Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 25814 | Data di udienza: 6 Aprile 2016

* DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere edilizie – Assenza del permesso di costruire – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Competenza legislativa regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. – Regione Sicilia – Artt. 44, 65, 93, 94 e 95 D.P.R. n.380/01.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Giugno 2016
Numero: 25814
Data di udienza: 6 Aprile 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Gai


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere edilizie – Assenza del permesso di costruire – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Competenza legislativa regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. – Regione Sicilia – Artt. 44, 65, 93, 94 e 95 D.P.R. n.380/01.



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 06/04/2016) Sentenza n.25814



DIRITTO URBANISTICO – Esecuzione di opere edilizie – Assenza del permesso di costruire – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Competenza legislativa regionale ai sensi dellart. 117 Cost. – Regione Sicilia – Artt. 44, 65, 93, 94 e 95 D.P.R. n.380/01.
 
Il mutamento di destinazione d’uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 3953 del 16/10/2014, Statuto), ciò non di meno, la materia è oggetto di legislazione regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. (in via esclusiva per le regioni a statuto speciale), e il legislatore regionale ha il potere di stabilire per quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, si renda necessario un regime concessorio o di permesso di costruire e per quali altri un regime autorizzatorio o di denuncia di inizio di attività (Sez. 3, n. 21923 del 07/03/2008. Femminò). 


(annulla con rinvio ad altra sezione sentenza del 03/06/2015 della Corte d’appello di Palermo) Pres. AMORESANO, Rel. GAI, Ric. Costantino ed altri
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 06/04/2016) Sentenza n.25814

SENTENZA

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 06/04/2016) Sentenza n.25814
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sui ricorsi proposti da:
 
1. Costantino Roberto, nato a Erice il 02/10/1965
2. Rizzo Maria Vittoria, nata a Alì Terme, il 28/09/1940
3. Di Via Roberto Salvatore, nato a Trapani il 23/01/1966
4. Bellafiore Gaspare, nato a Erice il 26/09/1969
 
avverso la sentenza del 03/06/2015 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
uditi per gli imputati l’avv. Angelo Galati, per Costantino Roberto e Di Via Roberto Salvatore e anche in sost. dell’avv. Bartolomeo Bellet per Rizzo Maria Vittoria, e l’avv. Marco Siragusa, per Bellafiore Gaspare e in sost. Avv. Salvatore Ciaravino, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 3 giugno 2015, la Corte d’appello di Palermo, decidendo sull’appello del Procuratore della Repubblica di Trapani avverso la sentenza di assoluzione pronunciata dal locale Tribunale, ha condannato – tra gli altri – Costantino Roberto, Rizzo Maria Vittoria, Bellafiore Gaspare e Di Via Roberto Salvatore in relazione al reato di cui all’art. 110 cod.pen. e 44 lett. c) d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (capo a) e dei reati di cui agli artt. 110 cod.pen. e 72 in relazione all’art. 65 d.P.R. 308/2001 (capo b); artt. 110 cod.pen. e 93 e 95 d.P.R. 308/2001 (capo c); artt. 110 cod.pen. e 94 e 95 d.P.R. 308/2001 (capo d) alle pene di legge, disponendo la demolizione delle opere abusive.
 
1.1. In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato, in primo luogo, che a diversa conclusione, rispetto alla decisione del Tribunale, era pervenuto sulla base della prova documentale, e non sulla base <degli incerti ricordi> dei testimoni assunti nel dibattimento di primo grado, che era pervenuto alla pronuncia di assoluzione <quasi come se la fonte di prova originaria ed oggettiva non fosse stata acquisita>; la fonte probatoria, costituita dai documenti in atti, <travolge ogni altra argomentazione difensiva attinente alla presunta legittimità delle opere>.
 
