Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 15732 |
Data di udienza: 22 Febbraio 2012
* RIFIUTI – Trasporto di rifiuti – Assenza di formulario o formulario con dati incompleti o inesatti – Effetto – Sanzione penale – Esclusione – Modifiche alla disciplina – L. n. 205/2010 che mod. l’art. 258, d.lgs. n.152/2006 – Scheda Sistri – Fattispecie introdotta con l’art. 260-bis D.L.vo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Termini prescrizionali maturati nelle more del giudizio di legittimità – Duplice valutazione – Art. 129 cod. proc. pen..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Aprile 2012
Numero: 15732
Data di udienza: 22 Febbraio 2012
Presidente: Petti
Estensore: Marini
Premassima
* RIFIUTI – Trasporto di rifiuti – Assenza di formulario o formulario con dati incompleti o inesatti – Effetto – Sanzione penale – Esclusione – Modifiche alla disciplina – L. n. 205/2010 che mod. l’art. 258, d.lgs. n.152/2006 – Scheda Sistri – Fattispecie introdotta con l’art. 260-bis D.L.vo n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Termini prescrizionali maturati nelle more del giudizio di legittimità – Duplice valutazione – Art. 129 cod. proc. pen..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 24 aprile 2012 (Ud. 22/02/2012), Sentenza n. 15732
RIFIUTI – Trasporto di rifiuti – Assenza di formulario o formulario con dati incompleti o inesatti – Effetto – Sanzione penale – Esclusione – Modifiche alla disciplina – L. n. 205/2010 che mod. l’art. 258, d.lgs. n.152/2006 – Scheda Sistri – Fattispecie introdotta con l’art. 260-bis D.L.vo n.152/2006.
La modifica normativa apportata dalla legge n. 205 del 2010 all’
art. 258, del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, ha prodotto l’effetto della non punibilità della condotta di trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario con dati incompleti o inesatti. (Cass. sentenza n.29973 del 21/6/2011, Rigotti) Sicché, tale comportamento non è più sanzionato penalmente in quanto non riconducibile né alle previsioni del nuovo testo dell’art. 258 né alla fattispecie introdotta con l’
art. 260-bis, che opera un riferimento alla scheda Sistri e non ai precedenti formulari, con la conseguenza che, in applicazione dei principi fissati dall’art. 2 cod. pen., le condotte poste in essere devono essere ritenute non più riconducibili all’ipotesi di reato contemplate dalla disciplina previgente.
(riforma sentenza emessa in data 25 Marzo 2010 dalla CORTE DI APPELLO DI PERUGIA) Pres. Petti Est. Marini Ric. Paggi ed altri
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Termini prescrizionali maturati nelle more del giudizio di legittimità – Duplice valutazione – Art. 129 cod. proc. pen..
In presenza di termini prescrizionali maturati nelle more del giudizio di legittimità, spetta al Giudice di legittimità la valutazione di un duplice ordine di profili: la valutazione circa l’ammissibilità dei motivi di ricorso, essendo i termini prescrizionali maturali successivamente alla sentenza di appello non computabili qualora il ricorso sia inammissibile e precluda l’instaurazione del rapporto processuale; la valutazione circa la sussistenza dei presupposti di applicazione della seconda parte dell’art. 129 cod. proc. Pen.. A tale ultimo proposito deve osservarsi che l’ampia motivazione con cui le sentenze di merito sono giunte ad affermare la responsabilità penale degli odierni ricorrenti costituiscono un punto di riferimento imprescindibile al fine di valutare la prevalenza di formule decisionali diverse rispetto alla dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
(riforma sentenza emessa in data 25 Marzo 2010 dalla CORTE DI APPELLO DI PERUGIA) Pres. Petti Est. Marini Ric. Paggi ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 24 aprile 2012 (Ud. 22/02/2012), Sentenza n. 15732
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli ill.mi Sigg.:
Dott. Ciro Petti – Presidente
Dott. Renato Grillo – Consigliere
Dott. Silvio Amoresano – Consigliere
Dott. Luigi Marini – Consigliere
Dott. Santi Gazzara – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1) PAGGI ALBERTO, nato a Montefalco il 30 Dicembre 1954;
2) CARDIELLO LUIGI, nato a Sant’Arsenio il 26 Ottobre 1943;
3) BULLETTI STEFANO, nato a Pelago il giorno 11 Agosto 1957;
4) DOLCIAMI MASSIMO, nato a Perugia il 15 Settembre 1956;
