Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 10927 |
Data di udienza: 22 Gennaio 2013
* RIFIUTI – Reato di abbandono di rifiuti – Presupposti per la configurabilità – Incidenza della condotta sull’integrità dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Fattispecie: immissione di rifiuti, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee – Artt. 192 c.1 e 2, e 256, c.2 d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diritto alla prova nel sindacato di legittimità – Limiti – Prove manifestamente superflue ed irrilevanti – Esclusione – Determinazione della misura della pena – Considerazione degli elementi – Minimo e massimo edittale – Concessione delle attenuanti – Potere discrezionale del giudice – Art. 133 c.p..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Marzo 2013
Numero: 10927
Data di udienza: 22 Gennaio 2013
Presidente: Lombardi
Estensore: Ramacci
Premassima
* RIFIUTI – Reato di abbandono di rifiuti – Presupposti per la configurabilità – Incidenza della condotta sull’integrità dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Fattispecie: immissione di rifiuti, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee – Artt. 192 c.1 e 2, e 256, c.2 d.lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diritto alla prova nel sindacato di legittimità – Limiti – Prove manifestamente superflue ed irrilevanti – Esclusione – Determinazione della misura della pena – Considerazione degli elementi – Minimo e massimo edittale – Concessione delle attenuanti – Potere discrezionale del giudice – Art. 133 c.p..
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Marzo 2013 (Ud. 22/01/2013) Sentenza n. 10927
RIFIUTI – Reato di abbandono di rifiuti – Presupposti per la configurabilità – Incidenza della condotta sull’integrità dell’ambiente – Necessità – Esclusione – Fattispecie: immissione di rifiuti, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee – Artt. 192 c.1 e 2, e 256, c.2 d.lgs. n.152/2006.
Per la configurabilità del reato di abbandono di rifiuti da parte dei titolari di imprese e responsabili di enti,
art. 256, comma 2 d.lgs. n.152/06, non è necessaria alcuna incidenza della condotta sulla integrità dell’ambiente, in quanto la condotta viene sanzionata perché posta in essere in violazione del divieto di cui all’
art. 192 commi 1 e 2 d.lgs. n.152/06. Detta disposizione prevede, un generale divieto di abbandono di rifiuti che può concretarsi attraverso l’abbandono sul suolo e nel suolo, il deposito incontrollato sul suolo e nel suolo e, come nel caso in esame, nell’immissione di rifiuti, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Inoltre, la violazione è caratterizzata proprio dall’occasionalità e discontinuità di dette attività che consentono di distinguerla dal quella, pianificata ed abituale, che connota la discarica abusiva (Cass. Sez. III n. 25463, 15/04/2004).
(conferma sentenza n. 626/2011 TRIBUNALE di AOSTA, del 09/03/2012) Pres. Lombardi, Est. Ramacci, Ric. Olivero
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Diritto alla prova nel sindacato di legittimità – Limiti – Prove manifestamente superflue ed irrilevanti – Esclusione.
Il diritto alla prova riconosciuto alle parti implica la corrispondente attribuzione del potere di escludere le prove manifestamente superflue ed irrilevanti, secondo una verifica di esclusiva competenza del giudice di merito che sfugge al sindacato di legittimità ove abbia formato oggetto di apposita motivazione immune da vizi logici e giuridici (SS.UU. n. 15208, 21/4/2010).
(conferma sentenza n. 626/2011 TRIBUNALE di AOSTA, del 09/03/2012) Pres. Lombardi, Est. Ramacci, Ric. Olivero
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Determinazione della misura della pena – Considerazione degli elementi – Minimo e massimo edittale – Concessione delle attenuanti – Potere discrezionale del giudice – Art. 133 c.p..
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella richiamata disposizione (Sez. IV n.41702, 26/10/2004). Pertanto, la concessione delle attenuanti presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalità del reo, tanto che deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione.
(conferma sentenza n. 626/2011 TRIBUNALE di AOSTA, del 09/03/2012) Pres. Lombardi, Est. Ramacci, Ric. Olivero
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 8 Marzo 2013 (Ud. 22/01/2013) Sentenza n. 10927
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Presidente
Dott. ALDO FIALE – Consigliere
Dott. AMEDEO FRANCO – consigliere
Dott. LORENZO ORILIA – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da OLIVERO SERGIO N. IL 12/08/1958
avverso la sentenza n. 626/2011 TRIBUNALE di AOSTA, del 09/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito il difensore Avv. eCiotti Simone di Roma
RITENUTO IN FATTO
1.
Il Tribunale di Aosta, con sentenza del 9.3.2012, ha affermato la responsabilità penale di Sergio OLIVERO, legale rappresentante del caseificio «C.A.V. di Duclos Elise o & C. s.n.c.», in ordine al reato di cui all’
art. 256, comma 2 d.lgs. n.152/06, per aver immesso in acque superficiali rifiuti speciali non pericolosi consistenti nelle acque di lavaggio delle attrezzature utilizzate per la lavorazione del latte, deviandole dalla tubazione dei serbatoi di stoccaggio e, conseguentemente, lo ha condannato alla pena dell’ammenda.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che il giudice di primo grado sarebbe pervenuto alla sentenza di condanna sulla base di elementi che non troverebbero riscontro nelle risultanze dell’istruzione dibattimentale e, segnatamente, nei verbali di trascrizione delle fonoregistrazioni.
