Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 41309 | Data di udienza: 17 Aprile 2012

DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Reati edilizi ed urbanistici – Individuazione soggetti responsabili – Natura di reato “proprio” o “a soggettività ristretta” – Proprietario c.d. “extraneus” non committente – Artt. 29, 44 lett. c), 64, 65, 71, 72, 93 e 94 D.P.R. 380/01181 c.1 bis D. L.vo 42/04 – 734 cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – GUP – Potere di integrazione probatoria officiosa – Art. 441 c.5 c. p. p. – Vizio di illogicità della motivazione – Sindacato in sede di legittimità – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Ottobre 2012
Numero: 41309
Data di udienza: 17 Aprile 2012
Presidente: Squassoni
Estensore: Grillo


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Reati edilizi ed urbanistici – Individuazione soggetti responsabili – Natura di reato “proprio” o “a soggettività ristretta” – Proprietario c.d. “extraneus” non committente – Artt. 29, 44 lett. c), 64, 65, 71, 72, 93 e 94 D.P.R. 380/01181 c.1 bis D. L.vo 42/04 – 734 cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – GUP – Potere di integrazione probatoria officiosa – Art. 441 c.5 c. p. p. – Vizio di illogicità della motivazione – Sindacato in sede di legittimità – Limiti.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 23 Ottobre 2012 (Ud. 17/04/2012) Sentenza n. 41309

DIRITTO URBANISTICO – Abuso edilizio – Reati edilizi ed urbanistici  – Individuazione soggetti responsabili – Natura di reato “proprio” o “a soggettività ristretta” – Proprietario c.d. “extraneus” non committente – Artt. 29, 44 lett. c), 64, 65, 71, 72, 93 e 94 D.P.R. 380/01Art. 181 c.1 bis D. L.vo 42/04 – 734 cod. pen.
 
In materia di reati edilizi ed urbanistici la responsabilità dei soggetti nasce in virtù della natura di reato “proprio” o “a soggettività ristretta” della fattispecie incriminatrice affermando l’attribuibilità del fatto a soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 29, comma 1°, del D.P.R. 380/01, nella misura in cui costoro apportino, nella realizzazione dell’evento, un contributo causale rilevante e consapevole. E tanto vale soprattutto per il proprietario c.d. “extraneus” non committente, chiamato a rispondere degli eventuali abusi secondo le regole generali sul concorso di persona nel reato laddove sia stato prestato un contributo soggettivo nella realizzazione dell’evento (Cass. Sez. 3^ 22.11.2007 n. 47083, Tartaglia; Cass. Sez. 3^ 23.3.2011 n. 16571, Iacono ed altro; Cass. Sez. 3^ 23.3.2011 n. 21775, Ronga ed altri, in materia di violazione della normativa antisismica).
 
(riforma sentenza n. 6237/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 26/11/2010) Pres. Squassoni, Est. Grillo, Ric. Borzacchiello
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – GUP – Potere di integrazione probatoria officiosa – Art. 441 c.5 c. p. p..
 
Non è abnorme il ricorso da parte del GUP al potere di integrazione probatoria officiosa riconosciuto dall’art. 441 comma 5 cod. proc. pen. (Cass. Sez. 6^ 6.12.2011, Mannino) e che la valutazione discrezionale da parte del GUP circa la necessità della prova non è sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. Sez. 2^ 17.6.2010 n. 35987, Melillo; Cass. Sez. 6^ 16.6.2010 n. 30590).

(riforma sentenza n. 6237/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 26/11/2010) Pres. Squassoni, Est. Grillo, Ric. Borzacchiello
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Vizio di illogicità della motivazione – Sindacato in sede di legittimità – Limiti.
 
In ipotesi di denunciato vizio di illogicità della motivazione, il sindacato in sede di legittimità, è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica, nonché della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive, rimanendo quindi esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano risultate frutto di affermazioni apodittiche o illogiche. (Cass. Sez. 1^ 12.5.1999 n. 9539 Commisso ed altri, Rv. 215132; Cass. Sez. 3^ 12.10.2007 n. 40542, Marrazzo ed altro, Rv. 238016).

