Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 25803 | Data di udienza: 3 Marzo 2016

* DIRITTO URBANISTICO – Sanatoria edilizia delle opere – Accertamento di conformità – Effetti e limiti – Art. 36 del d.P.R. n. 380/2001BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Reati paesaggistici – Disciplina differenziata – Art. 181, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proscioglimento nel merito e causa di estinzione del reato – Presupposti – Art. 129, c.2, cod. proc. pen. – Cause di non punibilità – Obbligo di immediata declaratoria.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Giugno 2016
Numero: 25803
Data di udienza: 3 Marzo 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: ANDRONIO


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Sanatoria edilizia delle opere – Accertamento di conformità – Effetti e limiti – Art. 36 del d.P.R. n. 380/2001BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Reati paesaggistici – Disciplina differenziata – Art. 181, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proscioglimento nel merito e causa di estinzione del reato – Presupposti – Art. 129, c.2, cod. proc. pen. – Cause di non punibilità – Obbligo di immediata declaratoria.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 03/03/2016) Sentenza n.25803


DIRITTO URBANISTICO – Sanatoria edilizia delle opere – Accertamento di conformità – Effetti e limiti  Art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Zona sottoposta a vincolo paesaggistico – Reati paesaggistici – Disciplina differenziata – Art. 181, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004.  
 
La concessione rilasciata a seguito di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, ma non i reati paesaggistici, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, avente un’oggettività giuridica diversa rispetto a quella dell’assetto del territorio sotto il profilo edilizio (Cass. sez. 3, 9/09/2015, n. 40375; Cass. sez. 3, 3/07/2007, n. 37318).
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proscioglimento nel merito e causa di estinzione del reato – Presupposti – Art. 129, c.2, cod. proc. pen..
 
Il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione”.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Cause di non punibilità – Obbligo di immediata declaratoria.
 
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva.
 
 
(annulla senza rinvio sentenza della Corte d’appello di Lecce del 31/01/2014) Pres. AMORESANO, Rel. ANDRONIO, Ric. Ramundo ed altri
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 03/03/2016) Sentenza n.25803

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 22/06/2016 (Ud. 03/03/2016) Sentenza n.25803
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sui ricorsi proposti da: 
Ramundo Annatonia, nata il 4 giugno 1957
Fasano Giuseppe, nato il 22 settembre 1950
Fasano Marco Antonio, nato il 17 maggio 1975
Fasano Andrea Oreste, nato il 21 maggio 1976
Bandì Giuseppe, nato il 30 maggio 1961
Sicuro Ruggero, nato il 25 aprile 1970
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce del 31 gennaio 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso nel senso dell’annullamento della sentenza impugnata, per essere i reati estinti per prescrizione;
udito il difensore, avv. Francesco Vergine, per gli imputati Ramundo, Fasano Giuseppe, Fasano Marco Antonio, Fasano Andrea Oreste, Bandì, e, in sostituzione dell’avv. Fabio Zeppola, per l’imputato Sicuro.

RITENUTO IN FATTO
 
1. – Con sentenza del 31 gennaio 2014, la Corte d’appello di Lecce ha parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Lecce, con la quale, per quanto qui rileva, gli imputati odierni ricorrenti erano stati condannati: per il reato di cui all’art. 323 cod. pen., in relazione all’illecita emissione di un permesso di costruire, da parte del responsabile dell’ufficio tecnico comunale, allo scopo di consentire l’edificazione di edifici da adibire ad attività di impresa, con conseguente beneficio degli interessati, concorrenti nel reato (capo a dell’imputazione, contestato a Ramundo Annatonia, Fasano Giuseppe, Fasano Marco Antonio, Fasano Andrea Oreste, Bandì Giuseppe); reato di cui all’art. 181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, per avere realizzato tali opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico (capo d, contestato a tutti gli odierni ricorrenti, in esso assorbito l’originario capo c). Il Tribunale ha disposto anche la demolizione degli immobili abusivi.
 
La Corte d’appello ha assolto gli imputati dal reato di cui al capo a), per non avere commesso il fatto; ha eliminato i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione concessi in primo grado, nonché la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per Ramundo Annatonia, Fasano Giuseppe, Fasano Marco Antonio, Fasano Andrea Oreste, Bandì Giuseppe; ha rideterminato le pene in diminuzione.
 
2. – Avverso la sentenza gli imputati Ramundo Annatonia, Fasano Giuseppe, Fasano Marco Antonio, Fasano Andrea Oreste hanno proposto, tramite il difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione.
 
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si contestano vizi della motivazione in ordine alla responsabilità penale, sul rilievo che i Fasano sarebbero stati condannati quali semplici proprietari di parte dei terreni interessati dalla pratica edilizia, ma non dalle opere poi concretamente realizzate, essendo estranei alla gestione dell’azienda agricola ed avendo ceduto alla Ramundo il possesso dei fondi in questione. E non sarebbero sufficienti a provare un loro coinvolgimento né il rapporto di parentela con quest’ultima, né la loro partecipazione ad una riunione avvenuta presso il Comune alla presenza del Commissario prefettizio ed avente ad oggetto la realizzazione delle opere. Del resto, gli stessi avevano sottoscritto un atto di asservimento urbanistico del loro fondo solo dopo che la pubblica amministrazione aveva inviato alla richiedente Ramundo il parere favorevole dell’ufficio tecnico per il rilascio del permesso di costruire richiesto. 
 
