Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria:
Numero: 46824 | Data di udienza: 3 Maggio 2012
* DIRITTO URBANISTICO – Domanda di condono (o di sanatoria) – Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà – Valenza probatoria privilegiata – Falsa dichiarazione del privato – Effetti – Art. 483 cod. pen. – Configurabilità – Art. 38 D.P.R. 445/00.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Dicembre 2012
Numero: 46824
Data di udienza: 3 Maggio 2012
Presidente: Squassoni
Estensore: Grillo
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Domanda di condono (o di sanatoria) – Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà – Valenza probatoria privilegiata – Falsa dichiarazione del privato – Effetti – Art. 483 cod. pen. – Configurabilità – Art. 38 D.P.R. 445/00.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3, 4 Dicembre 2012 (Ud. 3/05/2012) Sentenza n. 46824
DIRITTO URBANISTICO – Domanda di condono (o di sanatoria) – Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà – Valenza probatoria privilegiata – Falsa dichiarazione del privato – Effetti – Art. 483 cod. pen. – Configurabilità – Art. 38 D.P.R. 445/00.
Le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà allegate alla domanda di condono edilizio oltre a non abbisognare dell’autenticazione da parte del funzionario competente, stante il chiaro disposto dell’art. 38 del D.P.R. 445/00, laddove ideologicamente false sotto il profilo contenutistico riferibile al fatto che si intende provare, integrano ex sé la fattispecie penale di cui all’art. 483 cod. pen. Sicché, la condotta di colui il quale in occasione della presentazione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a domanda di condono (o di sanatoria) edilizio, attesti falsamente la data di ultimazione dei lavori relativi alle opere edilizie oggetto della istanza di condono (o di sanatoria) integra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 483 cod. pen., attribuendo l’ordinamento valenza probatoria privilegiata alla dichiarazione la quale è dunque destinata a dimostrare la veridicità dei fatti cui si riferisce e ad essere poi trasfusa in atto pubblico (il condono o il rilascio della concessione in sanatoria).
(annulla con rinvio sentenza n. 180/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del 02/05/2011) Pres. Squassoni, Est. Grillo, Ric. PG in proc Terenzi
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3, 4 Dicembre 2012 (Ud. 3/05/2012) Sentenza n. 46824SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. MARIO GENTILE – Consigliere
Dott. RENATO GRILLO – Consigliere Rel.
Dott. GUICLA MULLIRI – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO PRESSO CORTE D’APPELLO DI ANCONA nei confronti di:
1) TERENZI QUINTA N. IL 27/02/1947 * C/
avverso la sentenza n. 180/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del 02/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VOLPE GIUSEPPE che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
Udito, per la parte civile, l’Avv. //
Uditi i difensor Avv. //
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 4 maggio 2009 il Tribunale di Pesaro dichiarava TERENZI Quinta, imputata del delitto di cui all’art. 483 cod. pen. in relazione all’art. 75 del D.P.R. 445/00, “per avere, quale proprietaria, dichiarato nella domanda di condono 11472 del 7.12.2004, affermato falsamente nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (sottoscritta dalla Terenzi) che le opere per le quali chiedeva la sanatoria” apertura di cancelletto pedonale ‑ era stata ultimata e completata nel gennaio 2003, fatto del quale l’atto era destinato a provare la verità” [Reato commesso in Pesaro il 7 dicembre 2004 – data di presentazione della domanda], colpevole del detto reato, condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
1.2. La Corte di Appello di Ancona, investita del gravame proposto dall’imputata, riformava la detta sentenza in data 2 maggio 2011, assolvendo l’imputata perché il fatto non sussiste: la corte marchigiana perveniva a tale soluzione, affermando che la dichiarazione oggetto della contestazione, seppur presentata dall’imputata, non risultava conforme alle prescrizioni imposte dall’art. 38 del D.P.R. 445/00 in quanto non sottoscritta alla presenza del pubblico ufficiale ricevente l’atto, non acquisendo quindi le caratteristiche di dichiarazione fidefaciente.