– Avverso la sentenza emessa in data 25 Marzo 2010 dalla CORTE DI APPELLO DI PERUGIA, che, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Spoleto in data 9 Novembre 2006, ha: dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestati al capo A. limitatamente agli imputati Renai, Brufani, Manerchia Maserà e Apicella, nonché ai capi B, G e J, come qualificati dal Tribunale, limitatamente ai reato di cui all’art.52, comma 3, secondo periodo del digs. n.22 del 1997, e ai capi K e O, limitatamente al reato previsto dall’art.53, comma 3, del medesimo decreto, in esso assorbito quello sub H per Paggi e O, limitatamente al reato di cui all’art.52, comma 3, del medesimo decreto per gli altri appellanti;
– condannato gli imputati Paggi e Cardiello al risarcimento dei danni in favore anche del Comune di Trevi;
– dichiarato non luogo a provvedere sugli appelli proposti dal Comune di Trevi nella parte residua e dalla Provincia di Perugia;
– confermato nel resto la sentenza appellata, condannando gli imputati Paggi e Cardiello alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili;
– CON LE PARTI CIVILI: REGIONE UMBRIA; COMUNE DI FOLIGNO; COMUNE DI TREVI;
– Sentita la relazione effettuata dal Consigliere LUIGI MARINI;
– Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. ELISABETTA CESQUI, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e l’annullamento senza rinvio della sentenza per intervenuta prescrizione di tutti i reati residui;
– Udito il Difensore, Avv. Davide Brunelli in sostituzione dell’Avv. Francesco Mucciarelli, che in favore del sig.Bulletti ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
– Udito il Difensore, Avv. Enrico Morigi, che in favore del sig. Dolciani ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
– Udito il Difensore, Avv. Roberto Afeltra, che in favore del Sig. Cardiello ha concluso per l’accoglimento del ricorso e la eventuale prescrizione dei reati;
– Uditi i Difensori, Avv. Donatella Tesei e Davide Brunelli, che in favore del Sig.Paggi ha concluso per l’accoglimento del ricorso e la eventuale prescrizione dei reati;
– Udito il Difensore, Avv. Giovanni Piccuti, che in favore delle parti civili Regione Umbria e Comune di Foligno ha concluso per il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili;
– Udito il Difensore, Avv. Italo Tomassoni, che in favore del Comune di Trevi ha concluso per il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili;
RILEVA
Il Tribunale di Spoleto con sentenza data 9 Novembre 2006 ha condannato gli odierni ricorrenti e altri numerosi imputati per una serie di violazioni della normativa in materia di rifiuti prevista dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22, ivi compresa l’ipotesi ex art.53-bis introdotta con l’art.22 della legge 23 marzo 2001, n.93, nonché per il delitto previsto dall’art.416 c.p. Le condotte illecite coprono un vasto arco temporale, che parte dal 1999 e giunge all’ottobre dell’anno 2001.
Con la sentenza di condanna il Tribunale ha disposto la confisca delle aree in sequestro e accolto le richiesta delle parti civili Regione Umbria, Comune di Trevi, Legambiente Onlus con condanna generica di risarcimento a carico dei soli sigg.Paggi e Morganti.
La CORTE DI APPELLO DI PERUGIA, sull’appello proposto da numerosi imputati e dalle parti civili Comune di Trevi e Provincia di Perugia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Spoleto in data 9 Novembre 2006 (anche alla luce della successiva ordinanza emessa ex art.130 c.p.p.), ha:
– diversamente determinato la data di cessazione dei reati permanenti e individuato a tal fine il giorno 1° ottobre 2001, data di esecuzione delle misure cautelari disposte nei confronti di alcuni indagati, ritenendo non corretta la individuazione della data del 13 gennaio 2004 operata dal tribunale in coincidenza con l’emissione del decreto che dispone il giudizio;
– dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati contestati al capo A, limitatamente agli imputati Renai, Brufani, Manerchia Maserà e Apicella, nonché ai capi B, G e J. come qualificati dal Tribunale, limitatamente al reato di cui all’art.52, comma 3, secondo periodo del digs. n.22 del 1997, e ai capi K e O, limitatamente al reato previsto dall’art.53, comma 3, del medesimo decreto, in esso assorbito quello sub H per Paggi e O, limitatamente al reato di cui all’art.52, comma 3, dei medesimo decreto per gli altri appellanti;
– condannato gli imputati Paggi e Cardiello al risarcimento dei danni in favore anche del Comune di Trevi anche in ordine al reato associativo contestato al capo A) della rubrica;
– dichiarato non luogo a provvedere sugli appelli proposti dal Comune di Trevi nella parte residua e dalla Provincia di Perugia;
– confermato nel resto la sentenza appellata, condannando gli imputati Paggi e Cardiello alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso tramite i rispettivi difensori i Sigg. Paggi, Cardiello, Dolciami e Bulletti
