Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 2710 |
Data di udienza: 15 Dicembre 2011
RIFIUTI – Scarti di origine animali – Tutela sanitaria per le carogne e i sottoprodotti non destinati al consumo umano – Disciplina applicabile – Reg. CE n. 1774/2002 – Artt. 256 e 137 d. lgs. n. 152/2006 – Gestione di sottoprodotti di origine animale – Ambito di operatività del Regolamento CE – Nozione di sottoprodotto – Nozione di rifiuto – Art. 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Sequestro preventivo – Mantenimento del sequestro – Puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato – Poteri e limiti del giudice del riesame – Ricorso per cassazione – Limiti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Gennaio 2012
Numero: 2710
Data di udienza: 15 Dicembre 2011
Presidente: Mannino
Estensore: Teresi
Premassima
RIFIUTI – Scarti di origine animali – Tutela sanitaria per le carogne e i sottoprodotti non destinati al consumo umano – Disciplina applicabile – Reg. CE n. 1774/2002 – Artt. 256 e 137 d. lgs. n. 152/2006 – Gestione di sottoprodotti di origine animale – Ambito di operatività del Regolamento CE – Nozione di sottoprodotto – Nozione di rifiuto – Art. 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Sequestro preventivo – Mantenimento del sequestro – Puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato – Poteri e limiti del giudice del riesame – Ricorso per cassazione – Limiti.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 23 gennaio 2012 (Cc. 15/12/2011), Sentenza n. 2710
RIFIUTI – Scarti di origine animali – Tutela sanitaria per le carogne e i sottoprodotti non destinati al consumo umano – Disciplina applicabile – Reg. CE n. 1774/2002 – Artt. 256 e 137 d. lgs. n. 152/2006.
Il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine animale. Resta ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano se e in quanto configurabili come sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come esaustiva e autonoma in ordine al profilo sanitario. In conclusione, gli scarti di origine animali sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti, ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi del
d. lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale.
(conferma ordinanza 16.02.2011 il Tribunale di Caltanissetta) Pres. Mannino, Est. Teresi, Ric. Lombardo
RIFIUTI – Gestione di sottoprodotti di origine animale – Ambito di operatività del Regolamento CE – Nozione di sottoprodotto – Nozione di rifiuto – Art. 183, c. 1, lett. n) D.L.vo n. 152/2006.
In tema di gestione dei rifiuti, le disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l’operatività della disciplina generale in materia [Cass. Sez. 3 n. 12844/2009; Cass. Sez. III n.21095/2007, Guerrini; Cass. Sez. 3 n. 21676/2007, Zanchin]. Pertanto, s’intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai sensi del
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), i materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l’oggetto proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l’intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l’ambiente). Inoltre, la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, mentre devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le esclusioni di determinate sostanze dall’ambito di applicazione della disciplina generale sui rifiuti.
(conferma ordinanza 16.02.2011 il Tribunale di Caltanissetta) Pres. Mannino, Est. Teresi, Ric. Lombardo
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Misure cautelari reali – Sequestro preventivo – Mantenimento del sequestro – Puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato – Poteri e limiti del giudice del riesame – Ricorso per cassazione – Limiti.
In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo l’ipotesi accusatoria deve corrispondere a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l’ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell’astrattezza. Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l’esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato. Soltanto quando l’enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro. Avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo il ricorso per cassazione è proponibile solo per violazione di legge, sicché non possono essere dedotti con tale mezzo d’impugnazione vizi della motivazione, “non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato negli artt. 111 della Costituzione e 606, lett. B e C. c.p.p., anche le mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, lett. E, c.p.p. [Cassazione Sezione VI, n. 24250/2003, De Palo].
(conferma ordinanza 16.02.2011 il Tribunale di Caltanissetta) Pres. Mannino, Est. Teresi, Ric. Lombardo
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 23 gennaio 2012 (Cc. 15/12/2011), Sentenza n. 2710
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale
composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Saverio Mannino Presidente
2. dott. Alfredo Teresi Consigliere Rel.
