Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Beni culturali ed ambientali,
Diritto processuale penale,
Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 46535 |
Data di udienza: 4 Novembre 2015
DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato – Confisca del bene lottizzato – Frazionamento e predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di edifici aventi natura e destinazione residenziale – Reato di lottizzazione abusiva – Configurabilità –
Art. 30 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 – Nozione di “carico urbanistico” – Elemento c. d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) ed elemento secondario (Opere pubbliche in genere, uffici pubblici, strade, fognature ecc.) – Aggravamento del carico urbanistico – Pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato – Mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio –
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo – Limiti all’uso e godimento dell’opera abusiva – Sequestro disposto per la violazione dell’
art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 – Requisito del periculum – Confiscabilità ex
art. 44, c.2, d.P.R. n. 380/2001 –
Artt.146 e 181, D. Lgs. n. 42 del 2004 – Finalità residenziali vietate dallo strumento urbanistico in zona a vocazione agricola – Fattispecie: uso esclusivamente residenziale di un manufatto realizzabile solo per finalità agricole –
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati edilizi o urbanistici – Sequestro preventivo di manufatto abusivo – Valutazione del giudice degli effetti pregiudizievoli del reato.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione:
Numero: 46535
Data di udienza: 4 Novembre 2015
Presidente: Mannino
Estensore: Scarcella
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato – Confisca del bene lottizzato – Frazionamento e predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di edifici aventi natura e destinazione residenziale – Reato di lottizzazione abusiva – Configurabilità –
Art. 30 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 – Nozione di “carico urbanistico” – Elemento c. d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) ed elemento secondario (Opere pubbliche in genere, uffici pubblici, strade, fognature ecc.) – Aggravamento del carico urbanistico – Pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato – Mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio –
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo – Limiti all’uso e godimento dell’opera abusiva – Sequestro disposto per la violazione dell’
art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 – Requisito del periculum – Confiscabilità ex
art. 44, c.2, d.P.R. n. 380/2001 –
Artt.146 e 181, D. Lgs. n. 42 del 2004 – Finalità residenziali vietate dallo strumento urbanistico in zona a vocazione agricola – Fattispecie: uso esclusivamente residenziale di un manufatto realizzabile solo per finalità agricole –
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati edilizi o urbanistici – Sequestro preventivo di manufatto abusivo – Valutazione del giudice degli effetti pregiudizievoli del reato.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ Ud.04/11/2015 Sentenza n.46535
DIRITTO URBANISTICO – Frazionamento e predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di edifici aventi natura e destinazione residenziale – Reato di lottizzazione abusiva – Configurabilità – Art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001.
Integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attività edificatoria fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo ed incompatibile con l’originaria vocazione dell’area (Sez. 3, n. 15605 del 31/03/2011 – dep. 19/04/2011, Manco e altri, Rv. 250151, che, peraltro, ha specificato come il mero possesso della qualifica di imprenditore o bracciante agricolo non sarebbe, di per sè, sufficiente ad escludere il reato).
DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato – Confisca del bene lottizzato.
In tema di lottizzazione abusiva, il giudice, anche quando pronuncia sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato, può disporre, sulla base di adeguata motivazione sull’attribuibilità del fatto all’imputato, la confisca del bene lottizzato, atteso quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 49 del 2015, anche considerata la pronuncia della Corte EDU del 29 ottobre 2013 nel caso Varvara c/Italia: Sez. 3, n. 16803 del 08/04/2015 – dep. 22/04/2015, Boezi e altri, Rv. 263585; Sez. 4, n. 31239 del 23/06/2015 – dep. 17/07/2015, Giallombardo, Rv. 264337).
DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi o urbanistici – Sequestro preventivo di manufatto abusivo – Valutazione del giudice degli effetti pregiudizievoli del reato.
In tema di reati edilizi o urbanistici, la valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto (anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia conformi agli strumenti urbanistici) ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003 – dep. 20/03/2003, P.M.in proc.Innocenti, Rv. 223722).
DIRITTO URBANISTICO – Reati edilizi o urbanistici – Aggravamento del carico urbanistico – Pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato – Mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio.
Il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato, anche relativamente al carico urbanistico, deve presentare il requisito della concretezza, in ordine alla sussistenza del quale deve essere fornita dal giudice adeguata motivazione (Sez. III n. 4745, 30/01/2008; conf. Sez. VI n. 21734, 29/05/2008; Sez. Il n. 17170, 5/05/2010) e chiarendo che, a tal fine, l’abuso va considerato unitariamente (Sez. III n. 28479, 10/07/2009; Sez. III n. 18899, 9/05/2008). L’aggravamento del carico urbanistico è stato riconosciuto anche con riferimento alle ipotesi di realizzazione di opere interne comportanti il mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio (Sez. III n. 22866, 13 giugno 2007; conf. Sez. IV n. 34976, 28/09/2010) Conf. Cass. Pen. Sez.3^ Ud.27/10/2015 Sentenza n.45282.
DIRITTO URBANISTICO – Nozione di “carico urbanistico” – Elemento c. d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) ed elemento secondario (Opere pubbliche in genere, uffici pubblici, strade, fognature ecc.).