Ciò detto, il giudice di appello ha – in sintesi – ritenuto che gli interventi effettuati nell’immobile sito nel centro storico di Trapani (c.d. palazzo dei Corralai), consistiti in opere di rimodulazione degli appartamenti esistenti mediante una diversa distribuzione degli ambienti interni, di incremento del numero degli stessi sino a portare a nove unità immobiliari, rispetto alle cinque originali, di cambio di destinazione d’uso dei locali al piano terra dello stabile destinati ad attività commerciale, laddove, invece, nel passato erano destinati a civile abitazione e ad autorimessa-deposito (come si poteva evincere dal confronto con gli elaborati relativi ai due precedenti interventi di manutenzione straordinaria, oggetto delle autorizzazioni edilizie del 28 aprile 1997 e del 15 gennaio 2002 rilasciate al precedente proprietario), di edificazione di passaggi di collegamento con strutture in vetro-legno e acciaio, in realtà manufatti coperti chiusi su tutti i lati con conseguente incremento volumetrico e comportanti inoltre la fusione di unità immobiliare, e, dunque, opere edilizie comportanti un’alterazioni delle superfici, dei volumi, nonché di demolizioni e ricostruzione, e modifiche di destinazione d’uso, integravano il reato contestato perché realizzate in assenza di concessione edilizia, non potendo integrare l’intervento realizzato come ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 20 legge regionale 16 marzo 2003 n. 4 e art. 10 legge regionale 10 agosto 1985 n. 37, per il quale è sufficiente il rilascio della sola autorizzazione. Evidenziava la Corte d’appello che i lavori di che trattasi erano stati autorizzati, in data 4 novembre 2008 a firma dell’ing. Candela, funzionario a capo del settore di competenza del Comune di Trapani, sulla base di un’istanza presentata al Sindaco dal precedente amministratore della Codes srl, proprietaria dell’immobile (cui erano succeduti gli imputati Costantino Roberto e Rizzo Maria Vittoria) che, ai sensi dell’art. 20 della legge regionale cit., aveva richiesto l’autorizzazione al compimento delle opere meglio descritte in un progetto, con allegata relazione tecnica redatta dall’arch. Gaspare Bellafiore, direttore dei lavori, in cui si prevedeva la manutenzione straordinaria del fabbricato con il recupero a civile abitazione dell’edificio, senza alcun incremento di cubatura e della superficie e mantenendo l’unità immobiliare nella sua originaria destinazione d’uso. Affermazione questa che veniva anche ribadita nella relazione tecnica (foglio 12) con riguardo specifico al piano terra. L’assenza di qualunque riferimento al cambio di destinazione d’uso di parte dell’edificio era da correlarsi alla circostanza che lo stesso, giammai, poteva essere ritenuto quale “manutenzione straordinaria”, ai sensi dell’art. 20 delle legge regionale cit., e consentito con mera autorizzazione. Era, poi, previsto l’aumento delle unità immobiliari a seguito di frazionamento interno, e il collegamento con struttura precaria tra i due corpi fabbricati. L’accertamento, nel 2011, ad opera della Polizia Municipale, dell’avvenuto mutamento di destinazione d’uso del primo piano, essendo stata accertata la destinazione del piano terreno a locali commerciali in luogo della precedente destinazione a civile abitazione e a magazzino-garage, comprovava, concludeva la Corte d’appello, la realizzazione di opere in assenza di permesso di costruire, integranti la violazione di cui all’art.44 lett c) cit. A nulla rilevava, proseguiva la Corte, il richiamo all’art. 10 delle legge regionale 10 agosto 1985 n. 37 che consente, previa verifica della compatibilità, il mutamento di destinazione d’uso con mera autorizzazione del Sindaco, e ciò in quanto la società interessata all’intervento edilizio, e dunque gli imputati Costantino e Rizzo, se avessero fedelmente rappresentato al Comune di Trapani di procedere ad un cambio di destinazione d’uso dei locali del piano terra dell’edificio, poi effettivamente realizzato, non potendo le opere essere ricondotte nell’alveo della manutenzione straordinaria, mai sarebbero state autorizzate, perché soggette a permesso di costruire. Il vizio originario, osservava la Corte d’appello, non era mai stato sanato non potendo valere quale concessione in sanatoria delle varianti quella ottenuta con il provvedimento comunale n. 57 del 14 giugno 2012, per mancanza dei requisiti formali della doppia conformità e del pagamento degli oneri di costruzione in misura doppia.
 
Concludeva la corte territoriale per l’affermazione della responsabilità penale degli odierni ricorrenti, Costantino e Rizzo, committenti dei lavori, Bellafiore quale direttore dei lavori e Di Via, legale rappresentate della ditta esecutrice dei lavori, per il reato di cui all’art. 44 lett. c) d.P.R. 380/2001 e dei conseguenti reati di cui agli art. 65, 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 ( capi b)c) ed).
 
