Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti
Numero: 19435 | Data di udienza: 17 Gennaio 2012
* RIFIUTI – Deposito incontrollato – Natura di reato di pericolo – Fattispecie – Artt. 137 c.1°, 183 e 256 c.1° lett. b), D.Lgs. n. 152/2006 – Smaltimento dei rifiuti – Ignoranza della legge – Criterio dell’ordinaria diligenza e del c.d. “dovere di informazione”.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Maggio 2012
Numero: 19435
Data di udienza: 17 Gennaio 2012
Presidente: Teresi
Estensore: Fiale
Premassima
* RIFIUTI – Deposito incontrollato – Natura di reato di pericolo – Fattispecie – Artt. 137 c.1°, 183 e 256 c.1° lett. b), D.Lgs. n. 152/2006 – Smaltimento dei rifiuti – Ignoranza della legge – Criterio dell’ordinaria diligenza e del c.d. “dovere di informazione”.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 maggio 2012 (Ud. 17/01/2012) Sentenza n. 19435
RIFIUTI – Deposito incontrollato – Natura di reato di pericolo – Fattispecie – Artt. 137 c.1°, 183 e 256 c.1° lett. b), D.Lgs. n. 152/2006.
Nei reati di pericolo (quale è quello di deposito incontrollato di rifiuti), l’offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e può parlarsi di “pericolo” quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l’evento lesivo. Nella specie, non si può parlarsi di infrazione avente natura esclusivamente formale, in uno scarico senza autorizzazione, di acque reflue industriali (autolavaggio) attraverso tre vasche di decantazione, poiché sicuramente la carenza del prescritto controllo amministrativo preventivo sullo svolgimento dell’attività ha connotazioni intrinseche di rischio, in quanto è in grado di mettere in pericolo la salubrità dell’ambiente.
(conferma sentenza n. 4141/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del 26/11/2010) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Fenoglio
RIFIUTI – Smaltimento dei rifiuti – Ignoranza della legge – Criterio dell’ordinaria diligenza e del c.d. “dovere di informazione”.
L’ignoranza della legge penale scusa l’autore dell’illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Cost., 23.3.1998, n. 364). Nella specie, l’imputato non ha dimostrato di avere assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al c.d. “dovere di informazione”, attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire l’esatta conoscenza della normativa vigente in materia di smaltimento dei rifiuti.
(conferma sentenza n. 4141/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del 26/11/2010) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Fenoglio
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 maggio 2012 (Ud. 17/01/2012) Sentenza n. 19435SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Consigliere
Dott. ALDO FIALE – Consigliere Rel.
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da FENOGLIO ETTORE N. IL 27/06/1947
avverso la sentenza n. 4141 /2010 CORTE APPELLO di TORINO, del 26/11/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Don. ALDO FIALE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giuseppe Volpe che ha concluso per la declaratoria di inammisssibilità del ricorso in ordine ad entrambi i reati.
Udito il difensore, Avv.to Giancarlo Perassi, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Pinerolo, con sentenza dell’11.6.2009, affermava la responsabilità penale di Fenoglio Ettore in ordine ai reati di cui:
a) all’art. 137, 1° comma, D.Lgs. n. 152/2006 [poiché, quale imprenditore individuale esercente attività di riparazione meccanica di macchine per movimento terra, realizzava – senza autorizzazione – uno scarico di acque reflue Industriali, attraverso tre vasche di decantazione, in un attiguo corpo];
b) all’art. 256, 1° comma – lett. b), D.Lgs. n. 152/2006 [per avere effettuato, in mancanza della prescritta autorizzazione, una attività di raccolta e deposito di rifiuti pericolosi (filtri dell’olio e batterie ai piombo esauste) – acc. in Bibiana, al n. 68 di via Bagnolo, fino ai 13.3.2008]
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo condannava alle pene di euro 4.000,00 di ammenda per la contravvenzione di cui al capo a) e di mesi 4 di arresto ed euro 1.800,00 di ammenda per la contravvenzione di cui ai capo b), concedendo i doppi benefici.
