Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 8885 |
Data di udienza: 18 Gennaio 2017
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valutazione dell’abuso edilizio – Autonoma rilevanza dei i singoli interventi edilizi – Esclusione – Conformità del manufatto a tutti i parametri legali – Controllo di legittimità dell’atto amministrativo – Artt. 3, 6, 22, 37 e 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Limiti – Sequestro preventivo – Periculum in mora – Pregiudizio degli interessi attinenti al territorio – Fattispecie: installazione di una cella frigorifero – Artt. 321 e ss e 309-324, 325, 521 e 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Febbraio 2017
Numero: 8885
Data di udienza: 18 Gennaio 2017
Presidente: FIALE
Estensore: GAI
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valutazione dell’abuso edilizio – Autonoma rilevanza dei i singoli interventi edilizi – Esclusione – Conformità del manufatto a tutti i parametri legali – Controllo di legittimità dell’atto amministrativo – Artt. 3, 6, 22, 37 e 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001 – Giurisprudenza – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Limiti – Sequestro preventivo – Periculum in mora – Pregiudizio degli interessi attinenti al territorio – Fattispecie: installazione di una cella frigorifero – Artt. 321 e ss e 309-324, 325, 521 e 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 18/01/2017) Sentenza n.8885
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Valutazione dell’abuso edilizio – Autonoma rilevanza dei i singoli interventi edilizi – Esclusione – Conformità del manufatto a tutti i parametri legali – Controllo di legittimità dell’atto amministrativo – Artt. 3, 6, 22, 37 e 44 lett. b) d.P.R. n. 380/2001 – Giurisprudenza.
Nella valutazione dell’abuso edilizio, non è consentito frazionare i singoli interventi edilizi al fine di dedurre la loro autonoma rilevanza, ma occorre verificare l’ammissibilità e la legalità alla luce della normativa vigente, dell’intervento complessivo realizzato (Sez. 3, n. 45598 del 13/11/2013). Sicché, il provvedimento è sorretto da motivazione congrua laddove si accerti la conformità tra il fatto (opere eseguite e/o in corso di esecuzione) e la fattispecie legale, alla luce dell’interesse sostanziale protetto, quale la tutela dell’assetto del territorio in conformità alla normativa urbanistica, attraverso il controllo di legittimità di un atto amministrativo che costituisce un elemento costituito o presupposto del reato, così verificando la conformità del manufatto a tutti i parametri legali, fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici, oltre che dal provvedimento autorizzatorio (Cass. S.U. n.11635 del 21/12/1993, P.M. in proc. Borgia).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimenti cautelari reali – Ricorso per cassazione – Limiti – Sequestro preventivo – Periculum in mora – Pregiudizio degli interessi attinenti al territorio – Artt. 321 e ss e 309-324, 325, 521 e 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen.
In tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione rientrano, oltre agli “errores in iudicando” o “in procedendo“, anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi). Nella specie, il sequestro preventivo è intervenuto mentre erano in corso i lavori di ampliamento del capannone in totale difformità del titolo autorizzativo e, dunque, la misura cautelare era finalizzata a impedire la protrazione del reato sotto il profilo della protrazione delle conseguenze di esso consistite nel pregiudizio degli interessi attinenti al territorio (Sez. 3, n. 39731 del 28/09/2011, P.M. in proc. Rainone; Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, P.G. in proc. Innocenti).
(conferma ordinanza del 22/03/2016 TRIBUNALE DI LATINA) Pres. FIALE, Rel. GAI, Ric. Ferrara
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 18/01/2017) Sentenza n.8885
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 23/02/2017 (Ud. 18/01/2017) Sentenza n.8885
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Ferrara Giuseppe, nato a Fondi il 12/03/1975;
avverso l’ordinanza del 22/03/2016 del Tribunale di Latina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.- II Tribunale di Latina con ordinanza in data 22 marzo 2016 (dep.20 aprile 2016), ha rigettato la richiesta di riesame, ex art. 322 cod.proc.pen., proposta da Giuseppe Ferrara contro il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Latina di convalida del decreto di sequestro preventivo, disposto in via d’urgenza dalla P.G., relativo a opere realizzate sul terreno, sito in Fondi, della Ferrara Group srl ed ha confermato il relativo decreto di sequestro. Al ricorrente è contestata, come da incolpazione cautelare, la violazione dell’art. 44 lett. b) d.P.R. n. 380 del 2001 per l’installazione di una cella frigorifero delle dimensioni di m. 17,50 x m. 5,00 e m. 4,30 di altezza, nonché per lavori di ampliamento del capannone ivi esistente assentito con permesso di costruire n. 3217 del 09/06/2015 sulla scorta di un elaborato grafico approvato in data 08/06/2015, nel quale non era indicata la cella frigorifera, opera a carattere non temporaneo.
