Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Inquinamento acustico, Inquinamento atmosferico Numero: 19958 | Data di udienza: 21 Settembre 2016

* INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Reato di getto pericoloso di cose – Effetti delle immissioni (odorose e rumorose) – INQUINAMENTO ACUSTICO – Effettivo nocumento – Necessità – Esclusione – Superavano della normale tollerabilità – Fattispecie: attività di osteria e produzione di fumi e rumori – Artt. 659 e 674 del cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Sentenza di assoluzione – Valutazione della prova – Necessità di rinnovo dell’istruzione dibattimentale – Esclusione – Assoluzione con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” e impossibilità ad impugnare – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 27 Aprile 2017
Numero: 19958
Data di udienza: 21 Settembre 2016
Presidente: AMOROSO
Estensore: SOCCI


Premassima

* INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Reato di getto pericoloso di cose – Effetti delle immissioni (odorose e rumorose) – INQUINAMENTO ACUSTICO – Effettivo nocumento – Necessità – Esclusione – Superavano della normale tollerabilità – Fattispecie: attività di osteria e produzione di fumi e rumori – Artt. 659 e 674 del cod. pen. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Sentenza di assoluzione – Valutazione della prova – Necessità di rinnovo dell’istruzione dibattimentale – Esclusione – Assoluzione con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” e impossibilità ad impugnare – Giurisprudenza.



Massima

 

 
 
 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 27/04/2017 (Ud. 21/09/2016) Sentenza n.19958


INQUINAMENTO ATMOSFERICO – Reato di getto pericoloso di cose – Effetti delle immissioni (odorose e rumorose) – INQUINAMENTO ACUSTICO – Effettivo nocumento – Necessità – Esclusione – Superavano della normale tollerabilità – Fattispecie: attività di osteria e produzione di fumi e rumori – Artt. 659 e 674 del cod. pen. 
 
Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, nè tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi (Cass. Sez. 3, n. 971 del 11/12/2014 – dep. 13/01/2015, Ventura). Fattispecie: nell’esercizio dell’attività di osteria, produceva fumi e rumori che superavano la normale tollerabilità.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudice di appello – Sentenza di assoluzione – Valutazione della prova – Necessità di rinnovo dell’istruzione dibattimentale – Esclusione.
 
In tema di valutazione della prova, il giudice di appello che intenda riformare “in peius” la sentenza assolutoria di primo grado non ha l’obbligo di disporre la rinnovazione di una prova dichiarativa ritenuta decisiva allorché si limiti a valorizzare integralmente una deposizione solo parzialmente considerata – per una svista, una dimenticanza o un vero e proprio “salto logico” – da parte del primo giudice. Sicché, non vi è necessità di rinnovo dell’istruzione dibattimentale, in appello per la riforma di una sentenza di assoluzione, quando la testimonianza è valutata dai due gradi in maniera non difforme, ma la stessa riceve una valutazione, non relativamente al contenuto, ma al rapporto con le altre prove, di attendibilità più aderente alla ricostruzione del fatto da porre a base della decisione.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Assoluzione con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” e impossibilità ad impugnare – Giurisprudenza.
 
L’imputato assolto con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” non ha interesse ad impugnare allo scopo di ottenere assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Invero egli non potrebbe trarre alcun vantaggio, neanche sul piano morale, dalla applicazione della diversa formula, atteso che il fatto addebitatogli, anche se sussistente ed a lui ascrivibile, rientra ormai nell’ambito di un comportamento penalmente non rilevante e quindi lecito. (Cass. Sez. 5, n. 14718 del 18/11/1999 – dep. 29/12/1999, Simionato M. ed altri; vedi anche Sez. 6, n. 6486 del 13/11/2003 – dep. 17/02/2004, Arcoleo ed altri).
 

(dich. inammissibilità avverso sentenza del 16/10/2015 CORTE APPELLO di LECCE) Pres. AMOROSO, Rel. SOCCI, Ric. Chiri 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 27/04/2017 (Ud. 21/09/2016) Sentenza n.19958

SENTENZA

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 27/04/2017 (Ud. 21/09/2016) Sentenza n.19958

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da CHIRI DANIELE nato il 28/01/1977 a SCORRANO

avverso la sentenza del 16/10/2015 della CORTE APPELLO di LECCE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/09/2016, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. FRANCESCO SALZANO

che ha concluso per: “Rigetto”;

sentito il difensore Avv. Ugo De Luca per la parte civile, Cretì Paride Cesare, che ha concluso per: “Rigetto del ricorso, con la rifusione delle spese”;

sentito il difensore dell’imputato, Avv. Luca Bruni, che ha concluso per: “Accoglimento del ricorso”.


RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Lecce con sentenza del 25 febbraio 2013 assolveva l’imputato Chiri Daniele perché il fatto non sussiste, art. 530, comma 2 del cod. proc. pen. relativamente ai reati di cui agli art. 659 e 674 del cod. pen. perché nella sua qualità di legale rappresentante della trattoria osteria denominata “trattoria osteria nonna Rosa” sita in Muro Leccese, Piazza del Popolo, nell’esercizio di tale attività, produceva fumi e rumori che superavano la normale tollerabilità; segnatamente, i livelli di immissione sonora negli ambienti abitativi circostanti emessi dalla cappa di aspirazione dei fumi di asservimento al locale commerciale denominato “trattoria osteria nonna Rosa” superavano i limiti di emissione fissati dalla L. n. 447/05, dalla legge regionale n. 3/2002 e dal d.P.C.M. del 14/11/1997 secondo quanto accertato dai tecnici dell’agenzia regionale per la protezione ambientale, Dipartimento ambientale di Lecce, creando inquinamento acustico e arrecando in tal modo disturbo al riposo delle persone anche mediante l’emissione dalla canna fumaria di fumi emananti odori sgradevoli. Accertato in Muro Leccese il 6 agosto 2010.

Con sentenza della Corte di appello di Lecce, del 16 ottobre 2015, su appello del Procuratore generale, in riforma della decisione del Tribunale di Lecce, si condannava Chiri Danilele alla pena di giorni 15 di arresto per il reato di cui all’art. 674 del cod. pen. e si modificava la formula di assoluzione per il reato di cui all’art. 659 del cod. pen. da il fatto non sussiste a il fatto non è previsto dalla legge come reato, con condanna alle spese e ai danni in favore della parte civile Creti Paride, liquidate in 3.000,00 €.

2. Chiri Daniele propone ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione; travisamento della prova e mancata valutazione di elementi decisivi agli atti.

La Corte di appello ritiene raggiunta la prova della colpevolezza per il reato di cui all’art. 674 del cod. pen. sulla base della dichiarazione della parte civile costituita nonché del maresciallo Vincenzo Costadura dei CC, NAS. La parte civile avrebbe dato conto di una situazione persistente da circa tre anni mentre il Maresciallo avrebbe avuto una percezione diretta di fumi e vapori nel corso di un sopralluogo (unico).

La Corte di appello evidenziava come tali acquisizioni testimoniali non potessero essere superate dal contenuto della consulenza espletata nel parallelo giudizio civile, promosso dai genitori della parte civile; consulenza che aveva radicalmente escluso ogni forma di immissione di fumi o vapori sulla base dell’esame diretto dell’impianto e relative caratteristiche tecnico funzionali. Ritiene la Corte, seguendo la prospettazione dell’appello del Procuratore Generale, che lo stato dei luoghi era stato nelle more modificato, la parte terminale della canna fumaria era stata orientata ancora di più in direzione della casa di abitazione del Creti. Questa circostanza è radicalmente falsa, e mai accertata nel corso dell’istruttoria dibattimentale, né altrimenti acquisita nel corso delle indagini.

Trattasi di circostanza artificiosamente allegata, ma non provata dalla parte civile, per superare la consulenza dell’architetto Peluso, nel giudizio civile. Dalla consulenza dell’architetto Peluso al sopralluogo dell’ARPA e del Maresciallo Costadura, del 6 agosto 2010, l’impianto non aveva subito modifiche, fatta eccezione per l’applicazione del piccolo dispositivo fonoassorbente indicato dal Tribunale civile di Maglie, all’esito del giudizio ex articolo 700 del cod. proc. civ. Del resto, la stessa Corte d’appello, richiamando la testimonianza della parte civile, dà atto della persistenza dei fumi da circa tre anni.

2. 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.P.C.M. del 1997 recante la disciplina transitoria sino all’approvazione delle zonizzazioni comunali. Difetto assoluto di motivazione.

La sentenza illegittima inoltre anche nella parte di modifica della formula di assoluzione del ricorrente dal reato di cui all’articolo 659 cod. pen.

Le misurazione effettuate dall’ARPA come già accertato dal Tribunale civile e dal Tribunale penale del riesame, sono platealmente errate. Infatti come accertato dal consulente in sede civile il Comune di Muro Leccese non aveva provveduto alla zonizzazione acustica del territorio comunale, e quindi doveva applicarsi solo il criterio del valore assoluto di cui all’articolo 8 del d.P.C.M. citato.

Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, relazione a tutte le statuizione ivi contenute.

3. Con successivo atto integrativo il ricorrente presentava motivi aggiunti: violazione dell’articolo 606 lettera E, del codice di rito in relazione agli articoli 533 e 603 del codice di rito, e articolo 6, della CEDU. Carenza e/o illogicità della motivazione come si evince dal testo del provvedimento impugnato.

La sentenza di assoluzione del primo giudice si fondava sulla testimonianza del Maresciallo Vincenzo Costadura.

La rivalutazione, in senso diverso, accusatorio, della testimonianza del Maresciallo Costadura è avvenuta senza rinnovazione della prova orale in appello (sentenza CEDU Dan v/ Moldavia del 5 luglio 2011). Anche per questo ulteriore motivo la sentenza impugnata deve annullarsi.

