Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 5033 |
Data di udienza:
* RIFIUTI – Gestione illecita di rifiuti nella sede della società – Responsabilità di tutti gli amministratori – Violazione dei doveri di diligenza – Attività svolta senza autorizzazione o comunicazione all’interno di una Società – Consapevolezza e volontarietà della condotta – Sanzioni penali – Fattispecie: materiali di risulta di attività edilizia di demolizione e costruzione – Stoccaggio e lavorazione – Artt. 178, 208 e 256, c.1, lett. a) D. L.vo n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze ed emergenze processuali – Argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore – Valutazione da parte del giudice – Poteri e limiti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Marzo 2012
Numero: 5033
Data di udienza:
Presidente: Teresi
Estensore: Ramacci
Premassima
* RIFIUTI – Gestione illecita di rifiuti nella sede della società – Responsabilità di tutti gli amministratori – Violazione dei doveri di diligenza – Attività svolta senza autorizzazione o comunicazione all’interno di una Società – Consapevolezza e volontarietà della condotta – Sanzioni penali – Fattispecie: materiali di risulta di attività edilizia di demolizione e costruzione – Stoccaggio e lavorazione – Artt. 178, 208 e 256, c.1, lett. a) D. L.vo n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze ed emergenze processuali – Argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore – Valutazione da parte del giudice – Poteri e limiti.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 9 febbraio 2012 Sentenza n. 5033
La responsabilità per la attività di gestione non autorizzata, non ha necessariamente attinenza al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta e può scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella gestione e che, legittimamente, si richiede ai soggetti preposti alla direzione dell’azienda, ben può ascriversi anche in ragione di un atteggiamento semplicemente negligente (Cass. Sez. 3, n. 47432, 11/12/2003). Pertanto, lo svolgimento dell’attività di gestione illecita di rifiuti nella sede della società, presuppone per gli amministratori di prendere cognizione della violazione di specifici obblighi di legge e di quelli imposti dall’autorizzazioni della quale anch’essi, quali legali rappresentanti della società, erano destinatari, beneficiando, peraltro, dei vantaggi conseguiti dalla società medesima dall’inosservanza delle specifiche disposizioni in materia di rifiuti.
(conferma sentenza n. 9185/2010 TRIBUNALE di BERGAMO, del 15/03/2011) Pres. Teresi, Rel. Ramacci
RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività svolta senza autorizzazione o comunicazione all’interno di una Società – Consapevolezza e volontarietà della condotta – Sanzioni penali – Fattispecie: materiali di risulta di attività edilizia di demolizione e costruzione – Stoccaggio e lavorazione – Artt. 178, 208 e 256, c.1, lett. a) D. L.vo n. 152/2006.
In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi (Cass. Sez. 3, n. 7746, 24/02/2004). Il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178 richiama, la responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo di beni da cui originano i rifiuti ed il rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario. Nella specie, le mere asserzioni di una ripartizione di fatto delle attribuzioni dei singoli amministratori e l’assenza di qualsivoglia documentata ripartizione interna delle competenze o delega di funzioni a terzi non consentono superare il dato significativo della posizione di assoluta parita’ dei due amministratori risultante anche dalla certificazione della visura catastale.
(conferma sentenza n. 9185/2010 TRIBUNALE di BERGAMO, del 15/03/2011) Pres. Teresi, Rel. Ramacci
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Circostanze ed emergenze processuali – Argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore – Valutazione da parte del giudice – Poteri e limiti.
Il giudice di merito non è tenuto a prendere in esame espressamente ed analiticamente tutte le circostanze e le argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore, essendo invece sufficiente e necessario che egli enunci, con adeguatezza e logicità, quali circostanze ed emergenze processuali si siano rese determinanti per la formazione del suo convincimento, in modo tale che sia possibile ripercorrere l’iter logico seguito per addivenire alla decisione adottata, che non deve lasciare spazio per una valida alternativa a quelle deduzioni difensive le quali, pur non essendo state espressamente valutate, siano con esse incompatibili e devono, pertanto, ritenersi implicitamente disattese (Cass. Sez. 2, n.7853, 8/07/1992).
(conferma sentenza n. 9185/2010 TRIBUNALE di BERGAMO, del 15/03/2011) Pres. Teresi, Rel. Ramacci
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 9 febbraio 2012 Sentenza n. 5033
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Consigliere
Dott. FIALE Aldo – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere Rel.
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
– sul ricorso proposto da RO. CO. N. IL (…ad…);
– avverso la sentenza n. 9185/2010 TRIBUNALE di BERGAMO, del 15/03/2011;
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Volpe Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il G.U.P. del Tribunale di Bergamo, con sentenza emessa il 15 marzo 2011, a seguito di giudizio abbreviato, affermava la penale responsabilita’ di RO. Co. , opponente a decreto penale emesso nei suoi confronti per il reato di cui al
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 1, lettera a) per avere, in concorso con il fratello RO. Fa. e quali legali rappresentanti della ED. SC. s.r.l., effettuato attivita’ di stoccaggio e successiva lavorazione di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da materiali di risulta di attivita’ edilizia di demolizione e costruzione, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione di cui al cit. Decreto Legislativo, articolo 208 e lo condannava alla pena dell’ammenda.
Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.
Con un unico motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione, rilevando che, in sede di riesame, si era dichiarato estraneo alla gestione dei rifiuti provenienti da altri cantieri dei quali si occupava, invece, il fratello.
Aggiungeva di aver richiamato il contenuto di dette dichiarazioni, le risultanze del certificato penale e l’autorizzazione conseguita ai sensi del
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 208, senza che il giudice si pronunciasse sulla rilevanza di detti elementi fattuali, limitandosi a rilevare la posizione paritaria da lui rivestita nella societa’, rispetto al fratello risultante da una visura camerale non avente valore di certificazione.