1.1. Il Tribunale ha motivato la decisione osservando – quanto al fumus commissi delicti – che sulla scorta degli accertamenti in loco e della documentazione fotografica, tra cui quella estratta dall’applicativo “Google Maps”, al momento del sequestro in data 15/02/2016, erano in corso lavori di ampliamento del capannone già esistente assentiti con permesso di costruire n. 3217 del 09/06/2015, il cui elaborato grafico, approvato in data 08/06/2015, non presentava la cella frigorifera che, per le sue caratteristiche dimensionali e strutturali, era destinata a soddisfare esigenze non temporanee, circostanza che trovava conferma nel fatto che la stessa era stata oggetto di comunicazione di inizio lavori in sanatoria, in data 08/01/2013, e che, dunque al febbraio 2016, erano abbondantemente trascorsi i 90 giorni per la sua rimozione, sicchè la stessa non era configurabile, ai sensi dell’art. 6 comma 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, quale opera a carattere temporaneo.
Sulla scorta di tali elementi, riteneva il Tribunale, integrato il requisito del fumus commissi delicti in relazione all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, sul rilievo dell’assenza di permesso di costruire con riferimento alla cella frigorifera e, quanto al capannone, sul rilievo della difformità delle opere realizzate rispetto a quelle assentite in ragione del carattere illegittimo del permesso di costruire, ottenuto in virtù di un progetto che rappresentava lo stato dei luoghi diverso da quello esistente, posto che non rappresentava l’esistenza della cella frigorifera già presente. Da cui la prospettazione in termini di fumus del reato contestato di cui all’art. 44 lett b) cit. sotto il profilo della realizzazione di opera in totale difformità dal permesso di costruire, e – quanto al requisito del periculum in mora – sul rilievo dell’aumentato carico urbanistico in relazione ai lavori di ampliamento del capannone, quanto alla cella frigorifera già ultimata, e, quanto ai lavori di ampliamento in corso, sul rilievo che la libera disponibilità del manufatto abusivo potrebbe aggravare le conseguenze del reato sotto il profilo della protrazione della legione del bene giuridico del corretto sviluppo del territorio regolato dagli strumenti urbanistici, ovvero agevolare la commissione di altri reati.
2. – Per l’annullamento della ordinanza, il difensore di Giuseppe Ferrara ha proposto ricorso per cassazione, e ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo deduca la violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. per l’erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 321 e ss e 309-324 e 325 e 521 cod.proc.pen.
Assume il ricorrente che il Tribunale del riesame avrebbe travalicato i limiti cognitivi riconosciuti al medesimo dalla legge sotto il profilo della necessaria correlazione dei fatti posti a fondamento della misura cautelare e quelli posti a base del provvedimento di conferma. Avrebbe, in altri termini, confermato il provvedimento cautelare modificando e sostituendo l’ipotesi accusatoria del Pubblico Ministero, convalidata dal G.I.P., di violazione urbanistica qualifica ai sensi dell’art. 44 lett. b) cit. con altra ipotesi di reato derivante dalla ritenuta presunta illegittimità del titolo autorizzatorio dei lavori di ampliamento del capannone. In definitiva il Tribunale avrebbe confermato il provvedimento per un reato diverso da quello previsto nel provvedimento di sequestro (pag. 8), e, dunque, avrebbe violato il disposto di cui all’art. 521 cod.proc.pen., norma applicabile anche al giudizio cautelare. Inoltre, rispetto al nuovo reato ritenuto dal Tribunale, l’ordinanza sarebbe altresì carente nella motivazione.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 321 e ss e 6, 22, 37 e 44 d.P.R. 380 del 2001 sotto il profilo della carenza di motivazione. Assume il ricorrente che il Tribunale del riesame non avrebbe argomentato, se non attraverso mere formule di stile, sulla censura svolta nel primo motivo di riesame nel quale il ricorrente aveva opposto il giudicato cautelare amministrativo, di cui all’ordinanza del T.A.R. Lazio n. 7 /2016, che aveva escluso l’illegittimità del permesso di costruire sicchè doveva ritenersi venuto meno il fumus del reato.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. b) ed c) cod.proc.pen. per l’erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 321 e ss e 321 e ss e 6, 22, 37 e 44 d.P.R. 380 del 2001.
