Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Rifiuti
Numero: 12469 |
Data di udienza: 15 Dicembre 2011
* RIFIUTI – Resti di agrumi in stato di decomposizione – Abbandono di rifiuti non pericolosi – Qualificazione giuridica del fatto – Irreversibilità del processo fermentativo – Qualificazione come ammendante vegetale – Esclusione – Correttezza dell’operato dei dipendenti – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Culpa in vigilando – Specifica causa di esonero della responsabilità – Onere della prova – Art. 256, c 2 d.Lgs n. 152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Aprile 2012
Numero: 12469
Data di udienza: 15 Dicembre 2011
Presidente: Mannino
Estensore: Rosi
Premassima
* RIFIUTI – Resti di agrumi in stato di decomposizione – Abbandono di rifiuti non pericolosi – Qualificazione giuridica del fatto – Irreversibilità del processo fermentativo – Qualificazione come ammendante vegetale – Esclusione – Correttezza dell’operato dei dipendenti – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Culpa in vigilando – Specifica causa di esonero della responsabilità – Onere della prova – Art. 256, c 2 d.Lgs n. 152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 3 aprile 2012 (Ud. 15/12/2011), Sentenza n. 12469
RIFIUTI – Resti di agrumi in stato di decomposizione – Abbandono di rifiuti non pericolosi – Qualificazione giuridica del fatto – Irreversibilità del processo fermentativo – Qualificazione come ammendante vegetale – Esclusione – Art. 256, D. Lgs n. 152/2006.
Gli scarti vegetali costituiti da resti di agrumi in stato di decomposizione sono da considerarsi rifiuti rientranti pertanto, nella disciplina di cui all’
art. 256, d.Lgs n. 152 del 2006, in quanto gli stessi non sono “qualificabili né come ammendante vegetale semplice, per l’irreversibilità del processo fermentativo, né come ammendante vegetale compostato, attesa la mancanza di un preliminare processo di trasformazione e stabilizzazione” (Cass. Sez. 3, n. 20248 del 7/4/2009, Belmonte).
(conferma sentenza n. 925/2008 TRIBUNALE di MESSINA, del 03/02/2010) Pres. Mannino, Est. Rosi, Ric. Sentineri
RIFIUTI – Correttezza dell’operato dei dipendenti – Responsabilità del legale rappresentante – Sussiste – Culpa in vigilando – Specifica causa di esonero della responsabilità – Onere della prova – Art. 256, c 2 d.Lgs n. 152/2006.
Anche in materia di rifiuti, il legale rappresentante di una società (in specie cooperativa), è responsabile dell’obbligo di vigilare circa la correttezza dell’operato dei dipendenti. In giurisprudenza, “in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti ad opera dei dipendenti di una società (di capitale), il legale rappresentante è responsabile, quantomeno per “culpa in vigilando”, del reato di cui all’art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (realizzazione e gestione di discarica abusiva), salva la dimostrazione di una specifica causa di esonero della responsabilità” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14285 del 10/3/2005, Brizzi, e Cass. Sez. 3, n.39949 del 26/6/2003, Copetti).
(conferma sentenza n. 925/2008 TRIBUNALE di MESSINA, del 03/02/2010) Pres. Mannino, Est. Rosi, Ric. Sentineri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 3 aprile 2012 (Ud. 15/12/2011), Sentenza n. 12469
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO – Presidente
Dott. ALFREDO TERESI – Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere Rel.
Dott. SANTI GAllARA – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da SENTINERI BRUNO N. IL 03/04/1938;
– avverso la sentenza n. 925/2008 TRIBUNALE di MESSINA, del 03/02/2010;
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
– Udito il Procuratore t nerale in persona del Dott. F. M. che ha concluso per l’inammissibilità;
RITENUTO IN FATTO
1.
