Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 3579 |
Data di udienza: 24 Ottobre 2018
RIFIUTI – Rifiuti speciali prodotti da terzi – Attività di raccolta e trasporto senza autorizzazione svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale – Illecita gestione di rifiuti – Elemento psicologico del reato – Buona fede – Onere della prova – Art. 256 d.lgs n.152/2006 – Causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Reati necessariamente abituali e quelli eventualmente abituali – Inapplicabilità – Art. 131-bis cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Elementi e circostanze – Valutazione del giudice – Limite all’onere di motivazione del diniego.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Gennaio 2019
Numero: 3579
Data di udienza: 24 Ottobre 2018
Presidente: LAPALORCIA
Estensore: GAI
Premassima
RIFIUTI – Rifiuti speciali prodotti da terzi – Attività di raccolta e trasporto senza autorizzazione svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale – Illecita gestione di rifiuti – Elemento psicologico del reato – Buona fede – Onere della prova – Art. 256 d.lgs n.152/2006 – Causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Reati necessariamente abituali e quelli eventualmente abituali – Inapplicabilità – Art. 131-bis cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Elementi e circostanze – Valutazione del giudice – Limite all’onere di motivazione del diniego.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.3579
RIFIUTI – Rifiuti speciali prodotti da terzi – Attività di raccolta e trasporto senza autorizzazione svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale – Illecita gestione di rifiuti – Elemento psicologico del reato – Buona fede – Onere della prova – Art. 256 d.lgs n.152/2006.
In tema di rifiuti, integra il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006, l’attività di raccolta e trasporto, senza autorizzazione, di rifiuti speciali prodotti da terzi (per lo più rottami ferrosi) conferendoli presso l’impianto di recupero. In tale ambito, non è richiesta per l’integrazione della fattispecie contravvenzionale, una vera e propria organizzazione strutturata, in quanto il reato è configurabile anche quando l’attività illecita sia svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale. Inoltre, in tema di elemento psicologico del reato, l’ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione. Nella specie, fattore neppure prospettato dal ricorrente che si è limitato, in definitiva, ad invocare la buona fede.
RIFIUTI – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto – Reati necessariamente abituali e quelli eventualmente abituali – Inapplicabilità – Art. 131-bis cod. pen..
La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen., non può essere applicata ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica, traendone la conseguenza che deve essere esclusa la ricorrenza della particolare tenuità del fatto in caso di reiterato conferimento di rifiuti prodotti, da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, Sentenza n. 30134 del 05/04/2017, Dentice; Sez. 3, Sentenza n. 48318 del 11/10/2016, P.M. in proc. Halilovic).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Elementi e circostanze – Valutazione del giudice – Limite all’onere di motivazione del diniego.
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza – l’onere di motivazione per il diniego dell’attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Piliero; Sez. 3, n. 44071, del 25/09/2014, Papini e altri), elementi rispetto ai quali il ricorso permane generico.
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 20/11/2017 – TRIBUNALE DI ASTI) Pres. LAPALORCIA, Rel. GAI, Ric. Sgambato
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.3579
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 24/01/2019 (Ud. 24/10/2018), Sentenza n.3579
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Sgambato Aniello, nato a San Felice a Cancello;
avverso la sentenza del 20/11/2017 del Tribunale di Asti;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Asti, con sentenza emessa in data 20 novembre 2017, ha condannato Sgambato Aniello, alla pena di € 3.000 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006, perché, senza autorizzazione, effettuava attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali prodotti da terzi (per lo più rottami ferrosi) conferendoli presso l’impianto di recupero ditta Peretti, corrente in Carmagrola. Commesso dal 2014 al 4/09/2014.
2. Avverso la sentenza hanno p – oposto ricorsi per cassazione, con identità di motivi, l’imputato personalmente, in data 15/01/2018, e il difensore di fiducia dell’imputato, in data 31/01/2018, e ne hanno chiesto l’annullamento deducendo, cinque identici motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità penale. Ritiene il ricorrente carente la motivazione della condanna in assenza di alcun accertamento giudiziale, fondata su mera prova documentale, e chiede una nuova valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento del convincimento del Giudice. L’esame dei registri di carico e scarico dei rifiuti non dimostrerebbero trasporto, né l’organizzazione dell’attività di gestione ai rifiuti.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett.b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006 e art. 5 cod.pen. con riguardo all’elemento soggettivo del reato. L’imputato avrebbe agito in buona fede e ciò deriverebbe dalla complessità della normativa di settore, situazione di maggior pregnanza allorchè la condotta sia posta in essere da privati e non da imprese del settore. Anche il modesto guadagno deporrebbe come prova della buona fede.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett.b) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. in presenza di una non particolare gravità del fatto e di non significativa reiterazione delle condotte.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett.b) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze ci cui all’art. 62 bis coa.pen. erroneamente escluse in ragione della mancata partecipazione al giudizio dibattimentale, a fronte di una vicenda che le avrebbe giustificate.