La nozione di “carico urbanistico”, deriva dall’osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c. d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (Opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all’insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell’attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico: a) negli standards urbanistici di cui al D.M 2.4.1968 n. 1444 che richiedono l’inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione; d) nell’esonero da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (art. 26 L. n. 47/1985 e art. 4 comma 7 1. 493/1993) che non comportano la creazione di nuove superficie utili, ferma restando la destinazione dell’immobile; e) nell’esonero da sanzioni penali delle opere che non costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (art. 10 L. n. 47/1985 e art. 4 L. 493/1993)”. Conf. Cass. Pen. Sez.3^ Ud.27/10/2015 Sentenza n.45282.
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Reati edilizi o urbanistici – Opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo – Limiti all’uso e godimento dell’opera abusiva – Sequestro disposto per la violazione dell’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 – Requisito del periculum – Confiscabilità ex art. 44, c.2, d.P.R. n. 380/2001 – 146 e 181, D. Lgs. n. 42 del 2004 – Finalità residenziali vietate dallo strumento urbanistico in zona a vocazione agricola – Fattispecie: uso esclusivamente residenziale di un manufatto realizzabile solo per finalità agricole.
In materia di reati edilizi o urbanistici, non rileva il successivo utilizzo dell’immobile ai fini abitativi, laddove si consideri che il sequestro è stato disposto per la violazione dell’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 (sotto il duplice profilo della configurabilità dell’illecito lottizzatorio che della totale difformità degli interventi edilizi rispetto al titolo abilitativo, dovendosi qui ribadire che in materia edilizia è ipotizzabile il sequestro preventivo anche dell’immobile abusivamente costruito e già ultimato, atteso che le esigenze cautelari ravvisabili sono sia il paventato aumento del carico urbanistico sia le ulteriori conseguenze dovute all’uso ed al godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti, come ben descritto dal tribunale del riesame nel caso di specie: Sez. 3, n. 9058 del 22/01/2003 – dep. 26/02/2003, P.M. in proc. Sferratore L., Rv. 224173). Quanto, infine, al requisito del periculum, deve, in particolare osservarsi come la natura permanente del reato previsto dall’art. 44, comma primo, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, legittima il sequestro preventivo delle opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo anche nel caso di ultimazione dei lavori, in quanto l’esecuzione di interventi edilizi in zona vincolata ne protrae nel tempo e ne aggrava le conseguenze, determinando e radicando il danno all’ambiente ed al quadro paesaggistico che il vincolo ambientale mira a salvaguardare (Sez. 3, n. 30932 del 19/05/2009 – dep. 24/07/2009, Tortora, Rv. 245207), soprattutto in contesti, come quello sub iudice, nei quali l’attività edilizia non si esaurisce in sé, ma comporta un protrarsi dell’aggravio urbanistico tenuto conto del maggior “consumo del territorio” derivante dall’utilizzo per fini esclusivamente residenziali di un immobile che, per destinazione originaria del programma di fabbricazione, poteva essere utilizzato solo per finalità rurali. E non v’è dubbio che l’utilizzo da parte del proprietario lottizzatore abusivo di un immobile con finalità residenziali vietate dallo strumento urbanistico, in zona a vocazione agricola, determina un incremento del carico urbanistico, concetto non normativamente definito che ha come presupposto il rilievo che agli insediamenti umani ed primari (abitazioni, uffici, opifici, negozi etc.) sono correlati insediamenti secondari di servizi (gas, luce, strade etc.) che devono essere calibrati sui primi. Le opere edilizie abusive possono comportare una sproporzione tra il numero degli abitanti, o di coloro che svolgono una attività sul territorio, e le strutture collettive originariamente predisposte. Ora l’insediamento abusivamente introdotto nella zona agricola dall’indagato deve considerarsi primario e, di conseguenza, determina un aggravio, anche se non apparentemente rilevante, del carico urbanistico. Tanto premesso, non può certamente ritenersi inadeguata né apparente, ai fini che qui rilevano agli effetti dell’art. 325 cod. proc. pen., la motivazione sul punto fornita dal tribunale del riesame che, proprio all’esito di una valutazione “in concreto” sull’eventuale ulteriore pregiudizio all’assetto urbanistico del territorio, discendente dall’uso dell’opera abusiva (nella specie, ad uso esclusivamente residenziale di un manufatto realizzabile solo per finalità agricole), ha ritenuto sussistere il periculum, anche evidenziando la confiscabilità ex art. 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001.
