Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 8881 |
Data di udienza: 13 Gennaio 2017
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sequestro preventivo dell’immobile abusivo – Natura, funzione e presupposti del sequestro – Necessità di adeguata motivazione – Sequestro di opera in conformità alle destinazioni di zona o in presenza di richiesta di permesso in sanatoria – Art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di “violazione di legge” – Art. 325 cod. proc. pen – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Febbraio 2017
Numero: 8881
Data di udienza: 13 Gennaio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: CERRONI
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sequestro preventivo dell’immobile abusivo – Natura, funzione e presupposti del sequestro – Necessità di adeguata motivazione – Sequestro di opera in conformità alle destinazioni di zona o in presenza di richiesta di permesso in sanatoria – Art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di “violazione di legge” – Art. 325 cod. proc. pen – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 13/01/2017) Sentenza n.8881
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sequestro preventivo dell’immobile abusivo – Natura, funzione e presupposti del sequestro – Necessità di adeguata motivazione – Sequestro di opera in conformità alle destinazioni di zona o in presenza di richiesta di permesso in sanatoria – Art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001.
In materia urbanistica, l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in corso è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi ancora da eseguire per ultimarlo (Sez. 3, n. 49220 del 06/11/2014, Santovito). Peraltro, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti). Addirittura la mera presentazione della richiesta di permesso di costruire in sanatoria non è, di per sé, idonea ad escludere il pericolo che la libera disponibilità dell’immobile abusivamente realizzato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito ovvero agevolarne la commissione di altri. (Sez. 3, n. 39731 del 28/09/2011, Rainone e altro). Mentre è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un immobile abusivo ultimato anche nel caso di utilizzo dell’opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un’incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell’aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate (Sez. 3, n. 42717 del 10/09/2015, Buono e altro).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali – Sequestro preventivo – Nozione di “violazione di legge” – Art. 325 cod. proc. pen – Giurisprudenza.
In tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli errores in iudicando o in procedendo, al pari dei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Basi; v. anche Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele); per contro, non può esser dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S.).
(dich. inammiss. il ricorso avverso ordinanza del 01/06/2016 TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA) Pres. FIALE, Rel. CERRONI, Ric. Patania
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 13/01/2017) Sentenza n.8881
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 13/01/2017) Sentenza n.8881
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. Patania Alessandro, nato a Vibo Valentia il 02/01/1973;
2. Patania Nazzareno Giovanni, nato a Vibo Valentia il 24/06/1969;
avverso l’ordinanza del 01/06/2016 del Tribunale di Vibo Valentia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 1. giugno 2016 il Tribunale del riesame di Vibo Valentia ha rigettato la richiesta di riesame presentata da Alessandro e Nazzareno Patania nei confronti del provvedimento di sequestro preventivo emesso il 6 maggio 2016 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, avente ad oggetto terreni e manufatti, destinati a ricovero di attrezzi, materiale vario ed animali, insistenti sulle particelle nn. 181, 186 e 187 del catasto terreni della provincia di Vibo Valentia, in relazione alle ipotesi di accusa di cui agli artt. 633 cod. pen. e 44 lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
2. Avverso il predetto provvedimento Alessandro e Nazzareno Patania hanno proposto ricorso per cassazione con un motivo di impugnazione.
2.1. I ricorrenti hanno infatti lamentato violazione di legge in relazione alla mancata motivazione in ordine a concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione del reato.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi, in considerazione dell’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori, ancora in corso, di edificazione dell’immobile abusivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono inammissibili.
4.1. Osserva preliminarmente la Corte che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli errores in iudicando o in procedendo, al pari dei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Basi, Rv. 245093; v. anche Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893); per contro, non può esser dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
4.2. Ciò posto, i ricorrenti si sono soffermati sulla presunta genericità delle affermazioni del Tribunale del riesame di Vibo Valentia in ordine al requisito del periculum.
In proposito il Giudice calabrese ha osservato che la libera disponibilità dell’immobile può concretamente aggravare e protrarre le conseguenze del reato, poiché, mantenendo le opere nella libera disponibilità degli indagati, le stesse potrebbero essere concretamente utilizzate per proseguire la condotta abusiva, con ulteriore lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale anche attraverso nuove iniziative edilizie in aperta violazione della normativa urbanistica.
Al riguardo, l’area di terreno oggetto di sequestro si trovava nella disponibilità degli odierni ricorrenti, colà installatisi da tempo, laddove risultano realizzati in via abusiva due manufatti, in uno dei quali tra l’altro vivono gli stessi indagati.
Il provvedimento impugnato, in specie, dà atto della natura tutt’altro che precaria dei manufatti posti in essere ed oggetto di sequestro; del pari è stato richiamato l’esito dei rilievi fotografici, dai quali è emersa una modifica nel tempo dello stato dei luoghi; infine è stato rammentato che i beni sui quali è stata esercitata cautela hanno comportato una modificazione urbanistico-edilizia, trattandosi infatti di area urbanistica destinata a verde.
4.3. Vero è, da un lato, che l’esigenza di impedire la prosecuzione dei lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in corso è, di per sé, condizione sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove esso insiste, indipendentemente dalla natura e dalla entità degli interventi ancora da eseguire per ultimarlo (Sez. 3, n. 49220 del 06/11/2014, Santovito, Rv. 261215). E’ altrettanto vero, peraltro, che il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa – che va accertato dal giudice con adeguata motivazione – presenti i requisiti della concretezza e dell’attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell’offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l’accertamento irrevocabile del reato (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223721). Addirittura è stato osservato che la mera presentazione della richiesta di permesso di costruire in sanatoria non è, di per sé, idonea ad escludere il pericolo che la libera disponibilità dell’immobile abusivamente realizzato possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito ovvero agevolarne la commissione di altri. (Sez. 3, n. 39731 del 28/09/2011, Rainone e altro, Rv. 251304 ). Mentre è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un immobile abusivo ultimato anche nel caso di utilizzo dell’opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un’incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell’aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate (Sez. 3, n. 42717 del 10/09/2015, Buono e altro, Rv. 265195).
Alla stregua dei principi che precedono, la motivazione del provvedimento impugnato appare complessivamente tutt’altro che apparente, dal momento che è stato allegato come gli occupanti del fondo abbiano installato progressivamente nel tempo manufatti senza autorizzazione alcuna, contrastanti con le destinazioni urbanistiche e tendenzialmente durevoli, e con la conseguente ragionevole, ma concreta, previsione che il protrarsi dell’occupazione dell’area – rientrante astrattamente, quantomeno allo stato, nell’ipotesi di cui all’art. 633 cod. pen. – conduca ad ulteriori attività contra legem.
5. Il provvedimento impugnato non appare quindi affetto dal vizio denunciato, stante la complessiva idoneità della motivazione a giustificare il provvedimento adottato, ed in ragione del fatto che l’impugnazione ha considerato solamente un punto dell’ordinanza senza soffermarsi sull’argomentare complessivamente reso.
6. Il motivo di censura appare pertanto manifestamente infondato, con la conseguente inammissibilità dei ricorsi.
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 13/01/2017