1.3 Per l’annullamento della sentenza propone ricorso il Procuratore Generale, deducendo violazione di legge per erronea applicazione della legge penale: dopo una ricostruzione del panorama normativo di riferimento, il P.G. ricorrente sostenendo l’erronea applicazione della legge penale laddove la Corte ha ritenuto la mancata sottoscrizione dinnanzi al pubblico ufficiale incaricato della ricezione dell’atto, una forma di invalidità sostanziale e non una mera irregolarità formale, rilevando ulteriormente come il bene giuridico protetto dalla norma è l’interesse della salvaguardia della pubblica fede laddove questa venga posta in discussione con contenuti non veridici dell’atto che si presenta, trattandosi di atto di fede privilegiata destinato a provare la verità di un determinato fatto storico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Come emerge dalla sentenza impugnata, la Corte territoriale ha ritenuto sostanzialmente privo di efficacia, e dunque inidoneo a configurare la fattispecie, l’atto a forma dell’imputata in base alla considerazione che la sottoscrizione apposta ìn calce non è avvenuta secondo le modalità previste dall’art. 38 del D.P.R. 445/00 (disciplinante la materia della autodichiarazioni fidefacienti), occorrendo ai fini della configurabilità del reato che la sottoscrizione venisse apposta alla presenza del pubblico ufficiale incaricato della ricezione dell’atto. La stessa Corte distrettuale ha poi rilevato che, in ogni caso, non era stato completato l’iter di formazione della dichiarazione dinnanzi al P.U., anche in considerazione del mancato accoglimento della domanda di condono che aveva impedito la trasfusione della dichiarazione non vera resa dall’imputata nell’atto pubblico necessario per la integrazione della fattispecie.
2. Ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie, va anzitutto evidenziato che i fatti in contestazione risultano commessi in data 7 dicembre 2004, sotto la vigenza, quindi, dell’art. 38 del D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, intitolato “Modalità di invio e sottoscrizione delle istanze” il quale testualmente recita: “Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica; nei procedimenti di aggiudicazione di contratti pubblici, detta facoltà è consentita nei limiti stabiliti dal regolamento di cui all’Art. 15, comma 2, della L. 15/3/97 n. 59”.
3. Trattasi di una disposizione di carattere non innovativo rispetto alla precedente disposizione contenuta nell’art. 3 della L. 127/97 (a sua volta modificativa – per quanto qui di interesse – dell’art. 3 comma 1° del D.P.R. 25.1.1994 n. 130), intitolato “Disposizioni in materia di dichiarazioni sostitutive e di semplificazione delle domande di ammissione agli impieghi”, la quale, dopo aver precisato che le dichiarazioni sostitutive di cui al comma 1 dell’art. 2 [del D.P.R. 130/94] “possono essere presentate anche contestualmente all’istanza e sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto”, al successivo comma 11 specifica che “La sottoscrizione, in presenza del dipendente addetto, di istanze da produrre agli organi della amministrazione pubblica ed ai gestori o esercenti di pubblici servizi, non è soggetta ad autenticazione”. (Sulla portata non innovativa delle disposizioni di cui al D.P.R. 445/00, nonostante l’enunciazione nell’art. 77 di una abrogazione delle disposizioni precedenti, v. Cass. Sez. 5^ 29.112006 n. 42291, Annovi, Rv. 235365).
4. Occorre altresì ricordare che in precedenza altra disposizione, oggi non più in vigore per effetto del D.P.R. 445/00 dianzi citato, contenuta nell’art. 4 del D.P.R. 25.1.1994 n. 130, riguardante la dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà, prevedeva testualmente che “l’atto di notorietà concernente fatti, stati, o qualità personali che siano a diretta conoscenza del destinatario è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo dinnanzi al funzionario competente a ricevere la documentazione, o dinnanzi a notaio, cancelliere, segretario comunale o altro funzionario incaricato dal sindaco, il quale provvede alla autenticazione della sottoscrizione con l’osservanza delle modalità di cui all’art. 20”.