(Conferma ordinanza del tribunale del riesame di BRINDISI in data 8/05/2015) Pres. MANNINO SAVERIO FELICE, Rel.: SCARCELLA ALESSIO, Ric.CISLAGHI
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ Ud.04/11/2015 Sentenza n.46535
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ Ud.04/11/2015 Sentenza n.46535
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– Sul ricorso proposto da: – CISLAGHI FABIO, n. 26/03/1961 a Milano avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di BRINDISI in data 8/05/2015;
– visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G. Izzo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
– udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. A. Miriello, in sostituzione dell’Avv. V. Nardo, che ha chiesto accogliersi il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 8/05/2015, depositata in data 14/05/2015, il tribunale del riesame di BRINDISI rigettava l’istanza presentata nell’interesse di CISLAGHI FABIO, confermando il decreto di sequestro preventivo emesso in data 16/03/2015 dal GIP presso il medesimo tribunale avente ad oggetto le particelle n. 343 e 419 censite nel Foglio 35 del Comune di Carovigno, su cui era stato edificato un immobile, ipotizzando a carico dell’indagato la sussistenza del reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 30,
comma primo, 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001,
146 e 181, D. Lgs. n. 42 del 2004, per aver concorso, quale acquirente delle predette particelle, con gli originari proprietari del terreno, con i tecnici incaricati dei frazionamenti e con i dirigenti degli uffici tecnici comunali firmatari dei permessi di costruire, predisponendo e realizzando in c.da Bufalaria o Bufaloria in loc. Serri, agro di Carovigno, una trasformazione urbanistica del territorio mediante il frazionamento, l’acquisto e la vendita di una serie di lotti di terreno censiti ai fogli di mappa 35 e 46 del Catasto dei terreni di Carovigno, sia attraverso l’edificazione materiale, su detti lotti e su altri non precedentemente frazionati, di manufatti destinati univocamente, per caratteristiche costruttive degli immobili e delle opere di urbanizzazione realizzate, per i materiali utilizzati e per la predisposizione di arredi e finiture di pregio, a residenza estiva e/o seconda casa, in violazione di una serie di disposizioni meglio descritte nel capo di imputazione cautelare; ancora, con riferimento all’odierno ricorrente, per aver realizzato in un’area, censita in catasto alle predette particelle, una villa per residenza estiva con annessa piscina, recintata lungo tutto il perimetro con muretti a secco alti circa mt. 1,5, in totale difformità dal p.d.c. n. 455/2008 (relativo ad un fabbricato rurale), dalla DIA in data 19/05/2010 (relativa ad una diversa distribuzione degli spazi dell’abitazione ed alla realizzazione di un vano tecnico), difformità consistente nella realizzazione di un corpo di fabbrica con volumetria a residenza di fatto complessivamente pari a mc. 352,53 a fronte di un volume previsto per residenza pari a soli mc. 213,82 (e di un volume massimo autorizzabile di mc. 243,47), nel quale il manufatto autorizzato come deposito di attrezzi agricoli, adiacente alla residenza, costituisce un corpo unico, senza muri divisori, con la parte a residenza ed adibito e arredato a soggiorni cucina fornito di tutti i confort e caminetto; il locale interrato necessario per l’ubicazione degli apparati e degli impianti tecnologici della piscina (vano tecnico e servizio di quest’ultima) risulta di mq. 11,8 anziché di mq. 6 previsti), dovendosi ritenere infine la piscina autorizzata con p.d.c. in variante n. 100 del 2011 del tutto contrastante con la destinazione agricola della zona.
2. Ha proposto ricorso CISLAGHI FABIO a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta con cui deduce un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen.,
44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, con particolare riferimento alla mera apparenza della motivazione. In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza, sia sotto il profilo del fumus del reato di lottizzazione abusiva che sotto il profilo del periculum in mora.
2.2. Quanto al fumus, si duole il ricorrente: a) del fatto che l’ordinanza ricorrerebbe ad affermazioni apodittiche nel tentativo di dotare di concretezza il fumus dell’illecito lottizzatorio, con conseguente apparenza della motivazione; b) che quelli indicati dal tribunale a conforto della consapevole partecipazione dell’indagato ad una più vasta operazione di alterazione della destinazione agricola dell’area censita al Foglio 35 sarebbero, in realtà, dei “pseudo-indicatori”, cui non sarebbe possibile desumere il consapevole concorso del ricorrente nell’ipotizzata lottizzazione abusiva; c) che, a tal proposito, la natura dei lavori effettuati sul manufatto, incompatibile con la vocazione rurale dell’area potrebbe al più accreditare l’ipotesi che l’indagato fosse a conoscenza dell’illegittimità del p.d.c. ottenuto, ma non costituirebbe indice di una sua consapevole partecipazione al disegno criminoso sotteso alla lottizzazione abusiva; d) che, ancora, la similarità delle richieste di p.d.c. (il tribunale, infatti, avrebbe evidenziato come il fatto di aver avanzato una richiesta di rilascio del p.d.c. formulata in termini perfettamente analoghi a quelle di tutti gli acquirenti di analoghi fondi derivanti da un frazionamento dell’area agricola censita al Foglio 35, poiché aveva avuto ad oggetto la realizzazione di una residenza con annesso deposito agricolo, denoterebbe la piena consapevolezza da parte del richiedente delle prescrizioni richieste per l’edificazione in quei siti nonché delle destinazioni richieste dallo strumento urbanistico) e la standardizzazione delle operazioni realizzate (il tribunale indica che la progettazione sarebbe identica a quella delle altre abitazioni site sull’area, standardizzazione che rivelerebbe il carattere unitario delle operazioni e la consapevolezza da parte dell’indagato della difformità tra opere realizzate e strumento urbanistico, con esclusione di ogni possibilità di buona fede), potrebbero assumere un potenziale valore indiziante nei confronti dei tecnici e dei funzionari dell’ufficio tecnico comunale, ma non rispetto al singolo acquirente sprovvisto di una visione d’insieme sulla tipologia delle opere realizzate sull’area e delle competenze tecniche necessarie per valutare la natura dei lavori effettuati su manufatti diversi da proprio; e) che, infine, la circolazione di informazioni circa la fattibilità di interventi edilizi in quei siti, desunta dal rapporto di affinità con il coindagato Nessi, costituirebbe un argomento pretestuoso e logicamente incompatibile con le stesse motivazioni dell’ordinanza, che ha escluso il concorso dell’indagato nelle altre due lottizzazioni contestate (in particolare in quella relativa al sequestro probatorio 13/03/2013 relativa al Nessi), atteso lo scarto temporale tra le pratiche edilizie Nessi – Cislaghi essendo lo stesso significativo, nonché in assenza di prova che l’indagato e altri soggetti abbiano concorso nelle lottizzazioni, ivi compresa la coindagata Andreoli, raggiunta con l’attuale ricorrente dal decreto di sequestro 14/04/2012. Il tribunale del riesame non avrebbe colto un punto fondamentale, in particolare non considerando che affinchè possa ipotizzarsi il concorso nell’illecito lottizzatorio non è sufficiente l’abuso edilizio in sé, ma occorrono elementi sebbene indiziari da cui desumere una consapevole partecipazione al piano lottizzatorio o, quantomeno, la conoscenza dell’attività degli altri soggetti con cui si sarebbe cooperato. Sotto tale profilo, si sostiene in ricorso, le motivazioni del tribunale si rivelerebbero inconsistenti, affermandosi in termini generici la configurabilità della lottizzazione abusiva, senza però individuare elementi a sostegno del diretto coinvolgimento dell’indagato nel disegno criminoso.
