Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 3137 |
Data di udienza: 3 Dicembre 2013
* DIRITTO URBANISTICO – Prescrizione del reato e onere della prova – Utilizzazione di una causa estintiva – Limite – Determinazione della data di inizio del decorso del termine di prescrizione – Art. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001 – Reato di costruzione abusiva – Cessazione della permanenza del reato – Reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti – Natura di reato permanente – Violazioni alla normativa in materia di cemento armato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Ripetizione dei motivi dedotti in appello – Inammissibilità – Preclusione alle le cause di non punibilità – Art. 129 c.p.p..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Gennaio 2014
Numero: 3137
Data di udienza: 3 Dicembre 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Scarcella
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Prescrizione del reato e onere della prova – Utilizzazione di una causa estintiva – Limite – Determinazione della data di inizio del decorso del termine di prescrizione – Art. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001 – Reato di costruzione abusiva – Cessazione della permanenza del reato – Reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti – Natura di reato permanente – Violazioni alla normativa in materia di cemento armato – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Ripetizione dei motivi dedotti in appello – Inammissibilità – Preclusione alle le cause di non punibilità – Art. 129 c.p.p..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 23 Gennaio 2014 (Ud. 3/12/2013) Sentenza n.3137
In tema di prescrizione sempre restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data d’inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell’imputato a fare ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l’incertezza sulla data d’inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio “in dubio pro reo”, atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata (Cass. Sez. 3, n. 10562 del 17/04/2000 – dep. 11/10/2000, Fretto S.).
(conferma sentenza della Corte d’Appello di PALERMO in data 1/03/2013) Pres. Squassoni, Est. Scarcella, Ric. Maniscalco
DIRITTO URBANISTICO – Reato di costruzione abusiva – Cessazione della permanenza del reato – Reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti – Natura di reato permanente – Violazioni alla normativa in materia di cemento armato – D.P.R. n. 380/2001.
La cessazione della permanenza del reato di costruzione abusiva va individuato nel momento dell’ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture esterne ed interne, atteso che la particolare nozione di ultimazione, contenuta nell’art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, e che anticipa tale momento a quello della ultimazione della struttura, è funzionale ed applicabile solo in materia di condono edilizio e non anche per stabilire in via generale il momento consumativo del reato di costruzione in difetto di concessione (ora permesso di costruire (Cass. Sez. 3, n. 33013 del 03/06/2003 – dep. 05/08/2003, Sorrentino ed altro). Analogamente, il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento edilizio (Cass. Sez. 3, n. 29737 del 04/06/2013 – dep. 11/07/2013, Vella Pasquale). Infine, quanto alle violazioni alla normativa in materia di cemento armato, è pacifica la loro natura di reato permanente (Cass. Sez. 3, n. 1411 del 03/11/2011 – dep. 17/01/2012, P.M. in proc. Iazzetta).
(conferma sentenza della Corte d’Appello di PALERMO in data 1/03/2013) Pres. Squassoni, Est. Scarcella, Ric. Maniscalco
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Ripetizione dei motivi dedotti in appello – Inammissibilità – Preclusione alle le cause di non punibilità – Art. 129 c.p.p. .
E’ inammissibile per genericità il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 – dep. 14/05/2009, Arnone e altri). L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Cass. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, De Luca).