II Tribunale di Messina, con sentenza del 3 febbraio 2010, ha condannato Sentineri Bruno per il reato di cui all’
art. 256, c 2 D.Lgs n. 152 del 2006, per avere, nella qualità di legale rappresentante della società cooperativa a.r.l. “Siracusana”, esercente attività di raccolta e straformazione di prodotti agrumari, abbandonato e depositato in modo incontrollato rifiuti derivanti dalla trasformazioni di agrumi o comunque dal loro stoccaggio, dando disposizioni e comunque consentendo che personale dipendente scaricasse notevole quantià di agrumi marcescenti nei cassonetti della nettezza urbana, anziché conferire tali rifiuti in apposita discarica autorizzata, con conseguente scolo di notevole quantità di liquido maleodorante sulla pubblica via, in Nizza Sicilia l’8 maggio 2006.
2. L’imputato, assistito dal proprio difensore, ha presentato ricorso per cassazione, per i seguenti motivi:
1) inapplicabilità dell’
art. 256 D.Lgs n. 152 del 2006 non solo per l’esclusione ex
art. 185, c.1 lett. e) o h) della stessa legge, ma anche per insussistenza degli elementi della fattispecie, in quanto non rientrano nell’applicazione del decreto stesso i rifiuti agricoli ed i materiali vegetali; inoltre i rifiuti non erano stati abbandonati ma collocati nei cassonetti, per cui sarebbe stata applicata estensivamente la norma di cui all’
art. 256;
2) il giudice non avrebbe tenuto conto che i rifiuti di cui si tratta potevano essere smaltiti come i rifiuti domestici;
3) non sussisterebbe la prova della responsabilità dell’imputato, a nulla valendo il rilievo che i cassonetti si trovano vicino al magazzino della società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. II ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto si risolve nell’invocare una valutazione in ordine al contesto probatoria diversa da quella della sentenza impugnata, senza individuare in essa alcun errore di logica argomentativa rilevante a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al fine di ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti e censurando violazioni di legge del tutto insussistenti.
Nel caso di specie i giudici di merito – poiché le sentenze di primo e secondo grado concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo argomentativo (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell’11/4/2008, Baretti, Rv. 239735; Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061) – hanno esplicitato le ragioni del convincimento con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, quanto all’accertamento dell’illecito smaltimento dei rifiuti prodotti dalla società ed alla responsabilità penale dell’imputato.
Risulta infatti indiscutibile la qualificazione giuridica del fatto (abbandono di rifiuti non pericolosi) sono infatti da considerarsi rifiuti, rientranti pertanto nella disciplina di cui al
d.Lgs n. 152 del 2006, gli scarti vegetali costituiti da resti di agrumi in stato di decomposizione, in quanto gli stessi non sono “qualificabili nè come ammendante vegetale semplice, per l’irreversibilità del processo fermentativo, nè come ammendante vegetale compostato, attesa la mancanza di un preliminare processo di trasformazione e stabilizzazione” (cfr. Sez. 3, n. 20248 del 7/4/2009, dep. 14/5/2009, Belmonte, Rv. 243626).
2. Del pari immune da censure la motivazione della decisione impugnata quanto al riconoscimento in capo all’imputato, essendo il legale rappresentante della società cooperativa, dell’obbligo di vigilare circa la correttezza dell’operato dei dipendenti, in linea con la giurisprudenza di legittimità («in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti ad opera dei dipendenti di una società di capitale, il legale rappresentante è responsabile, quantomeno per “culpa in vigilando”, del reato di cui all’art. 51, comma secondo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (realizzazione e gestione di discarica abusiva), salva la dimostrazione di una specifica causa di esonero della responsabilità» (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 14285 del 10/3/2005, Brizzi, Rv. 231081 e Sez. 3, n. 39949 del 26/6/2003, Copetti, Rv. 226577).
3. Pertanto il ricorso è inammissibile e a tale pronuncia consegue, in forza del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e della somma di mille euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Cosi deciso in Roma, il 15 dicembre 2011.