2.3. Quanto, infine, al periculum in mora, l’ordinanza di sarebbe limitata a richiamare genericamente i parametri fissati dalla giurisprudenza di legittimità, senza tuttavia chiarire con particolare riferimento alla posizione dell’indagato se la disponibilità o il godimento del manufatto da parte del ricorrente possano determinare e, se del caso, in che termini, una lesione ulteriore del bene protetto; il tribunale, apoditticamente, avrebbe affermato che sarebbe evidente l’aggravamento del carico urbanistico, senza tuttavia dar conto della consistenza reale e dell’intensità del pregiudizio paventato, anche alla luce della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento cautelare, così violando il principio di diritto già affermato dalle sezioni Unite con la sentenza n. 12878/2003. Anche sotto il profilo del periculum dunque, il deficit motivazionale sarebbe evidente, avendo per così dire standardizzato il tribunale del riesame la motivazione per legittimare il sequestro preventivo dei diversi manufatti presenti sull’area, riproponendo clausole di stile, venendo meno all’obbligo di precisare, tra l’altro, se e come le singole opere ultimate o meno abbiano determinato un aggravamento del carico urbanistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato, non rilevando peraltro la sentenza n. 11509/15 di questa Corte (citata dalla difesa), perché relativa a vicenda diversa.
4. Occorre premettere che, nel caso in esame, le censure avverso il provvedimento impugnato sono esperibili nei ristretti limiti indicati dall’art. 325 cod. proc. pen. che, com’è noto prevede che «Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge». L’art. 325, comma primo, cod. proc. pen., dunque, prevede che il ricorso in cassazione avvenga per violazione di legge. In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste dall’art. 606, lett. e), quali motivi di ricorso distinti e autonomi dalla inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. e) o dalla inosservanza di norme processuali (lett. c) (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710). Pertanto, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen., rientrano sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692), ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, 1° co., lett. e), cod. proc. pen. (v., tra le tante: Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009 – dep. 20/02/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916).
5. Il controllo della Corte di Cassazione è, dunque, limitato ai soli profili della violazione di legge. La verifica in ordine alle condizioni di legittimità della misura cautelare è necessariamente sommaria e non comporta un accertamento sulla fondatezza della pretesa punitiva e le eventuali difformità tra fattispecie legale e caso concreto possono assumere rilievo solo se rilevabili ictu oculi (per tutte: Sez. U, n. 6 del 27/03/1992 – dep. 07/11/1992, Midolini, Rv. 191327; Sez. U, n. 7 del 23/02/2000 – dep. 04/05/2000, Mariano, Rv. 215840). La delibazione non può estendersi neppure all’elemento psicologico del reato e alla ricostruzione in concreto delle possibili e prevedibili modalità con le quali la condotta contestata si sarebbe dovuta manifestare; in altri termini, quindi, non è possibile che il controllo di cassazione si traduca in un controllo che investe, sia pure in maniera incidentale, il merito dell’impugnazione. Ciò, peraltro, non significa che il giudice debba acriticamente recepire esclusivamente la tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività. Alla Corte di Cassazione è, infatti, attribuito, il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (per tutti: Sez. U, n. 23 del 20/11/1996 – dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657). E, in tale contesto, la più recente giurisprudenza di legittimità, ha precisato che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il giudice, benché gli sia precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il sindacato sulla concreta fondatezza dell’accusa, deve operare il controllo, non meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il parametro del “fumus” del reato ipotizzato, con riferimento anche all’eventuale difetto dell’elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (v. Corte cost., ord. n. 153 del 2007; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014 – dep. 11/04/2014, Di Salvo, Rv. 259337).
