Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4072 | Data di udienza: 20 Dicembre 2011

* DIRITTO URBANISTICO – Nozione di pertinenza urbanistica e pertinenza ex art.817 c.c. – Opere pertinenziali – Differenze, presupposti e limiti – Ampliamento manufatto – Volumi tecnici di rilevante ingombro – Permesso di costruire – Necessità – Art.44 comma 1 lett.b) DPR 380/01BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Aree vincolate – Realizzazione di opere pertinenziali – Disciplina applicabile ed autorizzazioni – Art.3 c.1 lett.e.6) DPR 380/01 – Realizzazione di un piccolo locale adibito a ricovero di macchinari – Preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica – Necessità – Art.181 D.L.gs.n.42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proposizione di un atto di impugnazione invalido – Intervenuta formazione del giudicato sostanziale – Effetti – Preclusione sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio – Art.606 c. 3 – Art.591 c.1..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Gennaio 2012
Numero: 4072
Data di udienza: 20 Dicembre 2011
Presidente: Fiale
Estensore: Amoresano


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Nozione di pertinenza urbanistica e pertinenza ex art.817 c.c. – Opere pertinenziali – Differenze, presupposti e limiti – Ampliamento manufatto – Volumi tecnici di rilevante ingombro – Permesso di costruire – Necessità – Art.44 comma 1 lett.b) DPR 380/01BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Aree vincolate – Realizzazione di opere pertinenziali – Disciplina applicabile ed autorizzazioni – Art.3 c.1 lett.e.6) DPR 380/01 – Realizzazione di un piccolo locale adibito a ricovero di macchinari – Preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica – Necessità – Art.181 D.L.gs.n.42/2004DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proposizione di un atto di impugnazione invalido – Intervenuta formazione del giudicato sostanziale – Effetti – Preclusione sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio – Art.606 c. 3 – Art.591 c.1..



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 31 gennaio 2012 (Ud. 20/12/2011) Sentenza n. 4072  

DIRITTO URBANISTICO – Nozione di pertinenza urbanistica e pertinenza ex art.817 c.c. – Opere pertinenziali – Differenze, presupposti e limiti – Ampliamento manufatto.
 
Non può ricondursi alla nozione di pertinenza urbanistica o volume tecnico l’ampliamento di un manufatto atteso che questo per la relazione di congiunzione fisica con la struttura principale costituisce parte integrante di essa quale elemento che attiene all’essenza dell’immobile e lo completa per la realizzazione dei bisogni cui è destinato (Cass. sez.3 , 12.10.2005 n.36941). Infatti, la nozione di pertinenza urbanistica, diversamente da quella dettata dall’art.817 del codice civile, ha peculiarità sue proprie, inerendo essa ad un’opera -che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale- preordinata ad un’esigenza oggettiva dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede (Cass. sez.3, 9.12.2004, Bufano). Inoltre, l’opera pertinenziale non deve essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, sicché non può considerarsi tale l’ampliamento di un edificio che, per la relazione di congiunzione fisica con esso, ne costituisca parte. ( Cass. pen. sez.3 n.2017 del 25.10.2007-Giangrasso; conf., Cass. sez.3 n.20349 del 16.3.2010).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste che confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009) Pres. Fiale, Est. Amoresano, Ric. Castellan
 
 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Aree vincolate – Realizzazione di opere pertinenziali – Disciplina applicabile ed autorizzazioni – Art.3 c.1 lett.e.6) DPR 380/01 – D.L.gs.n.42/2004.
 
Non ogni pertinenza, quindi, è esente da permesso di costruire, ma esclusivamente quelle di scarsa rilevanza, non solo sotto il profilo quantitativo (ovvero quelle con volumetria non superiore al quinto di quello dell’edificio principale), ma anche sotto quello qualitativo (e, cioè, sempre che le norme tecniche degli strumenti urbanistici non le considerino comunque, interventi di nuova costruzione, tenuto conto della zonizzazione e del loro impatto ambientale e paesaggistico), come ricavabile dalla previsione dell’art.3 comma primo lett.e.6) DPR n.380/01 (Cass.pen.sez.3 n.6109 dell’ 8.12008). Pertanto, a norma dell’art.3 comma 1 lett.e.6) DPR 380/01, sono da considerare interventi di nuova costruzione, come tali richiedenti il previo rilascio di permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale.
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste che confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009) Pres. Fiale, Est. Amoresano, Ric. Castellan
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Volumi tecnici di rilevante ingombro – Permesso di costruire – Necessità  – Art.44 comma 1 lett.b) DPR 380/01.
 