3. dott. Elisabetta Rosi Consigliere
4. dott. Santi Gazzara Consigliere
5. dott. Alessandro Maria Andronio Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da Lombardo Angelo, nato a San Cataldo il 29.01.1948, indagato dei reati di cui agli
artt. 256 e 137 d. lgs. n. 152/2006, avverso l’ordinanza 16.02.2011 del Tribunale di Caltanissetta che ha respinto la domanda di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo dell’area e degli impianti destinati all’attività di smaltimento rifiuti siti in Caltanissetta contrada Calderaro;
– Visti gli atti, l’ordinanza denunciata e il ricorso;
– Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
– Sentito il PM nella persona del PG, dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
– Sentito il difensore del ricorrente, avv. Matteo Scarlata, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
OSSERVA
Con ordinanza 16.02.2011 il Tribunale di Caltanissetta rigettava la domanda di riesame proposta da Lombardo Angelo, indagato dei reati di cui all’
art. 256 d. lgs. n. 152/2006 [per avere, quale
amministratore unico della s.r.l. Ecorecuperi, posto in essere, senza autorizzazione, un impianto per la gestione di rifiuti speciali non pericolosi e per avere svolto attività di smaltimento mediante incenerimento, di rifiuti di animali e di rifiuti costituiti da reflui industriali prodotti dalle operazioni di lavaggio del capannone e dell’impianto] e all’art. 137 stesso decreto [per avere, nella suddetta qualità, senza autorizzazione effettuato scarichi di acque reflue industriali prodotte dal dilavamento dei piazzale dell’impianto di smaltimento di rifiuti di animali], avverso l’ordinanza 16.02.2011 del Tribunale di Caltanissetta che aveva respinto la domanda di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo dell’area e degli impianti destinati all’attività di smaltimento rifiuti siti in Caltanissetta contrada Calderaro.
Rilevava il tribunale
– che lo stabilimento veniva utilizzato per lo stoccaggio di rifiuti speciali e per lo smaltimento mediante incenerimento di rifiuti di animali;
– che era stata ceduta parte dell’attività dalla ditta Ecorecuperi di Seminatore Carmela alla Ecorecuperi s.r.l. di cui era amministratore unico l’indagato per la gestione di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di stoccaggio e di messa in riserva, nonché dell’impianto d’incenerimento di rifiuti di origine animale;
– che per lo svolgimento di tali attività Lombardo non aveva ottenuto le necessarie autorizzazioni;
– che il rapporto tra il Regolamento CEE n. 1774/2002, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, e la normativa di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 non si configura in termini di specialità, sicché le due normative possono concorrere;
– che, pertanto, anche la materia dello smaltimento delle carogne animali rientra nel campo di applicazione del decreto n. 152/2006;
– che non risultava rilasciata all’Ecorecuperi s.r.l., di cui era AU l’indagato e che era subentrata nella gestione dell’attività, l’autorizzazione allo smaltimento mediante incenerimento;
– che il nuovo gestore era privo anche dell’autorizzazione allo scarico fognario donde la sussistenza del fumus di entrambi i reati ipotizzati.