6. Così definito il perimetro del sindacato di questa Corte in materia di provvedimenti di cautela reale, è dunque evidente come, nel caso in esame, non sia possibile da parte del Collegio esercitare il sindacato richiesto dal ricorrente avverso l’impugnata ordinanza.
Ed infatti, le censure della difesa, più che prospettare un vizio di “violazione di legge” inteso nei limiti indicati dalla giurisprudenza di legittimità, si risolvono in una critica, come detto, generica, al procedimento valutativo attraverso il quale il tribunale del riesame ha ritenuto come – rebus sic stantibus – non sussistessero elementi sufficienti per poter ritenere ictu ocull mancante non solo il fumus dell’illecito lottizzatorio, ma anche il periculum in mora, avendo motivato i giudici della cautela reale le ragioni della necessità di mantenere il vincolo per evitare che la libera disponibilità dell’immobile e delle opere eseguite ne aggravasse le conseguenze, tenuto conto anche della confiscabilità prevista dall’art. 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001 per le ipotesi di lottizzazione abusiva.
7. Orbene, osserva il Collegio come il ricorrente non contesta il contenuto del programma di fabbricazione, che pacificamente consentiva la realizzazione di sole costruzioni al servizio diretto dell’agricoltura, e del permesso di costruire, che aveva ad oggetto la realizzazione di un fabbricato a carattere rurale. Contesta invece – con il motivo di ricorso – la sussistenza dei presupposti del reato di lottizzazione abusiva, sotto il profilo dell’apparenza della motivazione. Nel fare, ciò non prende però in considerazione, neanche per criticarla, la puntuale motivazione del provvedimento impugnato, che analizza e compiutamente disattende tutti i profili di censura prospettati, donde l’evidente genericità dell’impugnazione (v. nel senso che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione: v., tra le tante, Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849). Quanto al rilievo preliminare, relativo alla mancanza, in detta motivazione, di spunti individualizzanti riferiti alla specifica posizione del ricorrente, è sufficiente qui osservare che – contrariamente a quanto asserito nel ricorso – il provvedimento impugnato si struttura in base ad una premessa comune in cui si illustra la cronistoria dei fatti che ha condotto all’emanazione di ben tre decreti di sequestro probatorio in data 14/04/2012, 30/01/2013 e, da ultimo, in data 13/03/2013 (v., per quanto qui di interesse, pagine 4/9 e pagina 8 quanto al p.d.c. n. 455/2008 ed alla DIA 19/05/2010 e successiva variante 19/01/2011 relativamente alla posizione dell’indagato), all’analitica trattazione delle posizioni dei singoli indagati in relazione al sequestro probatorio originariamente disposto in data 14/04/2012, a considerazioni conclusive sulla configurabilità del reato di lottizzazione abusiva, riferite specificamente al soggetto indagato (pagine 45/47). Puntualmente smentita dal Tribunale è anche l’affermazione difensiva secondo cui non sarebbe configurabile l’illecito lottizzatorio. Dalla semplice lettura delle pagine 44/47 emerge, infatti, come – rispetto ai precedenti provvedimenti emessi dal tribunale del riesame a seguito dell’impugnazione, per quanto qui di interesse, il decreto di sequestro probatorio del 14/04/2012, non impugnato dal Cislaghi ma dai coindagati Andreoli e Luperti, rigettato dal tribunale del riesame di Brindisi con ordinanza divenuta irrevocabile non essendovi stata ulteriore impugnazione -, a seguito della richiesta di conversione da parte del PM al GIP del predetto sequestro probatorio in sequestro preventivo, l’unico elemento di novità sia costituito dalla c.t. dell’Ing. Stella, depositata in data 10/10/2013, che ha confermato l’ipotesi accusatoria, in particolare evidenziando la sussistenza di tutti gli indici rivelatori sia del reato di lottizzazione abusiva che dei singoli abusi consistiti in opere realizzate in assenza o in totale difformità (come nel caso dell’indagato ricorrente) dei permessi di costruire rilasciati. Nel caso dell’indagato, in particolare alle pagg. 45/47 dell’ordinanza impugnata vengono analiticamente descritti gli indici rivelatori dell’illecito lottizzatorio e della consapevolezza da parte dell’indagato di concorrere alla realizzazione dell’illecito in questione. Nella specie si chiarisce in maniera puntuale come l’area in questione, oggetto di sequestro, è stata investita da opere edilizie da parte degli stessi tecnici progettisti, direttori dei lavori, ditte esecutrici, nell’ambito di un’operazione evidentemente unitaria, che ha previsto per tutti gli interessati la presentazione di richieste di permesso di costruire e di successive varianti in corso d’opera per modifiche degli spazi interni, nonché richieste di cambio di destinazione d’uso per la trasformazione delle vasche di raccolta dell’acqua in piscine, con la surrettizia trasformazione dei vani a destinazione agricola in vani residenziali, in totale difformità dai permessi di costruire rilasciati, donde l’evidente configurabilità dell’illecito lottizzatorio come del resto chiarito in maniera ineccepibile dal tribunale del riesame nell’impugnata ordinanza. In particolare, il terreno edificatorio acquistato dall’indagato ricorrente insisteva su un’area oggetto di preliminari frazionamenti di aree agricole più ampie, tutte censite nel Foglio 35 del Catasto comunale, frazionamenti che avevano determinato la creazione di lotti di dimensioni difficilmente compatibili con attività agricole, posto che si trattava di area ricadente in zona omogenea E del programma di fabbricazione del Comune, destinata ad usi agricoli, precisamente in zona agricola di tipo B2, nella quale sono consentite solo costruzioni a servizio diretto dell’agricoltura o costruzioni adibite alla conservazione o trasformazione dei prodotti agricoli, annesse ad aziende agricole che lavorano prevalentemente prodotti propri ovvero svolte in cooperazione, ed all’esercizio di macchine agricole. Trattasi, all’evidenza, di attività ricadente nell’illecito lottizzatorio, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che, sul punto, ha affermato come integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attività edificatoria fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo ed incompatibile con l’originaria vocazione dell’area (Sez. 3, n. 15605 del 31/03/2011 – dep. 19/04/2011, Manco e altri, Rv. 250151, che, peraltro, ha specificato come il mero possesso della qualifica di imprenditore o bracciante agricolo non sarebbe, di per sè, sufficiente ad escludere il reato).
