Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 16205 | Data di udienza: 14 Marzo 2013

DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di strade o piste in zona vincolata – Permesso di costruire – Necessità Autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo – Necessità – Artt. 3, 36, 44, lett. c) e 45 d.P.R. 380/01 e 181 c.1, d.lgs. 42/2004 – Art. 6 L.R. Sicilia n. 37/1985 – Recupero e sanatoria delle opere abusive – Verifica di conformità dell’intervento – C.d. doppia conformità – Comportamenti taciti della p.a. – Ininfluenza –  Rilascio del permesso in sanatoria – Effetti – Disciplina paesaggistica – Nozione di «superficie utile» – Sanatoria speciale – Limiti – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione del beneficio della sospensione condizionale – Valutazione da parte del giudice di merito – Art. 133 cod. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Aprile 2013
Numero: 16205
Data di udienza: 14 Marzo 2013
Presidente: Squassoni
Estensore: Ramacci


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di strade o piste in zona vincolata – Permesso di costruire – Necessità Autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo – Necessità – Artt. 3, 36, 44, lett. c) e 45 d.P.R. 380/01 e 181 c.1, d.lgs. 42/2004 – Art. 6 L.R. Sicilia n. 37/1985 – Recupero e sanatoria delle opere abusive – Verifica di conformità dell’intervento – C.d. doppia conformità – Comportamenti taciti della p.a. – Ininfluenza –  Rilascio del permesso in sanatoria – Effetti – Disciplina paesaggistica – Nozione di «superficie utile» – Sanatoria speciale – Limiti – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione del beneficio della sospensione condizionale – Valutazione da parte del giudice di merito – Art. 133 cod. pen..



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Aprile 2013 (Ud. 14/03/2013) Sentenza n. 16205

DIRITTO URBANISTICO – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di strade o piste in zona vincolata – Permesso di costruire – Necessità Autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo – Necessità – Artt. 36, 44, lett. c) e 45 d.P.R. 380/01 e 181 C.1, d.lgs. 42/2004 – Art. 6 L.R. Sicilia n. 37/1985.
 
La realizzazione di strade e piste è soggetta a permesso di costruire, senza alcuna distinzione riguardo alle caratteristiche costruttive, dimensioni e finalità, ritenendosi sempre necessario il titolo abilitativo anche per l’esecuzione di strade o piste sterrate (Cass. Sez. III n.14417, 8/4/2008) o realizzate su un preesistente tracciato (Cass. Sez. III 2/7/1994, n.7556 ) e ciò in quanto trattasi di opere che consentono ed incrementano il traffico veicolare, determinando una trasformazione urbanistica del territorio (Cass. Sez, III n. 45456, 9/12/2008; conf, Sez. III n.19568, 18/05/2011; Sez. III n. 30594, 3/06/2004). Nel caso di interventi del genere realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico si è ulteriormente stabilita la necessità dell’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo (Cass. Sez. III n.33186, 2/8/2004; Sez. III n.26110, 10/6/2004; Sez. III n.9965, 06/11/1997; Sez. III n.9912, 4/8/1999; Sez. III n.8507, 27/7/1995).
 
(conferma sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Tortorici
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Recupero e sanatoria delle opere abusive – Verifica di conformità dell’intervento – C.d. doppia conformità – Comportamenti taciti della p.a. – Ininfluenza – Art. 36 d.P.R. n.380/01.
 
In materia di sanatoria, l’art. 36 del d.P.R. n.380/01 individua l’accertamento di conformità quale causa estintiva speciale dei reati edilizi. Si tratta di uno strumento ordinario di recupero e sanatoria delle opere abusive, caratterizzato da una verifica di conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia e da sbarramenti amministrativi e temporali (Cass. Sez. III n. 6331, 8/2/2008), tanto è vero che richiede la sussistenza di specifici requisiti come, ad esempio, il pagamento di una somma a titolo di oblazione e la c.d. doppia conformità. L’efficacia estintiva della sanatoria è, inoltre, prodotta dall’emissione del permesso di costruire rilasciato all’esito di uno specifico procedimento amministrativo, con la conseguenza che solo tale titolo legittima l’intervento sanato ed estingue il reato (che, fino alla sua emissione è quindi pienamente sussistente), mentre deve escludersi la possibilità che i medesimi effetti possano essere prodotti da atti equipollenti. Per tali ragioni si è precisato che la sanatoria non è surrogabile in forza di comportamenti taciti della p.a. e che non può tenervi luogo la corresponsione della somma dovuta a titolo di oblazione (Sez. III n. 6648, 8/5/1990).
 
