* RIFIUTI – Gestione – Responsabilità – Art. 178, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Responsabilità di detentori e/o produttori – Mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 188 del d.lgs. n. 152/2006 –Esclusione di responsabilità – Inconfigurabilità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Luglio 2011
Numero: 29517
Data di udienza:
Presidente: Petti
Estensore: Amoresano
Premassima
* RIFIUTI – Gestione – Responsabilità – Art. 178, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 – Responsabilità di detentori e/o produttori – Mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 188 del d.lgs. n. 152/2006 –Esclusione di responsabilità – Inconfigurabilità.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 22 luglio 2011, n. 29517
RIFIUTI – Gestione – Responsabilità – Art. 178, c. 3 d.lgs. n. 152/2006
In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilita’ per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti (cfr. art. 178, c. 3 d.lgs. n. 152/2006)
Pres. Petti, Est. Amoresano –Imp. Di.La.Fr.Fe. e altro – (Conferma sentenza dell’11.3.2010 del Tribunale di Sulmona)
RIFIUTI – Gestione – Responsabilità di detentori e/o produttori – Mera osservanza delle condizioni di cui all’art. 188 del d.lgs. n. 152/2006 –Esclusione di responsabilità – Inconfigurabilità.
La mera osservanza delle condizioni di cui all’articolo 188 del d.lgs. n. 152/2006 non vale ad escludere la responsabilita’ dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti (vedi Cass., Sez. 3, 6.2.2000, n. 1767, Riva).
Pres. Petti, Est. Amoresano –Imp. Di.La.Fr.Fe. e altro – (Conferma sentenza dell’11.3.2010 del Tribunale di Sulmona)
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ - 22 luglio 2011, n. 29517SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 22 luglio 2011, n. 29517
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Ciro – Presidente
Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Di. La. Fr. Fe. n. (omissis);
2) Ci. Ge. n. (omissis);
avverso la sentenza dell’11.3.2010 del Tribunale di Sulmona;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P.G., dr. Guglielmo Passacantando, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
sentito il difensore, avv. Di Loreto Anna per Ci. , che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
OSSERVA
1) Il Tribunale di Sulmona, con sentenza del 11 marzo 2010, condannava Di. La. Fr. Fe. e Ci. Ge. , previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generi che, alla pena di euro 2.000,00 di ammenda ciascuno per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1 per avere il Di. La. , quale Presidente della Comunita’ Montana (OMESSO), ed il Ci. , quale presidente del Consiglio di Amministrazione della Societa’ A.S.A. Al. Sa. Am. srl, gestito un impianto di trattamento di rifiuti solidi urbani e annessa discarica di servizio per lo smaltimento dei sovvalli, in assenza dell’autorizzazione Decreto Legislativo n. 152 del 2006, ex articolo 210 scaduta il 29.11.2006 e non rinnovata.
2) Ricorre per cassazione Di. La. Fr. Fe. , a mezzo del difensore, per violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1.
L’impianto di smaltimento e compostaggio dei rifiuti, di cui all’imputazione, e’ di proprieta’ della locale Comunita’ Montana, la quale, pero’, con contratto del (OMESSO), ne’ affido’ la gestione alla AS. Al. Sa. Am. srl, che ne assumeva ogni onere, ivi comprese le responsabilita’ verso le autorita’ deputate al controllo ed il rispetto delle norme di gestione, E’ pertanto la sola AS. a dover rispondere della imputazione. Denuncia, altresi’, la violazione dell’articolo 521 c.p.p.. Era stata, contestata la gestione dell’impianto in assenta di autorizzazione; il Tribunale, ampliando il campo di indagine, si e’ spinto a decidere su chi incombesse l’onere di richiedere il rinnovo dell’autorizzazione scaduta. Denuncia ancora la contraddittorieta’ della motivazione. Il Tribunale, pur avendo riconosciuto che, in virtu’ della convenzione stipulata con la Comunita’ Montana, la Societa’ Al. Sa. dovesse farsi carico della regolarita’ amministrativa dell’Attivita’, ha poi, contraddittoriamente, affermato la responsabilita’ del presidente della Comunita’ Montana.
