Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti
Numero: 1150 | Data di udienza: 24 Ottobre 2012
* RIFIUTI – Attività di trattamento dei rifiuti in regime semplificato – Competenza della Polizia Giudiziaria – Sussiste – Attribuzioni esclusive per l’accertamento dei reati ambientali – Esclusione – Artt. 110 c.p. 216 e 256, c.1, lett. a), e 4, D. Lgs. n. 152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2013
Numero: 1150
Data di udienza: 24 Ottobre 2012
Presidente: Lombardi
Estensore: Graziosi
Premassima
* RIFIUTI – Attività di trattamento dei rifiuti in regime semplificato – Competenza della Polizia Giudiziaria – Sussiste – Attribuzioni esclusive per l’accertamento dei reati ambientali – Esclusione – Artt. 110 c.p. 216 e 256, c.1, lett. a), e 4, D. Lgs. n. 152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Gennaio 2013 (Ud. 24/10/2012) Sentenza n. 1150
RIFIUTI – Attività di trattamento dei rifiuti in regime semplificato – Competenza della Polizia Giudiziaria – Sussiste – Attribuzioni esclusive per l’accertamento dei reati ambientali – Esclusione – Artt. 110 c.p. 216 e 256, c.1, lett. a), e 4, D. Lgs. n.152/2006.
L’affermazione che solo i tecnici dell’ARTA sarebbero competenti ad effettuare la verifica della sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’esercizio dell’attività di trattamento dei rifiuti in regime semplificato non trova riscontro in alcun dato normativo, operando la previsione di cui all’art. 5 della legge della Regione Abruzzo n. 45 del 2007 esclusivamente sul piano della facoltà da parte delle provincie di avvalersi dei tecnici dell’ARTA; in ogni caso, qualora siano configurabili reati, come verificatosi nella vicenda in esame, la competenza al relativo accertamento spetta a tutti gli organi investiti di funzioni di polizia giudiziaria.
(conferma sentenza n. 222/2011 TRIB.SEZ.DIST. di ORTONA, del 21/07/2011) Pres. Lombardi, Est. Graziosi, Ric. Picciano
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Gennaio 2013 (Ud. 24/10/2012) Sentenza n. 1150SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Presidente
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere Rel.
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da PICCIANO ANTONIO FRANCESCO N. IL 07/10/1964
avverso la sentenza n. 222/2011 TRIB.SEZ.DIST. di ORTONA, del 21/07/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mario Fraticelli che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito, per la parte civile, l’Avv. //
Udito il difensore Avv. A. Glaviano foro di Roma
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, ha affermato la colpevolezza di Picciano Antonio Francesco in ordine al reato di cui agli art. 110 c.p. e 256, commi 1, lett. a), e 4, del D. Lgs. n. 152/2006, a lui ascritto per avere, in concorso con Picciano Raffaele, non ricorrente, in qualità di soci amministratori della ditta Picciano Raffaele G & C. s.n.c., gestito un impianto di recupero e trattamento rifiuti speciali non pericolosi nonostante la decadenza della prescritta iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali a far data dal gennaio 2008, nonché per non avere rispettato le condizioni previste dall’iscrizione relativamente al quantitativo massimo di rifiuti trattati, di gran lunga superiore alle 3.000 tonnellate consentite, ed alle modalità di trattamento dei rifiuti, stoccati in modo disordinato, mescolando tra loro varie tipologie di rifiuti, e lo ha condannato alla pena di euro 3500 di ammenda.
Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che la sezione regionale Abruzzo dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, cui erano state trasferite le competenze in materia, con nota del 15/01/2008 prot. 0366, aveva comunicato alla Provincia di Chieti di avere dichiarato improcedibile la richiesta della ditta Picciano di prosecuzione dell’attività, ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs n, 152/2006, in considerazione della presenza di numerose violazioni alla normativa vigente, accertate dalla Polizia Provinciale di Chieti, di gravità tale da ostare al rinnovo dell’autorizzazione. La ditta Picciano aveva proseguito l’attività anche a seguito di tale delibera. Inoltre era stato accertato che il quantitativo di rifiuti trattati era di gran lunga superiore alle 3.000 tonnellate oggetto dell’originaria autorizzazione e che i rifiuti non erano stati separati, essendo state rinvenute sulla vagliatrice, oltre agli inerti, anche materie plastiche.
In particolare, la sentenza ha ritenuto irrilevante il fatto che la predetta ditta fosse iscritta nel Registro Provinciale delle imprese per il trattamento di determinate tipologie di rifiuti con scadenza 20/01/2011. Poiché la ditta Picciano aveva presentato in data 13/08/2007 comunicazione di prosecuzione dell’attività e richiesta di rinnovo all’Albo Nazionale presso la sede regionale, tale domanda doveva intendersi come variante sostanziale ed implicava il riesame globale di tutta l’attività svolta dalla ditta.
La sentenza ha ritenuto altresì irrilevante l’esistenza di discrepanze tra l’accertamento effettuato dalla Polizia Provinciale e quello eseguito dall’ARIA, in quanto l’Ente preposto alla tutela dell’ambiente si era limitato ad effettuare una completa tipizzazione dei rifiuti.