(conferma sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Tortorici
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Reati urbanistici – Rilascio del permesso in sanatoria – Effetti – Art. 45, c.3 d.P.R. n.380/01.
 
In materia di reati urbanistici, l’articolo 45, comma terzo del d.P.R. n.380/01 stabilisce che il rilascio del permesso in sanatoria «estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti» con un riferimento che inequivocabilmente delimita ai soli reati urbanistici l’ambito di applicazione della disciplina escludendo, quindi, gli altri reati che, pur concernendo altri aspetti delle costruzioni, hanno una diversa oggettività giuridica, come quelli relativi a violazioni della normativa in materia di costruzioni in zona sismica, quelli in materia di opere in conglomerato cementizio, i reati paesaggistici e quelli relativi alla tutela del patrimonio storico architettonico, nonché quelli in materia di aree protette. Inoltre, con riferimento al permesso in sanatoria, deve riconoscerci al giudice un potere – dovere di valutazione finalizzato, come si è ripetutamente affermato, non tanto ad una valutazione di legittimità prodromica ad una eventuale disapplicazione, quanto piuttosto una verifica della effettiva sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, cui consegue l’estinzione del reato. In tal modo il giudice esercita un doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (Cass. Sez. III n. 23080, 10/06/2008).
 
(conferma sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Tortorici
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Disciplina paesaggistica – Nozione di «superficie utile» – Sanatoria speciale – Limiti – Art. 181 d.lgs. n.42/2004 – Art. 3 D.p.r. n.380/01.
 
La nozione di «superficie utile» va individuata, in mancanza di specifica definizione, con riferimento alla finalità della disposizione che la contempla e, per quanto riguarda la disciplina paesaggistica, deve ritenersi che tale concetto vada individuato prescindendo anche dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica, che ha oggettività giuridica diversa (e che la lettera a) del comma 1-ter dell’art. 181 d.lgs. 42/2004 non richiama espressamente, diversamente da quanto avviene per quelli di cui alla successiva lettera c)) ed in senso ampio, considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto paesaggistico del territorio, con la conseguenza che deve escludersi la speciale sanatoria stabilita dall’articolo 181 in tutti quei casi in cui la creazione di superfici utili o volumi o l’aumento di quelli legittimamente realizzati siano idonei a determinare una compromissione ambientale e ciò in quanto, in caso contrario, non avrebbe senso la collocazione di tali interventi tra gli altri ritenuti «minori» e riguardanti, come si è detto, l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica e gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del D.p.r. 380/01 (così Sez. III n. 889, 13 gennaio 2012).
 
(conferma sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Tortorici
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione del beneficio della sospensione condizionale – Valutazione da parte del giudice di merito – Art. 133 cod. pen..
 
La valutazione da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale non richiede l’esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ben potendosi questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Cass. Sez. III n. 6641, 18/02/2010; Sez. IV n.9540, 20/10/1993; Sez. I n.6239, 30/04/1990). Tra i suddetti elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, quali i procedimenti pendenti a carico (Cass. Sez. III n.9915, 11/3/2010; Sez. li n.3851, 6/4/1991; Sez, VI n.13122, 2/10/1990; Sez. IV n.5504, 2/6/1982).
 
(conferma sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Tortorici


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Aprile 2013 (Ud. 14/03/2013) Sentenza n. 16205

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente
Dott. GUICLA MULLIRI          – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel.
Dott. CHIARA GRAZIOSI          – Consigliere  
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da TORTORICI RAIMONDO N. IL 10/07/1940
– avverso la sentenza n. 934/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del 10/02/2012
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. D. che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 10.2.2012, ha confermato la decisione con la quale, in data 16.11.2010, il Tribunale di Agrigento aveva affermato la responsabilità penale di Raimondo TORTORICI in ordine ai reati di cui agli artt. 44, lettera c) d.P.R. 380\01 e 181 comma 1, d.lgs. 42\2004, per avere, in concorso con ignoti esecutori, realizzato, quale proprietario committente, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, una bretella stradale di collegamento tra la 55 115 Sciacca – Agrigento alla strada interpoderale Bilannaro – Gorgo in totale difformità dal provvedimento rilasciato dall’ANAS che lo autorizzava all’apertura di un passaggio di accesso provvisorio ad uso cantieristico ed in totale assenza del permesso di costruire e della preventiva autorizzazione paesaggistica.
 