2.2. – In secondo luogo, si lamenta la non coincidenza tra le particelle catastali indicate nell’imputazione e quelle sulle quali le opere edilizie erano state effettivamente realizzate; cosicché non vi sarebbe corrispondenza fra imputazione e condanna, con conseguente violazione del diritto di difesa.
 
2.3. – In terzo luogo, si rileva la mancata considerazione dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
 
2.4. – Si eccepisce, infine, l’intervenuta prescrizione del reato.
 
3. – La sentenza è stata impugnata anche nell’interesse dell’imputato Bondì, il quale deduce, analogamente ai coimputati: l’intervenuta prescrizione del reato, la non corrispondenza imputazione condanna, la mancata considerazione dell’intervenuta sanatoria edilizia.
 
4. – È stato proposto ricorso, tramite il difensore, anche dall’imputato Sicuro, condannato in quanto esecutore materiale delle opere, il quale, con un primo motivo di doglianza, sostiene l’insindacabilità da parte del giudice amministrativo della legittimità del permesso di costruire rilasciato.
 
Si lamenta, in secondo luogo, che Sicuro, legale rappresentante della ditta costruttrice, non può essere inserito tra i soggetti responsabili dell’esecuzione non conforme alla disciplina urbanistico-edilizia, non avendo egli la qualificazione necessaria ed avendo, comunque, fatto affidamento sulla legittimità del provvedimento autorizzatorio.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
5. – Deve essere dichiarata l’estinzione del residuo reato di cui al capo d) dell’imputazione (art. 181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004) per intervenuta prescrizione.
 
5.1. – Come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato. Solo in tali casi, infatti, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza. I presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. È necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione”.
 
L’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato. In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. E ciò, anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva (ex plurimis, sez. 6, 1° dicembre 2011, n. 5438; sez. un., 28 maggio 2009, n. 35490, rv. 244275; sez. un., 27 febbraio 2002, n. 17179, rv. 221403; sez. un. 28 novembre 2001, n. 1021, rv. 220511).
 
5.2. – I presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come appena delineati, non sussistono certamente nel caso di specie, con riferimento agli atti di causa e al contenuto della sentenza impugnata.
 
In particolare, deve essere ritenuta manifestamente infondata – anche a prescindere dalla sua generica formulazione – la doglianza con cui si lamenta la mancata considerazione dell’intervenuta sanatoria edilizia delle opere. Infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la concessione rilasciata a seguito di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, ma non i reati paesaggistici, che sono soggetti ad una disciplina difforme e differenziata, avente un’oggettività giuridica diversa rispetto a quella dell’assetto del territorio sotto il profilo edilizio (ex multis, sez. 3, 9 settembre 2015, n. 40375, rv. 264931; sez. 3, 3 luglio 2007, n. 37318, rv. 237561).
 
I restanti motivi di ricorso proposti sono tali che il loro eventuale accoglimento renderebbe comunque necessario un rinvio al giudice del merito; rinvio incompatibile – come appena visto – con l’immediata applicabilità della prescrizione. Essi attengono, infatti, sostanzialmente alla motivazione della sentenza impugnata circa elementi fattuali, quali: il materiale coinvolgimento dei Fasano nella condotta illecita, l’effettiva identificazione delle particelle catastali interessate dall’abuso paesaggistico, gli elementi sintomatici posti a base della ritenuta illegittimità del permesso di costruire.
 
Si tratta, peraltro, di doglianze che, pur infondate, non possono essere ritenute inammissibili, perché formulate in modo sufficientemente specifico e riferite a vizi della sentenza non manifestamente insussistenti; cosicché, nel caso in esame, non può trovare applicazione il principio, costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
 
5.3. – Quanto alla prescrizione, dall’esame degli atti risulta che il relativo termine complessivo di cinque anni è ampiamente decorso prima della pronuncia della presente sentenza, trattandosi di un fatto che, secondo la ricostruzione contenuta nella pagina 13 della sentenza impugnata, risulta. commesso il 18 gennaio 2007, in presenza di sospensioni del decorso della prescrizione per complessivi 14 mesi e 19 giorni (tra il 25 ottobre 2013 e il 31 gennaio 2014, per richiesta difensiva; tra il 10 marzo 2010 e il 23 febbraio 2011, per adesione del difensore all’astensione collettiva dalle udienze proclamata da un organismo di categoria).
 
6. – La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio, perché il residuo reato è estinto per intervenuta prescrizione. Deve conseguentemente essere disposta la revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado.

P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere Il residuo reato estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione.
 
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2016.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di Ambientediritto.it e QuotidianoLegale.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!