Sostiene il ricorrente l’assenza del fumus del reato sul rilievo che erroneamente il Tribunale del riesame avrebbe escluso la temporaneità della cella frigorifera, di modeste dimensioni, facilmente amovibile, e come tale rientrante nell’ipotesi di cui all’art. 6 comma 2 cit. per la quale non è previsto il permesso di costruire, non essendo riconducibile l’opera (cella frigorifera) negli interventi di cui all’art. 3 del d.P.R. medesimo, in quanto non comportante alcuna trasformazione di un organismo edilizio. La predetta cella frigorifera sarebbe poi stati oggetto di comunicazione di inizio attività in sanatoria in data 08/01/2013.
2.4. Con il quarto motivo denuncia la violazione di cui all’art. 606, comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla mancanza e manifesta illogicità della motivazione e, comunque la mera apparenza e carenza della stessa sul periculum in mora argomentato con mere formule di stile, in modo assertivo non considerando che la cella frigorifera era già ultimata, mentre i lavori in corso erano unicamente quelli di ampliamento del capannone rispetto ai quali la motivazione sull’aggravio del carico urbanistico è apparente.
2.5. In data 28 dicembre 2016 il difensore del ricorrente ha depositato motivi nuovi. con cui deduce la sopravvenuta carenza di fumus commissi delicti e del periculum in mora, sul rilievo che sarebbero state acquisite due consulenze tecniche (una del Pubblico Ministero e una della difesa) che attesterebbero la legittimità dell’intervento assentito il cui progetto sarebbe conforme a quanto realizzato, e, dunque, costituirebbero elemento nuovo per fondare la richiesta di revoca del sequestro. In ogni caso la cella frigorifera non rappresentata nel progetto dovrebbe essere annoverata tra le pertinenze (volume tecnico) e dunque non rientrante nel conteggio dell’indice edificatorio.
3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato per le seguenti ragioni.
Premesso che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione rientrano, oltre agli “errores in iudicando” o “in procedendo”, anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093), rileva, il Collegio, che il provvedimento impugnato non è affetto dalla denunciata violazione di legge sotto il profilo della motivazione apparente e/o carente.
5. Così specificato l’ambito del sindacato del giudice di legittimità in materia cautelare, appare infondato il primo motivo di ricorso con cui il ricorrente denuncia, attraverso il richiamo alla violazione dell’art 521 cod.proc.pen., l’assenza del fumus commissi delicti.
Secondo la tesi difensiva, il Tribunale, nell’aver affermato che le opere realizzate erano difformi da quanto assentito per l’assenza di rappresentazione grafica nel progetto della cella frigorifera, avrebbe confermato il provvedimento genetico per un reato diverso (art. 323 cod.pen. cfr. pag. 8 del ricorso), determinando la violazione dell’art. 521 cod.proc.pen. e il superamento dell’ambito cognitivo del giudice del riesame, sostituendo l’originaria ipotesi accusatoria con una nuova fondata su dati di fatto diversi. Ciò sarebbe in contrasto con il principio per il quale spetta al Pubblico Ministero procedere alla contestazione dei reati.
5.1. La prospettazione difensiva è infondata e il fumus commissi delicti del reato ipotizzato di cui all’art. 44 lett b), e per il quale è stato mantenuto il sequestro preventivo, è stato argomentato in maniera congrua e aderente al dato probatorio.
Deve preliminarmente chiarirsi che, nella valutazione dell’abuso edilizio, non è consentito frazionare i singoli interventi edilizi al fine di dedurre la loro autonoma rilevanza, ma occorre verificare l’ammissibilità e la legalità alla luce della normativa vigente, dell’intervento complessivo realizzato (Sez. 3, n. 45598 del 13/11/2013, non mass.). A questo principio risulta essersi conformato il Pubblico Ministero prima e il Tribunale poi.
Ed infatti, risulta dal provvedimento impugnato (supra par. 1.1. del ritenuto in fatto) che l’abuso contestato riguardava le opere di ampliamento di un capannone, in corso di realizzazione nel febbraio 2016, assentito in forza di un permesso di costruire rilasciato sulla base di una relazione e progetto approvato che non teneva conto della cella frigorifera, già esistente, opera non avente carattere temporaneo e, dunque, già di per sé integrante la violazione sotto il profilo della realizzazione di opere in assenza di costruzione, e, comunque, con permesso illegittimo perché non poteva essere rilasciato su un terreno su cui insisteva già un abuso e, la realizzazione dei lavori configurava l’ipotesi di intervento in totale difformità, posto che realizzava un organismo con aumento volumetrico e utilizzabile ex sé.
