Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 6298 | Data di udienza: 15 Gennaio 2013

* DIRITTO URBANISTICO – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Accertamento – Momento consumativo del reato urbanistico – Completamento delle opere – Artt. 10 e 44 lett. b) d.P.R. n.380/01.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Febbraio 2013
Numero: 6298
Data di udienza: 15 Gennaio 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Ramacci


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Accertamento – Momento consumativo del reato urbanistico – Completamento delle opere – Artt. 10 e 44 lett. b) d.P.R. n.380/01.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013) Sentenza n. 6298

DIRITTO URBANISTICO – Mutamento di destinazione d’uso di un immobile – Accertamento – Momento consumativo del reato urbanistico – Completamento delle opere – Artt. 10 e 44 lett. b) d.P.R. n.380/01.
 
Nei casi in cui si proceda al mutamento di destinazione d’uso di un immobile mediante l’esecuzione di opere il cui scopo è quello di renderlo utilizzabile per finalità diverse da quelle originarie, la trasformazione dovrà ritenersi ultimata con il completamento delle opere medesime, quando, cioè, l’uso del manufatto secondo la nuova destinazione sia effettivamente possibile. Inoltre, l’accertamento del mutamento di destinazione d’uso in corso d’opera deve effettuarsi sulla base della individuazione di elementi univocamente significativi, propri, del diverso uso cui è destinata l’opera e non coerenti con la destinazione originaria (Cass. Sez. III n.8282, 9/3/2011).
 
(conferma sentenza n. 709/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del 14/03/2012) Pres. Squassoni,  Rel. Ramacci, Ric. Usai ed altri

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Febbraio 2013 (Ud. 15/01/2013) Sentenza n. 6298

SENTENZA

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. AMEDEO FRANCO – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel. 
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere  
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da:
1) USAI ANTONIO N. IL 16/09/1968;
2) LUCA LUCIA N. IL 01/02/1961;
3) BIANCHI ALBERTO N. IL 05/02/1971;
4) LUCA LUIGI N. IL 06/07/1956;
– avverso la sentenza n. 709/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del 14/03/2012;
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.A.P.
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Genova, con sentenza del 14\3\2012, ha confermato la decisione con la quale, in data 28.6.2010, il Tribunale di Savona aveva riconosciuto la penale responsabilità di Antonio USAI, Lucia LUCA, Alberto BIANCHI e Luigi LUCA per il reato di cui agli artt. 110, 113 cod. pen. e 44 lett. b) d.P.R. n. 380/01, concernente la modifica dell’originaria destinazione d’uso di un locale sottotetto da locale di sgombero a locale ad uso abitativo, con realizzazione di opere e ampliamento volumetrico non assentibile, realizzazione del locale sottotetto con pendenza delle falde del 37% in luogo del 35% assentito, con conseguente maggiore altezza al colmo, il tutto in assenza di permesso di costruire o, comunque, in difformità totale dal permesso di costruire e da quanto disposto dall’art. 6.2 delle Norme Tecniche di attuazione del PRG del Comune di Noli.
 
Avverso tale pronuncia i predetti propongono un unico ricorso per cassazione.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente individuato la data di consumazione del reato facendo riferimento alla realizzazione di impianti all’interno del locale, mentre la modifica dell’originaria destinazione d’uso avrebbe dovuto considerarsi perfezionata nel momento in cui era avvenuta la realizzazione delle falde con pendenza superiore rispetto a quanto previsto, poiché sarebbe tale intervento ad aver reso urbanisticamente rilevante la volumetria del sottotetto.
 
Tale errata valutazione da parte dei giudici del gravame, aggiungono, avrebbe comportato, quale ulteriore conseguenza, la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, risalendo l’accertamento della maggiore pendenza delle falde al 28.1.2004.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso denunciano la violazione di legge, rilevando la mancanza di correlazione tra quanto contestato e quanto ritenuto in sentenza, atteso che la Corte territoriale avrebbe affermato che la modifica della destinazione d’uso si sarebbe concretata con la realizzazione delle opere, condotta, questa, che l’imputazione non contempla, addebitandosi agli imputati il solo intervento sulle falde del sottotetto.
 