7. Avverso la sentenza ha proposto appello, di persona, Picciano Antonio Francesco e l’impugnazione è stata trasmessa a questa Corte ai sensi dell’art. 568, ultimo comma, c.p.p..
Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia l’erronea valutazione delle risultanze probatorie, il travisamento dei fatti e l’erronea valutazione della legge penale.
Si premette che l’originaria iscrizione nel Registro Provinciale delle Imprese della ditta Picciano, risalente al 2002, era stata aggiornata con richiesta di integrazione tipologica del 14/04/2003, sicché la scadenza dell’autorizzazione era stata spostata al 14/04/2008, e successivamente con ulteriore richiesta in data 20/01/2006, con la conseguenza che la scadenza dell’autorizzazione era stata aggiornata al 20 gennaio 2011. In data 13 agosto 2007 la ditta Picciano aveva comunicato all’Albo Gestori Ambientali dell’Aquila un ulteriore inizio attività come integrazione tipologica relativa ai rifiuti con codice 7.6 e 7.11.
Soltanto quest’ultima integrazione di attività, pertanto, poteva ritenersi decaduta in relazione ai gruppi di rifiuti in essa previsti, mentre le precedenti integrazioni risultavano ancora in corso di validità, come dichiarato dal teste De Fabritiis, responsabile del Settore Ambiente della Provincia di Chieti.
Nel prosieguo viene censurata l’utilizzazione, quale unica fonte di prova, del parere e delle dichiarazioni del teste D’Emilio, del Comando Stazione Forestale, in contrasto con quelle del citato De Fabritiis, il quale aveva confermato la perfetta legittimità dell’operato della Picciano s.n.c. Si aggiunge che la ditta, per effetto delle integrazioni dei codici, era autorizzata a trattare oltre 100.000 tonnellate di rifiuti e non 3.000 come affermato in sentenza.
La conformità degli impianti della ditta Picciano a quanto previsto dalle leggi o regolamenti era stata comprovata dai tecnici dell’ARTA, come risultava dalla relazione prodotta in dibattimento.
Si deduce, poi, previa citazione delle disposizioni di cui all’art. 216 del D. Lgs n. 1.52/2006, che, qualora a seguito di controlli successivi all’iscrizione si accerti il mancato rispetto delle condizioni e delle norme tecniche per l’esercizio della attività, quest’ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo fissato dall’Ente. Decorso tale termine senza che il titolare abbia provveduto a rendere l’impianto conforme all’autorizzazione, l’autorizzazione stessa è revocata con divieto di prosecuzione dell’attività.
Sul punto si deduce che il giudice di merito ha erroneamente affermato che il reato di cui al primo comma dell’art. 256 del citato decreto legislativo e le previsioni di cui al quarto comma dello stesso articolo operano su piani del tutto distinti ed autonomi. Non è, pertanto configurabile il reato di cui all’art. 256, primo comma, in quanto la società Picciano è titolare di regolare autorizzazione alle operazioni di recupero ex art. 216 e la Provincia di Chieti non ha emesso un provvedimento di divieto di prosecuzione dell’attività nei termini di cui al quarto comma dell’art. 216.
Si deduce, infine, che la competenza a verificare ed a controllare la sussistenza dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate appartiene esclusivamente ai tecnici dell’ARIA.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non è fondato.
La sentenza ha correttamente affermato che la comunicazione di integrazione tipologica dei rifiuti trattati implica una modificazione sostanziale delle operazioni di recupero, ai sensi dell’art. 216, comma 5, del D, L.gs. n. 152/2006, con la conseguenza che la sezione regionale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali era investita del potere di rifiutare il rinnovo dell’iscrizione della ditta Picciano.
Peraltro, anche se il provvedimento emesso dalla sezione regionale dell’Albo, cui erano state trasferite le competenze della provincia in materia, dovesse intendersi, quale divieto di prosecuzione dell’attività, ai sensi del quarto comma dell’art. 216, egualmente risulterebbe integrato il reato di cui all’art. 256, comma 1, del D. Lgs n. 152/2006.
E’ evidente che la violazione di cui all’art. 256, comma 4, si riferisce alle verifiche effettuate dagli organi della Polizia Provinciale prima della emanazione del provvedimento di revoca dell’iscrizione.
L’affermazione che solo i tecnici dell’ARTA sarebbero competenti ad effettuare la verifica della sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’esercizio dell’attività di trattamento dei rifiuti in regime semplificato non trova riscontro in alcun dato normativo, operando la previsione di cui all’art. 5 della legge della Regione Abruzzo n. 45 del 2007 esclusivamente sul piano della facoltà da parte delle provincie di avvalersi dei tecnici dell’ARTA; in ogni caso, qualora siano configurabili reati, come verificatosi nella vicenda in esame, la competenza al relativo accertamento spetta a tutti gli organi investiti di funzioni di polizia giudiziaria.
Per il resto, le deduzioni del ricorrente in ordine alla valutazione del materiale probatorio, che è stato integralmente esaminato dal giudice di merito, hanno esclusivamente natura fattuale e sono, pertanto, inammissibili in sede di legittimità, in conclusione dovendosi rigettare il ricorso con conseguente condanna alle spese processuali del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2012