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 45 d.P.R. 380\01 ed il vizio di motivazione, rilevando che i giudici avrebbero errato in merito alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della richiamata disposizione che impone la sospensione dell’azione penale e sarebbe applicabile in tutti i procedimenti penali riguardanti abusi edilizi oggettivamente sanabili, omettendo di verificare tanto la sussistenza dei presupposti per la sanatoria quanto l’avvenuta presentazione dell’istanza ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380\01.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati contestati, rilevando che la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare le argomentazioni sviluppate dal primo giudice senza considerare le specifiche doglianze concernenti la sottrazione delle opere eseguite alla generale disciplina urbanistica, trattandosi di interventi che, a mente dell’articolo 6 della legge regionale 37\1985, non richiederebbero alcun titolo abilitativo per la loro realizzazione.
 
4. Con un terzo motivo di ricorso la violazione di legge ed il vizio di motivazione vengono dedotti riguardo alla ritenuta insussistenza dei presupposti di legge per l’estinzione dei reati contestati.
Lamenta, a tale proposito, che, pur avendo prodotto un’autorizzazione in sanatoria rilasciata dall’amministrazione comunale, i giudici del gravame ne avrebbero escluso la validità fondando la loro decisione sulla diversa denominazione attribuita al titolo sanante (autorizzazione in luogo di permesso di costruire) considerando privo di effetti, con generica motivazione, il parere favorevole espresso dalla locale Sovrintendenza in ordine al rilascio della sanatoria, che avrebbe potuto acquisire d’ufficio avvalendosi di quanto disposto dall’art. 603 cod. proc. pen., dato che l’omessa acquisizione avrebbe reso impossibile verificare se il parere fosse stato emesso all’esito del procedimento di cui all’art. 181, comma 1-quater d.lgs. 42\2004.
 
5. Con un quarto motivo di ricorso deduce, infine, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, che i giudici del merito avrebbero fondato sulla mera esistenza di precedenti penali.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
6. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
 
Invero, riguardo all’applicazione della sospensione dell’azione penale di cui all’art. 45 d.P.R. 380\01 di cui tratta il primo motivo di ricorso, la Corte del merito ha opportunamente rilevato che, avuto riguardo alla data di inoltro della richiesta di sanatoria, all’atto dell’instaurazione del giudizio di primo grado risultava già decorso il termine di sessanta giorni decorsi i quali la richiesta di sanatoria si intende rifiutata, come stabilito dall’art. 36, comma 3 d.P.R. 380\01.
 
A fronte di tale dato di fatto risultava dunque superflua ogni ulteriore valutazione concernente la sussistenza dei presupposti di sanabilità degli interventi, dal momento che il procedimento amministrativo si era già concluso con il silenzio rifiuto (evenienza che, peraltro, non esaurisce il potere della P.A. di emettere il provvedimento sanante esercitando un autonomo potere di autodeterminazione, non escluso da alcuna previsione normativa: v. Sez. III n. 11604, 18 dicembre 1993; Sez. III n. 16245, 23 novembre 1989).
 
7. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve rilevarsi che la Corte territoriale ha fornito adeguata giustificazione della non applicabilità, al caso in esame, del disposto dell’art. 6 della legge regionale della Sicilia n. 37\1985.
 
Nel far ciò non si è limitata ad un pedissequo richiamo alle motivazioni del primo giudice, ma ha invece osservato che la non riconducibilità del manufatto entro il novero delle strade poderali era chiaramente desumibile dal contenuto del verbale di sequestro e dalla documentazione fotografica versata in atti, giungendo così a qualificare l’intervento come realizzazione di una bretella stradale di collegamento tra la strada statale ed una strada interpoderale.
 
Si tratta, dunque, di un accertamento in fatto operato con coerenza e senza manifeste contraddizioni dai giudici del gravame per dichiarare del tutto inconferente il richiamo alla legislazione regionale che, per tale ragioni, si sottrae ad ogni possibilità di censura in questa sede.
 
A tale valutazione specifica la Corte di appello fa poi seguire un espresso e testuale richiamo alla sentenza del primo giudice per confutare l’ulteriore censura mossa dall’appellante, dimostrando che, sul punto, questi aveva opportunamente motivato.
 
La qualificazione dell’intervento operata dai giudici del gravame appare, peraltro, giuridicamente corretta, atteso che la richiamata disciplina regionale, all’art. 6, dispone che non sono soggette a concessione, ad autorizzazione o comunicazione al sindaco alcune opere, tra le quali vengono indicate anche le strade poderali le quali, come peraltro gli altri interventi che la disposizione menziona, sono intimamente connessi con attività agricole e, comunque, di minimo impatto urbanistico e paesaggistico e tra queste non potrebbe certo rientrare la realizzazione di una bretella stradale definita di dimensioni non trascurabili.
 