4. La parte civile ha rinnovato la sua costituzione e presentato memoria, nella quale si chiede il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese del grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Relativamente al motivo aggiunto proposto con atto integrativo, la omessa rinnovazione in appello della testimonianza del M.llo Costadura si deve osservare che tra la decisione di primo grado e quella di appello non sussistono divergenze sull’interpretazione della testimonianza del M.llo Costadura; quello che diverge nelle due decisioni non sono le valutazioni della testimonianza, ma il rapporto tra la testimonianza e la consulenza in sede civile. Secondo il Tribunale il reato di cui all’art. 674 cod. pen. non potrebbe configurarsi in quanto non appare sufficiente la dichiarazione resa dal teste M.llo Costadura basata su sue personali sensazioni odorifere, non suffragate da alcuna indagine strumentale, oltre che in feroce contrasto con quanto ritenuto dalla consulenza in sede civile. Per la Corte di appello invece la consulenza del 2008 era non decisiva in relazione alla modifica dello stato dei luoghi (la canna fumaria era stata orientata ancora più verso la casa della parte civile).

La valutazione della testimonianza del teste quindi risulta identica nelle due decisioni. Conseguentemente nessuna rinnovazione della prova orale doveva effettuare la Corte di appello, avendo valutato la prova testimoniale nel suo complesso contenuto (come del resto valutata anche dal giudice di primo grado) e avendola ritenuta – al contrario del primo giudice di merito – sicuramente più idonea a rappresentare lo stato dei luoghi della consulenza in sede civile, datata, e con modifiche sostanziali della situazione di fatto (vedi Sez. 2, n. 54717 del 01/12/2016 – dep. 23/12/2016, Ciarda e altri, Rv. 26882601: “In tema di valutazione della prova, il giudice di appello che intenda riformare “in peius” la sentenza assolutoria di primo grado non ha l’obbligo di disporre la rinnovazione di una prova dichiarativa ritenuta decisiva allorché si limiti a valorizzare integralmente una deposizione solo parzialmente considerata – per una svista, una dimenticanza o un vero e proprio “salto logico” – da parte del primo giudice. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione con cui la Corte di appello aveva riconosciuto la penale responsabilità di un imputato sulla scorta delle dichiarazioni rese da un testimone nel giudizio di primo grado, già ritenute pienamente attendibili ad eccezione di una parte non esaminata dal primo giudice senza alcuna motivazione)”.

Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: “Non vi è necessità di rinnovo dell’istruzione dibattimentale, in appello per la riforma di una sentenza di assoluzione, quando la testimonianza è valutata dai due gradi in maniera non difforme, ma la stessa riceve una valutazione, non relativamente al contenuto, ma al rapporto con le altre prove, di attendibilità più aderente alla ricostruzione del fatto da porre a base della decisione (nel caso, il primo giudice riteneva di valutare; per escludere la responsabilità)una consulenza in sede civile ritenendola non superabile dalla testimonianza del M.llo dei Carabinieri che aveva effettuato un sopralluogo; mentre la sentenza di riforma – condanna – riteneva la testimonianza del M .llo dei Carabinieri più aderente alla situazione di fatto anche in relazione alla modifica dello stato dei luoghi)”.

6. Nel resto il ricorso risulta in fatto e manifestamente infondato.

La decisione impugnata con motivazione adeguata, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità rileva la intollerante immissione di fumo maleodorante dalla cappa del ristorante del ricorrente, come puntualmente riferito dal M.llo Costadura, con precisione descrittiva.

Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, nè tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali di coloro che siano in grado di riferire caratteristiche ed effetti delle immissioni, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi. (Sez. 3, n. 971 del 11/12/2014 – dep. 13/01/2015, Ventura, Rv. 26179401).

Relativamente al travisamento denunciato (modifiche della direzione della cappa aspirante) il ricorrente non rappresenta la decisività del travisamento, e comunque la deposizione testimoniale del M .llo Costadura, così come valutata dal giudice di merito, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, in relazione alla motivazione adeguata, risulta da sola idonea a fondare il giudizio di colpevolezza, a prescindere da una modifica dello stato dei luoghi. Lo stesso quindi oggettivamente non risulta decisivo.

7. Anche l’ultimo motivo risulta manifestamente infondato, poiché il ricorrente non rappresenta l’interesse concreto ad una diversa formula di assoluzione (perché il fatto non sussiste – primo grado – e perché il fatto non è previsto dalla legge come reato – appello -).

L’imputato assolto con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” non ha interesse ad impugnare allo scopo di ottenere assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Invero egli non potrebbe trarre alcun vantaggio, neanche sul piano morale, dalla applicazione della diversa formula, atteso che il fatto addebitatogli, anche se sussistente ed a lui ascrivibile, rientra ormai nell’ambito di un comportamento penalmente non rilevante e quindi lecito. (Sez. 5, n. 14718 del 18/11/1999 – dep. 29/12/1999, Simionato M. ed altri, Rv. 21519301; vedi anche Sez. 6, n. 6486 del 13/11/2003 – dep. 17/02/2004, Arcoleo ed altri, Rv. 22837001).

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di ( 2.000,00 e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di ( 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile liquidate in complessivi euro 3.500,00 oltre accessori di legge.

Così deciso il 21/09/2016

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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