Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico Numero: 20873 | Data di udienza: 15 Febbraio 2012

INQUINAMENTO IDRICO – Acque – Scarico di acque reflue industriali in un fiume – Superamento dei valori limiti tabellari – Sistema di depurazione – Valutazione del funzionamento complessivo – Provvedimento di autorizzazione provinciale – Superamento dei valori limiti fissati – Art. 137, d. Lgs. n. 152/2006 – Configurabilità – Fattispecie.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Maggio 2012
Numero: 20873
Data di udienza: 15 Febbraio 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Andronio


Premassima

INQUINAMENTO IDRICO – Acque – Scarico di acque reflue industriali in un fiume – Superamento dei valori limiti tabellari – Sistema di depurazione – Valutazione del funzionamento complessivo – Provvedimento di autorizzazione provinciale – Superamento dei valori limiti fissati – Art. 137, d. Lgs. n. 152/2006 – Configurabilità – Fattispecie.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 30 maggio 2012 (Ud. 15/02/2012) Sentenza n. 20873

 

INQUINAMENTO IDRICO – Acque – Scarico di acque reflue industriali – Superamento dei valori limiti tabellari – Sistema di depurazione – Valutazione del funzionamento complessivo – Art. 137, c.5 d.lgs. n. 152/06.
 
Il superamento dei limiti tabellari integra sempre e in ogni caso il reato di cui all’art. 137, comma  5 d.lgs. n. 152/06, quale che sia l’operazione che viene svolta attraverso il sistema di depurazione. In altri termini, il sistema di depurazione deve essere considerato nel suo complesso, non potendosi scorporare dal suo normale funzionamento operazioni quali il lavaggio dei filtri o altre attività che provochino un pur momentaneo superamento dei limiti tabellari.
 
(conferma sentenza n. 1947/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 20/ 10/2011) Pres. Mannino, Est. Andronio, Ric. Bonzi
 
 
INQUINAMENTO IDRICO – Scarico di acque reflue industriali in un fiume – Provvedimento di autorizzazione provinciale – Superamento dei valori limiti fissati  – Art. 137, d. Lgs. n. 152/2006 – Configurabilità – Fattispecie.
 
L’art. 137, comma 5, del d. Lgs. n. 152 del 2006 punisce, senza prevedere eccezioni, «chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alta parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente». Fattispecie: reato di cui all’art. 137, comma 5, del decreto legislativo n. 152/2006, perché, quale legale rappresentante di una società, nell’effettuazione dello scarico di acque reflue industriali in un fiume in forza di provvedimento di autorizzazione provinciale, aveva superato i valori limiti fissati  nella tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo menzionato, in particolare con riferimento ai valori dei parametri per zinco e tensioattivi.
 
(conferma sentenza n. 1947/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 20/ 10/2011) Pres. Mannino, Est. Andronio, Ric. Bonzi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 30 maggio 2012 (Ud. 15/02/2012) Sentenza n. 20873

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. SAVERIO FELICE MANNINO                               – Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI                                       – Consigliere
Dott. MARIO GENTILE                                                – Consigliere
Dott. GUICLA MULLIRI                                               – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO                     – Consigliere Rel.
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da BONZI ANDREA N. IL 02/08/1945
– avverso la sentenza n. 1947/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 20/ 10/2011
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/02/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.Gioacchino Izzo che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
– Udito il difensore Avv. Mauro Angarano
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. – Con sentenza del 20 ottobre 2011, la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo del 22 febbraio 2011, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art. 137, comma 5, del decreto legislativo numero 152 del 2006, perché, quale legale rappresentante di una società, nell’effettuazione dello scarico di acque reflue industriali in un fiume in forza di provvedimento di autorizzazione provinciale, aveva superato i valori limiti fissati  nella tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo menzionato, in particolare con riferimento ai valori dei parametri per zinco e tensioattivi.
 
La colpevolezza dell’imputato era ritenuta provata sulla base della considerazione che il superamento dei limiti tabellari era dovuto ad un’errata manovra posta in essere da un dipendente della società dell’imputato, il quale svolgeva detta funzione senza avere una competenza specifica; sussisteva, perciò, una culpa in eligendo in capo all’imputato, che risultava confermata da diversi elementi.
 
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, rilevando vari profili di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione e di violazione di legge e, in particolare, che: 
a) la responsabilità penale dell’imputato é stata affermata perché questo ha proseguito l’attività a fronte di una diffida da parte dell’Agenzia regionale per l’ambiente; diffida che, però, era successiva al versamento di reflui per il quale si procede, essendo stata rilasciata dalla Provincia nuova autorizzazione per l’impianto di depurazione; 
b) vi è un travisamento della portata della deposizione del teste funzionario della Provincia, perché la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che una pregressa diffida avesse imposto l’automatizzazione dell’impianto; automatizzazione che era, invece, conseguente al fatto per il quale si procede; 
c) la società dell’imputato stava operando in piena conformità alle autorizzazioni e prescrizioni dell’autorità amministrativa, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello; 
d) la sussistenza di colpa in capo all’imputato é smentita dal fatto che il funzionario della Provincia ha attestato che l’impianto, autorizzato un mese prima del versamento occasionale, era idoneo al trattamento delle acque; 
e) la motivazione circa la sussistenza della culpa in eligendo è erronea, perché l’operaio che aveva manovrato l’impianto era operaio specializzato del massimo livello, che doveva svolgere, comunque, una mera operazione manuale (apertura e chiusura di un rubinetto); 
f) non è stata presa in considerazione la sussistenza dell’esimente per caso fortuito; 
g) la Corte d’appello ha illogicamente utilizzato per la decisione una sentenza di proscioglimento che atteneva ad una pregressa vicenda, non rilevante nel presente giudizio e, comunque, precedente al rilascio dell’autorizzazione provinciale del 19 gennaio 2007; 
h) la Corte d’appello ha violato la norma incriminatrice, erroneamente ritenendo che un’immissione occasionale, quale quella di specie, possa costituire reato.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
 
3.1. – Le censure sopra riportate da a) a d) – che possono essere trattate congiuntamente, perché attengono al regime autorizzatorio in essere al momento del fatto e alla conseguente mancanza colpa dell’imputato – sono infondate.
 
La motivazione della sentenza impugnata – la quale richiama e condivide, quanto alla ricostruzione del fatto, quella della sentenza di primo grado – risulta pienamente sufficiente e logicamente coerente in relazione ad entrambi tali aspetti, tra loro connessi.
 
La Corte d’appello rileva, infatti, che i profili relativi al regime autorizzatorio in essere sono irrilevanti, perché la contestazione riguarda, non la mancanza o la violazione dell’autorizzazione, ma il superamento dei limiti tabellari; superamento pacificamente avvenuto. Non può essere, dunque, presa in considerazione, al fine di escludere la colpa dell’imputato, la circostanza che l’immissione sarebbe avvenuta nell’ambito di un’attività di scarico regolarmente autorizzata.
 
3.2. – Con i motivi riportati sub e) ed f), si contesta la motivazione della sentenza circa la sussistenza della culpa in eligendo, relativamente all’errata manovra svolta dal dipendente della società che avrebbe prodotto l’inquinamento per il quale si procede.
 
Anche tali motivi sono infondati.
 
La Corte d’appello – richiamando la sentenza di primo grado – svolge, infatti, rilievi ampiamente circostanziati e argomentati circa l’insussistenza del caso fortuito, evidenziando che: 
a) risulta dagli atti che il dipendente in questione aveva già una volta svolto male il suo incarico, determinando lo sversamento di reflui fuori norma; 
b) l’imputato, avendo scelto di non automatizzare l’impianto, avrebbe dovuto vigilare sulle operazioni di pulizia dei filtri e delegare personale idoneo; 
c) l’inidoneità del dipendente in questione risulta ammessa dall’imputato e da un testimone e non risulta che questo fosse stato specificamente edotto dei rischi derivanti dall’inosservanza delle procedure tecniche stabilite.
 
3.3. – La censura sub g) – con cui si lamenta che la Corte d’appello ha utilizzato per la decisione una sentenza di proscioglimento che atteneva ad una pregressa vicenda, non rilevante nel presente giudizio e, comunque, precedente al rilascio dell’autorizzazione provinciale del 19 gennaio 2007 – è inammissibile, per genericità. Non risulta, infatti, chiaro, nella prospettazione del ricorrente, quale sia la portata di tale pregressa decisione nella motivazione della sentenza impugnata; motivazione che in realtà si fonda – come visto – su considerazioni di ordine fattuale e giuridico del tutto autonome e sganciate da precedenti pronunce.
 
3.4. – La censura sub h) – con la quale si sostiene che l’immissione occasionale non può integrare il reato contestato – è manifestamente infondata.
 
Come già nell’atto d’appello, la difesa persiste nel considerare, quale immissione occasionale, l’occasionale superamento dei limiti tabellari, avvenuto nella fattispecie in esame.
 
E’ sufficiente rilevare, sul punto, che il superamento dei limiti tabellari integra sempre e in ogni caso – non essendovi alcuna disposizione di legge in contrario – il reato contestato, quale che sia l’operazione che viene svolta attraverso il sistema di depurazione. L’art. 137, comma 5, del dlgs. n. 152 del 2006 punisce, infatti, senza prevedere eccezioni, «chiunque, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell’Allegato 5 alta parte terza del presente decreto, oppure i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall’Autorità competente». In altri termini, come già correttamente evidenziato dalla Corte d’appello, il sistema di depurazione deve essere considerato nel suo complesso, non potendosi scorporare dal suo normale funzionamento operazioni quali il lavaggio dei filtri o altre attività che provochino un pur momentaneo superamento dei limiti tabellari.
 
4. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 
 
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2012.
 

 

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