7.1. Quanto alla specifica posizione dell’indagato, odierno ricorrente, l’ordinanza descrive analiticamente tutti i profili di difformità delle opere realizzate rispetto allo strumento urbanistico e al permesso di costruire; difformità dalle quali fa logicamente conseguire l’abusivo mutamento di destinazione d’uso, univocamente attestato: a) dal fatto che l’immobile realizzato – in difformità rispetto al titolo abilitativo del 2008 – presentava un’esclusiva o comunque preminente destinazione residenziale o, comunque, da un punto di vista tipologico e costruttivo, era caratterizzato da interventi del tutto incompatibili con l’edilizia rurale e dell’assenza del seppur minimo elementi di attinenza con attività colturali tipiche della zona; b) dal fatto, in particolare, che era stato accertato un aumento della volumetria in funzione della condizione oggettiva delle opere realizzate e, comunque, in ragione di depositi agricoli così non qualificabili per via del difetto dei requisiti soggettivi del richiedente, atteso che il cambio della destinazione d’uso dei depositi agricoli e la chiusura del porticato avevano comportato un aumento considerevole della volumetria destinata a residenza, addirittura maggiore di quella massima consentita dal programma di fabbricazione (pari a mc. 243,47) portata di fatto a mc. 352,53, né essendo peraltro il vano tecnico della piscina conforme agli strumenti urbanistici in vigore, peraltro realizzato in difformità (11,8 mq. anziché i mq. 6,00 previsti); c) dal fatto che era emersa una variazione delle destinazioni d’uso ed urbanistica del lotto, in contrasto con il programma di fabbricazione di Carovigno per via del difetto dei requisiti soggettivi del richiedente; d) dall’assenza di attività agricola e di ambienti destinati all’agricoltura.
Correttamente, dunque, il Tribunale ha ravvisato nel caso di specie la sussistenza di gravi indizi del reato di lottizzazione abusiva contestato, perché ha evidenziato che l’indagato ha realizzato – peraltro limitatamente alla ristretta fattispecie di lottizzazione abusiva già ipotizzata nell’originario decreto di sequestro probatorio del 14/04/2012 -, nell’ambito di una più ampia trasformazione del territorio in violazione del programma di fabbricazione e sulla base di un permesso di costruire anch’esso violato, un immobile che – allo stato degli atti – risulta destinato ad uso esclusivamente residenziale; con la conseguenza che esso è strutturalmente privo di un collegamento con le eventuali attività agricole che l’indagato potrebbe cominciare a svolgere sul fondo. Sul punto della consapevolezza di concorrere alla realizzazione dell’illecito lottizzatorio, peraltro, i giudici del riesame traggono – da quegli elementi che lo stesso ricorrente descrive nel ricorso – il convincimento (di per sé sufficiente nella fase incidentale cautelare e nella necessaria sommarietà della delibazione che il tribunale del riesame è chiamato a svolgere circa la sussistenza dell’elemento soggettivo, come del resto più volte riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, nell’affermare che il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all’adozione della misura cautelare reale: tra le tante, Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013 – dep. 14/11/2013, Orsi, Rv. 257383) che questi avesse avuto contezza del concorso dell’indagato nell’illecita operazione lottizzatoria.
8. Quanto, infine, al profilo del periculum le doglianze del ricorrente non colgono nel segno in quanto i giudici del riesame, da un lato, evidenziano che il sequestro preventivo è stato disposto ex art. 321, comma secondo, cod. proc. pen. trattandosi di res suscettibile di confisca ex art. 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, quand’anche il reato dovesse estinguersi per prescrizione, circostanza comunque non ravvisabile nel caso in esame, atteso che la permanenza della condotta lottizzatoria ipotizzata nel decreto di sequestro probatorio 14/04/2012 sarebbe sicuramente cessata con l’esecuzione di detta misura reale in data 26/04/2012 (ed è pacifico che in tema di lottizzazione abusiva, il giudice, anche quando pronuncia sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato, può disporre, sulla base di adeguata motivazione sull’attribuibilità del fatto all’imputato, la confisca del bene lottizzato, atteso quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 49 del 2015, anche considerata la pronuncia della Corte EDU del 29 ottobre 2013 nel caso Varvara c/Italia: Sez. 3, n. 16803 del 08/04/2015 – dep. 22/04/2015, Boezi e altri, Rv. 263585; Sez. 4, n. 31239 del 23/06/2015 – dep. 17/07/2015, Giallombardo, Rv. 264337).