2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorso Roberto Costantino, Roberto Salvatore Di Via, personalmente, Gaspare Bellafiore e Maria Vittoria Rizzo a mezzo del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp, att., cod. proc. pen.:
 
2.1. Roberto Costantino, Roberto Salvatore Di Via e il difensore di Maria Vittoria Rizzo, hanno presentato motivi di ricorso comuni che vengono trattati congiunta mente:
 
– con il primo motivo deducono la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’inosservanza ed erronea applicazione della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, art. 20 e degli artt. 5 e 10 della legge 10 agosto 1985, n. 37 e art. 20 legge 27 dicembre 1978, n. 71, nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità della  motivazione. La Corte d’appello avrebbe erroneamente interpretato il disposto dell’art. 20 della legge 16 aprile 2003 n. 4 nella parte in cui prevede che sono soggette ad autorizzazione edilizia il recupero abitativo realizzato mediante frazionamento di unità immobiliari non sottoposte a vincolo e nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed igienico – sanitarie, e l’art. 10 della legge 10 agosto 1985 n. 37 che consente, in linea di principio, la variazione di destinazione d’uso purchè compatibile con i caratteri della zona territoriale omogenea in cui ricade l’immobile e la variazione consentita è sottoposta ad autorizzazione del sindaco, previo parere dell’ufficio tecnico comunale e conguaglio del contributo di concessione. Orbene, con riferimento alla contestazione della violazione sotto il profilo del frazionamento la Corte avrebbe omesso di considerare che lo stesso era stato assentite ai sensi dell’art. 20 delle legge regionale cit perché ricompreso tra le opere di manutenzione straordinaria; con riguardo, invece, al mutamento di destinazione d’uso, la corte territoriale, avrebbe errato nel ritenere che l’autorizzazione rilasciata alla Codes srl in data 4/11/2008 (vedi sopra al par. 1) approvasse e consentisse solo le opere descritte negli stralci della relazione tecnica accompagnatoria riportati nella sentenza. Risultava, invece, che era assentita anche “ogni altra opera così come meglio rappresentata negli allegati grafici di progetto”. Ed infatti l’autorizzazione in oggetto, prodotta al Tribunale di Trapani, autorizzava la Codes Srl ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria e consistenti: nella realizzazione di opere di consolidamento strutturale; nella realizzazione di lavori di recupero dei prospetti, nella rimodulazione degli appartamenti esistenti mediante una diversa distribuzione degli ambienti interni incrementando il numero degli stessi per effetto di frazionamenti delle unità immobiliari esistenti che per tale motivo diventeranno nove unità abitative; nella realizzazione, a piano terra e al piano terzo, di passaggio di collegamento in struttura precaria (legno, acciaio e vetro) ed ogni altra opera così come è meglio rappresentate descritte negli allegati grafici di progetto”. È evidente dunque come nel provvedimento abilitativo all’esecuzione dei lavori veniva fatto esclusivo esplicito riferimento al progetto a firma dell’arch. Bellafiore e agli allegati grafici del progetto, da cui risultava che per taluni dei locali del piano terra dell’immobile, sebbene catastalmente destinati a magazzini, il nuovo progetto prevedeva la destinazione ad attività commerciale come espressamente indicato nelle tavole grafiche di progetto. La Corte sarebbe dunque erroneamente pervenuta alla conclusione che il mutamento di destinazione d’uso non fosse ricompreso nell’autorizzazione del 4 novembre 2008 e non fosse stato autorizzato ai sensi dell’art. 20 della legge regionale cit in quanto ricompreso quale manutenzione straordinaria. In sintesi la sentenza impugnata avrebbe erroneamente escluso l’assenza di qualunque riferimento al cambio di destinazione d’uso di parte dell’edificio (pag. 5) nonostante l’esplicito riferimento all’autorizzazione del 4 novembre 2008 nella quale il riferimento al cambio di destinazione d’uso era contemplato nel progetto e negli allegati grafici. Peraltro, aggiungono i ricorrenti, il cambio di destinazione d’uso era consentito, ai sensi dell’art. 10 delle legge regionale cit, essendo compatibile lo stesso alla luce delle norme regolamentari ed attuative in vigore nel Piano Regolatore Generale del Comune di Trapani che consentivano, nella zona Al dove si trova l’immobile, la destinazione d’uso commerciale, dunque anche sotto questo profilo, in presenza di un’autorizzazione sindacale (quella del 4/11/2008), la sentenza sarebbe erroneamente fondata su presupposti giuridici errati.
 