(conferma sentenza della Corte d’Appello di PALERMO in data 1/03/2013) Pres. Squassoni, Est. Scarcella, Ric. Maniscalco
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 23 Gennaio 2014 (Ud. 3/12/2013) Sentenza n.3137
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dai Sigg.ri Magistrati:
Dott.ssa Claudia Squassoni – Presidente
Dott. Giovanni Amoroso – Consigliere
Dott. Luigi Marini – Consigliere
Dott. Andrea Gentili – Consigliere
Dott. Alessio Scarcella – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da: MANISCALCO ANTONIO, n. 17/08/1954 a Mazara del Vallo
– avverso la sentenza della Corte d’Appello di PALERMO in data 1/03/2013;
– visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
– udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cons. Dott. ALDO POLICASTRO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza;
udite le conclusioni dell’Avv. ….;
RITENUTO IN FATTO
1. MANISCALCO ANTONIO ha proposto, a mezzo del difensore fiduciario procuratore speciale cassazionista, tempestivo ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di PALERMO in data 1/03/2013, depositata in data 13/03/2013, confermativa della sentenza 12/03/2012 emessa dal Tribunale di MARSALA SEZ. DIST. DI MAZARA DEL VALLO, con cui il medesimo imputato è stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed 6.000,00 € di ammenda, ritenuta la continuazione e la diminuente di rito, per i seguenti reati: a)
art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380/2001 (perchè, nella qualità di proprietario del terreno e dei manufatti abusivi ivi insistenti, realizzava le seguenti opere in assenza del prescritto permesso di costruire, sul fondo sito a Mazara del vallo, via Canada, annotato in catasto al foglio di mappa n. 170, p.11e nn. 353, 354, 357/3 e 357/4:
1) demolizione di un magazzino rurale e realizzazione di un corpo di fabbrica composto da una platea e pilastri in cemento armato, con solaio di copertura in latero cemento, sprovvisto di tompagnatura esterna ed interna;
2) ultimazione e rifinitura al civile del fabbricato summenzionato; b)
art. 71 d.P.R. n. 380/2001 (perché nella suddetta qualità, eseguiva le predette opere in cemento armato, in mancanza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato ed iscritto nel relativo albo e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico avente pari requisiti, contravvenendo alle prescrizioni imposte dall’art. 64 del medesimo d.P.R.); c)
art. 72, d.P.R. n. 380/2001 (perché, nella suddetta qualità, eseguiva le predette opere in cemento armato, in assenza della preventiva denuncia prescritta dall’
art. 65 del medesimo d.P.R.); d)
art. 95, d.P.R. n. 380/2001 (perché, nella suddetta qualità, eseguiva le opere di cui sopra in zona sismica, in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’
art. 94 del medesimo d.P.R.).
Fatti commessi, rispettivamente, quanto alle opere enunciate al punto 1), nel periodo dal 3/08 al 30/10/2006 (periodo di loro esecuzione); quanto alle opere enunciate al punto 2), le stesse sarebbero state eseguite in epoca compresa tra il 30/10/2006 ed il 17/04/2008.
2. Ricorre avverso la predetta sentenza l’imputato, a mezzo del difensore fiduciario – procuratore speciale cassazionista, deducendo un unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), c.p.p. in relazione all’art. 157 c.p.; in sintesi si duole della mancata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione da parte della Corte territoriale, in quanto il tempus commissi delicti sarebbe da ancorare al mese di ottobre 2006, sicchè sarebbero trascorsi oltre sette anni con brevi periodi di sospensione; le opere al momento del sopralluogo della PG erano ultimate e le opere ulteriori avrebbero riguardato la tinteggiatura e non avrebbero minimamente influito sulla cubatura; la datazione delle opere ad un periodo successivo all’ottobre 2006 sarebbe stata effettuata dalla Corte territoriale attraverso il ricorso a meccanismi presuntivi, violando il principio di favor rei; inoltre, la Corte sarebbe incorsa in vizio di motivazione, avendo sostenuto una diversa epoca di commissione del reato in modo completamente apodittico e sganciato dai dati fattuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato.
4. L’unico motivo di ricorso, come anticipato, riguarda la mancata declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati urbanistici ed edilizi ascritti al ricorrente, il quale sostiene che il tempus commíssi delicti sarebbe da ancorare al mese di ottobre 2006, in quanto le opere al momento del sopralluogo della PG erano ultimate e le opere ulteriori avrebbero riguardato la tinteggiatura e non avrebbero minimamente influito sulla cubatura.
Il motivo è inammissibile perché generico, in quanto non tiene in conto di quanto puntualmente argomentato dai giudici d’appello sul punto. E’ pacifico infatti che è inammissibile per genericità il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella ripetizione di quelli già dedotti in appello, motivatamente esaminati e disattesi dalla corte di merito, dovendosi i motivi stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009 – dep. 14/05/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).
Ed invero, la sentenza impugnata si fa carico specificamente di disattendere l’omologo motivo di appello, evidenziando come il 17 aprile 2008, all’atto del secondo sopralluogo da parte della PG, volto alla verifica dell’avvenuta demolizione delle opere disposta dal Comune dopo il primo accertamento avvenuto il 30 ottobre 2006, i verbalizzanti avessero rilevato che il manufatto abusivo era stato “rifinito al civile”, locuzione equivalente al concetto di ultimazione, la quale era dunque avvenuta nel periodo compreso tra il 30 ottobre 2006 ed il 17 aprile 2008. E’ ben vero che non risulta la data esatta di tale “ultimazione”, ma argomentatamente sulla base di un ragionamento logico fattuale (e non sulla base di elementi presuntivi, come invece si duole il ricorrente) la Corte territoriale ha escluso che le opere di ultimazione di un fabbricato di tali dimensioni come quello abusivamente realizzato, di circa 110 mq., potessero essere state effettuate in poco più di un mese (esattamente un mese e sette giorni), escludendo che si potesse collocare la data di ultimazione al 6 dicembre 2006, ma datando tale ultimazione al gennaio dell’anno successivo, circostanza contestata in ricorso.