(riforma sentenza n. 6237/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 26/11/2010) Pres. Squassoni, Est. Grillo, Ric. Borzacchiello


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 23 Ottobre 2012 (Ud. 17/04/2012) Sentenza n. 41309

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. ALDO FIALE          – Consigliere 
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere Rel.
Dott. GUICLA MULLIRI            – Consigliere  
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sul ricorso proposto da BORZACCHIELLO CRESCENZO N. IL 20/10/1957
avverso la sentenza n. 6237/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 26/11/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D. E.che ha concluso per   l’annullamento con rinvio limitatamente alla sospensione condizionale della pena.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.1 Con sentenza del 26 novembre 2008 il Tribunale di Napoli dichiarava BORZACCHIELLO Crescenzo colpevole dei reati di cui agli art. 44 D.P.R. lett. c); 64, 65, 71, 72, 93 e 94 del D.P.R. 380/01; 181 comma 1 bis D. L.vo 42/04 e 734 cod. pen. [Fatti accertati in Barano D’Ischia il 17 giugno 2007] e lo condannava, ritenuta la continuazione, alla pena di mesi dieci di reclusione, disponendo contestualmente la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino a spese del condannato.
 
1.2 Investita del gravame proposto dall’imputato, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 26 novembre 2011 confermava la decisione di cui sopra, avverso la quale BORZACCHIELLO Crescenzo Franco propone – a mezzo del proprio difensore fiduciario – ricorso deducendo cinque articolati motivi: 
a) inosservanza e/o erronea applicazione della legge processuale penale (artt. 438 e 441 comma 5 cod. proc. pen.) per avere indebitamente la Corte territoriale ritenuto corretto l’operato del Tribunale che, in sede di giudizio abbreviato, aveva disposto di ufficio l’integrazione dell’attività istruttoria attraverso l’audizione di testi ritenendo il processo non decidibile allo stato degli atti;
b) difetto di motivazione per contraddittorietà e/o illogicità manifesta per avere la Corte territoriale ritenuto ultimate le opere edilizie alla data del 17 maggio 2007, senza tenere in conto le dichiarazioni di numerosi testi escussi in sede di indagini difensive ex art. 391 bis cod. proc. pen. ed ancora per non avere tenuto in conto una memoria difensiva prodotta in udienza dalla difesa relativa alla data di ultimazione delle opere; 
c) illogicità manifesta e vizio di travisamento della prova sempre in relazione all’epoca effettiva di ultimazione delle opere, interpretando in modo erroneo il contenuto di alcun i rilievi fotografici; 
d) violazione di legge per inosservanza della legge, per avere la Corte ritenuto il BORZACCHIELLO responsabile dei reati nella veste di proprietario e dunque di soggetto estraneo ai fatti addebitabili solo all’autore materiale delle violazioni urbanistiche ovvero al committente delle opere; 
e) mancanza di motivazione e sua manifesta illogicità e/o contraddittorietà in punto di diniego del beneficio della sospensione condizionale.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso può essere accolto limitatamente al quinto motivo dovendosi ritenere gli altri infondati. Va premesso che, sebbene assai articolati, i motivi di ricorso dal primo al quarto contengono in realtà numerosissimi richiami giurisprudenziali, senza tuttavia, che risultino specificate le ragioni sottostanti a ciascuno dei motivi ora considerati. Così come altrettanto doverosamente deve essere evidenziato che la Corte territoriale sulle censure formulate in sede di appello ha adeguatamente motivato, con argomentazioni che si sottraggono a vizi di illogicità manifesta ovvero di incompletezza. In particolare, per quanto riguarda il motivo afferente ad una presunta violazione dell’art. 441 comma 5 cod. proc. pen., il vizio denunciato non coglie nel segno in quanto il giudice distrettuale si è uniformato ai principi più volte affermati da questa Corte in tema di ammissibilità delle integrazioni probatorie c.d. “officiose” nell’ambito del giudizio abbreviato condizionato. 
 