Rilevava, inoltre, che ulteriori elementi atti a ritenere il fratello quale esclusivo responsabile della gestione dei rifiuti ed ignorati dal giudice erano rinvenibili nella comunicazione della notizia di reato, ove si attestava che tutti gli accertamenti erano avvenuti alla sola presenza di quest’ultimo, dalla assenza nel suo certificato penale di pregiudizi in materia di rifiuti, presenti invece in quello del fratello e nella notifica dell’autorizzazione rilasciata al solo RO. Fa..
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ infondato.
Occorre preliminarmente osservare che la ricostruzione della vicenda e la sua qualificazione giuridica non sono oggetto di contestazione da parte del ricorrente, il quale si limita a rivendicare la propria estraneita’ per essere il reato ipotizzato addebitabile esclusivamente alla persona del fratello coimputato, RO. Fa., il quale non ha proposto opposizione al decreto di condanna emesso nei suoi confronti per la illecita gestione di rifiuti da parte della societa’ della quale sono entrambi legali rappresentanti.
Da quanto evidenziato nella sentenza impugnata emerge che l’attivita’ di illecita gestione era effettuata presso la sede della societa’, ove erano presenti due cumuli di rifiuti, uno di inerti frantumati e l’altro di asfalto frantumato provenienti da attivita’ di demolizione di preesistenti capannoni e di rifacimento della pavimentazione del piazzale aziendale.
La polizia giudiziaria, in occasione di attivita’ di controllo, rilevava pero’ che, nonostante i suddetti lavori fossero terminati, i cumuli di rifiuti variavano di dimensione e composizione e, pertanto, effettuati periodici accertamenti, accertava l’accesso di alcuni autocarri presso la sede aziendale e lo scarico di rifiuti da demolizione ed asfalto.
Il personale operante accertava quindi che l’attivita’ svolta non rientrava tra quella per la quale la societa’ era autorizzata.
A fronte della dichiarazione di estraneita’ alla vicenda da parte del ricorrente in sede di esame, il giudice osservava che non era stato fornito nessun elemento comprovante un diverso assetto delle funzioni sociali e che i due fratelli risultavano entrambi amministratori della societa’ in posizione perfettamente paritaria, in quanto dotati entrambi, disgiuntamente, dei poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, tranne che per alcuni atti dispositivi di maggior rilievo, da porre in essere congiuntamente.
Il ricorrente contesta tuttavia la sufficienza e validita’ di tale motivazione con le argomentazioni dianzi esposte.
L’assunto si palesa, pero’, del tutto infondato, avendo il giudice adeguatamente assolto all’onere motivazionale a fronte di mere affermazioni.
Non viene infatti contestato l’assetto societario e la ripartizione dei poteri rappresentativi, limitandosi a sostenere che, nella realta’, si era proceduto ad una ripartizione di fatto delle attribuzioni dei singoli amministratori ed a contestare il valore di certificazione della visura catastale, senza tuttavia fornire alcun ulteriore elemento significativo, non potendo ritenersi come tale l’assenza di precedenti specifici sul certificato penale e la notifica dell’autorizzazione ad uno solo degli amministratori.
Non si tratta, come sostenuto in ricorso, di dati probatori certi, bensi’ di mere asserzioni che non consentono superare il dato significativo della posizione di assoluta parita’ dei due amministratori e l’assenza di qualsivoglia documentata ripartizione interna delle competenze o delega di funzioni a terzi.
La coerenza e logicita’ della decisione impugnata trova ulteriore conferma nel dato fattuale, evidenziato del giudice, dello svolgimento dell’attivita’ di gestione illecita nella sede della societa’, cui conseguiva la possibilita’, per il ricorrente, di prendere cognizione della violazione di specifici obblighi di legge e di quelli imposti dall’autorizzazione della quale anch’egli, quale legale rappresentante della societa’ unitamente al fratello, era destinatario, beneficiando, peraltro, dei vantaggi conseguiti dalla societa’ medesima dall’inosservanza delle specifiche disposizioni in materia di rifiuti.
Va d’altro canto rilevato che il giudice di merito non e’ tenuto a prendere in esame espressamente ed analiticamente tutte le circostanze e le argomentazioni dedotte dall’imputato e dal suo difensore, essendo invece sufficiente e necessario che egli enunci, con adeguatezza e logicita’, quali circostanze ed emergenze processuali si siano rese determinanti per la formazione del suo convincimento, in modo tale che sia possibile ripercorrere l’iter logico seguito per addivenire alla decisione adottata, che non deve lasciare spazio per una valida alternativa a quelle deduzioni difensive le quali, pur non essendo state espressamente valutate, siano con esse incompatibili e devono, pertanto, ritenersi implicitamente disattese (Sez. 2, n.7853, 8 luglio 1992).
Del resto, la decisione appare conforme anche ai principi generali fissati in tema di rifiuti.
Il
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178 richiama, infatti, la responsabilizzazione e cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo di beni da cui originano i rifiuti ed il rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario e la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di evidenziare che, in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilita’ per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie, gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi (Sez. 3, n. 7746, 24 febbraio 2004).
La responsabilita’ per la attivita’ di gestione non autorizzata, non avendo necessariamente attinenza al profilo della consapevolezza e volontarieta’ della condotta e potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione e che, legittimamente, si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell’azienda, ben poteva ascriversi al ricorrente anche in ragione di un atteggiamento semplicemente negligente (v. Sez. 3, n. 47432, 11 dicembre 2003).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.