Deve, a tal proposito, osservarsi, in primo luogo, che l’accertamento relativo all’ultimazione dei lavori costituisce un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato.
In secondo luogo, è pacifico che i reati contestati sono da considerarsi come reati permanenti. La cessazione della permanenza del reato di costruzione abusiva va, infatti, individuato nel momento dell’ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture esterne ed interne, atteso che la particolare nozione di ultimazione, contenuta nell’art. 31 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, e che anticipa tale momento a quello della ultimazione della struttura, è funzionale ed applicabile solo in materia di condono edilizio e non anche per stabilire in via generale il momento consumativo del reato di costruzione in difetto di concessione (ora permesso di costruire: v., ex multis: Sez. 3, n. 33013 del 03/06/2003 – dep. 05/08/2003, Sorrentino ed altro, Rv. 225553). Analogamente, il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 29737 del 04/06/2013 – dep. 11/07/2013, Vella Pasquale, Rv. 255823). Infine, quanto alle violazioni alla normativa in materia di cemento armato, è pacifica la loro natura di reato permanente (Sez. 3, n. 1411 del 03/11/2011 – dep. 17/01/2012, P.M. in proc. Iazzetta, Rv. 251880).
In terzo luogo, pur essendo in astratto ammissibile il ricorso per cassazione proposto all’esclusivo fine di dedurre la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata e non rilevata dal giudice d’appello (v., tra le tante: Sez. 5, n. 47024 del 11/07/2011 – dep. 20/12/2011, Varone, Rv. 251209), è improprio il richiamo all’asserita violazione del principio “in dubio pro reo” da parte della Corte territoriale, in quanto nella stessa motivazione dell’impugnata sentenza si chiarisce come manchi la prova contraria, che necessariamente avrebbe dovuto essere addotta all’interessato, circa l’epoca di effettiva ultimazione dei lavori. In tema di prescrizione, è stato già affermato da questa Corte che, sempre restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data d’inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell’imputato a fare ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l’incertezza sulla data d’inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio “in dubio pro reo”, atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata (v., tra le tante: Sez. 3, n. 10562 del 17/04/2000 – dep. 11/10/2000, Fretto S., Rv. 217575).
Tanto premesso, dunque, è infondata l’eccezione difensiva d’intervenuta prescrizione. Ed invero, pur volendosi collocare l’ultimazione dei lavori in epoca assai prossima al primo accertamento eseguito il 30 ottobre 2006, dunque collocandola – in accoglimento delle tesi difensiva, non provata, dell’ “in dubio pro reo” – alla data 6 dicembre 2006 come emerge dalla motivazione dell’impugnata sentenza (ossia, in un mese e sette giorni dalla data del primo accertamento, come prospettato ipoteticamente dalla difesa), i reati non sarebbero comunque estinti per prescrizione alla luce dei periodi di sospensione del termine prescrizionale, come puntualmente ha dato atto nell’impugnata sentenza la Corte d’appello. Ed infatti, all’ordinario termine quinquennale di prescrizione (si tratta di fatti successivi alla legge 5 dicembre 2005, n. 251), devono essere aggiunti i periodi di sospensione disposti in primo grado, pari ad un anno, due mesi e giorni 29, dovendosi tali periodi computare per intero e non per soli sessanta giorni, in quanto richiesti per procedere a rito alternativo (nel caso di specie, il giudizio abbreviato: Sez. 3, n. 29613 del 08/07/2010 – dep. 27/07/2010, Scafuto, Rv. 248138) e per astensione dalle udienze (v., ex multis: Sez. 4, n. 10621 del 29/01/2013 – dep. 07/03/2013, M., Rv. 256067).
Aggiungendo, quindi, 14 mesi e 29 giorni al termine di prescrizione massima quinquennale (decorrente il dies a quo dal 6 dicembre 2006, v. supra), la maturazione del termine prescrizionale è intervenuta il 5 marzo 2013, ossia in data successiva alla sentenza d’appello, emessa il 28 febbraio 2013).
5. L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (v., per tutte: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).
6. All’inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2013