Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Boschi e macchia mediterranea, Diritto processuale penale, Diritto venatorio e della pesca, Fauna e Flora Numero: 49703 | Data di udienza: 5 Luglio 2018

DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Esercizio dell’uccellagione mediante utilizzo di archetti in area boschiva – Natura di reato pericolo a consumazione anticipata – La cattura fisica dell’animale non è necessaria – FAUNA – Predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica – Momento della consumazione del reato – BOSCHI – Esercizio di uccellagione in area boschiva – Giurisprudenza – Caccia con mezzi vietati ed uccellagione – Distinzione – Configurabilità del reato di uccellagione – Elementi – Indiscriminata cattura di uccelli – Potenzialità offensiva degli strumenti di cattura – Art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Dichiarazione di cause di non punibilità – Esclusione – Art. 129 c.p.p..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Ottobre 2018
Numero: 49703
Data di udienza: 5 Luglio 2018
Presidente: SAVANI
Estensore: DI STASI


Premassima

DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Esercizio dell’uccellagione mediante utilizzo di archetti in area boschiva – Natura di reato pericolo a consumazione anticipata – La cattura fisica dell’animale non è necessaria – FAUNA – Predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica – Momento della consumazione del reato – BOSCHI – Esercizio di uccellagione in area boschiva – Giurisprudenza – Caccia con mezzi vietati ed uccellagione – Distinzione – Configurabilità del reato di uccellagione – Elementi – Indiscriminata cattura di uccelli – Potenzialità offensiva degli strumenti di cattura – Art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Dichiarazione di cause di non punibilità – Esclusione – Art. 129 c.p.p..



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 30/10/2018 (Ud. 05/07/2018), Sentenza n.49703
  

DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Esercizio dell’uccellagione mediante utilizzo di archetti in area boschiva – Natura di reato pericolo a consumazione anticipata – La cattura fisica dell’animale non è necessaria – Potenzialità offensiva degli strumenti di cattura – FAUNA E FLORA – Predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica – Momento della consumazione del reato – Art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992 – BOSCHI – Esercizio di uccellagione in area boschiva – Giurisprudenza.
 
Il reato previsto dall’art. 30, comma primo lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157 – esercizio di uccellagione – non richiede la effettiva cattura di animali, essendo sufficiente la semplice predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica per ritenere consumato il reato (Sez.3, n. 7861 del 12/01/2016; Sez. 3, n. 19554 del 17/03/2004). Il  reato, ex art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992, si configura come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione è sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, non essendo invece richiesta l’effettiva apprensione dei volatili. Sicché, ricorre il reato di uccellagione, quando: a) vi sia impiego non momentaneo di strumenti fissi, diversi dalle armi da sparo; b) la potenzialità offensiva di detti strumenti sia ampia ed indiscriminata, con pericolo, quindi, di depauperamento, anche se parziale, della fauna selvatica (cfr, ex plurimis, sez. 3, n. 1713 del 18.12.1995 dep. il 14.2.1996, Palandri; Sez. 3, n. 4918 del 10.4.1996, Giust; Sez. 3, n. 2423 del 20.2.1997, Carlesso; sez. 3, n. 9607 del 2.6.1999, Baire; Sez. 3, n. 139 del 13.11.2000, Moreschi; Sez. 3 n. 6966 del 17.4.2000, Bettoni).
  
  
DIRITTO VENATORIO – CACCIA – Caccia con mezzi vietati ed uccellagione – Distinzione – Offensività degli strumenti utilizzati – Cattura di un numero indiscriminato di esemplari – Configurabilità del reato di uccellagione – Elementi – Indiscriminata cattura di uccelli – Potenzialità offensiva degli strumenti di cattura – Art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992.
  