Con il quarto motivo, infine, denuncia la violazione di legge per inosservanza delle norme statutarie della Comunita’ Montana, da cui risulta che il Presidente e’ organo di indirizzo politico e che le funzioni dirigenziali-amministrative sono delegate al Segretario Generale.
2.1) Propone, a sua volta, ricorso per cassazione Ci. Ge. , denunciando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione della legge penale. L’impianto era munito di regolare autorizzazione per anni cinque, rinnovabile. Una volta scaduto il provvedimento de quo, la Comunita’ Montana, proprietario dell’impianto, aveva fatto richiesta di nuova autorizzazione, che veniva regolarmente rilasciata anche se con ritardo (senza alcun pregiudizio o rischio, quindi, per la popolazione residente e per l’ambiente). Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di legge. L’impianto era di proprieta’ della Comunita’ Montana, tanto che fu il suo Presidente a chiedere il rinnovo dell’autorizzazione. La Societa’ Al. Sa. non era quindi responsabile del rinnovo della Autorizzazione amministrativa, dovendo rispondere solo della gestione dell’impianto.
Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione. Il Tribunale, pur ritenendo che fosse onere della Comunita’ montana richiedere il rinnovo dell’autorizzazione, configura la responsabilita’ della Societa’ Al. Sa. sulla base di una asserita violazione di un obbligo di sollecito non previsto da alcuna norma di legge. Con il quarto motivo, infine, denuncia la violazione di legge in relazione alle norme di organizzazione della Societa’ Al. Sa. . In ogni caso la violazione non poteva essere addebitata al Presidente della Societa’, ma all’amministratore delegato che ha la responsabilita’ tecnico amministrativa dell’attivita’.
3) I ricorsi sono infondati.
3.1) Va ricordato preliminarmente che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6420 del 7.11.2007, dep. 11.2.2008) “Il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 2, comma 3, gia’ prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti “coinvolti”, a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi “beni da cui originano i rifiuti” e il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178, comma 3, ha puntualmente ribadito il principio di “responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti”. Sul punto, pertanto, questa Corte (Sez. 3, 24.2.2004, n. 7746, Turati ed altro) ha rilevato che, in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilita’ per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti. Il concetto di “coinvolgimento” trovava specificazione nelle disposizioni poste dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 10 ed attualmente Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 188 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all’articolo 10 non vale ad escludere la responsabilita’ dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano “resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti” (vedi Cass., Sez. 3, 6.2.2000, n. 1767, Riva). Il sistema della responsabilita’ penale, inoltre, nella materia in oggetto, “risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettivita’, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta” (vedi Cass., Sez. 3 20.10.1999, n. 11951, P.M., in proc. Bonomelli)”. I principi sopra richiamati risultano sostanzialmente ribaditi anche alla luce del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (articoli 2 e 16).
3.1.1) Correttamente il Tribunale ha ritenuto responsabili del reato ascritto entrambi i ricorrenti.
3.1.1.1) Il Di. La. , quale Presidente della Comunita’ Montana proprietario dell’impianto e titolare dell’autorizzazione, aveva l’obbligo di richiedere il rinnovo della smessa. Che tale obbligo gravasse sulla Comunita’ Montana e’ attestato dal fatto che essa, sia pure tardivamente, in data 8.2.2007, fece richiesta del rinnovo dell’autorizzazione, a mezzo del suo Presidente entrato in carica pochi giorni prima. Ne’ tale obbligo veniva certamente meno per il fatto che l’impianto era stato dato in gestione alla Societa’ AS. Al. Sa. . Che questa dovesse farsi carico della regolarita’ della gestione non significa che venissero meno gli obblighi del titolare dell’impianto medesimo. L’articolo 4 della convenzione prevedeva solo che la Societa’ Al. Sa. subentrasse alla Comunita’ Montana “in tutti gli obblighi in essere con i terzi relativamente alla gestione degli impianti e dei servizi della convenzione”. E’ pacifico, infine, che il tardivo rinnovo debba essere equiparato a mancanza di autorizzazione, essendo indubitabile che dal momento della scadenza della precedente autorizzazione l’impianto veniva esercitato senza alcun titolo e quindi abusivamente. Non puo’, conseguentemente, minimamente parlarsi, sotto tale profilo, di immutazione della originaria contestazione.
