Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti
Numero: 19111 | Data di udienza: 9 Aprile 2013
* RIFIUTI – Raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante – Disciplina eccezionale e derogatoria – Validità del titolo abilitativo – Rispetto delle disposizioni di carattere generale – Limiti e verifiche – Poteri e doveri del giudice – Onere della prova – Artt. 189, 190, 193, 212, 256 e 266 d.lgs. n.152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Maggio 2013
Numero: 19111
Data di udienza: 9 Aprile 2013
Presidente: Teresi
Estensore: Ramacci
Premassima
* RIFIUTI – Raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante – Disciplina eccezionale e derogatoria – Validità del titolo abilitativo – Rispetto delle disposizioni di carattere generale – Limiti e verifiche – Poteri e doveri del giudice – Onere della prova – Artt. 189, 190, 193, 212, 256 e 266 d.lgs. n.152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 3 Maggio 2013 (Ud. 9/04/2013) Sentenza n. 19111
RIFIUTI – Raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante – Disciplina derogatoria – Limiti e verifiche – Rispetto delle disposizioni di carattere generale – Artt. 189, 190, 193, 212, 256 e 266 d.lgs. n.152/2006.
In tema di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate in forma ambulante l’applicazione della disciplina derogatoria non può prescindere dal contenuto letterale dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152/06 e, segnatamente, dell’ultima parte della disposizione, laddove l’esonero dall’osservanza della disciplina generale è circoscritta ai soli rifiuti che formano oggetto del commercio del soggetto abilitato. La verifica del settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato ad operare deve essere pertanto oggetto di adeguata verifica, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all’attività autorizzata. E’ peraltro evidente che l’attività espletata resta sottratta alla disciplina generale dei rifiuti avendo il legislatore considerato la minima pericolosità per la salute e per l’ambiente di un’attività pacificamente riconducibile a quella dei c.d. robivecchi. Per tale ragione deve invece escludersi che la disciplina in esame possa essere utilizzata per legittimare attività diverse che richiedono, invece, il rispetto delle disposizioni di carattere generale.
(annulla con rinvio ordinanza n. 24/2012 TRIB. LIBERTA’ di. FERMO, del 07/11/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mihalache
RIFIUTI – Disciplina eccezionale e derogatoria – Poteri e doveri del giudice – Validità del titolo abilitativo – Onere della prova.
In tema di disciplina eccezionale e derogatoria rispetto alla quella ordinaria sui rifiuti, l’onere della prova sul verificarsi delle condizioni fissate per la liceità della condotta grava su chi ne invoca l’applicazione, è poi evidente che il giudice del merito ha il potere ed il dovere di verificare in concreto la efficacia e validità del titolo abilitativo eventualmente esibito. Sicché, nonostante l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata da soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività in forma ambulante, non prevede l’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti, con conseguente esclusione della configurabilità del reato di illecito trasporto sul presupposto che essa faccia riferimento a titoli abilitativi disciplinati da altre leggi statali, in quanto la normativa generale sui rifiuti non prevede specifici istituti di abilitazione all’attività di raccolta e trasporto in forma ambulante (Cass. Sez. III n. 1287, 13/09/2005; Cass. Sez. III n. 28366, 8/08/2006; Cass. Sez.3 n. 20249, 14/5/2009), si è precisato che tale attività deve comunque essere effettuata previo conseguimento del titolo abilitativo attraverso l’iscrizione presso la camera di commercio ed i successivi adempimenti amministrativi (Cass. Sez. III n. 28366 6) e che il soggetto che la esercita, oltre al possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante, deve trattare rifiuti che formano oggetto del suo commercio (Cass. Sez. III n. 20249 9).
(annulla con rinvio ordinanza n. 24/2012 TRIB. LIBERTA’ di. FERMO, del 07/11/2012) Pres. Teresi, Est. Ramacci, Ric. Mihalache
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 3 Maggio 2013 (Ud. 9/04/2013) Sentenza n. 19111SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da MIHALACHE GHEORGHE N. IL 31/08/1977
– avverso l’ordinanza n. 24/2012 TRIB. LIBERTA’ di. FERMO, del 07/11/2012
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. L. RAMACCI;
– sentite le conclusioni del PG Dott. A. POLICASTRO che ha concluso per l’annullamento senza rinvio
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Fermo, con ordinanza del 7.11.2012, ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell’interesse di Gheorghe MIHALACHE, avverso il decreto emesso in data 17.10.2012 dal Pubblico Ministero, il quale convalidava il sequestro di un autocarro Fiat Ducato di proprietà del MIHALACHE e condotto da altro soggetto, ipotizzandosi il reato di cui all’art. 256 d.lgs. n.152/2006 per l’effettuazione, in assenza di valido titolo abilitativo, del trasporto di ql. 13,40 di rifiuti speciali non pericolosi classificati con i codici CER 20 01 36 e 20 01 28. Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce violazione di legge, rivendicando l’applicabilità, nei suoi confronti, del disposto dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n. 152/06 in quanto soggetto abilitato allo svolgimento di attività di raccolta e trasporto rifiuti in forma ambulante in forza di autorizzazione rilasciatagli dal comune di residenza e di iscrizione nell’apposito registro istituito presso la Camera di commercio di Fermo.