Alle puntuali osservazioni svolte dal Corte partenopea può aggiungersi che ripetutamente questa Corte di legittimità ha precisato che non è abnorme il ricorso da parte del GUP al potere di integrazione probatoria officiosa riconosciuto dall’art. 441 comma 5 cod. proc. pen. (in termini da ultimo Cass. Sez. 6^ 6.12.2011, Mannino, Rv. 251568) e che la valutazione discrezionale da parte del GUP circa la necessità della porva non è sindacabile sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. Sez. 2^ 17.6.2010 n. 35987, Melillo, Rv. 248181; Cass. Sez. 6^ 16.6.2010 n. 30590, C. Rv. 248043).
 
2. Quanto, poi, all’omessa valutazione da parte del giudice distrettuale del profilo evidenziato dall’imputato circa i limiti – che si asserisce siano stati superati – invalicabili da parte del GUP nel caso di ricorso al potere officioso di integrazione probatoria, la Corte territoriale ha fornito adeguata e corretta motivazione sul punto, nella misura in cui ha riconosciuto la necessità da parte del Tribunale di effettuare quelle integrazioni, senza che ciò comportassero – come invece preteso dal ricorrente – la ricostruzione del fatto ovvero l’attribuibilità di esso all’imputato. 
 
Traendo spunto da quanto di recente affermato da questa Corte in ordine ai limiti del potere officioso di integrazione probatorio esercitabile dal giudice ai sensi dell’art. 441 comma 5 cod. proc. pen. non può che ribadirsi il consolidato orientamento secondo il quale è preclusa dalla scelta del rito abbreviato solo l’acquisizione di prove concernenti la ricostruzione storica del fatto e l’attribuibilità di esso all’imputato (in termini Cass. Sez. 3^ 16.6.2010 n. 33939; nello stesso senso Cass. Sez. 4^ 15.6.2005 n. 35247). 
 
Ma tali regole sono state esattamente osservate dalla Corte napoletana che ha esplicitato le ragioni per le quali alcune prove testimoniali e documentali fossero assolutamente indispensabili, non già per una ricostruzione storica del fatto, quanto per verificare l’esattezza e completezza dei dati acquisiti sulla base delle testimonianze rese dai testi STANZIOLA e DI COSTANZO la cui audizione aveva formato oggetto della richiesta di rito abbreviato condizionato da parte dell’imputato.
 
3. Anche per quanto riguarda i due motivi – esaminabili congiuntamente – relativi alla illogicità manifesta della motivazione circa la data di effettiva ultimazione delle opere (che l’imputato colloca al 1994) e circa il travisamento della prova relativa alla individuazione della data di ultimazione, le diffuse e precise argomentazioni sviluppate dalla Corte si sottraggono a qualsiasi censura di illogicità o incompletezza o contraddittorietà della motivazione. Va precisato, al riguardo, che per potersi parlare fondatamente di un simile vizio, esso deve risultare dal testo della motivazione e deve consistere nell’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa sottoposto al giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un argomento specifico relativo ad un punto della decisione che pure è stato trattato, sebbene in un’ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, dando una risposta solo implicita all’osservazione della parte; deve, altresì (o in alternativa) profilarsi una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono. Ne consegue che il sindacato in sede di legittimità, in ipotesi di denunciato vizio di illogicità della motivazione è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica, nonché della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive, rimanendo quindi esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano risultate frutto di affermazioni apodittiche o illogiche. (Cass. Sez. 1^ 12.5.1999 n. 9539 Commisso ed altri, Rv. 215132; Cass. Sez. 3^ 12.10.2007 n. 40542, Marrazzo ed altro, Rv. 238016).
 
4. Detto questo, la Corte di Appello non si è di certo sottratta ai propri compiti di (ri)valutazione del materiale probatorio sottoposto al suo esame, dandosi, invece, cura di analizzare le varie incongruenze segnalate dall’appellante (si vedano a tal proposito la pagg. 5-7 della sentenza in cui vengono indicati i vari punti critici che portavano ad individuare come certa la data di interruzione della permanenza il 17 maggio 2007 in coincidenza con l’accertamento ed il sequestro preventivo della costruzione ancora non completata) avendo avuto peraltro cura la Corte territoriale di fare un excursus che l’ha portata a distinguere nettamente la costruzione preesistente da quella nuova, sulla base di riscontri documentali ritenuti, a ragione,inoppugnabili (non solo fotografie ma documenti amministrativi relativi alle pratiche di condono edilizio coltivate dall’imputato).
 