– con il secondo motivo, deducono la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’inosservanza ed erronea applicazione della legge regionale n. 7 del 2003, art. 32, legge 64 del 1974 e l’art. 4 della legge 1086/71, nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. La Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato la responsabilità penale per i cd. reati minori di cui ai capi b), c) e d), conseguenti le autorizzazioni in possesso della Contest Srl e le sue richieste preventive agli organi competenti circa l’uso di particolari materiali –articolo 65 del d.p.r. 380 del 2001– ed in relazione ad opere in zone sismiche non erano del tutto attinenti alla reale portata degli interventi realizzati, e ciò in contrasto con le risultanze processuali e segnatamente l’avvenuta presentazione dei calcoli all’ufficio del Genio Civile, e in presenza di realizzazione di interventi conformi a quelli di cui al progetto assentite, a fronte delle quali la Corte avrebbe omesso di indicare in quale aspetto le autorizzazioni in possesso della Codes srl sarebbero state carenti.
 
2.2. Gaspare Bellafiore deduce con il primo motivo la nullità della sentenza per difetto di contestazione perché il Bellafiore era stato tratto a giudizio perché, in qualità di direttore dei lavori, avrebbe realizzato le opere descritte in assenza di prescrizione, mentre è stato condannato per aver espressamente escluso nei progetti il mutamento di destinazione d’uso.
 
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b ) e e) cod.. proc.pen. in relazione all’art. 192, 603 e 6 CEDU per avere la Corte d’appello riformato la sentenza assolutoria di primo grado senza la riassunzione delle prove testimoniali, e così violando il diritto di difesa, nonché l’omessa motivazione sul punto.
 
Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. per erronea applicazione degli artt. 5 e 10 L.R. Siciliana n. 37/1985 e dell’art. 20 legge 71/1978 e per omessa motivazione in relazione alla regola del ragionevole dubbio. La Corte d’appello sarebbe incorsa in errore avendo valutato unicamente la relazione tecnica senza tenere conto che la società aveva ottenuto l’autorizzazione del 4 novembre 2008 che, sulla base degli elaborati progettuali, consentiva di eseguire i lavori di “recupero e rimodulazione degli appartamenti … ed ogni opera come meglio rappresentata e descritti negli allegati grafici al progetto” , sicché sulla base di questa era stato anche autorizzato il mutamento di destinazione d’uso, mutamento di destinazione d’uso consentito nella zona Z.T.O. Al e, per il quale, è sufficiente l’autorizzazione del Sindaco ai sensi dell’art. 10 L.R. 37 del 1985, commi 2 e 3.
 
Con il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 43 cod.pen. in relazione all’omessa motivazione della corte d’appello sull’elemento soggettivo in capo al Belfiore.
 
Con il quinto e sesto motivo deduce la violazione dell‘art. 606 comma 1 lett. b ed e) cod.proc.pen. in relazione all’art. 32 della L.R. 7/2003 con riferimento ai capi b), e) ed d) trattandosi di interventi interni quelli indicati nel capo b), l’obbligo di avviso di cui al capo c) non era ancora sorto e le opere erano state tutte autorizzate quanto al capo d), sicché la Corte d’appello sarebbe erroneamente pervenuta ad affermare la sussistenza e responsabilità in capo al ricorrente.
 
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi siano rigettati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è fondato quanto ai motivi primo e secondo dei ricorrenti Roberto Costantino, Roberto Salvatore Di Via e Maria Vittoria Rizzo, e il terzo, quinto, sesto motivo del ricorso di Bellafiore. Infondati sono, invece, il primo e secondo motivo di Bellafiore.
 
5. Infondato è il primo motivo con cui il Bellafiore deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 522 cod.proc.pen., non sussistendo alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, non ravvisandosi alcuna eterogeneità e/o incompatibilità del fatto accertato (l’esclusione del mutamento di destinazione d’uso nella relazione tecnica a sua firma) con la contestazione di aver concorso, con il committente, alla realizzazione delle opere abusive consistite nel mutamento di destinazione d’uso (escluso nella relazione tecnica), tale da ravvisare un reale pregiudizio dei diritti della difesa (Sez. 4, n. 4497 del 1671272015, Addio, Rv. 265946).
 
6. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
 
Secondo l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità il giudice d’appello per procedere alla “reformatio in peius” della sentenza assolutoria di primo grado non è tenuto – secondo l’art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 5 luglio 2011, nel caso Dan c/Moldavia – alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale qualora approdi, in base al proprio libero convincimento, ad una valutazione di colpevolezza attraverso una diversa valutazione del compendio probatorio nel quale la prova dichiarativa si affianchi a quella documentale.
 