5, Risulta evidente, dall’esposizione dei riferimenti normativi sopra citati, come alla data dell’entrata in vigore del D.P.R. 445/00, non fosse più prevista in occasione della presentazione di dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà da parte del privato, l’autenticazione della sottoscrizione da parte del presentatore dell’atto, bastando quindi la presenza del funzionario incaricato della ricezione o, in alternativa, l’allegazione alla dichiarazione di documento di identità personale del presentatore anche in copia non autentica.
6. Tanto precisato, e con specifico riferimento alla materia del condono edilizio, questa Corte ha avuto modo di precisare che le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà allegate alla domanda di condono edilizio oltre a non abbisognare dell’autenticazione da parte del funzionario competente, stante il chiaro disposto dell’art. 38 del D.P.R. 445/00, laddove ideologicamente false sotto il profilo contenutistico riferibile al fatto che si intende provare, integrano ex sé la fattispecie penale di cui all’art. 483 cod. pen. Invero per giurisprudenza costante di questa Corte che questo Collegio condivide (v. da ultimo Cass. Sez. 5^ 26.11.2009 n. 2978, P.G. in proc. Urso, Rv. 245839; Cass. Sez. 5^ 19.12.2005 n. 5122, Grossi, Rv. 233404; Cass. Sez. 3^ 24.1.2003 n. 9527, Dell’amico ed altri, Rv. 223940), la condotta di colui il quale in occasione della presentazione di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a domanda di condono (o di sanatoria) edilizio, attesti falsamente la data di ultimazione dei lavori relativi alle opere edilizie oggetto della istanza di condono (o di sanatoria) integra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 483 cod. pen., attribuendo l’ordinamento valenza probatoria privilegiata alla dichiarazione la quale è dunque destinata a dimostrare la veridicità dei fatti cui si riferisce e ad essere poi trasfusa in atto pubblico (il condono o il rilascio della concessione in sanatoria). Tale situazione è rimasta invariata anche dopo l’emanazione del D.P.R. 445/00 in quanto, come sottolineato dalle decisioni sopra riportate, quel che assume rilevanza ai fini della sussistenza del delitto in parola è la destinazione e lo scopo della falsa dichiarazione del privato e gli effetti di essa sul piano giuridico, che impongono una particolare tutela.
7. Peraltro già altro orientamento di questa Corte aveva affermato che la falsità delle dichiarazioni rese al P.U. in occasione della presentazione di domanda tendente all’ottenimento della concessione edilizia, è sanzionata ai sensi dell’art. 26 della L. 15/68 (come poi sostituita dal D.P.R. 445/00) il quale richiama quoad poenam espressamente l’art. 483 cod. peri., con la conseguenza che non ha alcuna rilevanza ai fini della inconfigurabilità della fattispecie la natura di mera autorizzazione amministrativa della concessione in sanatoria (Cass. Sez. 5^ 15.6.2001 n. 34815, Di Bari, Rv. 220223; Cass. Sez. 5^ 5122/05 cit.; Cass. Sez. 2^ 12.1.2012 n. 4970, Yu, Rv. 251815).
8. Alla stregua di tali indicazioni è evidente l’errore interpretativo commesso dalla Corte territoriale che, oltre a non tenere conto della evoluzione normativa che ha eliso la necessità dell’autenticazione della sottoscrizione di dichiarazioni sostitutive da parte del P.U., ha male applicato la disposizione penale dell’art. 483 cod. pen. che, peraltro, richiamata quoad poenam dalla normativa di settore, attribuisce rilievo penale alla condotta del provato laddove la circostanza che forma oggetto della dichiarazione sostitutiva, istituzionalmente destinata a provare la verità di un determinato fatto storico, sia intrinsecamente non vera.
9. La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia che, in sede di rinvio, dovrà attenersi ai principi di diritto sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia.
Così deciso in Roma, 3 maggio 2012