Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto degli alimenti, Diritto processuale penale Numero: 45726 | Data di udienza: 19 Luglio 2016

* DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Preparazione delle carni con additivi chimici non autorizzati – Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande – Prodotto commercializzato non conforme alla disciplina sanitaria –  Artt. 5 e 6 Legge n. 283/1962 – PROCEDURA PENALE – Impugnazione proposta come appello e riqualificata come ricorso per cassazione – Principio di conservazione degli atti – Art. 568 c.5, cod.proc.pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 31 Ottobre 2016
Numero: 45726
Data di udienza: 19 Luglio 2016
Presidente: ROSI
Estensore: Di Stasi


Premassima

* DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Preparazione delle carni con additivi chimici non autorizzati – Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande – Prodotto commercializzato non conforme alla disciplina sanitaria –  Artt. 5 e 6 Legge n. 283/1962 – PROCEDURA PENALE – Impugnazione proposta come appello e riqualificata come ricorso per cassazione – Principio di conservazione degli atti – Art. 568 c.5, cod.proc.pen..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 19/07/2016) Sentenza n.45726


DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Preparazione delle carni con additivi chimici non autorizzati – Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande – Prodotto commercializzato non conforme alla disciplina sanitaria –  Artt. 5 e 6 Legge n. 283/1962. 
 
Integra il reato di cui all’art. 5 lett. g) in relazione all’art. 6 della L. n. 283/1962, l’impiego nella preparazione delle carni additivi chimici non autorizzati con decreto del Ministro della Sanità
 

 
PROCEDURA PENALE – Impugnazione proposta come appello e riqualificata come ricorso per cassazione – Principio di conservazione degli atti – Art. 568 c.5, cod.proc.pen.
 
L’impugnazione proposta come appello, riqualificata dalla Corte territoriale come ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 568 comma 5, cod.proc.pen. in base al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato, ciò comportando che l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Cass. Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi).
 

(Dichiara inammissibili i ricorsi avverso sentenza del 16/03/2015 del TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE) Pres. ROSI, Rel. DI STASI, Ric. Bonafede 
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 19/07/2016) Sentenza n.45726

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 31/10/2016 (ud. 19/07/2016) Sentenza n.45726

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da: BONAFEDE ROSOLINO nato a Corleone il 09/05/1965;
avverso la sentenza del 16/03/2015 del Tribunale di Termini Imerese;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 16.3.2015, il Tribunale di Termini Imerese dichiarava Bonafede Rosolino responsabile del reato di cui all’art. 5 lett. g) in relazione all’art. 6 della L n. 283/1962 – per aver quale legale rappresentante della rivendita denominata “Galleria della carne” con sede in Corleone impiegato nella preparazione della carne additivi chimici non autorizzati con decreto del Ministro della Sanità- e lo condannava alla pena di euro 350,00 di ammenda.
 
2. Avverso tale sentenza proponevano appello Bonafede Rosolino ed il difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
 
Con il primo motivo chiedono l’applicazione del nuovo istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen.
 
Con il secondo motivo deducono inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese in giudizio dai testi dell’accusa e dai testi della difesa, dalle quali emergeva l’insussistenza del fatto contestato.
 
Con il terzo motivo deducono inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.
 
Con ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Palermo in data 24.2.2016, previa qualificazione dell’appello come ricorso per cassazione, è stata disposta la trasmissione degli atti a questa Corte, trattandosi di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
 
2. Va ricordato che l’impugnazione proposta come appello, riqualificata dalla Corte territoriale come ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 568 comma 5, cod.proc.pen. in base al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato, ciò comportando che l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (ex multis: Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi R, Rv. 213835).
 
Nel caso in esame, l’impugnazione è inammissibile perché proposta per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., atteso che, come si desume dal tenore dei motivi dell’originario gravame, la stessa con riferimento al primo motivo è inammissibile per genericità e, quanto agli ulteriori motivi, articola esclusivamente censure di merito all’impugnata sentenza, riguardanti, da un lato la rivalutazione del compendio probatorio e dall’altro la ricostruzione in fatto della vicenda, ambiti che esulano dal sindacato di legittimità.
 
3.Consegue,pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 21/06/2016

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