Aggiunge che la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti per l’applicabilità della disposizione richiamata era nella disponibilità del Tribunale il quale, però, non l’avrebbe considerata, venendo meno ad una valutazione certamente non estranea alle specifiche competenze del giudice del riesame. Osserva, altresì, che il Tribunale più volte confonde il sequestro probatorio con la misura cautelare reale del sequestro preventivo e che il vincolo sul mezzo di trasporto non sarebbe giustificato dalle esigenze di qualificazione ed analisi di quanto trasportato, con la conseguenza che il provvedimento impugnato sarebbe privo di motivazione in punto di esigenze probatorie.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è solo in parte fondato.
Il quinto comma dell’art. 266 d.lgs. 152\06 stabilisce che «le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio».
Tale disposizione, che sostanzialmente riproduce il contenuto dell’articolo 58, comma 7-quater dell’abrogato D.Lv. n.22/97, è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata da soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività in forma ambulante, non prevede l’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti, con conseguente esclusione della configurabilità del reato di illecito trasporto sul presupposto che essa faccia riferimento a titoli abilitativi disciplinati da altre leggi statali, in quanto la normativa generale sui rifiuti non prevede specifici istituti di abilitazione all’attività di raccolta e trasporto in forma ambulante (Sez. III n. 1287, 13 settembre 2005; v. anche Sez. III n. 28366, 8 agosto 2006; Sez. III n. 20249, 14 maggio 2009).
Si è tuttavia precisato che tale attività deve comunque essere effettuata previo conseguimento del titolo abilitativo attraverso l’iscrizione presso la camera di commercio ed i successivi adempimenti amministrativi (Sez. III n. 28366\06 cit.) e che il soggetto che la esercita, oltre al possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante, deve trattare rifiuti che formano oggetto del suo commercio (Sez. III n. 20249\09 cit.).
I principi appena richiamati sono stati oggetto di successiva conferma (Sez. III n. 25352, 27 giugno 2012; Sez. III n. 27290, 10 luglio 2012).
Le richiamate decisioni, nel considerare il titolo abilitativo legittimante il commercio ambulante, ricordano che la normativa di riferimento è quella contemplata dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 che ha riformato la disciplina relativa al settore del commercio.
4. Tali principi, che anche il ricorrente richiama, sono senz’altro condivisibili, pur dovendosi formulare alcune precisazioni.
Il contenuto dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n. 152/06, come si è già detto, ripropone analoga previsione contemplata dalla disciplina previgente, ma inserita nel d.lgs. 22\97 ad opera della legge 9 dicembre 1998, n. 426, in vigore dal 29.12.1998, successivamente, quindi, all’entrata in vigore del d.lgs. 114\98 (9.5.1998) ed emanata considerando, evidentemente, le disposizioni che già a quel tempo disciplinavano il commercio ambulante cui deve aggiungersi, per completezza, anche l’art. 121 TULPS il quale, per lo svolgimento di alcuni «mestieri girovaghi» prevedeva l’iscrizione in un apposito registro presso l’autorità locale di pubblica sicurezza.
Ciò posto, pur rilevandosi che il d.lgs. n.152/06, fin dalla sua emanazione, ha presentato non pochi problemi di coordinamento interno e con altre disposizioni vigenti, ripetutamente posti in evidenza dalla dottrina e dalla giurisprudenza, non sembrano esservi elementi per dubitare che, nella formulazione del menzionato art. 266, comma 5 ed in occasione dei numerosissimi ed, in alcuni casi, significativi interventi modificativi, si sia tenuto conto del necessario raccordo con l’attuale disciplina del commercio che deve essere effettuato nella concreta applicazione della richiamata disposizione, nonché della parziale abrogazione dell’art. 121 TULPS ad opera dell’art. 6, lett. b) d.P.R. 28 maggio 2001, n. 311.
5. Tenendo dunque presente quanto stabilito dal d.lgs. n.114/98, dovrà farsi in primo luogo riferimento alla definizione, contenuta nell’art. 4, comma 1, lett. b) di «commercio al dettaglio», descritto come «l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale».
La disciplina astrattamente applicabile sarà, poi, quella regolata dal Titolo X, relativo al commercio al dettaglio su aree pubbliche, queste ultime definite, dall’art. 27, comma 1, lett. b), come «le strade, i canali, le piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico».
L’attività commerciale esercitabile sarà, inoltre, quella indicata dall’art. 18, comma 1, lett. b) e, cioè, quella che può essere svolta «su qualsiasi area purché in forma itinerante» e soggetta all’autorizzazione di cui al successivo comma 4, rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l’attività.