La distinzione fra caccia con mezzi vietati (art. 30, comma primo lett. h), della legge 11 febbraio 1992 n. 157) ed uccellagione (art. 30, comma primo lett. e) della legge 11 febbraio 1992 n. 157) è costituita dall’uso e dalla particolare offensività degli strumenti utilizzati, atteso che l’uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari, ivi compresi quelli dei quali la cattura è vietata in modo assoluto, mentre la caccia con mezzi vietati è diretta alla cattura di singoli e specifici esemplari (Sez. 3, n. 17272 del 21/03/2007, Del Pesce). Inoltre, è stato precisato che, per la configurabilità dell’art. 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992, non è necessario che sia predisposto un complesso sistema di reti, essendo sufficiente ad integrare il reato anche l’adozione di congegni rudimentali e di limitata grandezza, pure essi idonei, in determinate condizioni, ad una indiscriminata cattura di uccelli. La linea di demarcazione tra l’uccellagione e la caccia con mezzi vietati è, quindi, rappresentata dalla possibilità, insita solo nella prima, che si verifichi un indiscriminato depauperamento della fauna selvatica a cagione delle modalità dell’esercizio venatorio e in considerazione della particolarità dei mezzi adoperati (Sez.3, n.11350 del 10/02/2015, Ungaro).
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Inammissibilità del ricorso per cassazione – Effetti – Dichiarazione di cause di non punibilità – Esclusione – Art. 129 c.p.p..
 
L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez.U. n. 12602 del 25.3.2016, Ricci; Sez.2, n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428 del 22/03/2005, Rv.231164; Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004).
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso  sentenza del 26/05/2017 – CORTE DI APPELLO DI BRESCIA) Pres. SAVANI, Rel. DI STASI, Ric. Zubani

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 30/10/2018 (Ud. 05/07/2018), Sentenza n.49703

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 30/10/2018 (Ud. 05/07/2018), Sentenza n.49703
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da ZUBANI GIOVANNI BATTISTA, nato a Ome;
 
avverso la sentenza del 26/05/2017 della Corte di appello di Brescia;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità;
 
udito per l’imputato l’avv. Roberto De Stefano, in sostituzione dell’avv. Enzo Bosio, che ha concluso riportandosi ai motivi. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 03/03/2016, il Tribunale di Brescia dichiarava Zubani Giovanni Battista responsabile del reato di cui all’art. 30 comma 1 lett. e) L. n. 157/1992 per aver esercitato l’uccellagione mediante utilizzo di archetti in area boschiva e lo condannava alla pena (sospesa) di mesi due di arresto.
 
Con sentenza del 26/05/2017, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della predetta sentenza, ridetermina la pena inflitta all’imputato in euro 1.500,00 di ammenda e confermava nel resto.
 
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Zubani Giovanni Battista, a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 
 
Il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 30 comma 1 lett. e) l. 157/1992 in luogo della fattispecie di cui all’art. 30 comma 1 lett. h) L. 157/1992.
 
Argomenta che la differenza tra il reato di uccellagione ed il reato di caccia con mezzi vietati risiede nella circostanza che in quest’ultimo caso l’agente utilizza mezzi diretti alla cattura di singoli esemplari; pertanto, la fattispecie contestata (utilizzo di sette archetti che per dimensione e forma sono in grado di intrappolare un solo esemplare per volta e di piccola taglia) integrerebbe il meno grave reato di caccia con mezzi vietati.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il motivo di ricorso proposto è manifestamente infondato.
 
2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, il reato previsto dall’art. 30, comma primo lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157 – esercizio di uccellagione – non richiede la effettiva cattura di animali, essendo sufficiente la semplice predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica per ritenere consumato il reato (Sez.3, n. 7861 del 12/01/2016, Rv.266278; Sez. 3, n. 19554 del 17/03/2004, Rv. 228886).
 
Con la norma incriminatrice in esame, il legislatore si propone di punire sistemi di cattura con potenzialità offensiva indeterminata, tali anche da comportare il pericolo di un depauperamento della fauna e ciò, indipendentemente dall’abbattimento o meno degli animali, con la conseguenza che il reato si perfeziona anche nel caso in cui la cattura non si sia concretamente ancora verificata (Sez. 3, n. 3090 del 12/01/1996, Marconi, Rv. 205043); detto reato, si è precisato, si configura come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione è sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, non essendo invece richiesta l’effettiva apprensione dei volatili (Sez.3, n. 7861 del 12/01/2016, Rv.266278).
 
