In tema di rifiuti, l’omissione dell’accertamento della presenza dell’autorizzazione, può integrare il reato colposo, quando non può comunque ritenersi un errore di fatto, ma abbia un profilo di colpa. Sicché, la responsabilità in capo al legale rappresentante della ditta, non rileva, per l’attribuzione di un fatto altrui – dei dipendenti dell’azienda di cui è il legale rappresentante -, ma per la sua condotta di capo dell’impresa che non ha controllato la sussistenza dell’autorizzazione; e comunque non è stata fornita, in sede di merito, una effettiva e concreta delega di funzioni idonea a scriminare. Nella specie, la mole di terra e rocce che era stata depositata consentiva di ritenere la realizzazione di una vasta area di stoccaggio di rifiuti, in difetto delle prescritte autorizzazioni, e/o omettendo di verificare l’esistenza delle autorizzazioni come avrebbe dovuto fare qualsivoglia operatore professionale.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 23/03/2018, (Ud. 04/10/2017), Sentenza n.13729
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 23/03/2018, (Ud. 04/10/2017), Sentenza n.13729
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da TORRI GIOVANNI nato il 10/08/1962 a MERCATO SARACENO;
avverso la sentenza del 17/04/2015 del TRIBUNALE di FORLI’;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore STEFANO TOCCI che ha concluso per: «Inammissibilità del ricorso».
Udito il difensore, Avv. Giampaolo Leonardi, che ha concluso per: «Accoglimento del ricorso, in subordine applicazione dell’art. 131 bis, cod. pen. ».
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Forlì con sentenza del 17 aprile 2015 condannava Torri Giovanni alla pena di € 10.000,00 di ammenda relativamente al reato di cui agli art. 110 cod. pen. e 256, comma 1, lettera A, d. lgs. 152 del 2006, perché in concorso con Fabbri Giovannino [ … ] effettuavano l’attività di raccolta, di trasporto e di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi in assenza di apposita autorizzazione, nella specie nel corso di accertamenti effettuati dal personale del Corpo Forestale dello Stato … emergeva che il terreno proveniente dai lavori di scavo effettuati presso il cantiere della società SCOT Costruzioni s.r.l. sito in località Montepetra Bassa di Sogliano al Rubicone, per complessivi 975 metri cubi di materiale, costituito da terre, rocce di scavo, alcuni pezzi di asfalto, invece di essere smaltito presso la discarica della predetta società SCOT … sita in località Gualdo di Roncofreddo (FC), come da SCIA depositata, veniva accumulato e smaltito presso l’area sita in località Terra rossa, frazione Sorbano, del Comune di Sarsina, distinta al foglio18, sez. B … per complessivi 1.000 metri quadrati, dove detto terreno di scavo veniva livellato … Reato accertato fino al 12 marzo 2013.
2. Torri Giovanni ha proposto appello, tramite il difensore, trasmesso a questa Corte di Cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Violazione di legge, art. 47, cod. pen., sussistenza di un errore di fatto.
Fabbri, proprietario del terreno dove è stato depositato il materiale, aveva dato rassicurazioni sul possesso dell’autorizzazione. Il Geometra Lombardi, responsabile della SCOT Costruzioni s.r.l., riferiva in udienza che Fabbri aveva garantito il possesso delle autorizzazioni.
Inoltre nel terreno in oggetto sussisteva una precedente autorizzazione, che si rappresenta anche nella sentenza impugnata. Questa autorizzazione era idonea ad indurre in errore Lombardi, dipendente della ditta del ricorrente, che aveva visionato il terreno e si era reso conto di precedenti scarichi, anche recenti.
2. 2. Violazione di legge, art. 43 cod. pen. Mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
La responsabilità è personale e quindi il ricorrente non deve rispondere della condotta dei suoi dipendenti (Lombardi). Gli accordi tra il Fabbri ed il Lombardi non erano conosciuti dal ricorrente anche perché riguardavano un limitato movimento di materiale, solo un paio di camion.
Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
2. 3. Il ricorrente ha depositato memoria, anche con motivi nuovi: ribadisce la sussistenza di un errore di fatto ai sensi dell’art. 47, cod. pen. e di una violazione dell’art. 43, cod. pen.; inoltre ha evidenziato la sussistenza dei requisiti ex art. 131 bis, cod. pen., trattandosi di smaltimento sporadico e non sistematico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta infondato, e deve rigettarsi con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La sentenza impugnata con adeguata motivazione, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ricostruisce i fatti e determina la penale responsabilità del ricorrente relativamente al reato contestato, rilevando che «Non può credersi che il Lombardi si sia prestato al trasporto sulla fiducia nei confronti di Fabbri, omettendo di verificare l’esistenza delle autorizzazioni come invero avrebbe fatto qualsivoglia operatore professionale qualificato. Vieppiù considerando la mole di terra e rocce che era stata depositata, fatto che consente di ritenere pacificamente la realizzazione di una vasta area di stoccaggio di rifiuti, in difetto delle prescritte autorizzazioni, con il concorso del legale rappresentante della Scot, odierno imputato. La distanza notevole tra la discarica autorizzata e dall’altro quella assai inferiore fra la discarica non autorizzata rispetto al cantiere induce ulteriormente a ritenere la scelta di un’area di stoccaggio di comodo».
Si tratta di accertamenti di fatto relativi alla modalità dello smaltimento, insindacabili in sede di legittimità, se adeguatamente motivati come nella fattispecie in giudizio.
3. 1. Trattandosi di reato colposo inoltre l’omesso accertamento della presenza dell’autorizzazione, non può comunque ritenersi un errore di fatto, ma un profilo della colpa.
La responsabilità in capo al ricorrente, legale rappresentante della ditta, non rileva, quindi, per l’attribuzione di un fatto altrui – dei dipendenti dell’azienda di cui il ricorrente è il legale rappresentante -, ma
per la sua condotta di capo dell’impresa che non ha controllato la sussistenza dell’autorizzazione; e comunque non è stata fornita, in sede di merito, una effettiva e concreta delega di funzioni idonea a scriminare
il ricorrente.
4. Relativamente alla particolare tenuità del fatto, al momento della decisione di merito la norma non era ancora in vigore, e pertanto deve valutarsi la relativa questione in questa sede (vedi Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016 – dep. 06/04/2016, Tushaj, Rv. 26659401).
Dalla pena irrogata, superiore al minimo edittale (€ 10.000,00 con pena edittale da 3 mesi ad un anno di arresto o con l’ammenda da € 2.600,00 ad € 26.000,00), e dalla mancata concessione delle generiche emerge una non particolare tenuità del fatto; inoltre nella motivazione della decisione espressamente si evidenzia l’interramento in una «vasta area di stoccaggio dei rifiuti». Pertanto il fatto non può essere valutato di particolare tenuità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4/10/2017