Dal tenore delle disposizioni sommariamente richiamate appaiono di tutta evidenza le difficoltà di ricondurre alle attività da queste disciplinata quelle di cui si occupa l’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152/06, ma ciò non autorizza certo interpretazioni finalizzate ad una forzata estensione dell’ambito di operatività della disciplina dettata dal d.lgs. n.114/98, che risulta compiutamente definita, né di quella dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152/06 che, riguardando la materia dei rifiuti, richiede una lettura orientata all’osservanza dei principi generali comunitari e nazionali e, prevedendo un esclusione dal regime generale dei rifiuti, impone sicuramente un’applicazione restrittiva.
6. L’applicazione della disciplina derogatoria in esame non può dunque prescindere dal contenuto letterale dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152/06 e, segnatamente, dell’ultima parte della disposizione, laddove l’esonero dall’osservanza della disciplina generale è chiaramente circoscritta ai soli rifiuti che formano oggetto del commercio del soggetto abilitato.
La verifica del settore merceologico entro il quale il commerciante è abilitato ad operare deve essere pertanto oggetto di adeguata verifica, così come la riconducibilità del rifiuto trasportato all’attività autorizzata.
E’ peraltro evidente che l’attività espletata resta sottratta alla disciplina generale dei rifiuti avendo il legislatore considerato la minima pericolosità per la salute e per l’ambiente di un’attività pacificamente riconducibile a quella dei c.d. robivecchi.
Per tale ragione deve invece escludersi che la disciplina in esame possa essere utilizzata per legittimare attività diverse che richiedono, invece, il rispetto delle disposizioni di carattere generale.
Va inoltre ricordato che, vertendosi, come si è detto, in tema di disciplina eccezionale e derogatoria rispetto alla quella ordinaria in tema di rifiuti, l’onere della prova sul verificarsi delle condizioni fissate per la liceità della condotta grava su chi ne invoca l’applicazione, come si è più volte affermato con riferimento anche ad altre situazioni, come ad esempio quelle relative al deposito temporaneo, sempre ricordando l’applicabilità del principio in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali (Sez. III n. 15680, 23 aprile 2010; Sez. III n. 21587, 17 marzo 2004;. Sez. III n. 30647, 15 giugno 2004).
E’ poi evidente che il giudice del merito ha il potere ed il dovere di verificare in concreto la efficacia e validità del titolo abilitativo eventualmente esibito.
Inoltre, la natura personale del suddetto titolo, desumibile dalla disciplina dianzi richiamata, che presuppone il possesso di determinati requisiti per l’esercizio dell’attività di commercio, implica una ulteriore verifica, nel caso in cui detta attività non sia svolta direttamente da colui che vi è abilitato, finalizzata alla corretta individuazione del rapporto effettivamente intercorrente tra i diversi soggetti.
7. Date tali premesse, deve rilevarsi che, nel caso in esame, l’ordinanza impugnata presenta alcuni aspetti censurabili.
Il Tribunale, dopo aver dato atto delle argomentazioni sviluppate dalla difesa in ordine al possesso del titolo abilitativo al commercio ambulante e la conseguentemente asserita legittimità del trasporto, osserva che i principi che la stessa difesa richiama, menzionando la decisione n.20249\09 di questa Corte, in precedenza citata, non sarebbero conferenti in quanto riferiti al reato previsto dall’art. 51 d.lgs. 22\97 ora abrogato dall’entrata in vigore del d.lgs. 152\06, non considerando, però, il reato di illecita gestione è rimasto sostanzialmente immutato e richiamando il contenuto di altra decisione di questa Corte (n.27290\12) pure in precedenza menzionata.
Limitandosi a tale osservazione, tuttavia, i giudici del riesame non hanno in definitiva affrontato la questione nodale sollevata dal ricorrente sulla liceità o meno dell’attività svolta dall’indagato.
Si sarebbe dovuto invero valutare, sulla base della documentazione che il ricorrente assume presente in atti, se astrattamente ricorrevano o meno i presupposti di applicabilità dell’art. 266, comma 5 d.lgs. n. 152/06 come in precedenza delineati.
Il provvedimento impugnato prescinde del tutto da tale valutazione e neppure considera che, risultando che il mezzo in sequestro era condotto da soggetto diverso dal proprietario che assume di essere debitamente autorizzato all’espletamento dell’attività, quest’ultimo avrebbe dovuto documentare anche l’esistenza di un collegamento tra l’attività autorizzata e quella in concreto espletata (in ricorso viene fatto generico riferimento ad una delega di esecuzione).
Tale situazione evidenzia come il provvedimento impugnato sia sostenuto, sul punto, da una motivazione meramente apparente che giustifica l’annullamento con rinvio.
Priva di rilievo risulta, invece, la censura afferente alla asserita confusione, da parte del Tribunale, tra il sequestro probatorio e la misura cautelare del sequestro preventivo, atteso che dai richiami alle disposizioni codicistiche e da altri concreti riferimenti alla vicenda processuale non vi è alcun dubbio che i giudici, pur incorrendo nel lapsus evidenziato, si riferiscono evidentemente al sequestro probatorio, rispetto al quale viene compiutamente indicata, seppure in maniera sintetica, la sussistenza dei presupposti di applicabilità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Fermo.
Così deciso in data 9.4.2013