Proponeva ricorso per cassazione l’indagato deducendo:
•
“inesistenza della violazione…dell’
art. 256 d. lgs. n. 152/2006 per avere posto in essere un impianto per la gestione di rifiuti speciali non pericolosi (stoccaggio con operazioni di messa in riserva)” essendo egli munito di autorizzazione;
•
“inesistenza della violazione… di cui all’
art. 256 del d. lgs. n. 152/2006 per aver posto in essere attività di smaltimento, mediante incenerimento, di rifiuti animali e di rifiuti costituiti da acque reflue industriali prodotte dalle operazioni di lavaggio e disinfezione del capannone e dell’impianto” perché l’attività di gestione sanitaria dei sottoprodotti di origine animale, compresa l’attività d’incenerimento, è disciplinata dal Regolamento CEE n. 1774/02, sicché non è applicabile il TU sulla tutela dell’ambiente che, all’art. 267, comma 2, stabilisce che “sono esclusi dal campo d’applicazione della parte quinta del presente decreto gli impianti disciplinati dal decreto legislativo 11 maggio 2005 n. 133 recante attuazione della direttiva 2000/76/CEE in materia d’incenerimento dei rifiuti’. Tale decreto esclude dal suo campo d’applicazione, all’art. 3/1/lettera a/7 “i corpi interi o parti di animali, non destinati al consumo umano, ivi compresi gli ovuli, gli embrioni e lo sperma; di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1774/2002. Rimangono assoggettati al presente decreto gli impianti che trattano prodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002”. Da tali disposizioni conseguirebbe che all’operatore di settore è affidata la scelta “di smaltire i sottoprodotti negli impianti autorizzati secondo la normativa ambientale ovvero quella sanitaria” mentre per i prodotti trasformati è stabilito l’obbligo del loro smaltimento unicamente in impianti autorizzati ai sensi della normativa ambientale. Conseguirebbe ancora che gli impianti d’incenerimento che trattano unicamente sottoprodotti di origine animale sono esclusi dal campo d’applicazione del d. lgs. n. 1333/2005 essendo soggetti, al pari dei residui dell’incenerimento, unicamente ad autorizzazione in base al Regolamento CEE n, 1774/2002;
> “inesistenza della violazione…dell’
art. 137 d. lgs. n. 152/2006” perché “nessun refluo industriale poteva essere scaricato nei piazzali essendo lo stesso incenerito nello stesso impianto”. Inoltre, i verbalizzanti avevano costatato che i piazzali erano puliti e privi di sostanze inquinanti;
> illegittimità del sequestro dell’impianto di transito di categoria 3 regolarmente autorizzato per il quale non era stato ipotizzato alcun reato.
Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza.
Il ricorso non è fondato.
In tema di misure cautelari reali e di sequestro preventivo l’ipotesi accusatoria deve corrispondere, per costante giurisprudenza di questa Corte, a una fattispecie astratta sicuramente prevista dalla legge come reato, sicché, quando nella fase delle indagini preliminari sia stato indicato un fatto inquadrabile nel reato in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in sede di riesame del provvedimento, l’ipotesi di reato, verificabile sotto il profilo probatorio soltanto nel giudizio di merito, deve essere valutata sul piano dell’astrattezza.
Per il mantenimento del sequestro basta, quindi, la puntuale enunciazione di un’ipotesi di reato che renda necessaria la limitazione o l’esclusione della disponibilità delle cose che siano pertinenti a tale reato.
Soltanto quando l’enunciazione sia manifestamente illogica oppure quando la configurabilità del reato appaia impossibile il giudice del riesame, cui è attribuita pienezza di cognizione che gli consente di prendere in considerazione anche elementi sopravvenuti, è tenuto a revocare il sequestro.
Avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo il ricorso per cassazione è proponibile solo per violazione di legge, sicché non possono essere dedotti con tale mezzo d’impugnazione vizi della motivazione, “non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato negli artt. 111 della Costituzione e 606, lett. B e C. c.p.p., anche le mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, lett. E, c.p.p.”[Cassazione Sezione VI, n. 24250/2003, De Palo, RV.225578].
Nella specie, il tribunale ha ritenuto il fumus del reato di smaltimento mediante incenerimento per non avere provato l’indagato, AU della società Ecorecuperi che era subentrata nella gestione dell’attività, di avere ottenuto la relativa autorizzazione ambientale e tale circostanza non è stata contestata dal predetto che ha soltanto sostenuto, ma erroneamente per come si dirà, che l’attività di smaltimento de qua sarebbe disciplinata dalla normativa comunitaria di cui al Regolamento CEE n.1774 del 2002 recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano.