E’ assolutamente pacifico, invero, che si ha violazione del principio di correlazione tra sentenza ed accusa contestata solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneita’ o di incompatibilita’ sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito. La verifica dell’osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell’imputato cui il principio stesso e’ ispirato. Ne consegue che la sua violazione e’ ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta – che realizza l’ipotesi astratta prevista dal legislatore e che e’ esposta nel capo di imputazione – venga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell’originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l’imputato non ha avuto modo di difendersi (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 6, 8.6.1998 n. 67539). Sicche’ “non sussiste violazione del principio di correlazione n della sentenza all’accusa contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l’immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneita’ o di incompatibilita’ sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto, cosi’, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilita’ d’effettiva difesa” (cfr. sez. 6 n. 35120 del 13.6.2003). Anche piu’ di recente questa Corte ha ribadito il principio che “si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa” (cfr. Cass. sez. 6 n. 12156 del 5.3.2009).
Ed il Di. La. e’ stato posto pienamente in condizione di difendersi, essendogli stato contestato di avere, nella qualita’, gestito l’impianto in assenza di autorizzazione perche’ scaduta il 29.11.2006 e non rinnovata.
3.1.1.2) Del reato deve rispondere, come ineccepibilmente ha ritenuto il Tribunale, anche il Ci. , nella qualita’ di effettivo gestore dell’impianto. A prescindere dal riferimento fatto dal Tribunale ad un onere di sollecito, e’ indubitabile che l’impianto sia stato gestito dalla ” Al. Sa. Am. s.r.l.” in assenza di autorizzazione, a partire dal momento in cui quella rilasciata in precedenza era scaduta il 29.11.2006, Ed un elementare dovere di diligenza avrebbe dovuto consigliare al responsabile di tale societa’ di accertare se vi fosse stato il rinnovo, nei termini di legge, dell’autorizzazione.
3.2) Il Tribunale ha poi correttamente motivato, in fatto ed in diritto, anche in relazione alla responsabilita’ individuale del Di. La. e del Ci. . Quanto al Di. La. , come si e’ gia’ visto, a smentire l’assunto difensivo e’ la circostanza che fu proprio il Presidente, e non altri, a richiedere, anche se tardivamente il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di smaltimento e compostaggio. Quanto al Ci. ha gia’ rilevato il Tribunale che la responsabilita’ della gestione dell’impianto non puo’ che ricadere sul Presidente, quale legale rappresentante della societa’ che ne aveva assunto la gestione medesima. E tale responsabilita’ non puo’ certo essere esclusa dalla nomina, di cui al verbale del Consiglio di amministrazione del 13.11.2002, di un “Preposto alla conduzione degli uffici e degli impianti della A.S.A. srl”. Ha rilevato infatti il Tribunale, interpretando, in modo corretto ed argomentato, tale verbale, che “La contemporanea assegnazione delle rispettive funzioni esclude che al Preposto siano state attribuite funzioni assegnate nel medesimo atto al Presidente …”. Ha, inoltre, aggiunto, a dimostrazione delle evidenziate “funzioni” del Presidente, che fu proprio il Ci. a presentare in data 15.3.2007 (e quindi successivamente anche al verbale del Consiglio di Amministrazione del 18.1.2005, che peraltro non mutava, espressamente, il quadro di riferimento delineato e di cui al verbale del 13.11.2002) alla Regione Abruzzo la richiesta di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Decreto Legislativo n. 59 del 2005, articolo 5.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali.