Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Inquinamento acustico Numero: 7877 | Data di udienza: 19 Gennaio 2016

* RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO – Attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone – Superamento della soglia della normale tollerabilità – Emissioni sonore e pregiudizio ad un numero indeterminato di persone – Accertamento del fatto – Convincimento del giudice di merito su elementi probatori di diversa natura – Perizia o consulenza tecnica – Necessità – Esclusione – Artt. 110, 650 e 659 c.p. (capo a) – Regime autorizzativo ex art. 68 del TULPS – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimento giurisdizionale impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello normativamente previsto – Verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare – Trasmissione degli atti al giudice competente – Conversione della impugnazione e principio di conservazione degli atti – Atto convertito e requisiti di sostanza e di forma – Artt. 529 e 568 c.p.p..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Febbraio 2016
Numero: 7877
Data di udienza: 19 Gennaio 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: De Masi


Premassima

* RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO – Attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone – Superamento della soglia della normale tollerabilità – Emissioni sonore e pregiudizio ad un numero indeterminato di persone – Accertamento del fatto – Convincimento del giudice di merito su elementi probatori di diversa natura – Perizia o consulenza tecnica – Necessità – Esclusione – Artt. 110, 650 e 659 c.p. (capo a) – Regime autorizzativo ex art. 68 del TULPS – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimento giurisdizionale impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello normativamente previsto – Verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare – Trasmissione degli atti al giudice competente – Conversione della impugnazione e principio di conservazione degli atti – Atto convertito e requisiti di sostanza e di forma – Artt. 529 e 568 c.p.p..



Massima

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 26/02/2016 (ud. 19/01/2016) Sentenza n.7877
 
 
RUMORE – INQUINAMENTO ACUSTICO – Attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone – Superamento della soglia della normale tollerabilità – Emissioni sonore e pregiudizio ad un numero indeterminato di persone – Accertamento del fatto – Convincimento del giudice di merito su elementi probatori di diversa natura – Perizia o consulenza tecnica – Necessità – Esclusione – Artt. 110 e 659 c.p. (capo a) – Regime autorizzativo ex art. 68 del TULPS. 
 
Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 c. p., l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità, (Cass. Sez. 1, sent. n. 20954 del 18/01/2011, in fattispecie relativa all’accertamento della natura molesta della musica riprodotta ad alto volume e di notte in un “disco pub”, nonché degli schiamazzi degli avventori dello stesso, mediante la testimonianza resa dagli inquilini dello stabile in cui era sito il locale). 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Provvedimento giurisdizionale impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello normativamente previsto – Verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare – Trasmissione degli atti al giudice competente – Conversione della impugnazione e principio di conservazione degli atti – Atto convertito e requisiti di sostanza e di forma – Art. 568 c.p.p..
 
In materia di procedure penali, qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello normativamente previsto, il giudice che riceve l’atto di gravame deve limitarsi, ex art. 568, quinto comma, c. p. p., alla verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente, astenendosi dall’esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (Cass. Sez. 5, n. 7403 del 26/09/2013; Cass. Sez. 1, n. 33782 del 8/4/2013; Cass. Sez. 5, n.21581 del 28/4/2009). Tenendo presente che, la conversione della impugnazione, secondo il principio di conservazione degli atti, ha quale unico effetto giuridico processuale la translatio judicii, ma non comporta affatto alcuna deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e di forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Cass. Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999; Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004)).
 
 
(conferma sentenza in data 5/3/2015 del Tribunale di Chieti – Sezione Distaccata di Ortona) Pres. AMORESANO, Rel. DE MASI, Ric. Di Sipio ed altri
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 26/02/2016 (ud. 19/01/2016) Sentenza n.7877

SENTENZA

 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta da
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– Sui ricorsi proposti da:
DI SIPIO DAVIDE, nato ad Ortona il 14/11/1982
RANALLI FLAVIO, nato a Camp Town (Sudafrica) il 4/7/1985
DI SIPIO MASSIMILIANO, nato ad Ortona il 27/10/1977
– avverso la sentenza in data 5/3/2015 del Tribunale di Chieti – Sezione Distaccata di Ortona;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
– udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
– udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo Canevelli, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
– udito il difensore, avv. Maria Espedita Rechichi, sostituto processuale, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
Il Tribunale di Chieti – Sezione Distaccata di Ortona, in composizione monocratica, con sentenza in data 5/3/2015, dichiarava DI SIPIO DAVIDE, DI SIPIO MASSIMILIANO e RANALLI FLAVIO, responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti e li condannava tutti alla pena di euro 150 di ammenda ciascuno e DI SIPIO DAVIDE anche alla pena di euro 200.
 
Agli imputati sono contestati il reato di cui agli artt. 110 e 659 c.p. (capo a), per aver nelle rispettive qualità di Presidente, Vice Presidente e Segretario della VIBE ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA, arrecato molestia e disturbo al riposo delle persone organizzando presso la sede del circolo serate di intrattenimento musicale, peraltro non autorizzate, durante le quali veniva diffusa musica ad alto volume fino a notte inoltrata, distintamente percepibile sia in strada che all’interno delle abitazioni limitrofe e per non essersi adoperati affinchè gli avventori non sostassero numerosi all’esterno della sede del circolo facendo schiamazzi e parlando ad alta voce; al primo imputato, anche il reato di cui all’art. 650 c.p. (Capo b), per non avere, nell’indicata qualità di Presidente, ottemperato all’ordinanza amministrativa legalmente data il 22/2/2011 che, per motivi di sanità pubblica, imponeva la sospensione di ogni attività di intrattenimento e somministrazione nei locali del circolo.
 
I predetti imputati, tramite difensore fiduciario, con atto di appello convertito in ricorso per cassazione – in applicazione del disposto di cui all’art. 568 n. 5 c.p.p. secondo cui l’impugnazione è sempre ammissibile, indipendentemente dalla qualificazione giuridica ad essa data dalla parte che l’ha proposta – hanno impugnato la sentenza con tre motivi di doglianza.
 
Con il primo motivo, si deduce che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare ex art. 529 c.p.p. non doversi procedere nei confronti degli imputati DI SIPIO MASSIMILIANO e RANALLI FALVIO, rispettivamente Vice Presidente e Segretario della VIBE ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILITTANTISTICA, in quanto l’azione penale non poteva essere iniziata e/o comunque proseguita alla luce di quanto previsto nell’Atto costitutivo circa i poteri attribuiti agli organi associativi.
 
Con il secondo motivo, si deduce che la decisione del Tribunale si fonda su alcuni presupposti di fatto e di diritto errati, essendo emersa dall’istruttoria dibattimentale la completa estraneità degli imputati ai fatti contestati al capo a), anche con riferimento al mancato intervento volto ad impedire agli avventori del circolo di arrecare disturbo intrattenendosi al di fuori dello stesso sino a tarda ora, per quanto riportato dai testi escussi, Di Boscio, Tiberio, D’Ettorre, Marangi e Cannavina, stante l’incompatibilità dell’Ing. De Marinis ad assumere l’incarico di perito della Polizia Municipale per i rilievi fonometrici, avendo eseguito detti rilievi per conto della VIBE ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILITTANTISTICA, proprio al fine di richiedere dal Comune di Ortona le necessarie autorizzazioni.
 
Con il terzo motivo, si deduce l’illogicità della sentenza impugnata nella ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale in merito alla contestata violazione dell’art. 650 c.p. avendo l’ordinanza interdittiva del 22/2/2011 dato atto che era in corso l’iter amministrativo per il rilascio delle dovute autorizzazioni ed in particolare il nulla osta acustico, che veniva effettivamente rilasciato in data 25/2/2011, mentre in data 1/3/2011 il Comune di Ortona comunicava che l’attività di intrattenimento e spettacolo svolta in ambito associativo non era soggetta al regime autorizzativo dì cui all’art. 68 del TULPS.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
I motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibili.
 
In via preliminare si deve osservare che, per consolidata e condivisibile giurisprudenza di questa Corte, qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello normativamente previsto, il giudice che riceve l’atto di gravame deve limitarsi, ex art. 568, quinto comma, c. p. p., alla verifica dell’oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell’esistenza della volontà di impugnare e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente, astenendosi dall’esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (ex multis, Sez. 5, n. 7403 del 26/09/2013, Rv. 259532; Sez. 1, n. 33782 del 8/4/2013, Rv. 257117; Sez. 5, n.21581 del 28/4/2009, Rv. 243888).
 
E’ altresì pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la conversione della impugnazione, secondo il principio di conservazione degli atti, ha quale unico effetto giuridico processuale la translatio judicii, ma non comporta affatto alcuna deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e di forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, Rv. 213835, Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), Rv. 227092).
 
Si deve altresì rilevare che, vertendosi pacificamente in un’ipotesi di sentenza di primo grado non appellabile, l’atto di impugnazione in esame è formulato in un modo del tutto aderente al “modulo” astratto dell’appello e non è invece affatto assimilabile a quello del ricorso per cassazione.
 
Esso infatti dal punto di vista latamente formale non contiene alcuna delle censure tipicizzate dall’art. 606, comma 1, c. p. p., limitandosi ad una critica in “forma libera” della sentenza del primo giudice, secondo quanto è consentito con il rimedio gravatorio/rescissorio tipico dell’appello.
 
Così appunto nell’ottica della rinnovazione del giudizio meritale, i ricorrenti censurano la valutazione data dal primo giudice alle prove acquisite agli atti e specificamente negano la personale responsabilità per i fatti contestati nel capo a) d’imputazione, con tutte le relative “colorazioni” fattuali, riferite anche al contenuto delle deposizioni testimoniali, per la quali si sollecita a questa Corte una non consentita rivalutazione del compendio probatorio in atti, essendo esclusa la possibilità di andare verìfìcare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali, in quanto diversamente opinando la Corte di cassazione si trasformerebbe in un ennesimo giudice del fatto.
 
E’ appena il caso di osservare che, quanto alla dedotta incompatibilità dell’Ing. De Marinis ad assumere l’incarico di perito della Polizia Municipale per i rilievi fonometrici, i ricorrenti non si confrontano affatto con la affermazione del Giudice a quo, basata sul complesso delle risultanze dibattimentali, secondo cui la fonte rumorosa risiedeva piuttosto negli schiamazzi e non nella musica, circostanza che rende “antieconomico approfondire il tema delle autorizzazioni ed il rapporto con la relativa disciplina amministrativa” ed ininfluente la questione dell’intervenuto rilascio delle autorizzazioni amministrative.
 
Risulta infatti dalla lettura della sentenza impugnata che, al di là degli accertamenti tecnici effettuati su incarico della Polizia Municipale, i testi hanno riferito che la situazione denunciata è proseguita nel tempo nonostante le proteste dei condomini, i quali si dolevano soprattutto a causa dell’elevato numero di persone che si intratteneva sulla strada, davanti al locale, sino a tarda notte, essendosi rivelate assolutamente inadeguate le misure adottate dai gestori al fine di impedire il conseguente turbamento della quiete pubblica.
 
Al riguardo va ricordato che, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 c. p., l’attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità. (Sez. 1, sent. n. 20954 del 18/01/2011, Rv. 250417, in fattispecie relativa all’accertamento della natura molesta della musica riprodotta ad alto volume e di notte in un “disco pub”, nonché degli schiamazzi degli avventori dello stesso, mediante la testimonianza resa dagli inquilini dello stabile in cui era sito il locale). 
 
Consegue all’inammissibilità del ricorso la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
 
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso in Roma il 19 gennaio 2016.
 
 
 
 

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