Gli Avv.Brunelli e Tesei nell’interesse del Sig.PAGGI in sintesi lamentano:
1. errata applicazione di legge in relazione alla determinazione della pena, che, in violazione del principio del divieto di reformatio in pejus ex art.597 c.p.p. è stata confermata nella misura di sei anni di reclusione nonostante la declaratoria di estinzione dei reati contestati ai capi B, G, J, K, O;
2. errata applicazione di legge con riferimento alla sussistenza del reato di associazione per delinquere, avendo la Corte di Appello ritenuto la natura strumentale delle ipotesi di falso (pag.74) e considerato gli stessi quali reati fine del delitto previsto dall’art.416 c.p.; tale impostazione integra un vizio logico insanabile, posto che le ipotesi di falso possono al più essere finalizzate non tanto alla commissione delle contravvenzioni relative alla gestione dei rifiuti, quanto ad assicurare l’impunità agli autori dei reati. Inoltre, va escluso che il delitto ex art.53-bis del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 possa rientrare tra gli scopi dell’associazione, posto che la fattispecie è stata introdotta nell’ordinamento con legge che è entrata in vigore solo in data 20 aprile 2001, e cioè quattro anni dopo la costituzione della presunta associazione; va aggiunto che tale delitto ha natura abituale e non può essere contestato se non una soia volta, così che difetta l’elemento della pluralità di delitti scopo richiesto dalla fattispecie prevista dall’art.416 c.p.;
3. errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. per avere la Corte di Appello omesso di individuare i “delitti contro la salute pubblica” oggetto dell’associazione criminosa cui fa riferimento alla pag.75 della motivazione;
4. carenza di motivazione con riferimento all’esistenza di prove che supportino la condanna per il reato associativo, posto che i giudici di appello hanno operato una serie di riferimenti generici ad elementi probatori in sé non decisivi né concludenti, che non possono assurgere a rango di prova in assenza di adeguata motivazione.
L’Avv. Afeltra nell’interesse del Sig.CARDIELLO propone ricorso in sintesi lamentando:
1. violazione di legge in relazione agli artt.86 e 415-bis c.p.p. per omessa notifica al difensore di fiducia dell’avviso di chiusura delle indagini, posto che l’avviso fu notificato al difensore d’ufficio nominato dal P.M. e che erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che la tardiva trasmissione della nomina del difensore di fiducia (effettuata in data 24 Settembre 2001) alla procura della Repubblica da parte della cancelleria del tribunale del riesame non consentisse al P.M. di conoscere l’esistenza del rapporto fiduciario e legittimi la comunicazione al difensore d’ufficio dell’avviso ex art.415-bis c.p.p. (effettuata il 6 febbraio 2002): posto le successive comunicazioni della data di udienza preliminare e notificazione del decreto che dispone il giudizio sono avvenute preso il difensore di fiducia senza necessità di ulteriore nomina, risulta provato che l’omessa comunicazione dell’avviso di chiusura delle indagini costituì un errore non imputabile al ricorrente e, dunque, comportante nullità dell’intero procedimento;
2. violazione di legge in relazione all’art.270 c.p.p. per avere i giudici di appello erroneamente ritenuto utilizzabili le intercettazioni telefoniche e sufficientemente motivati i decreti autorizzativi e per avere ritenuto (pag.77) che l’utilizzazione in procedimento diverso sia giustificata dalla parziale identità oggettiva e soggettiva delle ipotesi di reato, criterio che non rientra fra quelli fissati dalla giurisprudenza;
3. errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. in relazione al reato associativo, posto che le generiche affermazioni contenute alle pagine 68 e seguenti e 86 della motivazione di appello non superano le incoerenze e i vuoti motivazionali della sentenza di primo grado (v. pag.132), né offrono risposta alle questioni sollevate coi motivi di appello. In ogni caso, l’assoluzione del ricorrente dal reato sub 13 dimostra che l’ultimo atto compiuto da lui deve essere fissato alla data del 26 luglio 2000, cosi che il reato era prescritto al momento della sentenza d’appello;
4. errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. con riferimento all’attribuzione al ricorrente della ipotesi di cui al primo comma dell’art.416 c.p., posto che sia in primo grado (pag.132) sia in grado di appello (pagg.69, 85, 86) le decisioni omettono di indicare quali sarebbero gli elementi di fatto che fondano tale conclusione, se è vero che né gli operanti né la teste Rovinati affermano di non averlo conosciuto.
L’Avv.Morigi nell’interesse del Sig.DOLCIAMI propone ricorso in sintesi lamentando:
1.
errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. in relazione alla fattispecie ex art.53, terzo comma, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 e in relazione al D.M. Ministero Ambiente 5 settembre 1994 per avere ritenuto infedeli i formulari di trasporto concernenti i fanghi di provenienza Pirelli: tali formulari recavano indicazione CER 190201, e dunque fanghi contenenti metalli pesanti, che rientrano tra i rifiuti pericolosi, così che non risponde al vero che le indicazioni sui formulari fossero infedeli. Osserva il ricorrente che il DM 5 settembre 1994, emanato in attuazione del decreto legge n.438 del 1994, è stato solo parzialmente abrogato dal DM 5 febbraio 1998, che ha emanato una nuova disciplina per i rifiuti non pericolosi, cui è stata applicata la procedura semplificata, ma non per quelli pericolosi, con la conseguenza che non sussiste alcuna violazione con riferimento ai fanghi Pirelli. A ciò si aggiunga che l’indicazione del codice del rifiuto spettava alla ditta che disponeva il trasporto, cioè la Pirelli, e che nessuna responsabilità può essere addebitata al trasportatore, se non per l’ipotesi di mancata verifica secondo la normale diligenza (v.
art.193, comma terzo, del d.lgs. n.152 del 2006, come modificato dal digs. n.205 del 2010 che recepisce la Direttiva 2008/98/CE). Ne consegue che la ritenuta violazione del dovere di verifica (pag.142 della prima sentenza) può fondare una ipotesi colposa, ma non integra l’elemento del dolo richiesto dalla fattispecie, giusto il rinvio alla pena prevista dall’art.483 c.p.
2. vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione del ricorrente alla commissione dei reati previsti dall’art.51, commi primo e terzo, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 con riferimento ai formulari del “Consorzio Cuoio Depur” e della “Resapel’ ; tutti i formulari recano l’indicazione CER 040106, compatibile con i fanghi trasportati e la ditta trasportatrice, autorizzata anche per i rifiuti pericolosi, non può essere chiamata a rispondere delle irregolarità altrui (Sezione Terza Penale, sentenza n.1492/2000, Pantano);
3. errata applicazione di legge e vizio di motivazione ex art.606, lett.b) ed e) c.p.p. e contrasto fra motivazione e dispositivo con riferimento alla mancata dichiarazione di estinzione del residuo reato di cui al capo O. Il Tribunale ha dichiarati prescritti tutti i reati contestati ad eccezione del capo O, per cui ha inflitto condanna. La Corte di Appello, dopo avere affermato a pagina 104 che anche il reato per cui era intervenuta condanna risulta prescritto, ha poi confermato la sentenza di primo grado, con evidente errore.
L’Avv.Mucciarelli nell’interesse del Sig.BULLETTI propone ricorso in sintesi lamentando:
1. nullità della sentenza per essere il dispositivo carente di elementi essenziali ex art.546, n.3 c.p.p. Alle pagine 111-114 della motivazione della sentenza impugnata si legge che la sentenza di primo grado deve essere confermata relativamente al reato ex art. 51, commi primo e terzo, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22, e che per il reato ex art.52, comma terzo, del medesimo decreto debba, invece, dichiararsi l’estinzione per maturata prescrizione. Sussiste, dunque, un contrasto fra tale motivazione e il dispositivo letto in udienza, e a tale errore deve porre rimedio il giudice di legittimità dichiarando l’estinzione del reato. La successiva ordinanza, con la quale la Corte di Appello ha proceduto alla correzione del dispositivo, includendo anche il capo O “limitatamente al reato di cui all’art.52, comma 3, d.lvo. n.22/97” per gli appellanti diversi da Paggi, non chiarisce il contrasto, posto che la correzione della sentenza di primo grado con riferimento alla lettera dei capi P ed O non risulta riportata in epigrafe della sentenza impugnata, con la conseguenza che non vi è certezza circa la inclusione dei ricorrente fra le posizioni per cui è stata dichiarata l’estinzione del reato.
OSSERVA
1. Rileva preliminarmente la Corte che te osservazioni delle difese colgono nel segno allorché evidenziano una discrasia nella numerazione dei capi di imputazione come definiti nelle sentenze di merito, anche alla luce delle correzioni apportate dai giudici di appello. Si tratta di un aspetto che trova origine nella iniziale numerazione delle contestazioni (risulta infatti privo di numerazione il capo successivo alla lettera M) e che, per quanto rileva in questa sede, conduce a una diversa indicazione dei capi O e P e riguarda, in particolare, le ipotesi di reato ex art.52, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22 contestate ai sigg.Bulletti e Dolciami. Una volta rilevata l’esistenza di tale discrasia, la Corte ritiene che essa non comporti alcuna incertezza in ordine alle condotte addebitate ai due imputati ricorrenti e alle relative fattispecie, così che può procedersi all’esame dei motivi di ricorso senza necessità di ulteriori precisazioni.
2. Rileva, altresì, la Corte che la decisione adottata dalla Corte di Appello in ordine alla data di cessazione delle condotte criminose costituisce un elemento che, attesi i tempi di svolgimento del processo nei diversi gradi di giudizio, assume oggi un valore decisivo con riferimento alla richiesta applicazione della disciplina in tema di prescrizione. Lo stesso Procuratore generale nelle proprie conclusioni ha individuato il 13 novembre 2011 come data in cui sono maturati i termini prescrizionali per le condotte assistite da pena edittale maggiore e ha sollecitato alla Corte la dichiarazione di estinzione dei reati residui dopo avere considerato non accoglibili i motivi di ricorso in tema di responsabilità.
3. La Corte condivide la conclusione del Procuratore generale nella parte in cui, fissata ormai irrevocabilmente la cessazione della condotte illecite nell’ottobre 2001, rileva che i termini massimi, di prescrizione sono spirati nel mese di novembre 2011.
In presenza di termini prescrizionali maturati nelle more del giudizio di legittimità, spetta alla Corte la valutazione di un duplice ordine di profili: la valutazione circa l’ammissibilità dei motivi di ricorso, essendo i termini prescrizionali maturali successivamente alla sentenza di appello non computabili qualora il ricorso sia inammissibile e precluda l’instaurazione del rapporto processuale (Cass., Sezioni Unite Penali, sentenza n.32 del 22 novembre-22 dicembre 2000, rv217266; sentenza n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv 219531; sentenza n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164); la valutazione circa la sussistenza dei presupposti di applicazione della seconda parte dell’art.129 cod. proc. pen. A tale ultimo proposito deve osservarsi che l’ampia motivazione con cui le sentenze di merito sono giunte ad affermare la responsabilità penale degli odierni ricorrenti costituiscono un punto di riferimento imprescindibile al fine di valutare la prevalenza di formule decisionali diverse rispetto alla dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
4. Ciò premesso, la Corte ritiene che per le posizioni Bulletti e Dolciani debba giungersi ad escludere la sussistenza delle ipotesi di reato residue, e cioè delle ipotesi punite con la pena della reclusione in forza del rinvio all’art.483 cod. pen. operato dall’art.52, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22.
Si osserva a tale proposito che successivamente alla pronuncia della Corte di Appello la legge 3 dicembre 2010, n.205 con l’art.35 ha modificato il testo dell’
art.258, comma 4, del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 e introdotto, con l’art.36, l’
art.260-bis nel citato d.lgs. n.152 del 2006. L’art.258, citato, al comma quarto sanzionava le condotte di trasporto di rifiuti in assenza di formulario e con formulario incompleto o recante dati inesatti, e costituiva disposizione che si poneva in regime di continuità normativa con l’art.52, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22.
La modifica normativa apportata dalla legge n.205 del 2010 all’
art.258, citato, è già stata oggetto di esame da parte di questa Sezione in relazione al venir meno della punibilità della condotta di trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario con dati incompleti o inesatti; con la sentenza n.29973 del 21/6/2011, Rigotti (rv 251019) la Corte ha ritenuto che la condotta sopra descritta non sia più sanzionata penalmente in quanto non riconducibile né alle previsioni del nuovo testo dell’
art.258 né alla fattispecie introdotta con l’
art.260-bis, che opera un riferimento alla scheda Sistri e non ai precedenti formulari. Le conclusioni e l’ampia motivazione della decisione citata sono integralmente condivise da questo Collegio, con la conseguenza che, in applicazione dei principi fissati dall’art.2 cod. pen., le condotte contestate ai sigg.Bulletti e Dolciami devono essere ritenute non più riconducibili all’ipotesi di reato ritenute sussistenti dai giudici di merito in forza della disciplina in allora vigente.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata nei confronti dei due ricorrenti senza rinvio per essere i fatti non più previsti come reato.
