio in relazione a un reato tributario giudicato di un certo rilievo.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, affidato a tre motivi.
2.1. Con un primo motivo ha prospettato vizio di motivazione e violazione dell’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, non essendo stato considerato che, ai sensi dell’art. 266, comma 5, del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, l’attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi effettuata in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto di tale commercio, non richiede l’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti, purché il soggetto sia abilitato all’esercizio di tale attività in forma ambulante, sicché, poiché egli era in possesso di tale autorizzazione e non era diretto verso alcun centro di raccolta di rifiuti, né stava trasportando un quantitativo ingente di rifiuti (essendo stato stimato in 30 chilogrammi il loro peso complessivo), doveva essere esclusa la configurabilità del reato ascrittogli, non essendo stato accertato che la batteria trasportata fosse esausta e i ricambi per motori non riutilizzabili.
2.2. Con un secondo motivo ha prospettato violazione dell’art. 164, comma 4, cod. pen., e ulteriore vizio della motivazione, riguardo alla esclusione del beneficio della sospensione condizionale della pena, essendo stata erroneamente e indebitamente considerata al riguardo una precedente condanna per reato depenalizzato, che non poteva essere considerata ostativa alla concessione di detto beneficio, dovendo la abolitio criminis intervenuta successivamente alla condanna eliminare gli effetti penali della stessa, e dunque anche la preclusione al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2.3. Con un terzo motivo ha lamentato ulteriore vizio della motivazione riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena, avendo omesso la Corte d’appello di dare adeguata risposta alle proprie doglianze sul punto ed avendo, di conseguenza, confermato in modo apodittico la sentenza di primo grado, senza giustificare il diniego di dette circostanze e la conferma della misura della pena quale stabilito nella sentenza di primo grado impugnata dall’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Questa Corte Suprema ha già più volte affermato che "la condotta sanzionata dall’art. 256, comma 1 d.lgs. n. 152 del 2006 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità", e dall’altro, sulla base di una lettura "sistematica" della disposizione, che "la deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152 del 2006 per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio" (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro, Rv. 260266; conf. Sez. 3, n. 23908 del 19/04/2016, Butera, Rv. 267019; Sez. 3, n. 34917 del 09/07/2015, Caccamo, Rv. 264822; Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014, Seferovic, Rv. 261959).
Ora, nella vicenda in esame, i giudici di merito, con accertamento in fatto non oggetto di censura, hanno dato atto che l’imputato non era in possesso del titolo abilitativo previsto per il commercio ambulante (avendo solo chiesto di essere ammesso come socio della Coperativa Recuperi Francavillesi, iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, ma non anche l’accettazione di tale domanda e il possesso della suddetta autorizzazione al commercio ambulante di rifiuti) e che i rifiuti dallo stesso trasportati e sottoposti a sequestro (una bicicletta in pessime condizioni, due televisori, una pompa autoclave, un frigorifero con motore, un cofano anteriore completo di mascherina per l’autovettura Renault 4, un forno elettrico, una rete metallica da letto, due bidoni in ferro di cui uno contenente tubi in ferro e in gomma, quattro water in ceramica, un estintore, una stampante, un monitor, una macchina per slot machine, tre circuiti stampati, un motore di avviamento, un telaio di tavolo, un telaio in ferro di tavolino, materiale ferroso vario) erano riconducibili a categorie diverse e autonomamente disciplinate, essendo stata accertata la presenza anche di rifiuti pericolosi, in quanto tra il materiale trasportato e sottoposto a sequestro vi erano anche parti di componenti elettrici ed elettronici, tubi ad alta pressione contenenti olio esausto e un estintore.
Ne consegue la piena correttezza della esclusione della configurabilità della ipotesi di cui all’art. 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006, di cui non ricorreva alcuno dei presupposti, e cioè né l’abilitazione allo svolgimento della attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante, né la limitazione di tale attività ai soli rifiuti che formavano oggetto del commercio svolto dall’imputato, di cui la Corte appello ha dato atto con motivazione esaustiva, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza sollevata al riguardo con il primo motivo.
3. Le doglianze formulate con il secondo e il terzo motivo, riguardo al diniego della sospensione condizionale della pena, alla misura della stessa e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sono anch’esse manifestamente infondate.
La pena, come già evidenziato dalla Corte d’appello, è stata determinata in misura corrispondente al minimo edittale, e cioè in mesi sei di arresto ed euro 2.600,00 di ammenda, sicché non vi era alcun margine per una riduzione della stessa.
Il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato adeguatamente giustificato con il riferimento a una precedente condanna per un reato tributario di non modesta rilevanza, dunque, correttamente, con il riferimento, tra i vari parametri indicati dall’art. 133 cod. pen., alla negativa personalità dell’imputato, ritenuta assorbente ai fini della esclusione della riconoscibilità di dette attenuanti: si tratta di motivazione idonea e non sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, essendo sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato ed esaminato, sia pure sinteticamente, gli elementi enunciati nell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, e indichi quelli apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratta al sindacato di legittimità la motivazione sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretta (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, Manzari, Rv. 260415; Sez. 1, n. 3163 del 28.11.1988, Rv 180654).
Quanto, infine, al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, lo stesso è stato adeguatamente giustificato dalla Corte d’appello con la suddetta precedente condanna riportata dall’imputato, in relazione alla quale era già stato applicato detto beneficio, dunque non considerando la condanna per un reato depenalizzato, ma solo, correttamente, quella ulteriore per un reato ritenuto grave, come tale ostativo al riconoscimento di detto beneficio: si tratta, anche a questo proposito, di motivazione adeguata, non sindacabile sul piano del merito, cioè della valutazione di gravità delle condotte, nel giudizio di legittimità, con la conseguente manifesta infondatezza anche di tale doglianza.
4. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi cui è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 15/2/2017