Con una recente decisione [Sezione III n. 12844/2009, RV. 243114] questa Corte ha chiarito l’ambito di operatività del Regolamento CE in tema di gestione di sottoprodotti di origine animale e della normativa di cui al
d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in tema di gestione dei rifiuti, riaffermando che le disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l’operatività della disciplina generale in materia [Sezione III n.21095/2007, Guerrini RV.236744; Sezione III n. 21676/2007, Zanchin RV 236703].
E’ stato, quindi, osservato, in relazione alla legislazione attualmente vigente, che:
> con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di origine animale utilizzata nel D.Lgs. n. 508 del 1992;
> s’intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), i materiali risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l’oggetto proprio del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l’intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l’ambiente);
> la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere interpretate in senso restrittivo, come peraltro reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. cit. sez. 3^, 200208520, Leuci, RV 221273), mentre devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le esclusioni di determinate sostanze dall’ambito di applicazione della disciplina generale sui rifiuti.
Da ciò si desume che:
> il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine animale;
> resta ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in materia di sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano se e in quanto configurabili come sottoprodotti e non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come esaustiva e autonoma in ordine al profilo sanitario.
In conclusione, gli scarti di origine animali sono sottratti all’applicazione della normativa in materia di rifiuti, ed esclusivamente soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti, ai sensi del
d. lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia ambientale.
Alla luce degli enunciati principi di diritto, la sentenza impugnata ha correttamente ravvisato il reato ipotizzato, essendo emerso dalle risultanze ampiamente riportate nel provvedimento, che l’indagato, quale legale rappresentante della società che era subentrata a una ditta individuale, ha operato senza la necessaria autorizzazione smaltendo, mediante incenerimento, rifiuti.
Per gli altri rilievi difensivi valgono le confutazioni riportate nella citata sentenza n. 12844/2009 che di seguito si trascrivono:
“Gli enunciati principi di diritto inoltre trovano applicazione sia con riferimento al testo originario del
D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 185 che alla nuova formulazione dell’articolo introdotta dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, art. 22 dovendo essere privilegiata quella interpretazione delle norme nazionali che sia conforme al diritto comunitario e trovando, peraltro, detta interpretazione, in relazione all’art. 185, comma 2 nella formulazione previgente, un puntuale riscontro testuale, stante il riferimento della norma all’ambito di applicazione ivi indicato” (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo sanitario e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento.
La recente Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE non risulta avere affatto modificato gli enunciati principi di diritto che regolano il concorso tra la disciplina sanitaria della gestione dei sottoprodotti di origine animale e la normativa in materia di rifiuti, in quanto la esclusione del principio di specialità trova puntuale riscontro proprio nelle disposizioni richiamate dal ricorrente.
L’art. 2, punto 2, della citata Direttiva, infatti, dispone: “Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva nella misura in cui sono contemplati da altra normativa comunitaria”: lett. b) “sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal Regolamento CE n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio”.
E’ agevole, quindi rilevare che la deroga in favore di altra normativa comunitaria è riferita alla materia disciplinata dalla stessa (nella specie profili salutari e di polizia veterinaria) e che la esclusione dall’ambito dei rifiuti, in ogni caso, non riguarda i sottoprodotti di origine animale destinati alle varie forme di smaltimento citate dalla norma (incenerimento, smaltimento in discarica, utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio) e, cioè, quegli scarti di origine animale che devono essere qualificati rifiuti in base alla nozione dettata in materia dalla corrispondente normativa”.
L’ordinanza impugnata ha correttamente ravvisato la sussistenza di sufficienti elementi atti a configurare l’altro reato, essendo emerso che l’indagato non era autorizzato allo scarico sui piazzali dello stabilimento di acque reflue di dilavamento dei rifiuti animali.
Le contestazioni del ricorrente sul punto sono di carattere fattuale e non rilevano in sede di legittimità.
Il rigetto comporta l’onere delle spese del procedimento.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 15.12.2011.