5. Venendo alle posizioni dei sigg.Cardiello e Paggi, la Corte ritiene che si sia in presenza di motivi di ricorso infondati nella parte in cui sostengono la manifesta insussistenza degli estremi dei reati per i quali vi è stata affermazione di responsabilità.
La lettura congiunta delle motivazioni delle due sentenze di merito evidenzia, quanto al reato associativo contestato al capo A, l’individuazione di una serie di condotte accertate e di elementi di prova che non risultano incompatibili con l’esistenza di una struttura organizzata attorno alle attività imprenditoriali del sig.Paggi e con il contributo causale offerto dalle condotte del sig.Cardiello. Sempre con riferimento al capo A va respinta l’ipotesi che i delitti di falso debbano essere considerati privi di rilievo ai fini della integrazione del reato previsto dall’art.416 cod. pen. Si è, infatti, in presenza di delitti inevitabilmente facenti parte del progetto criminoso, posto che la realizzazione nel tempo di plurimi reati legati al traffico dei rifiuti non poteva non includere anche la commissione delle condotte di falsificazione documentale: attività necessarie sia per consentire i singoli trasporti e la gestione dei rifiuti in forma dissimulata sia per ostacolare la scoperta degli illeciti e assicurare la prosecuzione del programma criminoso.
Le censure mosse dai due ricorrenti alla motivazione della sentenza impugnata in punto responsabilità non evidenziano profili di manifesta illogicità né mettono in luce elementi decisivi da cui ricavare un radicale travisamento della prova che conducano all’annullamento sena rinvio della sentenza per insussistenza del fatto; esse, piuttosto, sollecitano la Corte ad una esame del materiale probatorio e ad una valutazione di profili di illogicità di alcuni passaggi motivazionali che potrebbero, se ritenuti fondati, condurre ad un annullamento della sentenza con rinvio al giudice di merito.
6. A tale conclusione dovrebbe giungersi, poi, con riferimento al primo motivo di ricorso proposto dal sig.Paggi, apparendo alla Corte fondata la censura mossa dal ricorrente alla determinazione della pena operata dai giudici di appello.
7. Lo stesso dicasi per le censure in rito proposte dal sig.Cardiello con i primi due motivi: nell’ipotesi esse risultassero fondate, la Corte non potrebbe che annullare la sentenza con rinvio al giudice del merito, ma certamente non si realizzerebbero, neppure in ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, i presupposti per ritenere insussistente il reato contestato e giungere ad un annullamento della sentenza senza rinvio.
8. Così esaminati i motivi di ricorso dei due imputati ed esclusa l’applicabilità della seconda parte dell’art.129 cod. proc. pen., alla Corte non resta che prendere atto della estinzione dei reati residui per intervenuta prescrizione e pronunciare l’annullamento senza rinvio della sentenza con riferimento alle posizioni Paggi e Cardiello.
9. Venendo, infine, alle statuizioni civili che concernono i soli sigg.Paggi e Cardiello, si rileva come le sentenze di primo e secondo grado abbiano fissato un diritto al risarcimento dei danni in favore della Regione Umbria e del Comune di Trevi. Le statuizioni deliberate dalla Corte di Appello non risultano oggetto di specifico ricorso da parte degli imputati, né sono state oggetto di specifica censura in sede di conclusioni del presente giudizio; inoltre, la Corte ha dichiarato l’estinzione dei reati, non accogliendo i ricorsi dei sigg.Paggi e Cardiello in punto responsabilità. Tali circostanze impongono alla Corte di confermare le statuizioni civili e di condannare i due ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili Regione Umbria e Comune di Trevi, che liquida in complessivi 2.000,00 curo, oltre accessori di legge, per ciascuna di esse.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art.52, comma 3, del d.lgs. n.22 del 1997, riprodotto nell’art.258, comma 4, del d.igs. n.152 del 2006, contestato a Dolciami e Bulletti perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Paggi e Cardiello per essere i reati residui estinti per prescrizione.
Conferma le statuizioni civili della sentenza impugnata e condanna i predetti alla rifusione delle spese sostenute nei grado dalle parti civili, che liquida in euro duemila oltre accessori legge per ciascuna in favore della Regione Umbria e del Comune di Trevi.
Così deciso in Roma il 22 Febbraio 2012