Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 45821 | Data di udienza: 23 Ottobre 2012

* DIRITTO URBANISTICO – Aumento del c.d. «carico urbanistico» – Nozione di “organismo edilizio” – Nozione di “difformità totale” – C.d. autonoma utilizzabilità – Art. 44 lett. b) d.P.R. n.380/01 – Titoli abilitativi edilizi – Elusione – Suddivisione dell’attività edificatoria finale – Configurabilità del reato – Presupposti – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela paesaggistica – Modifica dell’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo – Reato formale e di pericolo – Configurabilità – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Novembre 2012
Numero: 45821
Data di udienza: 23 Ottobre 2012
Presidente: Fiale
Estensore: Ramacci


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Aumento del c.d. «carico urbanistico» – Nozione di “organismo edilizio” – Nozione di “difformità totale” – C.d. autonoma utilizzabilità – Art. 44 lett. b) d.P.R. n.380/01 – Titoli abilitativi edilizi – Elusione – Suddivisione dell’attività edificatoria finale – Configurabilità del reato – Presupposti – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela paesaggistica – Modifica dell’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo – Reato formale e di pericolo – Configurabilità – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 Novembre 2012 (Ud. 23/10/2012) Sentenza n. 45821

DIRITTO URBANISTICO – Aumento del c.d. «carico urbanistico» – Nozione di “organismo edilizio” – Nozione di “difformità totale” – C.d. autonoma utilizzabilità – Art. 44 lett. b) d.P.R. n.380/01.
 
In materia urbanistica, l’espressione «organismo edilizio» indica sia una sola unità immobiliare, sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo, sia all’effettuazione di modificazioni con opere anche soltanto interne tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica in quanto incidente sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del c.d. «carico urbanistico» (Cass. Sez. III, 27/01/2009, n. 3593). Difformità totale può aversi, inoltre, anche nel caso di mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di parte di esso, realizzato attraverso opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto. Inoltre, il riferimento alla «autonoma utilizzabilità» non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato. Dunque, la difformità totale si verifica allorché si costruisca «aliud pro alio» quando, cioè, i lavori eseguiti tendano a realizzare opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale.
 
(conferma sentenza n. 1685/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del 04/11/2011) Pres. Fiale, Est. Ramacci, Ric. Orlando
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Titoli abilitativi edilizi – Elusione – Suddivisione dell’attività edificatoria finale – Configurabilità del reato – Presupposti.
 
Non è possibile eludere il regime dei titoli abilitativi edilizi mediante la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale e ciò in quanto l’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Cass. Sez. III 14/2/2012, n. 4618; Cass. Sez. III, 24/09/2010 n. 34585; Cass. Sez. III, 28/05/2010 n. 20363).
 
(conferma sentenza n. 1685/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del 04/11/2011) Pres. Fiale, Est. Ramacci, Ric. Orlando
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Tutela paesaggistica – Modifica dell’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo – Reato formale e di pericolo – Configurabilità – Art. 181 d.lgs. n. 42/2004.
 
In tema di tutela paesaggistica, assume rilievo ogni intervento astrattamente idoneo ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo paesaggistico ed eseguito in assenza o in difformità della prescritta autorizzazione, secondo un’individuazione della potenzialità lesiva da effettuarsi mediante una valutazione ex ante, diretta ad accertare non già se vi sia stato un danno al paesaggio ed all’ambiente, bensì se il tipo di intervento fosse astrattamente idoneo a ledere il bene giuridico tutelato (Cass.. Sez. III, 28/3/2003 n. 14461; Cass. n.14457, 2832003; Cass. 20/3/2003 n. 12863; Cass. 7/03/2003 n.10641). Infatti, il reato di cui all’art. 181 d.lgs. 422004 è un reato formale e di pericolo che si perfeziona, indipendentemente dal danno arrecato al paesaggio, con la semplice esecuzione di interventi non autorizzati idonei ad incidere negativamente sull’originario assetto dei luoghi sottoposti a protezione (Cass. Sez. III n.2903, 22/01/ 2010).
 
(conferma sentenza n. 1685/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del 04/11/2011) Pres. Fiale, Est. Ramacci, Ric. Orlando
 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 23 Novembre 2012 (Ud. 23/10/2012) Sentenza n. 45821

SENTENZA

 

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. ALDO FIALE – Presidente
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
1) ORLANDO RAFFAELE N. IL 28/04/1970
2) RICCHIELLO LUIGI N. IL 18/04/1968
avverso la sentenza n. 1685/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del 04/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. L. RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. VOLPE
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente alla esclusione della sospensione condizionale della pena pecuniaria. Rigetto nel resto.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza del 4.11.2011, ha confermato la decisione con la quale, in data 9.7.2009, il Tribunale di quella città, Sezione Distaccata di Casarano, aveva riconosciuto Raffaele ORLANDO e Luigi RICCHELLO responsabili dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 44 lett. b) d.P.R. 380/01 e 181 d.lgs. 42/2004 per aver realizzato, il primo quale proprietario ed il secondo quale direttore dei lavori, interventi edilizi in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale ed idrogeologico, in totale difformità da quelle assentite, relative a preesistente immobile per il quale erano stati richiesti la modifica e l’ampliamento a piano terra e la sopraelevazione al primo piano per la realizzazione di un insediamento da destinare a «bed & breakfast».
 