9. Si evidenzia, in ogni caso, che il sequestro preventivo è stato disposto anche ai sensi del comma primo dell’art. 321 cod. proc. pen. Sul punto, a fronte dell’accurata motivazione svolta dai giudici del riesame (v. pag. 52), i quali hanno evidenziato che il godimento e la disponibilità attuale degli immobili implica un’effettiva ulteriore lesione degli interessi tutelati per le ragioni esplicitate in motivazione (aggravamento evidente del carico urbanistico sotto i profili del necessario adeguamento dell’urbanizzazione primaria e secondaria in una zona originariamente destinata ad ospitare abitazioni rurali; insediamento di natura residenziale e non più agricola, con conseguente necessità di rispettare i diversi e maggiori standards urbanistici ex D.M. n. 1444 del 1968, art. 3 ed esigenza di dover reperire la relative aree da parte dell’Amministrazione comunale; necessità di provvedere ad una nuova complessiva organizzazione del proprio territorio da attuarsi, in sede di ripianificazione con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi), donde la persistente disponibilità del bene comporta perduranti effetti lesivi dell’equilibrio urbanistico ed ambientale dell’area, lo sviluppo contenutistico dell’impugnazione cautelare di legittimità come proposta dal ricorrente investe all’evidenza il percorso logico motivazionale, piuttosto che un errore di diritto, con cui i giudici della cautela hanno ritenuto che gli elementi in atti non consentissero di ritenere insussistenti le esigenze cautelari, applicando scrupolosamente il principio di diritto affermato da questa Corte in una remota ma sempre attuale decisione secondo cui in tema di reati edilizi o urbanistici, la valutazione che, al fine di disporre il sequestro preventivo di manufatto abusivo, il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto (anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia conformi agli strumenti urbanistici) ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività (Sez. U, n. 12878 del 29/01/2003 – dep. 20/03/2003, P.M.in proc.Innocenti, Rv. 223722). Persistente disponibilità che, come evidenziato dai giudici del riesame, non può considerarsi certamente neutra sotto il profilo dell’offensività.
10. Come detto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente risolto la questione della applicabilità del sequestro preventivo all’immobile ultimato riconoscendo la validità dell’orientamento che ne riteneva l’ammissibilità. A titolo di esempio, con specifico riferimento all’incidenza sul carico urbanistico, si aggiunge nella predetta decisione delle Sezioni Unite che la delibazione in fatto sotto tale profilo deve essere effettuata considerando la consistenza reale e l’intensità del pregiudizio temuto, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione della misura. Sulla nozione di “carico urbanistico”, peraltro, vengono fornite puntuali indicazioni, osservando, testualmente, che “(…)questa nozione deriva dall’osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c. d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (Opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all’insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell’attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico: a) negli standards urbanistici di cui al D.M 2.4.1968 n. 1444 che richiedono l’inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione; d) nell’esonero da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (art. 26 L. n. 47/1985 e art. 4 comma 7 1. 493/1993) che non comportano la creazione di nuove superficie utili, ferma restando la destinazione dell’immobile; e) nell’esonero da sanzioni penali delle opere che non costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (art. 10 L. n. 47/1985 e art. 4 L. 493/1993)”. Sulla scia di tali condivisibili rilievi, altre decisioni successive hanno ulteriormente delineato i termini della questione, richiamando l’attenzione sulla circostanza che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato, anche relativamente al carico urbanistico, deve presentare il requisito della concretezza, in ordine alla sussistenza del quale deve essere fornita dal giudice adeguata motivazione (Sez. III n. 4745, 30 gennaio 2008; conf. Sez. VI n. 21734, 29 maggio 2008; Sez. Il n. 17170, 5 maggio 2010) e chiarendo che, a tal fine, l’abuso va considerato unitariamente (Sez. III n. 28479, 10 luglio 2009; Sez. III n. 18899, 9 maggio 2008). L’aggravamento del carico urbanistico è stato riconosciuto anche con riferimento alle ipotesi di realizzazione di opere interne comportanti il mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio (Sez. III n. 22866, 13 giugno 2007; conf. Sez. IV n. 34976, 28 settembre 2010). Nelle menzionate pronunce vengono, inoltre, indicate ipotesi specifiche di incidenza dei singoli interventi sul carico urbanistico, richiamando, ad esempio, il contenuto dell’articolo 41sexies Legge 17 agosto 1942, n. 1150 come modificato dalle leggi 122\89 e 246\05 che richiede, per le nuove costruzioni ed anche per le aree di pertinenza delle costruzioni stesse, la esistenza di appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione (Sez. III n. 28479\09, cit.); la rilevanza di nuove costruzioni in termini di esigenze di trasporto, smaltimento rifiuti, viabilità etc. (Sez. III n.22866\07, cit.); l’ulteriore domanda di strutture ed opere collettive, sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici per abitante nella zona urbanistica interessata (Sez. III, n. 34142, 23 settembre 2005).