La Corte ha rilevato che l’art. 6 CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo cit, impone di rinnovare l’istruttoria soltanto in presenza di due presupposti, costituiti dalla decisività della prova testimoniale, non sussistente nella specie posto che il compendio probatorio era formato non solo da prove testimoniali ma anche da documenti, e dalla necessità di una rivalutazione da parte del giudice di appello dell’attendibilità dei testimoni, parimenti non sussistente nel caso de quo (Sez. 2, n. 41736 del 22/09/2015, Di Trapani, Rv. 264682; Sez. 6, n. 18456 del 01/07/2014 Marziali, Rv. 263944; Sez, 5, n. 38085 del 05/07/2012, Luperi, Rv. 253541). La Corte d’appello di Palermo mostra di aver fatto corretto uso dei principi che regolano la materia, avendo espressamente enunciato che alla reformatio in peius era pervenuta attraverso la sola valutazione del compendio probatorio documentale, in presenza di prova dichiarativa ritenuta totalmente inattendibile.
 
Ne consegue l’infondatezza del motivo di ricorso.
 
7. Sono fondati, rispettivamente, il primo e secondo motivo dei ricorsi Costantino, Di Via, Rizzo, e il terzo e quinto, sesto motivo del ricorso di Bellafiore. 
 
Deve richiamarsi, in primo luogo, la ricostruzione dei fatti di cui al par. 1.1. del ritenuto in fatto ed evidenziare che il profilo di discussione concerne unicamente il mutamento di destinazione d’uso dei locali siti al piano terra dell’immobile, mutamento accertato nel 2011 dalla Polizia Municipale del Comune di Trapani.
 
In relazione a questo, la Corte d’appello ha argomentato la sua esclusione, ai sensi dell’art. 20 della legge regionale cit., dall’ambito della manutenzione straordinaria, oggetto delle autorizzazioni edilizie del 28 aprile 1997 e del 15 gennaio 2002, rilasciate al precedente proprietario, sicchè l’accertato mutamento di destinazione d’uso integrava il reato contestato perché realizzato in assenza di concessione edilizia, non potendo integrare l’intervento realizzato come ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art. 20 legge regionale 16 marzo 2003 n. 4 e art. 10 legge regionale 10 agosto 1985 n. 37, per il quale è sufficiente il rilascio della sola autorizzazione come rilasciata in data 4/11/2008.
 
8. Ciò posto, se, in via generale, è corretta l’affermazione della Corte d’appello secondo cui il mutamento di destinazione d’uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 3953 del 16/10/2014, Statuto, Rv. 262018), ciò non di meno, osserva, il Collegio, che la materia è oggetto di legislazione regionale ai sensi dell’art. 117 Cost. (in via esclusiva per le regioni a statuto speciale), e il legislatore regionale ha il potere di stabilire per quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, si renda necessario un regime concessorio o di permesso di costruire e per quali altri un regime autorizzatorio o di denuncia di inizio di attività (Sez. 3, n. 21923 del 07/03/2008. Femminò, Rv. 239985).
 
9. Al riguardo deve rilevarsi che la regione Sicilia è intervenuta sul tema con la legge regionale 10 agosto 1985 n. 37, che all’art. 10 commi 2 e 3 prevede: <<la variazione di destinazione d’uso degli immobili deve essere compatibile con il carattere della zona territoriale omogenea in cui ricade l’immobile medesimo. La variazione della destinazione d’uso, ove consentita, autorizzata dal sindaco previo parere dell’ufficio tecnico comunale e dell’ufficiale sanitario>>.
 
10. Ciò posto, la Corte d’appello ha erroneamente escluso l’applicazione dell’art.10 delle legge regionale 10 agosto 1985 n. 37, pur in presenza di una autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso, sicchè la sentenza impugnata va annullata con rinvio per accertare se ricorrano i presupposti per l’applicazione al caso in esame della norma citata, tenendo conto di quanto richiesto e quanto autorizzato in data 4/11/2008.
 
11. Infine, nel giudizio di rinvio la Corte territoriale dovrà valutare, anche, l’applicazione della legge regionale n. 7 del 2003, art. 32, legge 64 del 1974 e l’art. 4 della legge 1086/71 ora D.P.R. 380/2001 relazione ai capi b), e) e d), tenuto conto di quanto realizzato, delle autorizzazioni in possesso della società e delle richieste preventive agli organi competenti.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo.
 
Così deciso il 06/04/2016
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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