Avverso tale pronuncia i predetti propongono un unico ricorso per cassazione.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione di legge per avere la Corte territoriale confermato la pronuncia del giudice di prime cure senza specificare le ragioni per le quali andavano disattese le argomentazioni prospettate dalla difesa, che riproducevano nel dettaglio.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso rilevano l’erronea applicazione dell’art. 181 d.lgs. n.42/2004, in ragione della consistenza degli interventi i quali, come illustrato nel primo motivo di ricorso, devono considerarsi di minima rilevanza e, in quanto tali, inidonei ad arrecare nocumento all’integrità del paesaggio.
 
4. Con un terzo motivo di ricorso lamentano la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla sospensione condizionale della pena, che il primo giudice aveva concesso relativamente alla sola pena detentiva con espresso richiamo all’ultima parte dell’art. 163, comma primo cod. pen..
 
Osservano, a tale proposito, che non era dato sapere se la concessione del beneficio con le modalità indicate fosse conseguenza di un ragguaglio effettuato a norma dell’art. 135 cod. pen., all’esito del quale la pena complessiva superava i due anni, ragguaglio però errato, perché il criterio all’epoca vigente -38,00 euro per giorno – non determinava il superamento del limite, oppure di un mero errore e che la Corte territoriale, a fronte di a tale considerazione, si era genericamente limitata ad affermare che il beneficio era stato concesso e che la subordinazione dello stesso alla demolizione delle opere era pienamente legittimo.
 
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
In data 20.10.2012 il difensore ha fatto pervenire, a mezzo fax, dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze proclamata dall’OUA, con richiesta di rinvio che non è stata accolta stante l’imminente prescrizione del reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
5. Il ricorso è inammissibile.
 
Occorre rilevare, con riferimento al primo e secondo motivo di ricorso, che i ricorrenti, pur denunciando formalmente la violazione di legge, di fatto propongono in questa sede una serie di argomentazioni in fatto, con richiami alle risultanze dell’istruzione dibattimentale, il cui esame è precluso al giudice di legittimità.
 
Viene infatti prospettata una disamina delle opere realizzate secondo un criterio già sottoposto all’esame della Corte territoriale e da questa adeguatamente confutato e concernente, in sostanza, l’individuazione di parte degli interventi rispetto ai quali dovrebbe escludersi ogni responsabilità penale e l’indicazione dei restanti interventi come minime variazioni prive di rilevanza penale.
 
Osserva in primo luogo la Corte che tale criterio di valutazione degli interventi in contestazione è del tutto errato, come correttamente rilevato dai giudici del gravame, perché, come si è avuto già modo di affermare, non è possibile eludere il regime dei titoli abilitativi edilizi mediante la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale e ciò in quanto l’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Sez. III n. 4618, 14 febbraio 2012; Sez. III n. 34585, 24 settembre 2010; Sez. III n. 20363, 28 maggio 2010).
 
6. Ciò premesso, va rilevato che la Corte territoriale ha operato una adeguata valutazione delle doglianze mosse con l’atto di appello, fornendo adeguata risposta con puntuali richiami alle risultanze dibattimentali sulle singole opere che la difesa aveva preso in considerazione per escluderne la rilevanza (vano al piano terra di mq 14, vani tecnici al secondo piano ed opere al piano terra), così dimostrando che detti interventi avevano consistenza diversa da quella riduttivamente considerata dalla difesa, individuando puntualmente gli elementi di riscontro a tali affermazioni.
 
A fronte di un così dettagliato percorso argomentativo seguito dai giudici del gravame, del tutto scevro da cedimenti logici o manifeste contraddizioni, non può dunque trovare ingresso in questa sede, come si è già detto, una diversa lettura dei dati fattuali finalizzata ad una valutazione diversa rispetto a quella operata dai giudici di merito.
 
7. Risulta inoltre corretta la qualificazione giuridica degli interventi realizzati come opere in difformità totale da quelle assentite.
 
Come è noto, la definizione di totale difformità è contenuta nell’articolo 31 del TU edilizia, ove viene precisato che sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.
 