2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’illogicità del trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo e superiore a quello irrogata con decreto penale di condanna e con motivazione insufficiente.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Deve preliminarmente dichiararsi l’inammissibilità del ricorso presentato personalmente dall’imputato Sgambato Aniello, in data 15/01/2018, ai sensi dell’art. 613 comma 1 cod.proc.pen..
5. Anche il ricorso presentato dal difensore di fiducia è inammissibile per la proposizione di motivi generici e/o manifestamente infondati o non appartenenti al novero di quelli consentiti ex art. 606 cod.proc.pen. nel giudizio di legittimità.
6. Il primo motivo di ricorso afferente all’affermazione della responsabilità penale per il reato contestato è inammissibile, perché non contiene la denuncia di vizi riconducibili alle categorie di cui all’art. 606 cod. proc. pen., ma appare semplicemente diretto a ottenere da questa Corte una rivalutazione del merito della responsabilità penale; rivalutazione preclusa in sede di legittimità (S.U. n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv 226074). E’ lo stesso ricorrente che nel corpo del motivo, dietro la deduzione di un vizio della motivazione, espressamente chiede una rivalutazione del fatto che non è consentita nel giudizio di legittimità.
Anche a prescindere da tale assorbente considerazione, la sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata laddove dà conto delle risultanze documentali dalle quali ha tratto la prova del trasporto, senza autorizzazione, di rilevanti quantitativi di rottami, risultando che il ricorrente aveva conferito, nell’anno 2014, a titolo oneroso, rottami ferrosi presso la ditta Peretti Rottami srl, e, dunque, li aveva colà trasportati non essendo iscritto nell’Albo dei gestori ambientali.
In tale ambito deve rammentarsi che non è richiesta, per l’integrazione della fattispecie contravvenzionale, una vera e propria organizzazione strutturata, in quanto il reato è configurabile anche quando l’attività illecita sia svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale (Sez. 3, n. 24431 del 25/05/2011, Grisetti, Rv. 250614).
7. Anche il motivo concernente il vizio di motivazione in relazione al profilo dell’errore scusabile nel quale sarebbe incorso l’imputato a causa delle difficoltà interpretative della normativa di settore, non si sottrae alla dichiarazione di inammissibilità.
Questa Corte ha da tempo affermato, condivisibilmente, che in tema di elemento psicologico del reato, l’ignoranza da parte dell’agente sulla normativa di settore e sull’illiceità della propria condotta è idonea ad escludere la sussistenza della colpa, se indotta da un fattore positivo esterno ricollegabile ad un comportamento della pubblica amministrazione (Sez. 3, n. 35324 del 20/05/2016, P.M. in proc. Oggero, Rvi 26800; Sez. 1, n. 47712 del 15/07/2015, Basile, Rv. 265424; Sez. 3, n. 42021 del 18/07/2014, Paris, Rv. 260657), fattore neppure prospettato dal ricorrente che si è limitato, in definitiva, ad invocare la buona fede.
8. Il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. è stato correttamente argomentato in ragione dei plurimi conferimenti e, dunque, è stato escluso in ragione della reiterazione della condotta di reato.
Questa Corte di legittimità ha già ripetutamente affermato che he la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-biscod. pen., non può essere applicata ai reati necessariamente abituali ed a quelli eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante reiterazione della condotta tipica, traendone la conseguenza che deve essere esclusa la ricorrenza della particolare tenuità del fatto in caso di reiterato conferimento di rifiuti prodotti, da terzi in assenza del necessario titolo abilitativo, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall’art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Sez. 3, Sentenza n. 30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv. 270255; Sez. 3, Sentenza n. 48318 del 11/10/2016, P.M. in proc. Halilovic, Rv. 268566).
9. Infine, anche il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod.pen. e la doglianza sulla determinazione della pena, ritenuta eccessiva, non superano il vaglio di ammissibilità. Rileva il Collegio, quanto al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che la corte territoriale ha escluso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in assenza di elementi positivi da valutare.
Nei pervenire a tale conclusione, il Tribunale si è attenuto al principio di diritto secondo il quale la concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza – l’onere di motivazione per il diniego dell’attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Piliero, Rv. 266460; Sez. 3, n. 44071, del 25/09/2014, Papini e altri, Rv. 260610), elementi rispetto ai quali il ricorso permane generico. Di carattere generico è, anche il motivo sul trattamento sanzionatorio lamentando il ricorrente l’eccessività della pena determinata, peraltro, in € 3000,00 di ammenda, in misura prossima al limite editale minimo (da € 2.600,00 a 26.000,00 di ammenda), non rilevando che sia superiore a quella irrogata con il decreto penale che gode della speciale riduzione per il rito di cui all’art. 459 cod.proc.pen.
10. I ricorsi devono essere dichiara t i inammissibili e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, cento della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via quitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 24/10/2018