Il Fenoglio proponeva “appello” e la Corte di appello di Torino, con sentenza del 26.11.2010, in parziale riforma della anzidetta decisione, ha ribadito l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo b) e, quarto alla contravvenzione di cui al capo a), ha qualificato li gravame come ricorso per cassazione.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso i difensori del Fenoglio, i quali – con riferimento espresso ad entrambi i capi di imputazione – hanno eccepito la inconfigurabilità dei due reati, poiché:
– nessuna prova sarebbe stata raggiunta in ordine all’effettivo scarico di reflui, attraverso le vasche di raccolta, nel corpo idrico attiguo all’officina dell’imputato;
– quanto ai filtri di olio ed alle batterie esauste, l’imputato non avrebbe richiesto l’autorizzazione essendo incorso in errore giustificabile circa la normativa da applicarsi per la realizzazione di un “deposito temporaneo” di rifiuti. In ogni caso non si sarebbe verificato inquinamento e non sarebbe stata in alcun modo compromessa l’integrità ambientale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Premesso che il ricorrente non ha rivolto alcuna censura alla decisione della Corte territoriale di rimettere direttamente a questa Corte Suprema le delibazione delle doglianze riferite alla sussistenza della contravvenzione di cui ai capo a), il ricorso – avente espressamente ad oggetto la pronunzia di responsabilità in ordine ad entrambi i reati – deve essere dichiarato inammissibile.
2. Il gravame, invero, risulta articolato in fatto quanto alla lamentata carenza di prove di un effettivo scarico di reflui da autolavaggio (mediante condotta costituita da tre vasche di decantazione) nel corpo idrico attiguo all’officina dell’imputata.
L’effettività di detto scarico è stata razionalmente dedotta dal giudice del merito in considerazione del fatto che l’imputato ne aveva chiesto l’autorizzazione (per un quantitativo di reflui sino a 1.500 mc. a settimana) ad autorità funzionalmente incompetente e, dopo avere ricevuto risposta negativa, non si era attivato all’inoltro di richiesta rituale. L’afflusso dei reflui nel corpo idrico non tira invece cessato, essendo stato accertato che tutti i veicoli erano sottoposti a lavaggio prima dell’effettuazione delle riparazioni.
3. Quanto all’attività di raccolta e deposito di filtri di olio e batterie esauste (rifiuti pericolosi), la Corte di merito ha correttamente escluso l’esistenza di un deposito temporaneo e regolare, rilevando che l’abbandono degli stessi era avvenuto in violazione delle prescrizioni poste dall’art. 183, lett. bb), del D.Lgs. n. 152/2006.
Del reato contravvenzionale in oggetto si risponde anche a titolo colpa. Per la sussistenza dell’elemento soggettivo è sufficiente, quindi, che il comportamento illecito sia derivato da imperizia, imprudenza o negligenza.
L’ignoranza della legge penale scusa l’autore dell’illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Cost., 23.3.1998, n. 364) mentre, nella specie, l’imputato non ha dimostrato di avere assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al c.d. “dovere di informazione”, attraverso l’espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire l’esatta conoscenza della normativa vigente in materia di smaltimento dei rifiuti.
3.1 In relazione, poi, alla prospettata inoffensività della condotta di deposito non autorizzato di rifiuti, va rilevato che, nei reati dl pericolo (quale è quello in esame), l’offesa al bene giuridico protetto consiste in un nocumento potenziale dello stesso, che viene soltanto minacciato, e – come evidenziato da autorevole dottrina – può parlarsi di “pericolo” quando, secondo un giudizio ex ante e secondo la migliore scienza ed esperienza, appare probabile che dalla condotta consegua l’evento lesivo.
Alla stregua di tali principi, non può ritenersi che, nella specie, la sanzione penale; sia stata inflitta per una condotta inosservante totalmente inoffensiva, in quanto …nell’omissione riscontrata in concreto deve ritenersi contenuto un disvalore tale da potere sicuramente integrare la messa in pericolo dell’ambiente (oltre che della gestione in mano pubblica della risorsa ambientale) quale bene finale tutelato.
Non può parlarsi, infatti, di infrazione avente natura esclusivamente formale, poiché sicuramente la carenza del prescritto controllo amministrativo preventivo sullo svolgimento dell’attività ha connotazioni intrinseche di rischio, in quanto è in grado di mettere in pericolo la salubrità dell’ambiente.
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto: il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria della stessa segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere, delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile ii ricorso in relazione ad entrambi i capi di imputazione e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille/00 in favore della Cassa delle ammende.
ROMA, 17.1.2012