Integra il reato edilizio previsto dall’art.44 comma 1 lett.b) DPR 380/01, la realizzazione, senza permesso di costruire, di un volume tecnico di rilevante ingombro destinato ad incidere oggettivamente in modo significativo sui luoghi esterni. (Cass. pen. sez.3 n. 7217 del 17.11.2010). Volumi tecnici, sono infatti, quelli strettamente necessari a consentire e contenere l’eccesso di quelle parti degli impianti tecnici e che non possono trovare sistemazione entro il corpo dell’edificio (Cass. sez.3 n.2187 del 3/12/1992).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste che confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009) Pres. Fiale, Est. Amoresano, Ric. Castellan
 
 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Area vincolata – Realizzazione di un piccolo locale adibito a ricovero di macchinari – Preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica – Necessità – Art.181 D.L.gs.n.42/2004.
 
La realizzazione, in ampliamento di un immobile preesistente, di un locale adibito a ricovero di macchinari (da destinare ad affumicatura di insaccati) senza concessione edilizia ed in assenza di autorizzazione paesaggistica configura il reato di cui al capo a), dell’art.44 DPR 380/01. Tali interventi che, comunque, alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, pur se eseguibili mediante “semplice” denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 22, commi primo e secondo, del DPR 6 giugno 2001 n.180, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dal comma terzo della citata disposizione, necessitano del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo. (Cass. pen. sez.3 n.8739 del 21.1.2010), configurandosi in mancanza il reato di cui all’art.181 D.L.gs.n.42 del 2004 (Cass. pen. sez.3 n.15929 del 12.1.2006).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste che confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009) Pres. Fiale, Est. Amoresano, Ric. Castellan
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Proposizione di un atto di impugnazione invalido – Intervenuta formazione del giudicato sostanziale – Effetti – Preclusione sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio – Art.606 c. 3 – Art.591 c.1..
 
In materia processuale, l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria “absolutio ab instantia” derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale (Cass. S.U. sent. n.23428/2005-Bracale).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste che confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009) Pres. Fiale, Est. Amoresano, Ric. Castellan


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 31 gennaio 2012 (Ud. 20/12/2011) Sentenza n. 4072

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.
 
Dott. Aldo Fiale Presidente
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Guida I. Mulliri Consigliere
Dott. Luigi Marini Consigliere
Dott. Giulio Sarno Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Castellan Antonino nato il 14.3.1941
– avverso la sentenza del 24.1.2011 della Corte di Appello di Trieste
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
– sentite le conclusioni del P.G., dr. Nicola Lettieri, che ha chiesto rigettarsi il ricorso
– sentito il difensore, avv. Francesco Longo, che ha concluso per I’ accoglimento del ricorso
 
OSSERVA
 
1) Con sentenza in dota 24.1.2011 la Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone dell’8.10.2009, con la quale Castellan Antonino, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di giorni 20 di arresto ed curo 11.000,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva con la corrispondente sanzione pecuniaria, e perciò alla pena complessiva di curo 11.760,00 di ammenda, per i reati di cui all’art.181 D.L.vo 22.1.2004 n.42 (capo a) e 44 lett.c) DPR 380/01 (capo b), unificati sotto il vincolo della continuazione.
 
Ricordava la Corte territoriale che il procedimento era nato da una notizia di reato trasmessa dal Comune di Zoppola in data 25.11.2005, con cui si denunciava l’avvenuta realizzazione, in ampliamento di un immobile preesistente, di un locale di mt.2,35 X 2,80, adibito a ricovero di macchinari (da destinare ad affumicatura di insaccati) senza concessione edilizia ed in assenza di autorizzazione paesaggistica. Il Castellan era rimasto coinvolto nella vicenda in qualità di progettista e direttore dei lavori.
 
Tanto premesso, riteneva la Corte, disattendendo i motivi di appello, che l’opera non potesse considerarsi un volume tecnico di stretta pertinenza dell’opera principale, costituendo essa un ampliamento dell’opera preesistente e ricadendo in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
 
Non era poi maturata la prescrizione, in quanto ricadendo l’opera in zona sottoposta a vincolo, la permanenza del reato doveva ritenersi cessata solo a seguito della rimozione della stessa, accertata in data 3 ottobre 2007.
 
2) Ricorre per Cassazione Castellan Antonino, a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza ed erronea applicazione degli artt.72 e 76 della L.R. Friuli Venezia Giulia n.52/1991, nonché degli artt.44 DPR 380/01 e 181 D.L.vo 42/04, nonché la contraddittorietà della motivazione.
 
Trattandosi di volume tecnico (era stato accertato che era destinato ad impianto di lavorazione delle carni), per la realizzazione dell’opera, secondo la richiamata L.R., era, stante le limitate dimensioni del manufatto, sufficiente una DIA e non occorreva autorizzazione paesaggistica.
 