8. Esclusa l’applicabilità della richiamata disciplina regionale, altrettanto legittimamente i giudici hanno ritenuto l’intervento soggetto a permesso di costruire ed all’autorizzazione paesaggistica.
 
Va a tale proposito rammentato come, in linea generale, la realizzazione di strade e piste sia soggetta a permesso di costruire, senza alcuna distinzione riguardo alle caratteristiche costruttive, dimensioni e finalità, ritenendosi sempre necessario il titolo abilitativo anche per l’esecuzione di strade o piste sterrate (Sez. III n.14417, 8 aprile 2008) o realizzate su un preesistente tracciato (v. Sez. III 2 luglio 1994, n.7556 ) e ciò in quanto trattasi di opere che consentono ed incrementano il traffico veicolare, determinando una trasformazione urbanistica del territorio (Sez, III n. 45456, 9 dicembre 2008; conf, Sez. III n.19568, 18 maggio 2011; Sez. III n. 30594, 3 giugno 2004). Nel caso di interventi del genere realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico si è ulteriormente stabilita la necessità dell’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo (Sez. III n.33186, 2 agosto 2004; Sez. III n.26110, 10 giugno 2004; Sez. III n.9965, 06 novembre 1997; Sez. III n.9912, 4 agosto 1999; Sez. III n.8507, 27 luglio 1995).
 
9. Per quanto riguarda, poi, il terzo motivo di ricorso, motivatamente la Corte territoriale ha escluso la rilevanza dell’autorizzazione in sanatoria rilasciata dall’amministrazione comunale.
 
A tale proposito occorre ricordare che l’art. 36 del d.P.R. 380\01 individua l’accertamento di conformità quale causa estintiva speciale dei reati edilizi. Si tratta di uno strumento ordinario di recupero e sanatoria delle opere abusive, caratterizzato da una verifica di conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia e da sbarramenti amministrativi e temporali (v. Sez. III n. 6331, 8 febbraio 2008; Sez, III n. 9797, 7 settembre 1987), tanto è vero che richiede la sussistenza di specifici requisiti come, ad esempio, il pagamento di una somma a titolo di oblazione e la c.d. doppia conformità.
 
L’efficacia estintiva della sanatoria è, inoltre, prodotta dall’emissione del permesso di costruire rilasciato all’esito di uno specifico procedimento amministrativo, con la conseguenza che solo tale titolo legittima l’intervento sanato ed estingue il reato (che, fino alla sua emissione è quindi pienamente sussistente), mentre deve escludersi la possibilità che i medesimi effetti possano essere prodotti da atti equipollenti. Per tali ragioni si è precisato che la sanatoria non è surrogabile in forza di comportamenti taciti della p.a. e che non può tenervi luogo la corresponsione della somma dovuta a titolo di oblazione (Sez. III n. 6648, 8 maggio 1990).
 
L’articolo 45, comma terzo del d.P.R. 380\01 stabilisce inoltre che il rilascio del permesso in sanatoria «estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti» con un riferimento che inequivocabilmente delimita ai soli reati urbanistici l’ambito di applicazione della disciplina escludendo, quindi, gli altri reati che, pur concernendo altri aspetti delle costruzioni, hanno una diversa oggettività giuridica, come quelli relativi a violazioni della normativa in materia di costruzioni in zona sismica, quelli in materia di opere in conglomerato cementizio, i reati paesaggistici e quelli relativi alla tutela del patrimonio storico architettonico, nonché quelli in materia di aree protette.
 
Va altresì ricordato che, con riferimento al permesso in sanatoria, deve riconoscerci al giudice un potere – dovere di valutazione finalizzato, come si è ripetutamente affermato, non tanto ad una valutazione di legittimità prodromica ad una eventuale disapplicazione, quanto piuttosto una verifica della effettiva sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, cui consegue l’estinzione del reato. In tal modo il giudice esercita un doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (v. Sez. III n. 23080, 10 giugno 2008 ed altre prec. cont).
 
10. Ciò posto, deve rilevarsi come la Corte territoriale abbia correttamente escluso la efficacia, peraltro limitata, per quanto appena detto, alla sola violazione urbanistica, rilevando come l’autorizzazione non potesse tenere luogo del permesso di costruire (erroneamente indicato come «concessione edilizia») e tale esclusione non è incentrata sul mero dato lessicale, risultando evidentemente riferita alle specifiche caratteristiche richieste per il rilascio del titolo abilitativo sanante.
 