11. La menzionata giurisprudenza, che il Collegio condivide e dalla quale non intende discostarsi, ha dunque chiaramente individuato entro quale ambito può procedersi ad una corretta valutazione dei presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo con riferimento all’aggravio del carico urbanistico. Ciò posto, deve rilevarsi che, nella fattispecie, tale verifica era stata già correttamente operata dal G.I.P. (e successivamente condivisa dal tribunale del riesame), il quale aveva adeguatamente considerato la consistenza delle opere eseguite e la concreta rilevanza delle stesse. Invero, la semplice descrizione degli interventi riportata nell’imputazione cautelare per quanto concerne l’attività edilizia in difformità totale eseguita in zona vincolata (
art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001) unitamente alla illecita finalità lottizzatoria dell’intervento che si inseriva in un più ampio contesto (
artt. 30 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001) chiarisce che si tratta di interventi destinati a trasformare un’area dedicata a finalità rurali in base al programma di fabbricazione, dove era possibile solo eseguire interventi edilizi funzionali alla predette finalità, in area a vocazione esclusivamente residenziale, ponendo in essere attività edilizie volte alla realizzazione di immobili di pregio, con annessa piscina, con conseguenze incremento soprattutto volumetrico ed evidente incidenza e compromissione dell’assetto imposto al territorio attraverso la pianificazione ed anche all’aspetto paesaggistico.
12. Sul punto non rileva il successivo utilizzo dell’immobile ai fini abitativi, laddove si consideri che il sequestro è stato disposto per la violazione dell’
art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 (sotto il duplice profilo della configurabilità dell’illecito lottizzatorio che della totale difformità degli interventi edilizi rispetto al titolo abilitativo, dovendosi qui ribadire che in materia edilizia è ipotizzabile il sequestro preventivo anche dell’immobile abusivamente costruito e già ultimato, atteso che le esigenze cautelari ravvisabili sono sia il paventato aumento del carico urbanistico sia le ulteriori conseguenze dovute all’uso ed al godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti, come ben descritto dal tribunale del riesame nel caso di specie: Sez. 3, n. 9058 del 22/01/2003 – dep. 26/02/2003, P.M. in proc. Sferratore L., Rv. 224173). Quanto, infine, al requisito del periculum, deve, in particolare osservarsi come la natura permanente del reato previsto dall’
art. 44, comma primo, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, legittima il sequestro preventivo delle opere edilizie eseguite in zona sottoposta a vincolo anche nel caso di ultimazione dei lavori, in quanto l’esecuzione di interventi edilizi in zona vincolata ne protrae nel tempo e ne aggrava le conseguenze, determinando e radicando il danno all’ambiente ed al quadro paesaggistico che il vincolo ambientale mira a salvaguardare (Sez. 3, n. 30932 del 19/05/2009 – dep. 24/07/2009, Tortora, Rv. 245207), soprattutto in contesti, come quello sub iudice, nei quali l’attività edilizia non si esaurisce in sé, ma comporta un protrarsi dell’aggravio urbanistico tenuto conto del maggior “consumo del territorio” derivante dall’utilizzo per fini esclusivamente residenziali di un immobile che, per destinazione originaria del programma di fabbricazione, poteva essere utilizzato solo per finalità rurali che – come si legge del P.d.F. approvato in data 23/04/1972, in zona omogenea E, zona agricola di tipo B2 – sono per definizione rappresentate da fabbricati rurali, quali stalle, porcili, silos, serbatoi idrici ricoveri per macchine agricole etc., oppure costruzioni adibite alla conservazione o trasformazione dei prodotti agricoli, annesse ad aziende agricole che lavorano prevalentemente prodotti propri ovvero svolte in cooperazione, ed all’esercizio di macchine agricole. E non v’è dubbio che l’utilizzo da parte del proprietario lottizzatore abusivo di un immobile con finalità residenziali vietate dallo strumento urbanistico, in zona a vocazione agricola, determina un incremento del carico urbanistico, concetto non normativamente definito che ha come presupposto il rilievo che agli insediamenti umani ed primari (abitazioni, uffici, opifici, negozi etc.) sono correlati insediamenti secondari di servizi (gas, luce, strade etc.) che devono essere calibrati sui primi. Le opere edilizie abusive possono comportare una sproporzione tra il numero degli abitanti, o di coloro che svolgono una attività sul territorio, e le strutture collettive originariamente predisposte. Ora l’insediamento abusivamente introdotto nella zona agricola dall’indagato deve considerarsi primario e, di conseguenza, determina un aggravio, anche se non apparentemente rilevante, del carico urbanistico. Tanto premesso, non può certamente ritenersi inadeguata né apparente, ai fini che qui rilevano agli effetti dell’art. 325 cod. proc. pen., la motivazione sul punto fornita dal tribunale del riesame che, proprio all’esito di una valutazione “in concreto” sull’eventuale ulteriore pregiudizio all’assetto urbanistico del territorio, discendente dall’uso dell’opera abusiva (nella specie, ad uso esclusivamente residenziale di un manufatto realizzabile solo per finalità agricole), ha ritenuto sussistere il periculum, anche evidenziando la confiscabilità ex
art. 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001.
13. Il ricorso dev’essere, conclusivamente, rigettato. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 4 novembre 2015