5. Anche la censura relativa al mancato rilievo dato dalla Corte ai risultati di alcune testimonianze acquisite dalla difesa ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. pen. nell’ambito di investigazioni difensive condotte proprio sul punto riguardante l’epoca della costruzione è sostanzialmente priva di pregio, in quanto la Corte, nel valorizzare in modo assoluto documenti amministrativi e fotografie dai contenuti “incontrovertibili”, ha di fatto ritenuto del tutto prive di rilievo, seppure in via implicita, tali testimonianze in quanto in palese contrasto con dati oggettivi di assoluta certezza. Ne consegue che le censure mosse con i motivi di cui ai par. 2) e 3) oltretutto ripetitive di quanto già sottoposto alla valutazione della Corte territoriale che non si è di certo sottratta al suo compito, sono certamente infondate.
 
6. Anche il motivo relativo alla indebita attribuzione del fatto-reato al BORZACCHIELLO in quanto asseritamente proprietario non committente, non ha alcuna ragion d’essere avendo sul punto il giudice territoriale osservato le regole interpretative più volte ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di soggetti responsabili dei reati edilizi ed urbanistici. Infatti la Corte in virtù della natura di reato “proprio” o “a soggettività ristretta” della fattispecie incriminatrice ha sempre affermato l’attribuibilità del fatto a soggetti diversi da quelli individuati dall’art. 29, comma 1°, del D.P.R. 380/01, nella misura in cui costoro apportino, nella realizzazione dell’evento, un contributo causale rilevante e consapevole. E tanto vale soprattutto per il proprietario c.d. “extraneus” non committente, chiamato a rispondere degli eventuali abusi secondo le regole generali sul concorso di persona nel reato laddove sia stato prestato un contributo soggettivo nella realizzazione dell’evento (vds. Cass. Sez. 3^ 22.11.2007 n. 47083, Tartaglia, Rv. 238471; Cass. Sez. 3^ 23.3.2011 n. 16571, Iacono ed altro, Rv. 250147; Cass. Sez. 3^ 23.3.2011 n. 21775, Ronga ed altri, Rv. 250377 in materia di violazione della normativa antisismica).
 
7. Peraltro con motivazione insindacabile in sede di legittimità in quanto basata su un giudizio di fatto, la Corte partenopea ha evidenziato la qualità di committente del BORZACCHIELLO desumendola anche dal diretto interesse manifestato dallo stesso con la presentazione di una istanza nel giugno 2008 (successiva, quindi, all’accertamento degli abusi) all’Ufficio tecnico Comunale volta ad ottenere la certificazione di corrispondenza delle opere sequestrate il 17 maggio 2007 alla domanda di condono precedentemente presentata (vds. pag. 5 della sentenza impugnata). Così come l’assunzione da parte del BORZACCHIELLO delle funzioni di custode all’atto del sequestro rappresenta altro elementi indicativo del diretto interesse del BORZACCHIELLO alla realizzazione dell’opera e dunque del suo apporto causale nella commissione del reato. Né l’assolvimento di un munus pubblico esclude di per sé il diretto interesse del BORZACCHIELLO alla realizzazione, desunto dalla Corte da plurimi e significativi elementi tra i quali, anche, le precedenti istanze di condono relative al fabbricato precedente sotto il quale è stato poi realizzato l’immobile per cui è processo (vds. pag. 6 della sentenza nella quale viene anche offerta la spiegazione – attraverso un persuasivo richiamo per relationem – del perché non potesse ritenersi autore dell’abuso la moglie dell’imputato).
 
8. E’, di contro, fondato l’ultimo motivo afferente alla carenza di motivazione in punto di sospensione condizionale della pena per la quale era stata formulata esplicita richiesta nei motivi di appello in relazione al diniego da parte del Tribunale: richiesta cui la Corte non ha dato alcuna risposta. Sul punto va disposto annullamento con rinvio al altra Sezione della Corte di Appello perché si pronunci motivatamente su tale istanza. Per il resto il ricorso deve essere rigettato.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli limitatamente al punto della sospensione condizionale della pena. 
 
Rigetta nel resto il ricorso. 
 
Così deciso in Roma, 17 aprile 2012.
 

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