3) II ricorso v manifestamente infondato.
 
3.1) E’ vero che, secondo l’art.72 comma 1 lett.c) della L.R. Friuli sono da considerare nuovi interventi non aventi rilevanza urbanistica “la realizzazione di volumi tecnici che si rendessero indispensabili a seguito della installazione di impianti tecnologici necessari per le esigenze degli edifici esistenti”.
I Giudici di merito, con accertamento in fatto, hanno, però, ritenuto che non ci si trovasse in presenza di un volume tecnico, tenuto conto che il manufatto dalle dimensioni di mt.2,5 X 2,7 circa costituiva un ampliamento dell’opera principale, (tanto che lo stesso ricorrente aveva fatto richiesta di autorizzazione edilizia, negata però dal Comune anche perché la costruzione ricadeva in zona sottoposta a vincolo paesaggistico).
 
A norma dell’art.3 comma 1 lett.e.6) DPR 380/01, infatti, sono da considerare interventi di nuova costruzione, come tali richiedenti il previo rilascio di permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”.
 
Non ogni pertinenza, quindi, è esente da permesso di costruire, ma “esclusivamente quelle di scarsa rilevanza, non solo sotto il profilo quantitativo (owero quelle con volumetria non superiore al quinto di quello dell’edificio principale), ma anche sotto quello qualitativo (e, cioè, sempre che le norme tecniche degli strumenti urbanistici non le considerino comunque, interventi di nuova costruzione, tenuto conto della zonizzazione e del loro impatto ambientale e paesaggistico), come ricavabile dalla previsione dell’art.3 comma primo lett.e.6) DPR n.380/01 (Cass.pen.sez.3 n.6109 dell’ 8.12008).
 
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte non può ricondursi alla nozione di pertinenza urbanistica o volume tecnico l’ampliamento di un manufatto atteso che questo per la relazione di congiunzione fisica con la struttura principale costituisce parte integrante di essa quale elemento che attiene all’essenza dell’immobile e lo completa per la realizzazione dei bisogni cui è destinato” (Cass.sez.3 , 12.10.2005 n.36941). Infatti “la nozione di pertinenza urbanistica, diversamente da quella dettata dall’art.817 del codice civile, ha peculiarità sue proprie, inerendo essa ad un’opera- che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale- preordinata ad un’esigenza oggettiva dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell’edificio principale una destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede” (vedi tra le molteplici decisioni, Cass..sez.3, 9.12.2004, Bufano). L’opera pertinenziale inoltre, non deve essere parte integrante o costitutiva di altro fabbricato, sicchè non può considerarsi tale l’ampliamento di un edificio che, per la relazione di congiunzione fisica con esso, ne costituisca parte…” (cfr. ex multis Cass. pen. sez.3 n.2017 del 25.10.2007-Giangrasso; conf., più di recente, Cass.sez.3 n.20349 del 16.3.2010).
 
3.1.1) Per quanto riguarda più specificamente i “volumi tecnici” si è ritenuto che “integra il reato edilizio previsto dall’art.44 comma 1 lett.b) DPR 380/01, la realizzazione, senza permesso di costruire, di un volume tecnico di rilevante ingombro destinato ad incidere oggettivamente in modo significativo sui luoghi esterni. (Cass.pen.sez.3 n. 7217 del 17.11.2010). Volumi tecnici, sono, infatti, “quelli strettamente necessari a consentire e contenere l’eccesso di quelle parti degli impianti tecnici e che non possono trovare sistemazione entro il corpo dell’edificio” (Cass.sez.3 n.2187 del 3,12,1992).
 
3.2) In ordine alla configurabilità, poi, del reato di cui al capo a), è pacifico che gli interventi che, comunque, alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, pur se eseguibili mediante “semplice” denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 22, commi primo e secondo, del DPR 6 giugno 2001 n.180, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dal comma terzo della citata disposizione, necessitano del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo” (cfr. ex multis Cass.pen.sez.3 n.8739 del 21.1.2010), configurandosi in mancanza il reato di cui all’art.181 D.L.gs.n.42 del 2004 (Cass.pen.sez.3 n.15929 del 12.1.2006).
 
3.3) Non può, infine, essere dichiarata la prescrizione, sia che si voglia ritenere la stessa maturata prima (non essendovi sul punto deduzioni con il ricorso), sia se maturata dopo la emissione della sentenza impugnata (l’inammissibilità dei ricorso preclude la declaratoria di eventuali cause estintive). Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n.23428/2005-Bracale). Tale decisione, operando una sintesi delle precedenti, ha enunciato il principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art.591 comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria “absolutio ab instantia” derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale”.
 
3.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
 
P. Q. M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
 
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2011

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