 
3. La distinzione fra caccia con mezzi vietati (art. 30, comma primo lett. h), della legge 11 febbraio 1992 n. 157) ed uccellagione (art. 30, comma primo lett. e) della legge 11 febbraio 1992 n. 157) è costituita dall’uso e dalla particolare offensività degli strumenti utilizzati, atteso che l’uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari, ivi compresi quelli dei quali la cattura è vietata in modo assoluto, mentre la caccia con mezzi vietati è diretta alla cattura di singoli e specifici esemplari (Sez. 3, n. 17272 del 21/03/2007, Del Pesce, Rv. 236497).
 
La giurisprudenza di questa Corte è assolutamente costante, nel senso di ritenere che ricorre il reato di uccellagione, quando: a) vi sia impiego non momentaneo di strumenti fissi, diversi dalle armi da sparo; b) la potenzialità offensiva di detti strumenti sia ampia ed indiscriminata, con pericolo, quindi, di depauperamento, anche se parziale, della fauna selvatica (cfr, ex plurimis, sez. 3, n. 1713 del 18.12.1995 dep. il 14.2.1996, Palandri, Rv. 204726; Sez. 3, n. 4918 del 10.4.1996, Giusti, Rv. 205462; Sez. 3, n. 2423 del 20.2.1997, Carlesso, Rv. 207635; sez. 3, n. 9607 del 2.6.1999, Baire, Rv. 214597; Sez. 3, n. 139 del 13.11.2000, Moreschi, Rv. 218696; Sez. 3 n. 6966 del 17.4.2000, Bettoni, Rv. 217676).
 
E’ stato pure precisato che non è necessario che sia predisposto un complesso sistema di reti, essendo sufficiente ad integrare il reato anche l’adozione di congegni rudimentali e di limitata grandezza, pure essi idonei, in determinate condizioni, ad una indiscriminata cattura di uccelli. La linea di demarcazione tra l’uccellagione e la caccia con mezzi vietati è, quindi, rappresentata dalla possibilità, insita solo nella prima, che si verifichi un indiscriminato depauperamento della fauna selvatica a cagione delle modalità dell’esercizio venatorio e in considerazione della particolarità dei mezzi adoperati (Sez.3, n.11350 del 10/02/2015, Ungaro, Rv.262808).
 
 
3. Nel caso in esame, la Corte territoriale, facendo buon governo dei suesposti principi di diritto ha confermato la valutazione del Tribunale ed ha correttamente ritenuto integrato il reato previsto dall’art. 30, comma primo lett. e), della legge 11 febbraio 1992 n. 157 dalla condotta del ricorrente, che veniva sorpreso da agenti del Corpo Forestale dello Stato all’interno di un’area boschiva, ove in precedenza era stata rinvenuta una tesa costituita da sette archetti metallici (trappole per la cattura di piccole uccelli) nell’atto di ricaricare un archetto per renderlo nuovamente idoneo alla cattura. 
 
I Giudici di appello hanno, infatti, chiarito, che il mezzo predisposto dall’imputato, per quanto di portata limitata, si caratterizzava quale sistema fisso, di uso non momentaneo (la tesa era costituita da sette trappole ricaricabili), idoneo a consentire una cattura indiscriminata di volatili attraverso un meccanismo dotato di potenzialità offensiva indeterminata, come tale rientrante a pieno titolo nella condotta vietata di uccellagione.
 
Il ricorrente, peraltro, si limita sostanzialmente a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio posto a fondamento della affermazione di responsabilità penale, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie.
 
 
5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 
 
6. L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez.U. n. 12602 del 25.3.2016, Ricci; Sez.2, n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428 del 22/03/2005, Rv.231164; Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004).
 
 
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 05/07/2018
 

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