Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 19077 | Data di udienza: 30 Gennaio 2013
* DIRITTO URBANISTICO – Ordine di demolizione – Sentenza irrevocabile – Morte del reo – Effetti – Natura di pubblica tutela oggettiva – Non pertinenza dell’art. 171 c.p. – Art. 34 d.p.r. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Maggio 2013
Numero: 19077
Data di udienza: 30 Gennaio 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Graziosi
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Ordine di demolizione – Sentenza irrevocabile – Morte del reo – Effetti – Natura di pubblica tutela oggettiva – Non pertinenza dell’art. 171 c.p. – Art. 34 d.p.r. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 3 Maggio 2013 (Ud. 30/1/2013) Sentenza n. 19077
DIRITTO URBANISTICO – Ordine di demolizione – Sentenza irrevocabile – Morte del reo – Effetti – Natura di pubblica tutela oggettiva – Non pertinenza dell’art. 171 c.p. – Art. 34 d.p.r. 380/2001.
L’ordine, disposto con sentenza di condanna per reato edilizio, non si estingue per la morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, a motivo della sua natura di sanzione amministrativa accessoria (Cass. sez. III, 18/01/2011 n. 3861). Trattasi di misura non propriamente sanzionatoria, cioè afflittiva, in quanto priva di carattere personale (Cass. sez. III, 27/1/2000 n. 3720), bensì misura di pubblica tutela oggettiva, non correlata alla soggettività di chi ha posto in essere il detrimento territoriale che è diretta ad eliminare. È evidente, allora, la non pertinenza dell’articolo 171 c.p., e conseguentemente la infondatezza della prospettazione di incompatibilità costituzionale della interpretazione consolidata.
(conferma ordinanza n. 240/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, di 05/12/2011) Pres. Teresi, Est. Graziosi, Ric. Stifano ed altri
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 3 Maggio 2013 (Ud. 30/1/2013) Sentenza n. 19077SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Pres.
Dott. LUIGI MARINI – Cons.
Dott. ELISABETTA ROSI – Cons.
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Cons. Rel.
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONI – Cons.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STIFANO GENNARO N. IL 22/09/1944
STIFANO FABIO N. IL 21/12/1969
STIFANO MURIZIO N. IL 18/09/1972
TIFANO NADIA N. IL 19/02/1974
avverso l’ordinanza n. 240/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, di 05/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
lette le conclusioni del PG Dott. ” ” che ha cchiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 dicembre 2011 il Tribunale di Napoli, quale giudice di esecuzione in ordine a incidente sollevato da Stifano Gennaro, Stifano Fabio, Stifano Maurizio e Stifano Nadia quali eredi di Risi Orsola – che avevano chiesto la revoca dell’ordinanza di demolizione di manufatto abusivo perché il decesso della de cuius (che era stata condannata con sentenza divenuta irrevocabile per il reato di cui all’articolo 20, lettera b), l. 47/1985) avrebbe imposto ex articolo 171 c.p. la dichiarazione di estinzione della pena compreso l’ordine di demolizione, perché il giudice avrebbe dovuto valutare se la demolizione era possibile senza compromettere l’immobile sottostante e perché avrebbe dovuto altresì valutare la persistenza dell’interesse pubblico alla demolizione – dichiarava estinta la pena irrogata a Risi Orsola ex articolo 171 c.p. con sentenza del tribunale di Napoli del 17 febbraio 2005, rigettando contestualmente l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione.
Al riguardo osservava che compete al pubblico ministero, quale organo promotore della esecuzione ex articolo 655 c.p.p., determinare le modalità esecutive della demolizione ex articolo 7 l. 47/1985, spettando al giudice dell’esecuzione di valutare solo le prospettazioni delle parti, in difetto di poteri propri di cognizione; e nel caso di specie le allegazioni degli istanti erano del tutto generiche, non avendo identificato circostanze specifiche ostative alla demolizione, ma solo ipotizzato possibilità, appunto generiche, di danneggiamento dell’immobile sottostante.