Questa Corte (Sez. III n. 3593, 27 gennaio 2009) ha già avuto modo di precisare che l’espressione «organismo edilizio» indica sia una sola unità immobiliare, sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo, sia all’effettuazione di modificazioni con opere anche soltanto interne tali da comportare un intervento che abbia rilevanza urbanistica in quanto incidente sull’assetto del territorio attraverso l’aumento del c.d. «carico urbanistico». Difformità totale può aversi, inoltre, anche nel caso di mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di parte di esso, realizzato attraverso opere implicanti una totale modificazione rispetto al previsto. Inoltre, il riferimento alla «autonoma utilizzabilità» non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall’organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato. Dunque, la difformità totale si verifica allorché si costruisca «aliud pro alio» quando, cioè, i lavori eseguiti tendano a realizzare opere non rientranti tra quelle consentite, che abbiano una loro autonomia e novità, oltre che sul piano costruttivo, anche su quello della valutazione economico-sociale.
 
Alla luce di tali condivisibili considerazioni emerge con chiarezza la correttezza delle conclusioni cui sono pervenuti i giudici del gravame, i quali hanno posto l’accento sulla consistenza delle opere accertata dal primo giudice e, segnatamente, sulla costruzione di un nuovo vano al piano terra, la destinazione di due vani tecnici ad uso residenziale, la realizzazione di un porticato in luogo di un pergolato, nonché di un altro porticato al secondo piano non previsto in progetto, dando correttamente atto del fatto che tali interventi rientrano a pieno titolo tra quelli in totale difformità, avendo determinato la realizzazione di un organismo edilizio completamente diverso da quello originariamente assentito per complessiva volumetria ed aspetto esteriore.
 
8. Nondimeno, puntuali e corrette appaiono le conseguenti conclusioni concernenti la violazione della disciplina paesaggistica, in quanto il reato di cui all’art. 181 d.lgs. 42\2004 risulta perfettamente integrato dalla condotta dianzi descritta.
 
Si tratta, come è noto, di reato formale e di pericolo che si perfeziona, indipendentemente dal danno arrecato al paesaggio, con la semplice esecuzione di interventi non autorizzati idonei ad incidere negativamente sull’originario assetto dei luoghi sottoposti a protezione (v. Sez. III n.2903, 22 gennaio 2010 ed altre prec. conf.).
 
Assume dunque rilievo ogni intervento astrattamente idoneo ad incidere, modificandolo, sull’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo paesaggistico ed eseguito in assenza o in difformità della prescritta autorizzazione, secondo un’individuazione della potenzialità lesiva da effettuarsi mediante una valutazione ex ante, diretta ad accertare non già se vi sia stato un danno al paesaggio ed all’ambiente, bensì se il tipo di intervento fosse astrattamente idoneo a ledere il bene giuridico tutelato (v. ex pl. Sez. III n. 14461, 28 marzo 2003; n.14457, 28\3\2003; n. 12863, 20 marzo 2003; n.10641„ 7 marzo 2003).
 
La tipologia e consistenza degli interventi descritti dalla Corte territoriale consente di collocarli, senza ombra di dubbio, tra quelli penalmente rilevanti ed i giudici del gravame, facendo buon uso dei principi appena richiamati, hanno appunto affermato che le opere in contestazione presentavano una concreta e non solo potenziale idoneità a ledere l’integrità del paesaggio e ciò in ragione dell’alterazione dei luoghi, della permanente destinazione d’uso e della non trascurabile entità.
 
Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza impugnata risulta del tutto immune da censure.
 
9. Per quanto attiene, infine, al terzo motivo di ricorso, occorre rilevare che anch’esso non supera la soglia dell’ammissibilità.
 
La questione in esso prospettata viene dedotta per la prima volta in questa sede di legittimità.
 
Invero, come dato correttamente atto dalla Corte territoriale, nell’atto di appello gli imputati richiedevano testualmente, nella parte finale dell’atto di gravame e senza aver argomentato alcunché in precedenza, di «…gradatamente ridurre la pena nell’ambito del minimo edittale, considerando anche lo stato di incensuratezza degli imputati e l’applicazione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. e disporre la sospensione condizionale della pena».
 
Nessun riferimento specifico viene effettuato alla statuizione del primo giudice sul punto né, tanto meno, al richiamo da questi effettuato all’art. 163, comma 1, ultima parte cod. pen., cosicché, del tutto correttamente, la Corte territoriale si è limitata ad osservare, rispetto ad una siffatta doglianza, che la sospensione condizionale della pena era stata già concessa dal giudice di prime cure.
 
Non vi è stata pertanto, da parte dei giudici del gravame alcuna violazione di legge o inadempimento dell’onere motivazionale.
 
10. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso il 23.10.2012
 

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