5.2. Seppur con motivazione che può apparire un po’ equivoca nella parte in cui dà rilievo “all’illegittimità del titolo”, (pag.5), il Tribunale del riesame ha correttamente ritenuto configurabile la contestazione di cui all’art. 44 lett. b) cit. per la quale assume rilievo, come risulta chiaramente dal provvedimento impugnato, da un lato l’esistenza della cella frigorifera, opera non temporanea e dunque già configurabile quale abuso edilizio, l’assenza di questa negli elaborati grafici al progetto allegato al permesso di costruire relativo ai lavori di ampliamento, con la conseguenza che i lavori di ampliamento, non assentitibili, costituivano interventi in totale difformità dal titolo e dunque integranti la fattispecie di reato in contestazione (cfr. pag. 5 ordinanza).
Il provvedimento è sorretto da motivazione congrua laddove il Tribunale dà atto di aver accertato la conformità tra il fatto (opere eseguite e/o in corso di esecuzione) e la fattispecie legale, alla luce dell’interesse sostanziale protetto, quale la tutela dell’assetto del territorio in conformità alla normativa urbanistica, attraverso il controllo di legittimità di un atto amministrativo che costituisce un elemento costituito o presupposto del reato, così verificando la conformità del manufatto a tutti i parametri legali, fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici, oltre che dal provvedimento autorizzatorio (S.U. n.11635 del 21/12/1993, P.M. in proc. Borgia, Rv 195359).
5.3. Ne consegue che alcuna violazione di legge è prospettabile. Il Tribunale non ha travalicato l’ambito di cognizione (che non è di piena cognitio come nel merito) ed ha confermato il provvedimento genetico ravvisando correttamente, rispetto all’imputazione cautelare di cui all’art. 44 lett. b) cit., il fumus commissi delicti sulla base degli elementi di fatto prospettati dall’accusa e convalidati dal Giudice della cautela.
6. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso (anche ripetitivo della stessa censura già devoluta al Tribunale e da quel giudice disattesa).
Come condivisibilmente argomentato dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, alcun effetto derivante dal dedotto giudicato cautelare poteva ritenersi sussistente, e ciò per la ragione che alcun giudicato cautelare era sussistente. Come ha correttamente evidenziato il Tribunale del riesame, la pronuncia del T.A.R., in data 14/01/2016, era un’ordinanza cautelare emessa nel procedimento incidentale per ottenere la sospensione del permesso a costruire, sicchè già inidonea, per sua natura, a costituire un giudicato cautelare che può sussistere solo in presenza di una sentenza conclusiva del giudizio di merito e non più suscettibile di impugnazione.
6. Il terzo motivo deduce un vizio di motivazione non suscettibile di sindacato in questa sede. Ed invero la doglianza muove profilo di censura sulla motivazione del provvedimento nella parte in cui aveva escluso la temporaneità della cella frigorifera ritenuta di “modestissime” dimensioni, asservita a bisogni temporanei del capannone (omettendo di ricordare che esisteva dal 2013 e non era stata rimossa), doglianza su cui il Tribunale ha congruamente argomentato (cfr. par. 1.1.) la sua natura di nuova costruzione giacchè oltre all’assenza dei requisiti di temporaneità aveva comportato l’aumento di volumetria complessiva del capannone, sicchè alcuna carenza e/o assenza può predicarsi.
7. Quanto al quarto motivo il periculum in mora è stato adeguatamente argomentato sul rilievo che il sequestro preventivo è intervenuto mentre erano in corso i lavori di ampliamento del capannone in totale difformità del titolo autorizzativo e, dunque, la misura cautelare era finalizzata a impedire la protrazione del reato sotto il profilo della protrazione delle conseguenze di esso consistite nel pregiudizio degli interessi attinenti al territorio (Sez. 3, n. 39731 del 28/09/2011, P.M. in proc. Rainone, Rv. 251304; Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003, P.G. in proc. Innocenti, Rv. 223722).
8. Infine, il motivo aggiunto prospetta una censura di fatto e chiede una diversa valutazione dei fatti alla luce delle consulenze tecniche, vizio non denunciabile in questa sede.
9. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato e il ricorrente condannato alla spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/01/2017.