Insistono, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
 
Occorre in primo luogo rilevare che non risulta in contestazione la natura dell’intervento eseguito che, da quanto emerge dall’esame del ricorso e del provvedimento impugnato, si è concretato nell’innalzamento delle falde di un sottotetto e l’esecuzione di opere interne, quali la realizzazione di un bagno, la predisposizione di punti luce e di attacchi per impianti di condizionamento (pag.3 del ricorso e pag. 4 della sentenza).
 
Neppure è contestato che l’intervento possa qualificarsi come modifica dell’originaria destinazione d’uso di un preesistente volume tecnico in unità abitativa in assenza di titolo abilitativo.
 
Ciò che i ricorrenti ritengono meritevole di censura è, invece, la individuazione del momento consumativo del reato, che essi ritengono coincidente con l’innalzamento delle falde del tetto e che, al contrario, la Corte del merito colloca in un momento successivo, quello della ultimazione delle opere interne, specificando che, essendo intervenuto il sequestro preventivo delle opere ancora in corso di realizzazione il 2.3.2006, è da tale data che decorre il termine di prescrizione del reato.
 
5. Date tali premesse, deve ricordarsi che, in linea generale, si è già avuto modo di precisare che la destinazione d’uso è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione.
 
Essa individua il bene sotto l’aspetto funzionale, specificando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della differenziazione infrastrutturale del territorio, prevista e disciplinata dalla normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della diversa destinazione di zona.
 
L’organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d’uso in tutte le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale (così, testualmente, Sez. III n. 9894, 5 marzo 2009).
 
Più recentemente, si è osservato che l’accertamento del mutamento di destinazione d’uso in corso d’opera deve effettuarsi sulla base della individuazione di elementi univocamente significativi, propri, del diverso uso cui è destinata l’opera e non coerenti con la destinazione originaria (Sez. III n.8282, 9 marzo 2011).
 
6. Ciò posto, appare evidente che nei casi in cui, come nella fattispecie, si proceda al mutamento di destinazione d’uso di un immobile mediante l’esecuzione di opere il cui scopo è quello di renderlo utilizzabile per finalità diverse da quelle originarie, la trasformazione dovrà ritenersi ultimata con il completamento delle opere medesime, quando, cioè, l’uso del manufatto secondo la nuova destinazione sia effettivamente possibile.
 
Date tali premesse, deve rilevarsi che, nel caso in esame, con accertamento in fatto supportato da adeguata motivazione, in quanto tale, non sindacabile in questa sede, la Corte territoriale ha rilevato che, all’atto del sequestro, le opere interne al sottotetto e destinate a renderlo abitabile erano ancora in corso di esecuzione, tanto che oltre a non essere stati ancora installati «importanti elementi strutturali», quali luci e condizionatori, mancava anche una scala di accesso ai locali e veniva utilizzata una scala mobile a pioli per accedere attraverso un foro praticato sul pavimento, costituente l’unica via di ingresso dall’ultimo piano del fabbricato al sottotetto.
 
La sentenza impugnata risulta pertanto, sul punto, del tutto immune da censure.
 
7. Anche l’infondatezza del secondo motivo del ricorso risulta di macroscopica evidenza.
 
In disparte la questione concernente la tempestività della deduzione concernente la mancanza di correlazione tra imputazione e sentenza che, in quanto eventualmente produttiva di nullità a regime intermedio, avrebbe dovuto essere formulata nei motivi di appello (v. da ultimo Sez. VI n. 31436 ed altre prec. conf.), deve osservarsi che, da quanto emerge dalla semplice lettura del capo di imputazione, la contestazione non riguarda esclusivamente, come sostenuto in ricorso, la sola modifica della pendenza delle falde del tetto, indicando essa minuziosamente il complesso degli interventi finalizzati al cambio di destinazione d’uso, con espresso riferimento non solo all’innalzamento del colmo conseguente alla diversa inclinazione delle falde, ma anche alla esecuzione di opere in genere ed all’ampliamento volumetrico.
 
Il contraddittorio sul contenuto sostanziale dell’accusa risultava pertanto debitamente assicurato ed anche il pieno esercizio del diritto di difesa degli imputati è stato adeguatamente garantito.
 
8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
 
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la
prescrizione (Sez. IV n. 18641, 22 aprile 2004).
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
 
Così deciso in data 15.1.2013
 

 

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