Del resto il ricorrente non indica in quale modo l’esercizio, da parte della Corte territoriale, del surrichiamato potere dovere di valutazione del titolo edilizio in sanatoria sia stato malamente esercitato, limitandosi ad affermare, sostanzialmente, che quel titolo esisteva e che il giudice avrebbe dovuto supinamente prenderne atto e dichiarare estinti i reati.
 
11. Parimenti inconferenti appaiono le ulteriori deduzioni in ordine al «parere» rilasciato dalla Sovrintendenza.
 
Il ricorrente assume che la mancata acquisizione di quest’atto non avrebbe consentito di verificare se la sua emanazione fosse avvenuta all’esito di una procedura di compatibilità ambientale attivata ai sensi dell’art. 181, comma 1- quater d.lgs. 42\2004 che la Corte del merito indica come non dimostrata.
 
Ciò posto, in disparte la circostanza che sarebbe stato onere dell’appellante documentare l’avvio di tale procedura, deve comunque rilevarsi che, avuto riguardo alla tipologia dell’intervento, lo stesso non avrebbe potuto comunque rientrare nell’ambito di applicazione della richiamata disposizione.
 
12. Va ricordato, a tale proposito, che la Legge 308/04 (c.d. Legge – delega ambientale) apportando consistenti modifiche all’articolo 181 D.Lv. 42/04 ha, tra l’altro, previsto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi definibili come «minori», all’esito della quale, pur mantenendo ferma l’applicazione delle misure amministrative pecuniarie previste dall’articolo 167, non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal primo comma dell’articolo 181.
 
Gli interventi suscettibili di «sanatoria» riguardano, come stabilito dal
comma 1-ter, i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica e lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
 
Tali interventi possono, come si è detto, essere definiti «minori» in quanto caratterizzati da un impatto sensibilmente più modesto sull’assetto del territorio vincolato rispetto agli altri considerati nella medesima disposizione di legge.
 
La procedura per il conseguimento della valutazione postuma di compatibilità paesaggistica è disciplinata dal comma 1-quater del menzionato articolo 181, il quale dispone che il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi in questione deve presentare apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo, la quale si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni.
 
E’ evidente, avuto riguardo al tenore della richiamata disposizione, che la realizzazione di un intervento quale quello realizzato nel caso in esame non può certamente essere collocato nell’ambito degli interventi «minori», potendosi senz’altro ritenere che la realizzazione di una strada determini quella realizzazione di superfici utili che esclude l’applicazione della norma richiamata.
 
A tale proposito va ricordato come questa Corte abbia già specificato che la nozione di «superficie utile» va individuata, in mancanza di specifica definizione, con riferimento alla finalità della disposizione che la contempla e, per quanto riguarda la disciplina paesaggistica, deve ritenersi che tale concetto vada individuato prescindendo anche dai criteri applicabili per la disciplina urbanistica, che ha oggettività giuridica diversa (e che la lettera a) del comma 1-ter dell’art. 181 non richiama espressamente, diversamente da quanto avviene per quelli di cui alla successiva lettera c)) ed in senso ampio, considerando l’impatto dell’intervento sull’originario assetto paesaggistico del territorio, con la conseguenza che deve escludersi la speciale sanatoria stabilita dall’articolo 181 in tutti quei casi in cui la creazione di superfici utili o volumi o l’aumento di quelli legittimamente realizzati siano idonei a determinare una compromissione ambientale e ciò in quanto, in caso contrario, non avrebbe senso la collocazione di tali interventi tra gli altri ritenuti «minori» e riguardanti, come si è detto, l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica e gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del D.p.r. 380\01 (così Sez. III n. 889, 13 gennaio 2012).
 
13. Per quanto riguarda, infine, il quarto motivo di ricorso, ricorda il Collegio che la valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione del beneficio della sospensione condizionale non richiede l’esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ben potendosi questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. III n. 6641, 18 febbraio 2010; Sez. IV n.9540, 20 ottobre 1993; Sez. I n.6239, 30 aprile 1990).
Tra i suddetti elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, quali i procedimenti pendenti a carico (Sez. III n.9915, 11 marzo 2010; Sez. li n.3851, 6 aprile 1991; Sez, VI n.13122, 2 ottobre 1990; Sez. IV n.5504, 2 giugno 1982).
 
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha osservato che il giudice di prime cure ha correttamente negato il beneficio richiesto considerando rilevanti, ai fini di una sfavorevole prognosi di non recidività, i plurimi precedenti penali, di cui uno specifico.
 
Tale motivazione appare del tutto adeguata e sufficiente, avendo la Corte del merito fatto buon uso dei principi dianzi ricordati, cosicché, anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata risulta del tutto immune da censure.
 
14. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in data 14.3.2013
 

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