Aggiunge che il Tribunale lo avrebbe ritenuto colpevole del reato contestato sulla base di una mera responsabilità oggettiva, senza peraltro considerare che le operazioni che avevano condotto allo sversamento dei rifiuti liquidi avvengono sotto la responsabilità del «capo casaro».
3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che i fatti contestati, dovuti alla mera occasionalità, difettassero della necessaria offensività, non avendo leso in alcun modo il bene giuridico tutelato.
4. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, rilevando che il giudice del merito avrebbe escluso l’esame di alcuni testi indicati nella lista depositata dalla difesa, ritenuta sovrabbondante, escludendo l’assunzione di prove che, se ammesse, avrebbero condotto ad una pronuncia di segno diametralmente opposto.
5. Con un quarto motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla determinazione della pena, ritenuta eccessiva e frutto di un travisamento dei fatti in quanto fondata sull’erroneo presupposto che quello del ricorrente fosse l’unico caseificio della zona.
6. Con un quinto meivo di ricorso deduce, ancora una volta, la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche pur in presenza dei presupposti di legge e lamenta che il giudice del merito non avrebbe motivato in alcun modo sul punto.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Il ricorso è infondato.
Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che lo stesso è articolato esclusivamente in fatto e contiene ripetuti richiami ad atti e documenti il cui esame è precluso al giudice di legittimità.
Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e dell’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono infatti proponibili nel giudizio di legittimità quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
Invero in detta sentenza viene fornita una puntuale ricostruzione della vicenda, con puntuali riferimenti alle risultanze dell’istruzione dibattimentale senza alcuna lacerazione di senso o palese contraddizione e tale circostanza determina la inammissibilità del motivo.
8.
Quanto al secondo motivo di ricorso deve invece rilevarsi che, come emerge dal tenore letterale dell’
art. 256, comma 2 d.lgs. n.152/06, per la configurabilità del reato di abbandono di rifiuti da parte dei titolari di imprese e responsabili di enti non è necessaria alcuna incidenza della condotta sulla integrità dell’ambiente, in quanto la condotta viene sanzionata perché posta in essere in violazione del divieto di cui all’
art. 192 commi 1 e 2 d.lgs. n.152/06.
Detta disposizione prevede, infatti, un generale divieto di abbandono di rifiuti che può concretarsi attraverso l’abbandono sul suolo e nel suolo, il deposito incontrollato sul suolo e nel suolo e, come nel caso in esame, nell’immissione di rifiuti, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
Inoltre, la violazione è caratterizzata proprio dall’occasionalità e discontinuità di dette attività che consentono di distinguerla dal quella, pianificata ed abituale, che connota la discarica abusiva (cfr. Sez. III n. 25463,15 aprile 2004).
9. Per quanto attiene, invece, al terzo motivo di ricorso, deve invece richiamarsi la decisione delle SS.UU. di questa Corte, secondo la quale il diritto alla prova riconosciuto alle parti implica la corrispondente attribuzione del potere di escludere le prove manifestamente superflue ed irrilevanti, secondo una verifica di esclusiva competenza del giudice di merito che sfugge al sindacato di legittimità ove abbia formato oggetto di apposita motivazione immune da vizi logici e giuridici (SS.UU. n. 15208, 21 aprile 2010).
Nella fattispecie, come è rilevabile dal verbale di udienza del 9.3.2012 e dal provvedimento in calce alla lista testimoniale, atti che la Corte può consultare stante la natura processuale dell’eccezione, il giudice del merito ha ritenuto superflua l’escussione dei testi esclusi in quanto indicati in numero sovrabbondante ed ha ridotto a tre i testi originariamente indicati dalla difesa.
Si tratta di una decisione che non evidenzia alcun vizio di logicità ed appare giuridicamente corretta e sfugge, pertanto, ad ogni censura in questa sede.
10. Quanto alla determinazione della pena, di cui si tratta nel quarto motivo gli ricorso, deve ricordarsi che il giudice, nel quantificarla, opera una valutazione complessiva sulla base dei criteri direttivi fissati dall’articolo 133 C.P..
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito, che risulta legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella richiamata disposizione (Sez. IV n.41702, 26 ottobre 2004).
Nella fattispecie, il Tribunale ha precisato che la pena irrogata si discosta dal minimo edittale in considerazione della reiterazione dello sversamento che assume dimostrata con argomentazioni in fatto.
Quanto evidenziato dal giudice del merito risulta del tutto sufficiente a giustificare il corretto esercizio del potere discrezionale di determinazione della pena e dei criteri di valutazione fissati dall’articolo 133 cod. pen., non essendo richiesto al giudice di procedere ad una analitica valutazione di ogni singolo elemento esaminato, ben potendo assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione limitandosi anche ad indicarne solo alcuni o quello ritenuto prevalente (v. Sez. Il n. 12749, 26 marzo 2008).
11. Per ciò che concerne, infine, il quinto motivo di ricorso deve rilevarsi che, da quanto emerge dal tenore della sentenza impugnata, non risulta che la difesa abbia chiesto la concessione delle attenuanti generiche.
Inoltre, la concessione delle suddette attenuanti presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalità del reo, tanto che deve ritenersi legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. I n. 3529, 2 novembre 1993; Sez. VI n. 6724, 3 maggio 1989; Sez. VI n. 10690, 15 novembre 1985; Sez. I n. 4200, 7 maggio 1985).
Non era dunque richiesta alcuna motivazione al giudice del merito il quale, evidentemente, non ha concesso le attenuanti perché non ha ravvisato valide ragioni per l’applicazione dell’art. 62-bis cod. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in data 22/01/2013