Dalla descrizione dell’immobile nella sentenza di condanna, poi, emergeva che le operazioni di demolizione non sarebbero state complesse. Né d’altronde risultava dagli atti alcuna pronuncia amministrativa incompatibile con la demolizione già disposta in sentenza, e pertanto alcuna conflittualità della demolizione con l’interesse pubblico.
2. Contro la suddetta ordinanza ha presentato ricorso la difesa degli istanti, articolandolo su due motivi.
Il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 171 c.p., dovendosi superare l’orientamento giurisprudenziale che consente di proseguire l’esecuzione anche nei confronti degli eredi del condannato con una lettura costituzionalmente orientata, tenendo conto della sentenza 131/1986 della Corte Costituzionale che, rigettando ogni questione di legittimità, ha affermato che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida può essere investita dalla rilevanza di provvedimenti quali l’amnistia e l’indulto. Se dunque cause di estinzione della pena o del reato possono incidere, è ragionevole ritenere che un’altra causa di estinzione della pena incida su una sanzione amministrativa come quella in esame. Inoltre la lettura dell’articolo 171 c.p. deve tenere conto dei principi di cui agli articoli 25 e 27 della Costituzione, considerando che i destinatari del provvedimento di demolizione non hanno avuto alcuna parte nel fatto che determinò la condanna.
Il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla mancvata sospensione del procedimento ex articolo 34 d.p.r. 380/2001. E’ necessario infatti verificare, ai sensi di detta norma, se la demolizione sia possibile senza compromettere l’immobile sottostante: l’articolo 34, secondo comma, stabilisce che se la demolizione non può essere eseguita senza pregiudizio il dirigente dell’ufficio tecnico competente applica una sanzione pecuniaria.
Vengono così ripresi gli articoli 9, secondo comma e 12, l. 47/1985 e a ciò deve rapportarsi anche il giudice penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo denuncia violazione di legge rispetto all’articolo 171 c.p. riconoscendo che l’interpretazione giurisprudenziale è nel senso che la morte del reo non incida sull’ordine di demolizione del manufatto abusivo.
Ritiene infatti questa Suprema Corte che l’ordine, disposto con sentenza di condanna per reato edilizio, non si estingue per la morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, a motivo della sua natura di sanzione amministrativa accessoria e non essendo pertanto una pena riconducibile all’articolo 171 c.p. (da ultimo Cass. sez. III, 18 gennaio 2011 n. 3861). La pretesa incompatibilità con i principi costituzionali di una simile lettura non tiene conto del coinvolgimento, nella fattispecie, accanto all’interesse del privato, del pubblico interesse alla tutela del territorio, che giustifica la permanenza della efficacia della sanzione accessoria prescindendo dal decesso del reo e quindi dal coinvolgimento di persone che non hanno contribuito alla condotta illecita. A ben guardare, dunque, trattasi di misura non propriamente sanzionatoria, cioè afflittiva, in quanto priva di carattere personale (cfr. Cass. sez. III, 27 gennaio 2000 n. 3720), bensì misura di pubblica tutela oggettiva, non correlata alla soggettività di chi ha posto in essere il detrimento territoriale che è diretta ad eliminare. È evidente, allora, la non pertinenza dell’articolo 171 c.p., e conseguentemente la infondatezza della prospettazione di incompatibilità costituzionale della interpretazione consolidata.
Il secondo motivo riguarda, in sostanza, l’assenza di verifica della compatibilità della demolizione con il sottostante immobile, verifica peraltro palesemente di fatto, e che comunque – come si è evidenziato più sopra nella sintesi della motivazione dell’ordinanza impugnata – il Tribunale ha espletato sulla base degli atti, rilevando l’assenza di allegazioni specifiche atte a impedire la demolizione. Anche questo motivo va perciò disatteso.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2013